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Pubbl. Mar, 11 Gen 2022
Sottoposto a PEER REVIEW

L´istituzione della ”Super Procura Europea” e il complesso adeguamento interno

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Wanda Nocerino
Ricercatore (TDA)Università degli Studi di Foggia



Lo scritto ripercorre le tappe del complesso adeguamento interno del Regolamento istitutivo della Super Procura europea, mettendo in luce le criticità della normativa in relazione al principio di legalità e di prevedibilità.


ENG The paper traces the stages of the complex internal adjustment of the Regulations establishing the European Super Prosecutor´s Office, highlighting the criticalities of the legislation in relation to the principle of legality and predictability.

Sommario: 1. Le rinnovate esigenze per una cooperazione giudiziaria rafforzata; 2. Il travagliato iter di costituzione dell’EPPO: il crescente interesse verso i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE; 3. Il Regolamento europeo; 3.1. La struttura “a raggiera” dell’ufficio. Un macchinoso riparto dei ruoli; 3.2. I poteri dell’EPPO; 3.3. Le attribuzioni; 4. L’adeguamento interno. La legge di delegazione europea 117/2019 e il d.lgs. 9/2021; 4.1. Il riparto delle competenze; 5. Conclusioni.

1. Le rinnovate esigenze per una cooperazione giudiziaria rafforzata

L’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni europee per l’attuazione di una cooperazione rafforzata finalizzata all’istituzione della Procura “centralizzata” europea è avvenuto - non senza difficoltà - il 2 febbraio del 2021 attraverso l’emanazione del d.lgs. n. 9, che recepisce i criteri direttivi della legge di delegazione europea n. 117/2019[1].

L’Italia (finalmente) decide di dare esecuzione al Regolamento del Consiglio dell’UE che già nel 2017 aveva istituito la c.d. Super Procura Europea per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione[2].

Prima di analizzare il contenuto dei provvedimenti normativi, evidenziando i meriti e le criticità della disciplina prospettata, sembra doveroso soffermarsi sul contesto nel quale si è radicata la previsione di una Procura centralizzata: la sua istituzione rappresenta, infatti, l’emblema di un cambiamento, dell’evoluzione che lo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia ha subìto dopo oltre vent’anni dal Consiglio europeo di Tampere.

Come noto, la realizzazione di tale settore di competenza dell'Unione europea si fonda sui programmi di Tampere (1999-2004), dell'Aia (2004-2009) e - dopo il Trattato di Lisbona che ne consacra l’istituzionalizzazione (art. 68 TFUE) - sul programma di Stoccolma (2010-2014). Esso mira, tra l’altro, a rafforzare la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale e la cooperazione di polizia investigativa, sia procedimentale che preventiva.

L’Unione europea ha investito molto nella realizzazione dello stesso e, infatti, lo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia rappresenta una delle aree più dinamiche dell’Unione sotto il profilo dell’adozione di nuovi provvedimenti che hanno lo scopo di riavvicinare le legislazioni degli Stati membri.

In questo particolare contesto, va inquadrata l’idea di istituire la Procura europea che, in effetti, nasce da un intento “nobile”, ossia rafforzare gli strumenti di cooperazione investigativa e giudiziaria, abbattendo le disarmonie interne, fornendo una risposta unitaria al crimine transfrontaliero.

Lo si dirà immediatamente: il “tallone d’Achille” della normativa de qua inerisce alla carenza di omogeneità delle legislazioni interne. Posto che l’UE non ha competenza diretta in materia penale, la possibilità di creare un quadro armonico europeo si scontra con l’eterogeneità dei sistemi processuali nazionali[3]; non è un caso, infatti, che una delle maggiori perplessità riguardi la centralità del diritto nazionale nel procedimento che vede la legittimazione della Procura europea a condurre indagini penali ad esercitare l’azione penale, giustificate dalla «resistenza alla cessione di sovranità quale può intravvedersi nella riduzione dell’autonomia procedurale conseguente alla creazione di una procedura europea o all’instaurazione di controlli giurisdizionali europei»[4].

