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Pubbl. Mer, 12 Gen 2022

Il Consiglio di Stato si pronuncia sulla giurisdizione esclusiva in tutte le fasi dell´evidenza pubblica

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Angelantonio Pellecchia
Funzionario della P.A.Università degli Studi Suor Orsola Benincasa



Il presente contributo analizza una recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 7217 del 27 ottobre 2021, che conferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nell´ipotesi di mancata stipulazione del contratto con l´Amministrazione da parte del privato risultato aggiudicatario all´esito di una procedura di evidenza pubblica


ENG This paper analyzes a recent sentence of the Council of State, section V, 27 october 2021, n. 7217, on the responsibility of the private contractor for the non stipulation of the contract attributable to him entails the exclusive jurisdiction of the administrative judge.

Sommario: 1. Premessa; 2. La questione giuridica; 3. La giurisdizione nell'ambito dei contratti della P.A.; 4. Il riparto di giurisdizione in relazione alle controversie relative alle modificazioni oggettive; 5. Osservazioni conclusive.

1. Premessa

E’ d’uopo una preliminare illustrazione di cosa si intende per procedura ad evidenza pubblica, cioè la procedura di gara che deve essere seguita dalla stazione appaltante per scegliere il contraente con il quale stipulare il contratto, per gli appalti e le concessioni poste in essere dalla pubblica amministrazione[1].

Per poter addivenire alla stipula di un contratto è necessario che la pubblica amministrazione segua una determinata e specifica procedura, che deve garantire che l’affidamento del contratto avvenga in favore dell’offerta più meritevole[2] all’esito di un confronto concorrenziale tra tutte quelle presentate e che renda evidenti le ragioni che inducono a stipulare proprio con un determinato soggetto: la c.d. evidenza pubblica, ex art. 32 Codice contratti pubblici[3].

Nel rispetto degli atti di programmazione delle stazioni appaltanti, la procedura di gara si snoda attraverso alcune fasi, che si possono così individuare: la c.d. deliberazione a contrarre; la fase di scelta del contraente, che termina con l’aggiudicazione del contratto; la conclusione del contratto; l’approvazione del contratto.

In materia di contratti della P.A. si distinguono due fasi in cui si svolge il rapporto contrattuale: la prima, anteriore, la seconda, successiva alla stipulazione. La prima regolata dal diritto pubblico, la seconda dal diritto civile[4].

Tale distinzione è importante ai fini dell’individuazione del giudice competente a dirimere eventuali controversie. Per quelle relative alla fase anteriore alla stipula del contratto è competente il Giudice Ammnistrativo, mentre per quelle successive a tale momento è competente il Giudice Ordinario.

Per quanto riguarda l’ambito della giurisdizione amministrativa, questa è definita dall’art. 133, comma 1, lett. e), del Codice del processo amministrativo, il D. Lgs. 104/2010, mentre il rito processuale applicabile alle relative controversie è dettato dagli artt. 119 ss. dello stesso testo.

2. La questione giuridica

Va innanzitutto fatto cenno alle sentenza di primo grado da cui è scaturita la sentenza di secondo grado innanzi al Consiglio di Stato.

La società per azioni Toscana Aeroporti ha proposto ricorso contro la società a responsabilità limitata Angelino per ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata stipula del contratto di appalto per il servizio di collegamento navetta dall’aerostazione dell’aeroporto di Pisa fino al parcheggio degli autonoleggi e al parcheggio di sosta lunga. Dopo l’annullamento dell’aggiudicazione e l’esclusione dalla gara della società aggiudicataria Angelino per non avere completato la consegna della documentazione amministrativa necessaria per la stipulazione del contratto, cui era seguita l’aggiudicazione alla Galileo s.r.l. seconda classificata. Inoltre i provvedimenti adottati dalla stazione appaltante erano stati impugnati dalla società ed il ricorso era stato respinto con la sentenza dello stesso Tribunale amministrativo regionale del 27 luglio 2015, n. 1119, passata in giudicato.

La sentenza di primo grado del Tribunale Amministrativo regionale per la Toscana, sezione Prima, n. 664 del 2020 ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo avanzata dalla società resistente, ritenendo la giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1°, lett. e), n. 1, cod. proc. amm., ha respinto l’eccezione di tardività dell’azione risarcitoria, sollevata da quest’ultima ai sensi dell’art. 30, commi 3 e 5, cod. proc. amm., riconducendo la fattispecie alla previsione del comma 2° dell’art. 30 cod. proc.amm., relativa al risarcimento dei danni da lesione di diritti soggettivi in caso di giurisdizione esclusiva, e quindi reputando operante l’ordinario termine di prescrizione dell’azione risarcitoria.

Nel merito ha ribadito il mancato rispetto da parte della società prima aggiudicataria del termine essenziale per la stipulazione del contratto e, per contro, il rispetto da parte della stazione appaltante del termine di vincolatività dell’offerta della concorrente aggiudicataria.

