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Pubbl. Mar, 29 Set 2015

L´art. 81 Cost. e il pareggio di bilancio: quale futuro per il Welfare

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Gerardo Scotti


Riflessioni sul principio del pareggio di bilancio ex art. 81 della Costituzione alla luce di dottrina e giurisprudenza: come cambia la politica di spesa per lo Stato e per le altre articolazioni repubblicane e quale futuro ha ancora lo Stato sociale


 

Indice:  1. Premessa. – 2. L’attuale art. 81 della Costituzione ex legge cost. n. 1/2012. – 3. La legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio. – 4. I principi in materia sanciti dalla Corte costituzionale. – 5. Alcuni spunti critici. – 6. Ed il Welfare?

 

1. Premessa

L’assillo feroce del riequilibrio contabile, in tempi di crisi economica e finanziaria, si è abbattuto pesantemente anche sulla Carta costituzionale del 1948. I vertici finanziari dell’Europa hanno richiesto a gran voce una riformulazione delle politiche di bilancio degli Stati al fine di ridurre il proprio debito pubblico nazionale. E così, il giurista, tanto affezionato al bagaglio di diritti e doveri morali e giuridici, viene sempre più inghiottito dalla figura ingombrante dell’economista severo.

Con l’obiettivo di rafforzare gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio, garantire la solidità finanziaria dell’area europea e rilanciare le proprie prospettive di sviluppo, l’Unione europea ha spinto gli Stati membri a sottoscrivere, tra i tanti provvedimenti (ad esempio Patto Euro – Plus del 2011, il six pack  al PSC, two pack)[1], un nuovo accordo nell’ambito del Trattato sulla stabilità, coordinamento e sulla governance, il c.d. fiscal compact (patto di bilancio)[2]. La conseguenza più rilevante di tale accordo, almeno a livello costituzionale, è sicuramente l’introduzione del principio del “pareggio di bilancio” stabilendo che esso si consideri realizzato qualora il saldo strutturale (definito come saldo corretto per il ciclo e al netto delle misure una tantum) delle amministrazioni pubbliche (PA) sia pari all’obiettivo di medio termine (MTO) specifico per il Paese, come definito nel Patto di Stabilità e Crescita, con un limite inferiore di disavanzo strutturale dello 0,5 per cento del PIL. Deviazioni temporanee dall’MTO sono consentite solo in caso di circostanze eccezionali o di gravi crisi economico - finanziarie e, comunque, nella misura in cui tale deroga non comprometta la sostenibilità del debito di lungo periodo[3].

Da inserire in maniera permanente all’interno delle singole legislazioni nazionali e, preferibilmente, a livello costituzionale, l’allineamento a tali regole è avvenuto in Italia con la legge costituzionale n. 1 del 2012. Tale atto si preoccupa soprattutto di delineare i parametri generali del pareggio di bilancio strutturale in Costituzione, rinviando la disciplina di dettaglio ad un ulteriore e successivo procedimento legislativo ordinario. Si rivelerà, inoltre, innovatore non solo dell’art. 81 bensì pure degli artt. 97, 117 e 119 della Costituzione, introducendo nell’ordinamento un principio di carattere generale, secondo il quale tutte le amministrazioni pubbliche devono assicurare l’equilibrio tra entrate e spese del bilancio e la sostenibilità del debito, nell’osservanza delle regole dell'Unione europea in materia economico-finanziaria.

 

2. L’attuale art. 81 della Costituzione ex legge cost. n. 1/2012

L’originario art. 81 della Costituzione, quello precedente la riforma del 2012, aveva esclusivamente il senso di disciplinare il modo d’essere dei processi decisionali, non il loro contenuto: una disciplina quindi di tipo soltanto procedurale. Tale ricostruzione, proprio perché negava la possibilità di ricavare dalla disciplina costituzionale la prescrizione di politiche restrittive, è stata ingiustamente accusata di essere funzionale ad indirizzi di tipo keynesiano, mentre in realtà lo era in egual misura anche rispetto a politiche di segno opposto[4].

Sebbene vi fosse stato negli anni Cinquanta chi, come Castelli Avorio, aveva tentato di rinvenire in Costituzione una specie di vincolo al pareggio, tale prospettiva non convinse nessuno per la forzatura che poneva al dato costituzionale. Unico strumento che poteva limitare (ma non costituire vincolo al pareggio)[5] la spesa pubblica poteva essere invece rintracciato esclusivamente nell’obbligo della copertura finanziaria relativo alle decisioni di incremento della spesa.