2. Il travagliato iter di costituzione dell’EPPO: il crescente interesse verso i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE

Posta questa premessa, sembra doveroso soffermarsi sul travagliato iter che ha portato all’emanazione del Regolamento stesso (che, lo si anticipa, viene promulgato dopo oltre 20 anni dalla nascita del progetto istitutivo), a riprova delle resistenze culturali che hanno funto da deterrente per l’istituzione dell’European Public Prosecutor's Office (EPPO) già a livello europeo; resistenze che hanno finito per ripercuotersi (inevitabilmente) sul versante nazionale.

L’idea di istituire una Super Procura europea e, più in generale, organismi in grado di dare risposte ai pregiudizi arrecati agli interessi finanziari dell’Unione parte da molto lontano.

Sulla base di uno studio pluriennale svolto tra la fine degli Anni '90 e l’inizio del 2000 da gruppi di esperti di diritto penale di tutti gli Stati membri sul tema della tutela degli interessi finanziari della Comunità, su richiesta del Parlamento europeo e della Commissione, si evinse che uno dei maggiori problemi che affliggevano la Comunità fosse proprio la lotta alle frodi finanziarie, destinata inesorabilmente a crescere a dismisura anche a causa dell’inevitabile coinvolgimento della criminalità organizzata.

Non è un caso che da quegli anni in poi si susseguirono diverse iniziative per fronteggiare tale problematica:

a) nel 1998, fu istituita l’Unità di coordinamento e di lotta contro le frodi (UCLAF)l, poi divenuto 11 anni dopo Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF);

b) nel 2001, la Commissione adottò il «Libro verde sulla tutela degli interessi finanziari e comunitari e sulla creazione di una Procura europea»[5];

c) nel 2002, fu istituita l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust);

d) nel 2009, fu istituita l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol).

La situazione, come prevedibile, non poteva che peggiorare: secondo le più recenti stime[6], nel 2018 i Paesi dell'UE hanno accusato perdite di gettito IVA pari a 140 miliardi di euro a causa delle frodi transnazionali. Le cifre per il 2020 potrebbero addirittura essere più elevate a causa degli effetti della pandemia da COVID-19 sull'economia dell'UE.

Dalla breve ricostruzione effettuata, emerge il forte interesse delle istituzioni europee per tutela degli interessi finanziari dell’Unione, intervenendo – quasi spasmodicamente – per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto a tali fenomeni delittuosi anche a causa dello scarso intervento delle autorità giudiziarie penali nazionali, non sempre inclini alla punizione di tali reati.

3. Il Regolamento europeo

Il sostrato culturale e regolamentare europeo – raggiunto con non poca fatica – rappresenta l’humus per l’istituzione di un organo centralizzato per la repressione dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE.

In questo contesto, il 12 ottobre 2017, il Consiglio dell’Unione europea approva il Regolamento 2017/1939/UE in attuazione dell’art. 86 TFUE, secondo cui «per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, il Consiglio deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea a partire da Eurojust».

L’EPPO è definito dal Regolamento come “an indipendent Union body competent to fight crimine against the Union budget”.

In realtà, si tratta di un’istituzione europea (anche se in maniere del tutto anomala assolutamente decentrata) che si trova ad applicare regole nazionali in condizione di indipendenza, doppiamente declinata:

a) l’EPPO «dovrebbe agire nell’interesse dell’Unione nel suo complesso e non dovrebbe sollecitare né accettare istruzioni da persone esterne» allo stesso ufficio;

b) l’indipendenza dell’EPPO comporta l’esclusione di interferenze interne all’Unione ovvero da parte di «Stati membri dell’Unione europea, istituzioni, organi, uffici o agenzie dell’Unione».

Si tratta, tuttavia, di un’indipendenza che ha caratteristiche diverse da quelle che connotano la magistratura nazionale (c.d. indipendenza interna ed esterna all’ufficio)[7], dal momento che il Procuratore capo europeo una volta all’anno è tenuto a dar conto del suo operato al Parlamento europeo e al Consiglio e, su richiesta degli Stati nazionali, anche davanti al Parlamenti degli Stati membri.