Poi ha escluso la possibilità, per la stazione appaltante, di ricorrere allo scorrimento della graduatoria all’epoca previsto dall’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 (ritenuta previsione di natura eccezionale), con conseguente inapplicabilità dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.; ancora ha escluso che potesse essere considerata in violazione di tale ultima norma la scelta della stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione alla seconda classificata e non di indire una nuova gara, ritenendo non sussistente alcun obbligo in proposito e pertanto non sussistente alcuna possibilità di sindacare nella presente sede la scelta di procedere all’aggiudicazione al secondo classificato.

Per la quantificazione del danno, il primo giudice ha fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale[5] che ha ammesso il risarcimento del danno in favore dell’amministrazione anche in caso di mancata escussione della cauzione provvisoria e comunque per i danni eccedenti l’importo di quest’ultima.

Ha quindi riconosciuto alla ricorrente il risarcimento delle seguenti voci di danno: il danno emergente “derivante dall’aver dovuto aggiudicare la gara ad un prezzo maggiore e quantificabile nella somma di € 51.300, ovvero nella differenza tra gli € 604.262 offerti dalla Galileo s.r.l. e gli € 552.962 offerti dalla resistente”; il danno derivante “dal minore contenuto tecnico della prestazione della Galileo s.r.l. rispetto all’offerta della resistente, ovvero ad elemento che aveva portato, in sede di gara, ad attribuire un maggiore punteggio all’offerta della Angelino s.r.l. sulla base anche di alcune migliorie proposte dalla stessa”; con liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ. pari ad una maggiorazione del 40% dell’importo già liquidato a titolo di danno emergente.

Accolto il ricorso la società Angelino è stata condannata a corrispondere alla ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di € 71.820,00, maggiorata degli interessi legali fino al soddisfo.

La Società Angelino avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello adducendo tre motivi.

Il primo motivo d’appello ripropone e riguarda la questione di giurisdizione[6]. Infatti l’appellante sostiene che la giurisdizione appartenga al giudice ordinario. Nessuno dei due profili di censura che afferiscono al primo motivo sono stati accolto. Va innanzitutto detto che sulla questione di giurisdizione, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, c.d. Codice del Processo Amministrativo, non vi è un orientamento univoco della Corte di Cassazione.

Principalmente vi sono due orientamenti che si contrappongono, il primo afferma che nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la conclusione di contratti della P.A., spetta al G.A. la cognizione dei comportamenti e degli atti assunti prima della aggiudicazione mentre nella fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto sussiste la giurisdizione del G.O. Il secondo, invece, prescindendo dall’art. 133, co.1, l. e), n.1 del c.p.a. escludono dal suo ambito applicativo i comportamenti e gli atti che si collocano nella fase tra aggiudicazione e stipulazione del contratto reputando che il riparto di giurisdizione vada effettuato secondo la regola generale fissata dall’art. 7, comma 1 e 4, c.p.a.. Quindi attribuendo al G.A. soltanto le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi.

Dall’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000 si è ricondotto la fase compresa fra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto, considerata la valenza pubblicistica nella giurisdizione esclusiva del G.A., anche le controversie risarcitorie da responsabilità precontrattuale.

Va peraltro aggiunto che la giurisprudenza del Consiglio di Stato interpreta l’art. 133, co.1, l. e), n.1 del c.p.a riferendo l’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva a tutte le fasi della procedura di gara ad  evidenza pubblica comprendendovi quella successiva all’aggiudicazione, prima della stipulazione del contratto. Come le controversie concernenti: l’esercizio di poteri di autotutela tesi alla rimozione degli atti di gara[7]; il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione adottato nei confronti dell’aggiudicazione per mancanza dei requisiti di partecipazione emersa dopo l’aggiudicazione in occasione della verifica ex art. 32, co. 7 del d.lgs. 50 del 2016[8]. Ovvero per inottemperanza ad obblighi di allegazione documentale preordinati alla stipulazione del contratto[9]. Con conseguente giurisdizione amministrativa in tema di escussione della cauzione provvisoria ed eventuale risarcimento dei danni derivati alla pubblica amministrazione, in qualità di stazione appaltante, dalla mancata stipulazione del contratto imputabile all’aggiudicatario “decaduto”[10].

Il Consiglio di Stato ha ritenuto di confermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per diversi motivi.

Partendo dal tenore letterale dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) c.p.a. afferma che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie

<relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi include quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”.

Dalla disposizione si evince la costruzione c.d. bifasica tradizionale. Delineando la struttura bifasica le “procedure di affidamento” si collocano in una fase pubblicistica perché consistono in peculiari procedimenti amministrativi, che si concludono con il provvedimento di aggiudicazione; a questa segue la “stipulazione del contratto” che comporta la formale assunzione degli impegni negoziali e dà luogo alla fase esecutiva è rimessa alla cognizione del giudice ordinario.

Questa ricostruzione a due fasi nella quale il provvedimento di aggiudicazione teneva luogo del contratto è stata messa in crisi, dapprima con il d.lsg. n. 163 del 2006 ed, infine, col d.lgs. n. 50 del 2016.