La riforma costituzionale ex legge cost. n. 1/2012, invece, introduce rilevantissime novità, riscrivendo l’art. 81 della Costituzione e prevedendo il principio secondo il quale “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. Inoltre, il ricorso all’indebitamento sarà possibile esclusivamente in due casi: 1) “al fine di considerare gli effetti del ciclo economico” e 2) “previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”.

Innanzitutto, a ben vedere, l’obbligo costituzionale non impone il “pareggio” invocato nell’intitolazione della legge e mai menzionato nel testo, ma l’ “equilibrio” tra entrate e spese. Pertanto, se con il termine pareggio si suole indicare la posizione contabile di uguaglianza tra entrate e uscite indicate nel bilancio, la scelta di avvalersi della parola «equilibrio» sembra voler sottintendere la volontà degli autori della riforma di riferire il pareggio al «bilancio strutturale», vale a dire al netto del ciclo economico, in sintonia con i già menzionati patti europei[6]. Il principio del pareggio ha dunque assunto una connotazione soltanto tendenziale, ammettendosi bilanci recanti un deficit congiunturale imputabile al ciclo avverso, ovvero, un altrettanto congiunturale avanzo[7].

Altro elemento da analizzare riguarda la possibilità di evidenziare nel testo della citata disposizione due deroghe al divieto di ricorrere all’indebitamento. Esso risulta infatti possibile al verificarsi di “eventi eccezionali” e “soltanto al fine di considerare gli effetti del ciclo economico”. In tal caso, se la nozione di “eventi eccezionali” è chiarita nel successivo art. 5 della legge dove si elencano al comma 1, lett. d, “gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali”, maggiori dubbi interpretativi si pongono in relazione al se tali condizioni possono ricorrere disgiuntamente rispetto agli effetti del ciclo economico, oppure se tali effetti costituiscono il limite massimo dell’entità della deroga che richiederebbe sempre e comunque il verificarsi di eventi eccezionali. In ogni caso è evidente che, secondo la norma, i vincoli alla finanza pubblica sono costruiti in chiave anticiclica.

Nel nuovo art. 81, poi, viene modificata anche la disposizione relativa alla copertura finanziaria. In particolare, oggi l’estensione dell’obbligo della copertura finanziaria risulta esteso a tutte le leggi, comprensive quindi anche di quella di bilancio, mentre, al contrario, la Carta del ’48 limitava il vincolo solo alle leggi diverse dal bilancio. Tuttavia, la modifica sembra di dubbia utilità, considerando che il pareggio è già conseguito mediante il divieto di ricorrere all’indebitamento ed a seguito della estensione di tale divieto anche al bilancio: esito quest’ultimo dovuto al fatto che il divieto in questione viene formulato in termini generali e serve a specificare il significato di quell’equilibrio tra entrate e spese che, essendo comunque un saldo, è innanzitutto il bilancio a doverlo assicurare[8].

Altra novità post riforma concerna l’eliminazione del 3° comma del vecchio art. 81, che vietava alla legge di bilancio di “stabilire nuovi tributi e nuove spese” conferendo alla legge di bilancio la natura di legge meramente formale. Il nuovo art. 81, invece, rinvia a una legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera (legge di contabilità “rinforzata”) il compito di definire “il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni”[9]. Presumibilmente sarà questa legge a chiarire se ed entro quali limiti verrà superato il carattere formale della legge di bilancio[10].

Proprio il riferimento al complesso delle Pubbliche Amministrazioni è contenuto nell’art. 2 della legge costituzionale che estende a tutte le Pubbliche Amministrazioni il principio dell’equilibrio dei bilanci e della sostenibilità del debito pubblico, inserendolo all’art. 97 della Costituzione.

Inoltre, l’art. 5 disciplina il contenuto della “legge di contabilità rinforzata”. Essa dovrà prevedere verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica, svolte da un organismo indipendente istituito presse le Camere, al quale “attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione sull’osservanza delle regole di bilancio”. In particolare dovranno essere accertate le cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelli dovuto all’andamento del ciclo economico, all’inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali. Oltre il limite massimo di tali scostamenti si potrà intervenire con misure di correzione.

 

3. La legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio

Con la legge 24 dicembre 2012, n. 243 sono disciplinati il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci pubblici e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni, nonché degli altri aspetti trattati dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 .