3.1. La struttura “a raggiera” dell’ufficio. Un macchinoso riparto dei ruoli

Nonostante l’EPPO figuri – almeno formalmente – quale istituzione europea unitaria, indipendente ed autonoma, la Super Procura europea viene costruita come un organo decentrato e multilivello. Dal Regolamento, infatti, emerge la previsione di una struttura a raggiera costituita da un Ufficio centrale (rappresentato dal Collegio, dalle Camere Permanenti, dal Procuratore Capo europeo, dai sostituti del Procuratore Capo europeo, da 22 Procuratori europei rappresentativi di ogni Stato membro) e un Organo decentrato nei territori degli Stati membri, costituito dai Procuratori Delegati europei.

La struttura multilivello[8] (che subentra alla precedente proposta di istituire un sistema verticistico solo europeo) viene progettata per garantire che tutti gli ordinamenti giuridici e tutte le tradizioni giuridiche nazionali degli Stati membri vengano rappresentati all’interno dell’EPPO.

Per questioni di opportunità, non ci si soffermerà dettagliatamente in questa sede sulla composizione dei singoli Uffici centrali, tuttavia sembra doveroso precisare e delimitare i singoli ruoli attribuiti agli organismi che compongono l’istituzione di nuovo conio:

a) il Collegio si compone di un Procuratore Capo europeo e di un Procuratore europeo per ciascun Stato membro. Al Collegio è attribuita la responsabilità della supervisione generale delle attività della Procura europea e la nomina delle Camere Permanenti.

b) le Camere Permanenti, oltre a monitorare e a indirizzare le indagini e le azioni penali condotte dai Procuratori europei Delegati, garantiscono il coordinamento delle indagini e delle azioni penali nei casi transfrontalieri;

c) il Procuratore Capo è al vertice dell’Ufficio e si occupa di organizzare il lavoro della procura, di dirigere le sue attività e di adottare le decisioni in conformità del regolamento istitutivo e di quello interno;

d) i Procuratori europei fungono da trait d’union tra Camera Permanente e Procuratore delegato. Per espressa previsione regolamentare, «fungono da collegamento e canali di informazione tra le camere permanenti e i procuratori europei delegati nei rispettivi Stati membri di origine», risultando titolare di una funzione di controllo.

A livello decentrato, i Procuratori europei Delegati, «agiscono per conto dell’EPPO nei rispettivi Stati membri e dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio, in aggiunta e fatti salvi i poteri specifici e lo status conferiti loro e alle condizioni stabilite dal presente regolamento».

3.2. I poteri dell’EPPO

In conformità al TFUE, la scelta operata nel citato regolamento attribuisce al nuovo ufficio giudiziario europeo la legittimazione a svolgere indagini e, all’esito, a determinarsi in ordine alle relative iniziative per quanto concerne i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Più precisamente, l’EPPO «svolge indagini [in maniera imparziale e raccoglie tutte le prove pertinenti, sia a carico che a discarico], esercita l’azione penale ed esplica le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri fino alla pronuncia del provvedimento definitivo»[9] e, potremmo aggiungere, anche in fase esecutiva.

Per quanto attiene alle tipologie di indagini, esse sono disciplinate sia dal Regolamento 2017/1939/UE, che dal diritto nazionale dello Stato il cui Procuratore delegato ha l’incarico di svolgere le indagini, destinato a trovare attuazione per tutto quanto non espressamente previsto dalla fonte sovranazionale. Ma, si badi, nell’ipotesi di contestuale previsione nel diritto nazionale, è sempre il diritto sovranazionale a prevalere.

