ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Sab, 15 Mag 2021

Mancato versamento dell´imposta di soggiorno: per la Cassazione nessuna abolitio per il peculato dell´albergatore

Modifica pagina

Rosita Nesci



Il presente contributo analizza le possibilità applicative dell’art. 2 co. 2 c.p. alle condotte di peculato commesse dai gestori delle strutture ricettive in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 180 co. 3 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito in l. 17.07.2020, n. 77. La novatio legis ha modificato la qualifica soggettiva dei gestori della struttura ricettiva (oggi “responsabili del pagamento dell’imposta” ai sensi dell’art. 64 d.P.R. 600/1973) e ha contestualmente introdotto un illecito amministrativo modellato proprio sulle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno. L’indagine si sviluppa attraverso la ricostruzione del quadro normativo di riferimento e delle posizioni emerse nei primi mesi di vigenza della norma fino alla pronuncia della Suprema Corte, la quale, ponendosi in netto contrasto con la giurisprudenza di merito, ha escluso l’abolitio criminis del peculato, affermando la perdurante punibilità dei fatti predetti.


ENG This paper analyzes the application possibilities of art. 2 co. 2 c.p. to the behaviors committed by the managers of accommodation facilities before the entry into force of art. 180 co. 3 of the d.l. 19 May 2020, n. 34, converted into l. 17.07.2020, n. 77. The novatio legis has modified the subjective qualification of the managers of the accommodation facility (today "responsible for paying the tax" pursuant to art. 64 d.P.R 600/1973) and at the same time introduced an administrative sanction modeled precisely on the conduct of omitted, delayed or partial payment of the tourist tax. The survey is developed through the reconstruction of the reference regulatory framework and the positions that emerged in the first months of the rule's validity up to the ruling of the Supreme Court, which, placing itself in sharp contrast with the relevant jurisprudence, excluded the abolitio criminis to the art. 314 of the Criminal Cod, affirming the continuing punishment of the aforementioned facts.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Peculato e mancato versamento della imposta di soggiorno; 3. La tesi della abolitio criminis; 4. La decisione della Corte di cassazione; 5. Conclusioni.

1. Introduzione

La “degradazione” della condotta di omesso versamento della tassa di soggiorno da peculato a illecito amministrativo ad opera dell’art. 180 co. 3 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), convertito in l. 77/2020, si inserisce nelle tematiche più dibattute connesse alla decretazione emergenziale da Covid-19.

Con l'obiettivo di far fronte alla riduzione delle entrate collegata alla crisi economica, nonché di favorire il pagamento dei debiti commerciali degli enti interessati, l’art. 180 cit. è intervenuto a modificare i compiti attribuiti al gestore della struttura alberghiera, il quale, a far data dall’entrata in vigore del d.l. 34/2020, è responsabile del pagamento dell'imposta con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio; per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

La novella ha suscitato sin da subito un particolare clamore mediatico per la sospetta natura di legge ad personam[1], alla luce della vicenda riguardante il proprietario di un noto albergo romano, al quale veniva contestato l’omesso riversamento della tassa di soggiorno al Campidoglio per un importo di circa due milioni euro[2].

Sotto il profilo strettamente giuridico, la disposizione del “rilancio” ha riportato alla luce un dibattito non ancora sopito, concernente l’estensione della disciplina di cui all'art. 2 c.p. alle modifiche normative che non colpiscono direttamente gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice, ma che incidono sui presupposti di applicazione, ovvero su elementi che solo indirettamente sono collegati alla norma penale.

Il nodo giuridico da sciogliere, affrontato dalla pronuncia in commento, ha ad oggetto la questione se, in assenza di norme di diritto intertemporale, l’art. 180 cit. abbia determinato una abolitio criminis e quindi la non punibilità a titolo di peculato delle condotte di omesso riversamento delle somme riscosse commesse in epoca anteriore alla sua entrata in vigore.

2. Peculato e mancato versamento della imposta di soggiorno

L’imposta di soggiorno è una tassa comunale istituita e regolamentata dall’art. 4 del d.lgs. 23/2011, secondo cui

«i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni  nonché  i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località  turistiche o città d'arte possono istituire, con  deliberazione  del  consiglio, un'imposta di soggiorno a  carico  di  coloro  che  alloggiano  nelle strutture ricettive situate sul  proprio  territorio,  da  applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al  prezzo,  sino  a  5 euro per notte di soggiorno; il  cui gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali».