L’attuale Codice dei contratti pubblici prevede che l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta[11] colloca nella fase successiva all’aggiudicazione la verifica del possesso dei requisiti[12] e l’esercizio dei poteri di autotutela assoggettati alle disposizioni di cui alla legge n. 241 del 1990[13] impone una crasi temporale tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione e la stipula del contratto (essenzialmente ai fini del c.d. stand still, preordinato al consolidamento della scelta del contraente, a fronte della possibile proposizione di ricorsi giurisdizionali[14]).

Una terza fase risulta delineata per via normativa che si colloca tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto.

Tuttavia, le richiamate disposizioni del Codice dei contratti pubblici consentono di interpretare sistematicamente la norma sul riparto di giurisdizione, osservandosi che la dilazione  temporale imposta dall’attuale disciplina, non sottrae la relativa subfase alla fase pubblicistica e, di conseguenza, alla giurisdizione amministrativa, trattandosi di fase ancora esposta all’esercizio di poteri autoritativi di controllo e di eventuale autotutela della stazione appaltante[15].

Dal punto di vista sistematico vanno reputate controversie “relative a procedure di affidamento” ad evidenza pubblica ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 (primo inciso), cod. proc. amm. perciò riservate alla giurisdizione esclusiva, quelle che attengono ad atti che, pur collocandosi dopo l’aggiudicazione, riguardano comunque la procedura di affidamento.

Trattandosi di giurisdizione esclusiva la cognizione è da intendersi estesa alle controversie risarcitorie, che riguardano atti ma anche i comportamenti, come è tipico per le fattispecie che vengono ricondotte ad ipotesi di responsabilità precontrattuale della  p.a., originate da violazione delle regole di correttezza e buona fede e dalla lesione del legittimo affidamento del privato, ovvero per quelle che vengono ricondotte ad ipotesi di c.d. responsabilità precontrattuale di quest’ultimo quando la mancata stipulazione del contratto sia imputabile al privato aggiudicatario; in entrambi i casi si tratta di giurisdizione esclusiva estesa a posizioni di diritto soggettivo.

In quanto si originano dalla caducazione di un atto della serie procedimentale pubblica, disposta dall’amministrazione nell’esercizio di poteri di autotutela riconosciuti dalla legge[16].

Come affermato dalla Corte di Cassazione, riguardo all’azione risarcitoria per lesione dell’affidamento riposto dall’operatore economico concorrente sulla legittimità dell’aggiudicazione poi annullata in autotutela[17].

In sintesi, così come il giudice amministrativo conosce dei provvedimenti amministrativi successivi all’aggiudicazione, costituenti un proseguimento della  fase pubblicistica della procedura adottati in funzione di revisione o di riesame in autotutela ovvero di verifica della correttezza dell’aggiudicazione e dell’affidabilità dell’aggiudicatario funzionale alla stipulazione del contratto, la sua giurisdizione esclusiva include le controversie risarcitorie attinenti indifferentemente alla lesione di diritti soggettivi o di interessi legittimi, la cui instaurazione trova fondamento e ragion d’essere nell’adozione o nella caducazione di detti atti.

Va ribadito che per consolidata giurisprudenza amministrativa in sede di giurisdizione esclusiva la legittimazione ad agire spetta anche all’amministrazione pubblica, a tutela di un proprio diritto soggettivo[18].

Le ragioni che giustificano questa conclusione[19] sono coerenti con la ricostruzione sistematica della fattispecie di formazione del contratto pubblico di cui sopra, poiché fondano sulla distinzione tra inadempimento di prestazioni propriamente contrattuali, collocate in una fase, appunto, esecutiva, pur se “anticipata”, e violazione di obblighi gravanti sull’aggiudicatario, in base a norme di legge o alla lex specialis, preordinati alla verifica della correttezza dell’aggiudicazione ed alla stipulazione del contratto.

Ripercorrendo ciò che è accaduto nel caso in esame l’annullamento dell’aggiudicazione e l’esclusione della società Angelino da parte di Toscana Aeroporti sono stati disposti per la mancata allegazione di documentazione necessaria ai fini di validare l’aggiudicazione, per procedere alla stipula del contratto.

Il provvedimento di decadenza dell’aggiudicatario è stato adottato dalla stazione appaltante per l’impossibilità di addivenire a tale stipula e dalla caducazione dell’aggiudicazione è scaturita l’azione  risarcitoria per i danni sofferti dalla stessa stazione appaltante per il mancato esito fisiologico della procedura.

Sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva, che include la controversia risarcitoria, pur se autonomamente instaurata da parte della stazione appaltante.

L’azione risarcitoria esercitata in via autonoma nel presente giudizio attiene ad un caso di giurisdizione esclusiva (arg. ex art. 30, comma 1, cod. proc. amm.) e il risarcimento è stato chiesto per la lesione di una  posizione di diritto soggettivo, di cui non è stata in giudizio contestata la natura giuridica (arg. ex art. 30, comma 2, cod. proc. amm.) della quale conosce, sempre in via esclusiva, il giudice amministrativo ai sensi dell’art. 30, comma 6, cod. proc. amm.

Contrariamente a quanto sostiene l’appellante non si applica il termine di decadenza di centoventi giorni di cui al comma 3 (decorrente dal giorno del fatto o dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo), né quello di cui al comma 5 (decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza).