Sui parametri e sulle definizioni che discendono dall’ordinamento comunitario, il legislatore nazionale ha preferito non esplicitare nulla rinviando direttamente alla normativa europea. Dall’altro lato invece, essa provvede a delineare l’ attività di verifica ex post dell’effettivo conseguimento degli obiettivi programmati nonché il parametro del debito pubblico qualificato come obiettivo centrale della disciplina.

La legge 243/2012, inoltre, definisce all’art. 3, il principio dell’equilibrio di bilancio per le pubbliche amministrazioni in relazione all’obiettivo di medio termine (MTO) stabilito dall’ordinamento dell’Unione europea quale parametro di riferimento per la valutazione della posizione fiscale di ciascuno Stato membro. In caso di “eventi eccezionali” sopra analizzati il ricorso all’indebitamento è ammesso, su richiesta del Governo, sentito il parere della Commissione europea e previa autorizzazione delle due Camere a maggioranza assoluta dei propri componenti. Contestualmente alla richiesta formulata dal Governo, sono aggiornati gli obiettivi di finanza pubblica con una apposita relazione e indicato il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico.

Tra le altre norme merita attenzione quella riferita all’equilibrio dei bilanci di Regioni ed Enti locali. L’art. 9 della legge 243/2012 prevede che nel caso, a consuntivo, sia registrato uno scostamento dall’obiettivo, ciascun ente provvede ad assicurare il recupero del disavanzo entro il triennio successivo. Nell’ipotesi in cui si registrassero avanzi di bilancio, tali risorse saranno destinate al ripiano del debito o al finanziamento delle spese di investimento. Con legge dello Stato sono definite le sanzioni da applicare alle regioni e agli Enti locali che non conseguono l’equilibrio nonché gli ulteriori obblighi in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, sulla base di criteri analoghi a quelli dello Stato e tenendo conto di parametri di virtuosità. A differenza della regola generale, l’indebitamento[11] per gli Enti territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento e contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento stesso[12].

Per tener conto dei riflessi del ciclo sul bilancio degli Enti territoriali, l’articolo 11 prevede che nelle fasi sfavorevoli del ciclo economico e in caso di eventi eccezionali, lo Stato contribuisca al finanziamento dei servizi essenziali e delle prestazioni fondamentali inerenti i diritti civili e sociali, tenendo conto della quota di entrate proprie delle regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano influenzata da ciclo economico. A tal fine è costituito un fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Simmetricamente a quanto disposto nel caso di ciclo sfavorevole,

è richiesto –nelle fasi favorevoli - agli stessi Enti un contributo da destinare al Fondo ammortamento titoli di Stato, definito e ripartito, tra gli Enti stessi, tenendo conto della quota di entrate proprie influenzata dal ciclo economico[13].

 

4.  I principi in materia sanciti dalla Corte costituzionale

Importanti sono state in materia alcune rilevanti pronunce della Corte costituzionale, sempre considerando che la legge di riforma costituzionale esplica i suoi effetti ex art. 6 della stessa  a decorrere dall’esercizio finanziario 2014.

La prima sentenza della Consulta sul tema è stata la n. 70 del 2012, nella quale la Corte ha valorizzato il principio dell’equilibrio. Per la Corte la salvaguardia degli equilibri di bilancio ex art. 81, quarto comma, Cost. risulta inscindibilmente connessa al coordinamento della finanza pubblica perché, nella specie, la disposizione evocata a parametro implicava l’acquisizione di indefettibili informazioni al fine della definizione dell’indebitamento pubblico in ambito nazionale e l’apprestamento dei necessari strumenti per verificare che l’impostazione e la gestione del bilancio fossero conformi alle regole di sana amministrazione [14]. In particolare, in riferimento all’obbligo di copertura ha sancito che essa deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale[15], anche ai fini della valutazione dell’osservanza, da parte della legislazione di spesa, dell’obbligo di copertura. Ancora, la copertura di nuove spese deve essere ancorata a criteri di prudenza, affidabilità e appropriatezza «in adeguato rapporto con la spesa che si intende effettuare» [16] e che le leggi istitutive di nuove spese debbono contenere una «esplicita indicazione» del relativo mezzo di copertura[17]. Non è invece ammessa la cd. copertura ex post, in quanto quest’ultima non corrisponde all’affermata congruità delle risorse impiegate per la specifica finalità del riequilibrio[18].

Con la sentenza n. 26 del 2013, la Consulta ha altresì sancito che il principio ell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81, quarto comma, Cost., opera direttamente, a prescindere dall’esistenza di norme interposte e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali, ivi incluse quelle delle Regioni e Province ad autonomia differenziata.