Nello specifico, per quanto concerne le iniziative investigative attivabili, l’art. 30 del Regolamento stabilisce che il Procuratore europeo delegato è autorizzato a disporre – oltre «qualsiasi altra misura del loro Stato membro che il diritto nazionale mette a disposizione dei procuratori in casi nazionali analoghi» – una serie determinata di atti di indagine: a) perquisizione di locali, terreni, mezzi di trasporto, abitazioni private, indumenti o altro bene personale e sistemi informatici, nonché qualsiasi misura cautelare necessaria a preservarne l’integrità o a evitare la perdita o l’inquinamento di prove; b) produzione di qualsiasi oggetto o documento pertinente in originale o in altra forma specificata; c) ottenere la produzione di dati informatici archiviati, cifrati o decifrati, in originale o in altra forma specificata, inclusi i dati relativi al conto bancario e i dati relativi al traffico; d) congelamento degli strumenti o dei proventi di reato, compresi i beni, di cui si prevede la confisca da parte del giudice competente; e) intercettazione delle comunicazioni elettroniche di cui l’indagato o l’imputato è destinatario o mittente, su ogni mezzo di comunicazione elettronica utilizzato dall’indagato o dall’imputato; f) tracciamento e rintracciamento di un oggetto mediante mezzi tecnici, comprese le consegne controllate di merci.

Comunque, qualsiasi delle iniziative indicate può essere attivata «soltanto qualora vi sia fondato motivo di ritenere che le misure specifiche in questione possano fornire informazioni o prove utili all’indagine, e qualora non sia disponibile alcuna misura meno intrusiva che consenta di conseguire lo stesso obiettivo».

In ragione dei risultati investigativi conseguiti all’esito delle indagini si prospettano le determinazioni formulabili a chiusura di questa fase: l’esercizio dell’azione penale, l’archiviazione, una procedura semplificata di azione penale, il rinvio a giudizio dinanzi all’organo giurisdizionale di altro Stato membro competente[10].

3.3. Le attribuzioni

L’art. 22 del Regolamento circoscrive la competenza, o, più correttamente, l’attribuzione dell’EPPO, posto che allo stesso non sono attribuite funzioni giurisdizionali[11]. Concretamente, la norma in parola circoscrive i confini della legittimazione esclusiva assegnata al nuovo ufficio giudiziario rinviando, per relationem, ai reati elencati nella direttiva 2017/1371/UE (c.d. direttiva PIF), vale a dire alle frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione, quale attuata dal diritto nazionale, indipendentemente dall’eventualità che la stessa condotta criminosa possa essere qualificata come un altro tipo di reato ai sensi del diritto nazionale.

Inoltre, la Procura europea è legittimata solo allorquando le azioni od omissioni di carattere intenzionale definite in detta disposizione siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro».

Prima facie, potrebbe sembrare che le regole in materia di attribuzione siano alquanto rigorose per irrobustire gli argini che separano le funzioni della Procura europea dalle procure nazionali che non possono attivarsi in relazione alla medesima condotta criminosa.

Tuttavia, dall’analisi delle singole disposizioni emerge l’incompletezza della disciplina de qua. A ben guardare, infatti, dall’esegesi normativa si intravedono costanti e svariati tentativi di espansione delle funzioni dell’EPPO, con ciò contribuendo ad acuire le perplessità degli studiosi circa la determinazione dei confini di attribuzione dei ruoli tra istituzioni europee ed organi nazionali.

Più nel dettaglio, il Regolamento statuisce che:

a) se dovessero mancare i requisiti precedentemente evidenziati (reati che possono comportare un danno inferiore a 10 mila euro), l’EPPO può procedere ugualmente se «il caso ha ripercussioni a livello dell’Unione che richiedono lo svolgimento di un’indagine da parte dell’EPPO oppure possono essere sospettati di aver commesso il reato funzionari o altri agenti dell’Unione, ovvero membri delle istituzioni dell’Unione»;

b) competenza in relazione ai reati connessi a quelli rientranti nella direttiva PIF[12];

c) competenza in rapporto ad altri reati di matrice transnazionale, ossia terrorismo internazionale, ovvero a quelle «forme gravi di criminalità che hanno una dimensione transfrontaliera» per le quali è richiesta la decisione unanime del Consiglio europeo.

Come si denota dal catalogo imperfetto richiamato, le attribuzioni dell’EPPO non sembrano ben delineate e circoscritte: come anticipato in apertura, una simile scelta normativa si riverbera sulla prassi applicativa, determinando una evidente criticità in rapporto al complesso coordinamento delle procure nazionali che – è bene ribadirlo – non possono attivarsi in rapporto ai medesimi fatti di reato.

Non solo. Perché gli indefiniti confini entro i quali spazia la legittimazione della Super Procura europea determina profili di criticità in rapporto al coordinamento con le funzioni di Eurojust.