Essendo questa un’azione di condanna al risarcimento di danni per lesione di diritti soggettivi in materia di giurisdizione esclusiva, non è soggetta a termine di decadenza, ma soltanto all’ordinario termine di prescrizione quinquennale decorrente dalla data del fatto lesivo.

L’eccezione di tardività non avrebbe potuto essere accolta in quanto non spirato il termine di prescrizione.

In sintesi, il primo motivo di gravame è stato respinto in toto.

A seguire sono stati criticati i capi della sentenza di primo grado concernenti i criteri di quantificazione dei danni risarcibili.

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, del 31 agosto 2016, n. 3755, relativa ad una fattispecie di illecito rifiuto dell’aggiudicatario a stipulare il contratto con l’amministrazione appaltante, ha riconosciuto in favore di quest’ultima il risarcimento del danno pari ai maggiori esborsi di denaro conseguenti all’aggiudicazione disposta per “scorrimento” in favore del concorrente secondo classificato. Il caso concreto è analogo al presente, non costituendo differenza significativa, ai fini dell’individuazione delle voci di danno risarcibili, la circostanza di fatto che nel caso oggetto della citata decisione il bando di gara non avesse previsto il versamento di una garanzia provvisoria per la partecipazione alla procedura.

In proposito la sentenza di primo grado condivide il principio[20] che la stazione appaltante può agire per ottenere il risarcimento del danno effettivo per il caso di mancato stipula del contratto imputabile all’aggiudicatario, quando esso ecceda l’importo della cauzione provvisoria. Per questa parte la sentenza non è stata specificamente appellata[21].

In definitiva, la responsabilità del privato aggiudicatario per la mancata stipulazione del contratto a lui imputabile non trova la sua fonte diretta nella violazione dei canoni generali della correttezza e della buona fede nelle trattative precontrattuali: nel caso in cui sia il comportamento colpevole del privato aggiudicatario a compromettere il buon esito della procedura, non è possibile adoperare “a parti rovesciate” le stesse categorie concettuali e giuridiche elaborate dalla giurisprudenza in tema di responsabilità della pubblica amministrazione verso il privato.

Va tenuto presente che è la stessa legge a sancire che l’aggiudicatario “decaduto” debba rispondere per la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” dovuta ad ogni fatto a lui riconducibile[22] ed a prevedere[23] che l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine a disposizione della stazione appaltante per addivenire alla stipula.

Pertanto, il privato offerente una volta intervenuta l’aggiudicazione è obbligato alla stipulazione del contratto. Si tratta di un’obbligazione, che trova la sua ratio nella tutela dell’interesse pubblico alla sollecita definizione della procedura di affidamento e la sua fonte, non nel contratto, bensì nel fatto di essere aggiudicatario all’esito di una pubblica gara. Si tratta di un fatto che, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., si pone come “idoneo a produrre” la relativa obbligazione di stipulare il contratto.

In sintesi, l’amministrazione gode di una tutela “rafforzata” rispetto a quella di cui gode il privato aggiudicatario nei suoi confronti, nella stessa fase che precede la stipulazione del contratto. La peculiare disciplina normativa rende inapplicabile alla fattispecie lo strumento civilistico dell’art. 2932 cod. civ., poiché la formazione e la stipulazione dei contratti pubblici sono per legge soggette a requisiti procedimentali e formali che ne rendono impraticabile la costituzione per sentenza.

Conseguentemente, quando l’obbligazione ex lege del privato di addivenire alla stipulazione del contratto rimanga inadempiuta per fatto dell’aggiudicatario, questi è soggetto all’escussione della garanzia prestata per la partecipazione alla gara e, se l’inadempimento sia a lui imputabile anche a titolo di colpa, è tenuto al risarcimento del danno in misura pari all’eccedenza rispetto alla già prestata cauzione (ex art. 1218 c.c.). Di qui la risarcibilità della lesione non solo del c.d. interesse negativo, ma anche dell’interesse c.d. positivo dell’amministrazione correlato alla già intervenuta individuazione del futuro contraente.

Il danno risarcibile è quindi pari al pregiudizio sofferto dall’amministrazione, stazione appaltante, per il maggior prezzo di aggiudicazione, a seguito di nuova gara ovvero a seguito dello “scorrimento” della graduatoria. Poiché quest’ultimo comporta l’aggiudicazione al concorrente che segue l’aggiudicatario “decaduto” alle condizioni dallo stesso proposte, il danno risarcibile è commisurabile non solo ai maggiori esborsi di denaro cui è esposta la stazione appaltante, ma, sussistendone le condizioni, al pregiudizio per l’eventuale inferiore qualità della prestazione.

Nel caso di specie, il danno corrispondente al maggior prezzo di aggiudicazione è stato quantificato nell’importo, in sé non contestato, di € 51.300,00, pari alla differenza delle offerte economiche. Va disattesa la pretesa della società Angelino di eliminazione o riduzione della quantificazione del danno in applicazione dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., invocata anche in appello.