 

5. Alcuni spunti critici

La riforma in materia di bilancio non ha mancato di sollevare importanti perplessità, soprattutto in riferimento alla maggiore difficoltà statale nel varare manovre di spesa funzionali alle esigenze sociali della collettività.

In effetti, nella letteratura economica non mancano controindicazioni all’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio. Una sintesi è nella lettera che otto grandi economisti americani inviarono nel 2011 al Presidente e al Congresso degli Stati Uniti[19]. I punti principali sono i seguenti: 1) rispettare il pareggio di bilancio in fasi recessive sarebbe controproducente e neutralizzerebbe l’operato degli stabilizzatori automatici; 2) impedirebbe al settore pubblico il ricorso al debito per finanziare spese per infrastrutture, istruzione, ricerca e sviluppo, protezione ambientale e altri investimenti necessari al benessere futuro della nazione; 3) incentiverebbe il ricorso a pratiche contabili “creative”; 4) la necessità di procedure rafforzate per derogare al divieto di indebitamento creerebbe altre situazioni di stallo; 5) un limite totale alla spesa avrebbe effetti negativi sulla crescita; 6)se si vuole il pareggio di bilancio non è necessario emendare la Costituzione; 7) nella crisi economica attuale è pericoloso cercare di raggiungere il pareggio di bilancio troppo rapidamente in quanto potrebbe danneggiare una ripresa di per sé già debole (ultimi due punti particolarmente riferibili alla situazione americana)[20].

Sulla opportunità di inserire tale principio in Costituzione permangono, quindi, varie perplessità. Basta volgere lo sguardo alla situazione internazionale per operare una adeguata comparazione costruttiva.

C’è chi ritiene, infatti, preferibili le formulazioni avanzate in Francia e Spagna. Nel primo caso si è parlato di introdurre un generico principio di “equilibrio” dei conti pubblici, con leggi quadro che determinano per tre anni l’evoluzione delle finanze pubbliche. In Spagna, invece si è avanzata semplicemente l’ipotesi più flessibile di introdurre il principio della stabilità del bilancio e il divieto di un disavanzo che superi i limiti stabiliti dall’Unione europea.

Altro aspetto critico della riforma riguarda soprattutto Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni: infatti un limite alla spesa pubblica neutralizzerebbe, secondo alcuni, l’autonomia finanziaria di tali enti costitutivi della Repubblica.

 

6. Ed il Welfare?

Uno degli aspetti più problematici è sicuramente rappresentato dal contrasto che si pone tra il nuovo principio sancito all’art.81 Cost. e la configurazione dello Stato come Stato sociale. Tale norma segna la fine del Welfare State? C’è il rischio di ridurre lo Stato ad un’impresa rispettosa dei parametri stabiliti dall’impresa capogruppo “UE”?

Sarebbe sicuramente errato non  riconoscere la potenziale incidenza della riforma sui confini dello Stato sociale[21]. Se le esigenze sociali possono inserirsi all’interno della formula “eventi eccezionali” sembra quantomeno dubbio. I bisogni della collettività sembrano piuttosto porsi come ordinari obiettivi che lo Stato deve realizzare per dare attuazione ai principi costituzionali e per garantire a tutti l’esercizio dei diritti fondamentali.

I diritti sociali costituiscono il primigenio fondamento normativo nella parte prima della Costituzione, tra i principi fondamentali. La stessa Corte costituzionale ha statuito, in più occasioni, che si tratta di diritti inviolabili ed inalienabili della persona, anche se condizionati dalla possibilità di disporre di risorse per la relativa attuazione[22]. L’essenza dei diritti sociali si rinviene, secondo la dottrina maggioritaria, nella pari dignità sociale riconosciuta dalla Repubblica, che si impegna «a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Da una simile disposizione, la dottrina ne ha fatto discendere l’idea che lo Stato debba mettersi ed essere al servizio della persona e che la protezione costituzionale dei diritti sociali costituisca espressione del principio di uguaglianza[23].

Ciò costituisce la base del c.d. Welfare State.