Come precisato nel Regolamento, Eurojust non eserciterà le proprie funzioni «per quanto riguarda le forme di criminalità per le quali EPPO esercita le sue competenze, tranne nei casi in cui sono coinvolti anche Stati membri che non partecipano alla cooperazione rafforzata sull’istituzione di EPPO e su richiesta di quegli stessi Stati membri o su richiesta di EPPO».

Inoltre, Eurojust conserva la sua legittimazione in materia di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione «nei casi che vedono coinvolti gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata sull’Istituzione di EPPO ma per i quali EPPO non è competente o decide di non esercitare la sua competenza». Tuttavia, la Procura europea «instaura e mantiene relazioni strette con Eurojust, basate su una cooperazione reciproca nell’ambito dei rispettivi mandati e sullo sviluppo di reciproci legami operativi, amministrativi e di gestione».

Non va dimenticato il differente ruolo operativo e procedurale dei due organismi: a Eurojust sono attribuiti compiti di coordinamento e di sostegno per l’operatività degli strumenti di cooperazione giudiziaria, mentre l’EPPO è Ufficio che, nel suo complesso, si occupa di attività investigativa e di successiva funzione requirente.

4. L’adeguamento interno. La legge di delegazione europea 117/2019 e il d.lgs. 9/2021

La legge di delegazione europea introduce due linee programmatiche alle quale il Governo è tenuto ad attenersi[13]: da un alto, individuare con precisione le autorità nazionali competenti a formulare quelle plurime designazioni sulle quali gli organi sovranazionali sono chiamati ad effettuare specifiche scelte per l’attribuzione delle nuove funzioni previste dal regolamento 2017/1939/UE (individuazione dell’autorità competente a designare i candidati alla carica di procuratore europeo; individuare quelle competente a designare il procuratore delegato europeo); dall’altro, elencare le numerose situazioni ove è indispensabile coordinare e/o integrare i vari testi normativi nazionali (ordinamento giudiziario, codice di procedura penale e legislazione speciale) alle nuove previsioni sovranazionali inerenti all’esercizio delle funzioni cui è legittimata la Procura europea[14].

I moniti vengono solo in parte recepiti. Il 2 febbraio 2021 - sul filo di lana della scadenza dei termini di cui all’art. 4 della legge di delegazione europea del 2018 - viene emanato l’atteso d.lgs. n. 9/2021  per l'adeguamento della normativa nazionale al Regolamento che istituisce la Procura europea.

In prima analisi, può dirsi che complessivamente il decreto appare alquanto confuso e poco coerente rispetto ai contenuti della delega. La maggior parte delle norme contenute (in totale 21) si incentrano sui criteri di scelta e sulle modalità di funzionamento dell’EPPO[15] e solo 5 articoli si interessano alle modifiche dell’assetto procedurale nel tentativo (invero mal riuscito) di coordinare le disposizioni europee con quelle interne.

4.1. Il riparto delle competenze

Come già si è avuto modo di anticipare, i Procuratori europei delegati operano sul territorio svolgendo un’attività analoga a quella riconosciuta dal nostro ordinamento ai rappresentanti dell’accusa, eseguendo le indagini, formulando l’imputazione, assumendo prove, proponendo gravami e, più in generale, partecipando al processo in ogni suo grado.

Per quanto attiene la comunicazione e l’iscrizione della notizia di reato concernenti reati per i quali l’EPPO potrebbe esercitare la propria competenza, l’art. 14 prevede che la comunicazione deve essere effettuata sia ai Procuratore delegati che al Procuratore nazionale il quale provvede ad iscriverla in un registro automatizzato presso il Ministero della Giustizia. In questo caso, le indagini vengono espletate dai Procuratori delegati.

La scelta del legislatore si è dunque orientata nel senso della “doppia comunicazione”, con una copia indirizzata anche alla procura nazionale territorialmente competente in contemporanea alla comunicazione destinata all’EPPO, al fine di evitare la formazione di fascicoli paralleli.