Resta da dire della voce di danno “da minore qualità” dell’offerta della seconda aggiudicataria, che il primo giudice ha accolto nell’an, pur riducendo considerevolmente il quantum richiesto dalla stazione appaltante. Trattandosi di danno di difficile, se non impossibile, liquidazione nel suo preciso ammontare, s’impone la valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.. La tipologia di danno comporta che vada eseguita una comparazione qualitativa tra le due offerte in competizione. Il metodo seguito dal primo giudice è stato quello di maggiorare il danno emergente già liquidato di una percentuale corrispondente a quella della differenza del punteggio attribuito alle due offerte tecniche.

La censura presenta evidenti profili di inammissibilità, per violazione del canone di specificità di cui all’art. 101, comma 1, cod. proc. amm. Peraltro, nel merito, non si riscontrano l’irragionevolezza e la sproporzione lamentate in appello sol che si consideri che la differenza di punteggio tra le due offerte è dipesa dalla migliore valutazione ottenuta da Angelino per tutti e tre i criteri relativi all’offerta tecnica. In particolare, l’offerta dell’aggiudicataria, poi decaduta, è stata giudicata più apprezzabile sia per le “proposte migliorative” (primo criterio), che per le “caratteristiche tecniche dei mezzi messi a disposizione per l’appalto” (secondo criterio) e per la “maggiore esperienza determinata attraverso la quantità di contratti gestiti nel triennio precedente al bando” (terzo criterio).

Confermata anche in punto di quantificazione dei danni risarcibili la sentenza di primo grado.

3. La giurisdizione nell'ambito dei contratti della P.A.

Analizzando la tutela giurisdizionale è necessario in primo luogo ricostruire i criteri di riparto della giurisdizione sul contenzioso riguardante i contratti pubblici[23].

In tema è intervenuto dapprima l’art.33, d.lgs 80/1998, quindi, l’art. 6, l.n. 205 del 1990, successivamente abrogato dal d.lgs. 163/2006 che ha disciplinato il riparto di giurisdizione all’art. 244.

L’ultima disposizione richiamata è stata infine abrogata e sostituita dall’art. 133, comma 1 lett. e), c.p.a., intervenuto anche a recepire le modifiche introdotte dal d.lgs. 53/2010 recante attuazione della c.d. Direttiva ricorsi n.2007/66/CE.

Ebbene l’art. 133 c.p.a. prevede che rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie relative (comma 1, lett. e): 1) a procedere di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative; 2) al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2010 nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto.

Quanto al perimetro soggettivo della giurisdizione, anche il citato art. 133 c.p.a., quindi, al pari delle disposizioni richiamate che in passato hanno disciplinato la giurisdizione in materia di appalti e contratti pubblici, prescinde, nel riconoscere la giurisdizione esclusiva del G.A., dalla natura, pubblica o privata, del soggetto che svolge la procedura di affidamento contestata in sede processuale, assegnando rilievo alla sola circostanza che, nel gestire la procedura stessa, quel soggetto sia tenuto all’applicazione della normativa europea o dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale; ciò che rileva, pertanto, è la natura pubblica dell’attività contestata in sede processuale, dedotta dal fatto che è la stessa assoggettata a disciplina pubblicistica di fonte europea o interna.

Sempre al pari dei citati artt. 244, d.lgs. 163/2006 e 6 l. 205/2000, anche l’art. 133 c.p.a., sul versante questa volta oggettivo, ha riguardo alle controversie nelle quali è in contestazione non già necessariamente gli appalti, ma le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, così ricomprendendo ogni sistema di affidamento, ivi compresi concessioni, project financing.

Giova segnalare che con il riferimento alle procedure, l’art. 133 cpa, se certo rinvia alle disposizioni sostanziali che regolano i singoli atti adottati in seno ai procedimenti di scelta del contraente, si presta ad essere interpretato, in linea con le coordinate tracciate da Corte cost. 204/2004, come volto a ricondurre nella prevista ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A. anche il contenzioso involgente quei comportamenti tenuti dalla stazione appaltante che, legati al filo doppio al potere esercitato con la gestione delle procedure di affidamento, danno luogo a responsabilità precontrattuale.

Il riferimento alle procedure di affidamento induce, infine, ad escludere dal perimetro della giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie relative all’esecuzione del contratto, involgenti una fase a connotazione privatistica nella quale la stazione appaltante non esercita poteri pubblicistici, ponendosi su un piano di parità rispetto alla controparte. Controversie come tali devolute al G.O.. E’ così confermato nella sostanza il criterio tradizionale di riparto di giurisdizione in materia di pubblici contratti, con l’attribuzione al G.A. delle controversie che insorgono nella fase di scelta del contraente, prima della stipulazione del contratto, e al G.O. di quelle relative alla fase di esecuzione dell’appalto, dopo la stipulazione dello stesso.

Lo spartiacque tra le due giurisdizioni in tema di contratti di appalto continua così ad essere tendenzialmente costituito dalla stipula del contratto, quale momento iniziale della fase di esecuzione.

Chiarito il perimetro della giurisdizione del G.A., è utile dare atto delle peculiarità che connotano il processo amministrativo in materia di contratti pubblici.