Da un lato, il perseguimento del rispetto di regole di bilancio maggiormente rigide rispetto a quelle affermatesi per il passato non implica automaticamente una contrazione della spesa pubblica o un sacrificio dei diritti de quibus; dall’altro lato, è pur vero che l’osservanza di simili vincoli può condurre ad imporre dei sacrifici in relazione ai diritti che impongano un costo per l’erario. Se il punto di equilibrio tra tali situazioni giuridiche, nell’ordinamento interno, è stato trovato nel progressivo ricorso al canone di ragionevolezza, ai livelli essenziali delle prestazioni ed alla sussidiarietà orizzontale, si tratta ora di verificare quale possa essere il punto di incontro tra diritti sociali e vincolo di bilancio, operare un controllo di ragionevolezza tra due misure, in apparenza, così disomogenee. Peraltro, la stessa giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto il valore dell’equilibrio finanziario, desumibile dall’art. 81 Cost., alla stregua di un elemento della complessiva ponderazione dei valori costituzionali in tema di diritti sociali. Occorre prestare attenzione a quest’ultima statuizione, giacché il bilanciamento non avviene tout court tra il dato fattuale delle risorse finanziarie ed i diritti da tutelare, bensì tra il valore dell’equilibrio ed i diritti sociali.

Il carattere di elasticità dei diritti fondamentali induce a chiedersi quale sia il momento di rottura. Tale momento è stato individuato, nella giurisprudenza costituzionale in relazione al nucleo fondamentale dei diritti.

Occorre porre in rilievo come un simile argomento sia stato enucleato soprattutto con riguardo al diritto alla salute. Al pari della giurisprudenza costituzionale, anche la dottrina ha sostenuto che sia rinvenibile un nocciolo duro dei diritti in questione non sacrificabile e che esso possa agire alla stregua di un controlimite nei confronti delle esigenze di bilancio. Sembra, dunque, emergere un’unanimità di vedute inrelazione all’esistenza di una sfera non comprimibile dei diritti de quibus.
Tuttavia, nel mare di perplessità relativo alla garanzia dei diritti sociali, un’ancora di salvataggio nella politica di austerità proclamata con il pareggio di bilancio sembra essere rappresentata dall’art. 5 della legge 243/2012 attuativa della l. costituzionale 1/2012. In particolare, pone i presupposti per un intervento statale sostitutivo qualora a livello regionale non si riesca a garantire l’erogazione di prestazioni rispondenti ai livelli essenziali.

 

Note e riferimenti bibliografici


[1] Si rinvia qui a quei contributi nei quali è stato evidenziato il collegamento stretto tra la crisi dell’eurozona, e gli atti normativi di diritto internazionale che sono stati adottati per fronteggiarla, e la genesi della l. cost. n. 1/2012: A. PIROZZOLI, Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio, in AIC, n. 4/2011; A. BRANCASI, L’introduzione del principio del c.d. pareggio di bilancio; F. BILANCIA, Note critiche sul c.d. “pareggio di bilancio”,in AIC, n. 2/2012; D. CABRAS, Su alcuni rilievi critici al c.d. “pareggio di bilancio” (8/5/2012), in AIC, n. 2/2012; I. CIOLLI, I paesi dell'eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l'emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari, in AIC, n. 1/2012; R. DICKMANN, Legislazione di spesa ed equilibrio di bilancio; N. LUPO, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, di prossima pubblicazione su Il Filangieri. Quaderno 2011, Napoli, 2012; D. MORGANTE, La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, in www.federalismi.it, n. 4/2012; G. RIVOSECCHI, Il c.d. pareggio di bilancio tra Corte e legislatore; M. T. SALVEMINI, Poteri di bilancio e sistema istituzionale italiano.

[2] Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria, sottoscritto a  Bruxelles il 2 marzo 2012 da 25 Stati dell’Unione Europea, ad eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca. Il fiscal compact è composto da un preambolo e da 16 articoli, suddivisi in un titolo I, relativo all’oggetto e all’ambito di applicazione, in un titolo II, relativo alla coerenza e al rapporto con il diritto dell’Unione, in un titolo III, relativo proprio al fiscal compact o patto di bilancio, in un titolo IV, relativo al coordinamento delle politiche economiche e onvergenza, in un titolo V, relativo alla governance della zona euro, e in un titolo VI, relativo alle disposizioni generali e finali.

[3] Tratto da L’attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio Legge 243 del 2012, in Note brevi del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,  2013.

[4] A. BRANCASI, Introduzione, in R. BIFULCO- O.ROSELLI (a cura di), Crisi economica e trasformazioni della dimensione giuridica, Giappichelli, Torino, 2013.