Nei casi di urgenza, quando il Procuratore delegato non ha ancora accettato di procedere ovvero dal ritardo dell’attività investigativa possono determinarsi pericoli per l’accertamento dei fatti di reato, il procuratore nazionale procede iscrivendo la notitia criminis nell’apposito registro, ai sensi dell’art. 335 c.p.p., dandone comunicazione al Procuratore europeo.

In caso di disaccordo tra l’EPPO e le Procure nazionali in materia di competenza, secondo quanto statuito dal Regolamento europeo[16], il conflitto viene risolto da parte delle autorità nazionali competenti, ossia il Procuratore Generale presso Corte di Cassazione[17].

Per quanto concerne le indagini, nel decreto vengono effettuate alcune precisazioni relative a specifiche investigazioni, ossia alle intercettazioni di comunicazioni e alle consegne controllate richieste o disposte dai procuratori europei delegati, che possono essere espletate nei limiti e alle condizioni previste dalle norme processuali vigenti[18].

5. Conclusioni

Al di là delle disfunzioni pratico-operative[19], la principale criticità dell’attuale disciplina dell’EPPO inerisce al conflitto della normativa de qua con alcuni principi e diritti propri della cultura giuridica europea e, in particolare, del principio di legalità in senso sostanziale, come prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni[20].

In effetti, i procedimenti relativi ai reati di cui l’EPPO potrebbe essere chiamato ad occuparsi risultano carenti sul piano della prevedibilità, presentando gravi incertezze in merito alle norme di rito utilizzabili, all’ambito di applicazione di tali reati, al tipo e all’entità delle sanzioni per essi previste.

Concretamente, né il Regolamento EPPO né le altre fonti europee destinate a completarlo, consentono di prevedere con sufficiente sicurezza se sarà l’EPPO o uno Stato membro a occuparsi di un dato caso e a quale Stato membro sarà attribuito il potere di giudicare i singoli casi concreti. La normativa vigente consente all’EPPO di attribuire a se stesso, ovvero di indirizzare all’uno o all’altro dei Paesi membri e financo di spostare dall’uno all’altro Paese la competenza a perseguire e giudicare i casi in questione sulla base di criteri caratterizzati da un significativo coefficiente di discrezionalità.

In tali ipotesi, ove più di uno Stato si ritenga competente, non esistono norme europee capaci di stabilire quale tra loro sia quello deputato a svolgere l’attività inquirente e giudicante; a dirimere l’eventuale contrasto saranno dunque gli Stati sulla base delle rispettive, diverse regole sulla competenza giurisdizionale, con tutte le conseguenti incertezze.

Può, quindi, sostenersi che l’attuale disciplina dell’EPPO determina una “geometria variabile”[21] spesso imprevedibile per quanto concerne le norme di diritto penale processuale e sostanziale applicabili nel caso concreto determinando un vulnus al diritto di difesa e, più in generale, al diritto ad un equo processo.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Per una ricostruzione dell’istituto, per tutti, G. BARROCU, La procura europea. dalla legislazione sovranazionale al coordinamento interno, Padova, 2021. Con precipuo riferimento alla normativa interna, M.R. MARCHETTI, Procura europea: la normativa interna di collegamento, in Dir. pen. proc., 2021, f. 7, p. 859 ss.; L. SALAZAR, L’adeguamento interno da parte italiana al regolamento EPPO alla vigilia dell’avvio delle nuove indagini, in Sist. pen., 2021, f. 4, p. 53 ss.; G. PIAZZOLLA, Novità. Approvato il primo regolamento interno della Procura europea, in Cass. pen., 2021, f. 6, p. 2206 ss.

[2] Sulla genesi della Procura europea, A BERNARDI, Note telegrafiche su genesi, evoluzione e prospettive future della Procura europea, 2021, f. 11, p. 23; L. KALB, Questioni Problematiche in tema di Procura europea, in AA. VV., Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, a cura di L.S. Rossi-A. Di Stasi, ESI, 2020, p. 291 ss.

[3] Sul punto, approfonditamente, A. BERNARDI, Note telegrafiche su genesi, evoluzione e prospettive future della Procura europea, cit., p. 25.

[4] Testualmente, L. KALB, Questioni Problematiche in tema di Procura europea, cit., p. 350.