La disciplina, dapprima introdotta dall’art. 23 bis, l. Tar, e poi modificata dal richiamato d.lgs. 53/2010 è ora principalmente dettata dagli artt. 119 e 120 c.p.a.; significative novità sono state, inoltre, introdotte dal d.l. 24 giugno 2014 n. 90.

Quanto all’ambito di applicazione del rito speciale gli artt. 119 e 120 c.p.a. fanno riferimento alle controversie relative agli atti delle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, nonché ai provvedimenti dell’Anac ad essi riferiti.

Venendo alla disciplina, si tratta di previsioni con cui si è inteso improntare il rito dei contratti pubblici a canoni di forte accelerazione e concentrazione.

Ad esigenze di concentrazione è ispirata la scelta di escludere che possa essere sperimentato il rimedio del ricorso straordinario: scelta desumibile dall’art. 120 c.p.a., laddove dispone che gli atti dalla stessa disposizione presi in considerazione sono impugnabili unicamente mediante ricorso al Tar[24].

Il d.lgs. 50/2016 (art. 204), intervenendo sul testo dell’art.120 c.p.a., ha introdotto significative novità quanto ai termini di proposizione del ricorso avverso specifici atti delle procedure di affidamento, in specie le esclusioni e le ammissioni[25].

Benché superata dal successivo d.l. 32/2019, c.d. Sblocca Cantieri, merita segnalazione il comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., in base al quale il provvedimento che determina le esclusioni della procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, co.1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016 n. 11[26].

Il nuovo rito, volto a garantire una maggior celerità nella definizione delle controversie in materia di appalti, tuttavia, è stato sottoposto allo scrutinio della Corte di Giustizia, cui Tar Piemonte Sez. I, 17 gen 2018, n. 88 ha chiesto di verificarne la coerenza con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela.

Nonostante la Corte di Giustizia Europea, con ordinanza del 14 febbraio 2019, C.54/2018, abbia affermato la compatibilità del rito super-accelerato con il diritto europeo, a condizione che i vizi di legittimità degli atti siano conoscibili agli interessati, il d.l. 32/2019, c.d. “Sblocca Cantieri”, ha comunque abrogato il citato comma 2 bis.

Il nuovo regime si applica “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ovverosia dopo il 19 giugno 2019.

Sull’efficacia nel tempo dell’intervenuta abrogazione è tuttavia emerso un contrasto interpretativo.

Per una prima impostazione, il principio tempus regit actum rende applicabile la disciplina processuale vigente al momento della instaurazione del giudizio, il che escluderebbe ogni rilevanza alle decadenze già maturate, trattandosi di preclusioni derivanti da norme processuali abrogate.

In senso contrario, di recente, Cons. St., sez. III, 29 luglio 2020, n.4824, ha sostenuto che la disposizione transitoria richiamata non può essere intesa come introduttiva di una sanatoria processuale idonea a rimettere in termini i concorrenti nell’impugnazione di provvedimenti di ammissione non solo adottati prima di tale data, ma anche già consolidatisi per inutile decorso del termine di impugnazione ex art. 120, co. 2 bis c.p.a.; l’art. 1/23, d.l. 32/2019, nella parte in cui ha previsto che il nuovo regime si applica ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lungi dal voler resuscitare un termine già definitivamente spirato, ha inteso consentire l’applicazione dello jus superveniens anche nei processi promossi dopo la sua entrata in vigore ma solo ove tale termine sia ancora pendente, sicchè solo in tale ipotesi sarebbe possibile far valere i vizi degli atti di ammissione in occasione della contestazione dell’atto finale di aggiudicazione definitiva.

4. Il riparto di giurisdizione in relazione alle controversie relative alle modificazioni oggettive

La circostanza che le modificazioni oggettive attengano alla fase esecutiva del rapporto contrattuale pone delicati problemi in relazione alla determinazione del giudice munito della potestas iudicandi in ordine alle controversie che abbiano ad oggetto tali modificazioni.

Ci si chiede, in altri termini, se tali controversie vadano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo ovvero del giudice ordinario. Sul punto, la giurisprudenza appare divisa.

L’orientamento pretorio maggioritario, valorizzando l’incidenza di tali modificazioni non soltanto sul contratto, ma sulla stessa prodromica procedura pubblicistica di selezione del contraente, ritiene che le controversie relative alle varianti debbano essere devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo e a soggiacere al rito speciale ex art. 120 c.p.a. (dimidiazione dei termini per la proposizione e deposito del ricorso, memorie e documenti, fissazione udienza)

Un diverso orientamento, valorizzando al contrario la natura privatistica delle facoltà e dei poteri esercitati dall’amministrazione aggiudicatrice in sede di esecuzione del contratto, ne argomenta la deducibilità alla giurisdizione del giudice ordinario.

Il vigente codice dei contratti pubblici, non discostandosi dalle previgenti fonti, disciplina altresì istituti finalizzato allo scioglimento del rapporto negoziale in pendenza dell’esecuzione dello stesso. Nonostante tali istituti siano modellati sulla falsariga degli omologhi civilistici della risoluzione e del recesso, tuttavia essi subiscono delle peculiari alterazioni, soprattutto in relazione ai presupposti che ne giustificano l’esercizio, tali da determinarne la necessità di inquadramento più che nell’alveo dei poteri privatistici, nelle forme dell’autotutela pubblicistica.