[5] La scelta dei costituenti di non estendere l’obbligo di copertura finanziaria alla legge di bilancio (art. 81, comma 4, Cost.) ha sottovalutato come gran parte della spesa pubblica si sarebbe originata proprio da quest’ultima legge, che, potendo registrare il disequilibrio tra entrate e spese, ammetteva il ricorso all’indebitamento, il cui importo massimo sarebbe stato poi deciso, a partire dal 1978, dalla legge finanziaria  Per questi motivi, si ritengono non condivisibili le argomentazioni di quella dottrina (sul punto G. DI GASPARE, Innescare un sistema in equilibrio della finanza pubblica ritornando all’art. 81 della Costituzione, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2005, p. 2; G. BOGNETTI, Costituzione e bilancio dello stato: il problema delle spese in deficit, in www.astrid-online.it, 2009, p. 15 ss.; L. GIANNITI, Il pareggio di bilancio nei lavori della costituente, 2 agosto 2011, in www.astrid-online.it)  che ha sostenuto il principio del pareggio di bilancio essere già codificato proprio in questo citato comma 4 dell’art. 81 Cost., nel senso che l’incapacità della legge di bilancio di introdurre nuovi tributi o spese, unita all’obbligo delle altre leggi di spesa di indicare la copertura finanziaria avrebbe dovuto garantire un  bilancio in pareggio. La stessa Corte costituzionale, d’altra parte, con la sentenza n. 1 /1966, ha smentito simile orientamento, ritenendo conforme a Costituzione la prassi della copertura della spesa, anche mediante il ricorso all’indebitamento del Tesoro.

[6] M. PASSALACQUA, «Pareggio» di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della Costituzione, in Amministrazione in Cammino. Su punto, pure C. BUZZACCHI, Copertura finanziaria e pareggio di bilancio: un binomio a rime obbligate?, in Associazione Italiana Costituzionalisti, 23/10/2012.

[7] Ibidem.

[8] A. BRANCASI, Introduzione, in R. BIFULCO- O.ROSELLI (a cura di), Crisi economica e trasformazioni della dimensione giuridica, Giappichelli, Torino, 2013.

[9] Subordinare l’autorizzazione a deliberazioni delle due Camere con una procedura aggravata potrebbe portare a situazioni di stallo. Inoltre, far fronte ad eventi eccezionali richiede invece tempestività.

[10] G. PISAURO, La regola costituzionale del pareggio di  bilancio e la politica fiscale nella Grande Recessione: fondamenti  economici teorici e pratici, in Atti del Seminario La nuova governance fiscale europea.  Fiscal Pact, cornice europea e modifiche costituzionali in Italia: problemi aperti e prospettive, Luiss Guido Carli, 9 novembre 2012.

[11] Il comma 1 dell’art. 10 ribadisce il principio già contenuto nell’art. 119 Cost., in base al quale è consentito il ricorso all’indebitamento da parte delle regioni, dei comuni, delle province e delle città metropolitane soltanto per finanziare spese di investimento.

[12] Tratto da L’attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio Legge 243 del 2012, in Note brevi del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,  2013.

[13] Ibidem.

[14] Corte costituzionale, sent. n. 70 del 2012.

[15] Sul punto si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 18 del 2013, n. 192, n. 131, n. 115, n. 70 del 2012, n. 106 del 2011, n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966.

[16] Ex multis, Corte costituzionale sentenze n. 192 del 2012, n. 106 e n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010.

[17] Corte costituzionale sentenza n. 26 del 2013.

[18] Corte costituzionale sentenza n. 26 del 2013.

[19] La lettera pubblicata il 28 luglio 2011 è sottoscritta da Kenneth Arrow, Peter Diamone, Erik Maskin, Charles Schultze, William Scarpe (tutti premi Nobel per l’economia) e da Robert Solow, Aland Blinder e Laura Tyson.

[20] G. PISAURO, La regola costituzionale del pareggio di  bilancio e la politica fiscale nella Grande Recessione: fondamenti  economici teorici e pratici, in Atti del Seminario La nuova governance fiscale europea.  Fiscal Pact, cornice europea e modifiche costituzionali in Italia: problemi aperti e prospettive, Luiss Guido Carli, 9 novembre 2012.

[21] In tal senso G. AZZARITI, La ‘regola d’oro’ indiscussa, in Il Manifesto, 6 marzo 2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d. ‘pareggio di bilancio’,; CIOLLI, I paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio.

[22] Sulla controversa categoria dei diritti fondamentali, v. per tutti L. FERRAJOLI,Diritti fondamentali, in Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, a cura di VITALE,Bari, 2001.

[23] C. MARCHESE, Diritti sociali e vincoli di bilancio in Servizio Studi Corte Costituzionale, 2014.