[5] In realtà, si trattò di una scelta di compromesso: durante la Conferenza Intergovernativa di Nizza sulle riforme istituzionali, la Commissione propose di operare una revisione del trattato CE per introdurre una base giuridica per l’istituzione della Procura europea. Ma l’opposizione dei Capi di Stato e di Governo presenti a Nizza bloccò l’iniziativa.

[6] Cfr. Comunicato stampa della Commissione europea, Divario dell'IVA: nel 2017 persi 137 miliardi di € di entrate IVA nei Paesi dell'UE, 5 settembre 2019, disponibile al sito www.ec.europa.eu.

[7] Sul tema, per tutti, G. DE AMICIS, Stato di diritto, garanzie europee di indipendenza della magistratura e cooperazione giudiziaria penale: quadri di un’esposizione in fieri, in Sist. pen., 13 dicembre 2021.

[8] “Piramidale”, secondo M.R. MARCHETTI, Procura europea: la normativa interna di collegamento, cit., p. 860.

[9] Art. 5, § 4 del Regolamento che attribuisce all’ufficio inquirente una prerogativa che è tipica di chi svolge funzioni giurisdizionali.

[10] Cfr. art. 35 del Regolamento.

[11] L. KALB, Questioni Problematiche in tema di Procura europea, p. 348.

[12] Considerando 56, ove si precisa che l’altro reato indissolubilmente connesso deve essere «ritenuto di carattere accessorio poiché meramente strumentale al reato che lede gli interessi finanziari dell’Unione, in particolare qualora tale altro reato sia stato commesso principalmente al fine di creare le condizioni per commettere il reato che lede gli interessi finanziari dell’Unione, come un reato strettamente finalizzato a procurarsi i mezzi materiali o giuridici per commettere il reato che lede gli interessi finanziari dell’Unione o per assicurarsi il relativo profitto o prodotto»

[13] L’art. 4, contiene una delega di mesi nove per l’adeguamento dell’ordinamento interno al Regolamento UE n. 1939 del 2017, il quale ha istituito la procura europea. L'originario termine di nove mesi per l'esercizio della delega era stato quindi prorogato, a seguito della pandemia da COVID-19, di ulteriori tre mesi in forza della relativa legislazione emergenziale.

[14] Sulla legge di delegazione europea, R. BELFIORE, L’adeguamento della normativa nazionale al Regolamento sulla procura europea: il punto della situazione, in Sist. pen., 2020, f. 7, p. 165; F. RUGGIERI, Indagini azione penale nei procedimenti di competenza della procura europea, in Proc. pen. giust., 2018, p. 602; E. TRAVERSA, I tre principali aspetti istituzionali dell’attività della Procura europea (EPPO): legge applicabile, rimedi giurisdizionali e conflitti di competenza, in Arch. pen., 2019, f. 3, p. 5.

[15] Seguendo il medesimo trend che ha caratterizzato la descrizione della complessa composizione dell’EPPO nel Regolamento europeo, non ci si soffermerà in questa sede sulla complessa procedura di designazione della rosa di candidati al posto di Procuratore europeo e dei Procuratori europei delegati, dedicando maggiore attenzione alle modifiche procedurali che destano profili di criticità assolutamente evidenti in rapporto al coordinamento con la normativa nazionale. Sul punto, esaustivamente, G. BARROCU, La procura europea, cit., p. 190; M.R. MARCHETTI, Procura europea: la normativa interna di collegamento, cit., p. 860; L. SALAZAR, L’adeguamento interno da parte italiana al regolamento EPPO, cit., p. 55.

[16] L’art. 25, paragrafo 6, del Regolamento.

[17] Art. 16.

[18] Art. 17.

[19] Su cui v. L. KALB, Questioni Problematiche in tema di Procura europea, cit., p. 352.

[20] Sul punto, esaustivamente, A. BERNARDI, Note telegrafiche su genesi, evoluzione e prospettive future della Procura europea, cit., p. 53.

[21] Così A. BERNARDI, Note telegrafiche su genesi, evoluzione e prospettive future della Procura europea, cit., p. 60.