La risoluzione del contratto, disciplinata dagli artt. 108 e 109, è destinata a trovare applicazione ai contratti di lavori, di servizi e di forniture, il cui importo sia inferiore o superiore alle soglie di rilevanza europea, da aggiudicare nei settori ordinari, mentre per i settori speciali è dettata una disciplina differente. Come per la disciplina delle varianti, anche in relazione alla risoluzione del contratto, l’ambito di applicazione soggettivo non si estende ai soggetti privati tenuti all’osservanza delle disposizioni in materia di affidamento di contratti pubblici.

Nonostante l’utilizzo del nomen, tale istituto si configura quale manifestazione dei poteri di autotutela pubblicistica posti in capo all’amministrazione aggiudicatrici e, come tali, necessitanti, da una parte, il bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata e gli interessi pubblici e privati all’esecuzione del rapporto negoziale, dall’altra l’assolvimento di uno stringente onere di motivazione in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale alla risoluzione del rapporto negoziale, benché si ritenga che l’applicazione delle coordinate normative risultanti dalla legge generale sul procedimento amministrativo debba essere limitata ai soli principi generali in materia di autotutela, con esclusione dei termini previsti dalla L. n. 241/1990 per l’esercizio dei detti poteri.

La vigente disciplina distingue le ipotesi di risoluzione discrezionale o facoltativa dalle ipotesi di risoluzione obbligatoria.

Quanto alle risoluzione discrezionale, essa può essere disposta: a) Per vizi genetici dell’aggiudicazione legati alla posizione dell’aggiudicatario: tali ipotesi si verificano nel momento in cui l’aggiudicatario incorra in una delle cause di esclusione previste ex art. 80, comma primo (c.d. requisiti di moralità o requisiti di ordine generale) id est sia destinatario di una sentenza di condanna penale, passata in giudicato, per i reati previsti dall’art. 80; b) Per vizi genetici dell’aggiudicazione dipendenti dallo svolgimento del procedimento contrattuale: tale fattispecie attiene ai casi in cui l’amministrazione aggiudicatrice abbia aggiudicato il contratto ponendo in essere una grave violazione delle disposizioni di diritto eurounitario o interno (e.g. utilizzo di procedure destinate ad applicazione tassativa fuori dei casi previsti); c) Per vizi genetici connessi alle modifiche contrattuali: tale ipotesi si verifica allorquando l’amministrazione aggiudicatrice abbia autorizzato varianti o dato luogo ad altre modificazioni contrattuali in assenza dei presupposti, come nel caso di modifiche di ammontare superiore alle soglie fissate dal codice dei contratti ovvero nel caso di modifiche che abbiano avuto l’effetto di alterare la natura dell’originario contratto.

Il contenzioso relativo alle controversie relative a tali ipotesi di risoluzione è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Accanto alle ipotesi di risoluzione facoltativa, il D. Lgs. n. 50/2016 prevede delle fattispecie al verificarsi delle quali la risoluzione del contratto in corso di esecuzione si configura quale atto dovuto, ancora una volta espressivo di un potere unilaterale di autotutela riconosciuto all’amministrazione aggiudicatrice a fronte del venir meno, in un momento successivo allo svolgimento della procedura di gara, dei requisiti soggettivi in capo all’operatore economico ed in relazione alla quale è posto in capo all’amministrazione aggiudicatrice l’obbligo di dare comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento di risoluzione contrattuale.

La risoluzione obbligatoria può essere dichiarata qualora: a) l’operatore economico sia decaduto dall’attestazione SOA o dalle attestazioni relative ai diversi sistemi di qualificazione- come accade in relazione ai contratti da affidare nei settori speciali- per falsità delle dichiarazioni rese nel corso del procedimento preordinato al conseguimento della SOA. Tale previsione è destinata a trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui il valore delle prestazioni contrattuali residue sia inferiore alle soglie per le quali è previsto il possesso della qualificazione (per gli appalti di lavori, tale soglia è fissata in €150.000); b) nei confronti dell’operatore economico intervenga un provvedimento definitivo di applicazione delle misure di prevenzione previste dal codice antimafia; c) nei confronti dell’operatore economico sia pronunciata sentenza di condanna, passata in giudicato per i reati previsti dall’art. 80.

Anche in queste ipotesi, attesa la natura pubblicistica dei poteri esercitati dall’amministrazione aggiudicatrice ai fini dello scioglimento dal vincolo negoziale, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Se, dunque, in relazione alle fattispecie sopra ricordate, l’amministrazione aggiudicatrice agisce nell’esercizio di poteri di autotutela pubblicistica, in altre circostanze l’agire dell’amministrazione trova il proprio fondamento nell’esercizio di poteri riconducibili all’autotutela privatistica: in tali ipotesi, il contenzioso andrà devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario.

I casi nei quali l’amministrazione aggiudicatrice esercita poteri di natura privatistica sono, essenzialmente, di due ipotesi: qualora l’aggiudicatario del contratto sia incorso in un grave inadempimento, tale da compromettere la corretta esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto: a differenza che nella risoluzione prevista dal codice civile, l’amministrazione aggiudicatrice, oltre a diffidare l’operatore economico, è chiamata ad aprire un procedimento amministrativo finalizzato a consentire all’esecutore del contratto di presentare le proprie osservazioni e deduzioni rispetto la contestazione degli addebiti formulata dal contraente pubblico e soltanto nelle ipotesi di mancata presentazione o di valutazione di insufficienza delle giustificazioni addotte, è possibile dichiarare la risoluzione del contratto. E qualora l’inadempimento dell’aggiudicatario del contratto, pur non compromettendo la possibilità di esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto, impedisca tuttavia la corretta esecuzione delle stesse secondo i termini e le condizioni contrattuali. In tale ipotesi, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a diffidare preventivamente ed a mettere in mora l’operatore economico, con assegnazione di un termine per provvedere, scaduto il quale l’amministrazione aggiudicatrice può dichiarare risolto il contratto,

Le conseguenze della risoluzione del contratto sono oltre a determinare lo scioglimento del vincolo negoziale ed, eventualmente, alla liberazione dei cantieri dai macchinari e dagli ulteriori beni che vi abbia istallato l’operatore economico, la risoluzione del contratto comporta altresì l’insorgenza di alcune obbligazioni di pagamento di somme di denaro, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, tenuta a versare all’operatore economico le somme relative alle prestazioni correttamente eseguite, decurtate- nelle ipotesi di risoluzione doverosa o risoluzione per grave inadempimento, degli importi corrispondenti ai maggiori costi da sopportare per bandire una nuova procedura di affidamento.

5.Osservazioni conclusive

La pronuncia in commento fornisce lo spunto per approfondire un tema di notevole interesse teorico e pratico-applicativo, relativo all’individuazione dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo.


Note e riferimenti bibliografici

[1] L. TORCHIA, La nuova direttiva europea in materia di appalti di servizi e forniture, in Dir. amm., 2015.

[2] H. C. CASAVOLA, Il rapporto tra tutela della concorrenza ed interesse alla scelta del miglior contraente nell’impugnazione degli atti di gara, in Giust. Amm., n.6, 2016;

[3] D.lgs. 18 aprile 2016, n.50;

[4] M. CLARICH, Diritto privato dell’amministrazione pubblica, Milano, 2010.

[5] Cons. St., sez. III,sent. 31 agosto 2016, n. 3755; 

[6] Cons. St., sent. 27/10/2021,n.7217: “…impugnando il capo di sentenza col quale è stata respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata in primo grado dalla società resistente.”

[7] Cfr. Cons. St., A.P., 4 maggio 2018, n.5; Cons. St., V, 28 gennaio 2019, n.697; id. V, 13 luglio 2020, n.4514; id., V, 26 aprile 2021, n. 3303 e 12 luglio 2021, n. 5274.

[8] Cfr. Cons. St., V, 23 febbraio 2015, n. 844.

[9] Cfr. Cons. St., V, 29 luglio 2019, n. 5354 e id., 2 agosto 2019, n. 5498;

[10] Cfr. Cons. St., sez. III, sentt. 31 agosto 2016, n. 3755 e id., II, 31 dicembre 2020, n. 8546.

[11] Art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016;

[12] Art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016;

[13] Art. 32, comma 8, primo periodo, del d.lgs. 50 del 2016;

[14] Art. 32, commi 10 e segg., del d.lgs. 50 del 2016;

[15] Cons. Stato, V, n. 5498/19;

[16] Cass. n.16419/17 e n. 17329/21; Cit. Cass. S.U. n. 13454/17 “la giurisdizione esclusiva prevede la cognizione, da parte del giudice amministrativo, sia delle controversie relative ad interessi legittimi della fase pubblicistica, sia delle controversie di carattere risarcitorio originate dalla caducazione di provvedimenti della fase predetta, realizzandosi quella situazione d'interferenza tra diritti ed interessi, tra momenti di diritto comune e di esplicazione del potere che si pongono a fondamento costituzionale delle aree conferite alla cognizione del giudice amministrativo, riguardo ad atti e comportamenti assunti prima dell'aggiudicazione o nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la mancata stipula del contratto”

[17] Cfr. Cons. St., Ad. plen., 20 luglio 2012, n. 28;

[18] Cfr. Cass., S.U. 21 maggio 2019, n. 13660;

[19] già richiamato dalla sentenza n. 3755/2016

[20]  Cass. S.U. 4 febbraio 2009, n. 2634; Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2014, n. 6302;

[21] Art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016)

[22] All’art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016;

[23] L. TORCHIA, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici, in Giust. amm., 2016;

[24] Cons. St., Sez. VI, 13 dicembre 2013, n. 6008.

[25] L. TORCHIA, Il codice dei contratti pubblici: regole, procedimento, processo, in Giorn. Dir. amm., vol. 22, n. 5, 2016.

[26] R. DE NICTOLIS, La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla concorrenza, Milano, 2016.