Sulla base di tale normativa, il soggetto tenuto alla corresponsione della imposta è il cliente della struttura ricettiva. Il rapporto obbligatorio tributario intercorre tra l’ente impositore (soggetto attivo) e l’ospite della struttura (soggetto passivo), mentre l’albergatore è destinatario di obblighi formali di riscossione e riversamento delle somme incassate; il gestore è terzo rispetto al rapporto obbligatorio tributario ed il suo coinvolgimento è solo strumentale rispetto all’esazione del tributo[3].

L’albergatore non assume, quindi, la qualifica di responsabile o sostituto d’imposta, in quanto

"il comune si rapporta con il gestore non come soggetto attivo del rapporto tributario, bensì quale destinatario giuridico delle somme incassate a titolo di imposta di soggiorno, nell'ambito di un rapporto completamente avulso dal rapporto tributario, sebbene ad esso funzionalmente orientato e correlato[4]

Ciò sul presupposto che il responsabile alla riscossione, a differenza del responsabile o sostituto d’imposta, svolge un’attività meramente strumentale rispetto all’esecuzione dell’obbligazione tributaria, la quale, per l’appunto, si sostanzia nel maneggio delle somme versate dal soggetto passivo del tributo, con il conseguente obbligo di riversarle all’ente impositore di competenza[5].

La giurisprudenza di legittimità era costante nell’attribuire connotazione pubblicistica all’attività del gestore,

invero, per il suo diretto collegamento al preminente interesse generale alla corretta riscossione delle entrate tributarie dell’ente locale, che ne è titolare in virtù del potere impositivo a lui riconosciuto dalla legge”[6]

Anche le Sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale hanno affermato che

i soggetti operanti presso le strutture ricettive, ove incaricati della riscossione e poi del riversamento nelle casse comunali dell'imposta di soggiorno corrisposta da coloro che alloggiano in dette strutture, assumono la funzione di agenti contabili, tenuti conseguentemente alla resa del conto giudiziale della gestione svolta[7]

In altri termini, l’albergatore era investito di un pubblico servizio regolato da norme di diritto pubblico, tale per cui il rapporto con l’ente impositore poteva essere qualificato alla stregua di un rapporto di diritto pubblico.

Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di cassazione[8] era costante nel ritenere che la condotta dell’albergatore che ometteva il riversamento del tributo riscosso, doveva essere sussunta nel fuoco del delitto di cui all’articolo 314 c.p.:

“il denaro entra nella disponibilità della pubblica amministrazione nel momento stesso dell'incasso dell'imposta di soggiorno cosicché ogni imputazione delle somme riscosse dai contribuenti alla copertura di voci di altra natura, esulanti dal fine pubblico per il quale sono state versate e ricevute, integra la condotta appropriativa di cui all'art. 314 c.p.”

Sussisterebbero, invero, tutti gli elementi richiesti dalla richiamata fattispecie: la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, la pubblica pecunia, l’atteggiamento uti dominus sulle somme di cui l’agente è in possesso per ragioni del suo ufficio o servizio.

Su questo quadro normativo e giurisprudenziale è intervenuta la novella.

La norma, lo si anticipava, ha in primo luogo modificato la natura del rapporto intercorrente tra l’albergatore e l’ente impositore, che da rapporto di servizio pubblico è divenuto rapporto di natura tributaria in cui il gestore assume la qualifica di responsabile d’imposta. Inoltre, ha previsto, in continuità con altre forme di solidarietà tributaria, la sanzione amministrativa nei casi di "omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno", rinviando alla sanzione prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997.

Così, l’albergatore si toglie la veste di mero intermediario del riversamento delle somme dovute dal cliente, e diviene obbligato in solido insieme al cliente, con diritto di rivalsa per l’intero tributo pagato.

Dal mutato quadro normativo discende che la condotta del gestore che omette il versamento della imposta non è più punibile ai sensi dell’art. 314 c.p., atteso che il denaro oggetto della condotta non può essere qualificato denaro altrui, né il gestore può essere qualificato incaricato di pubblico servizio; bensì, per espressa volontà del legislatore del “rilancio”, egli può essere chiamato a rispondere con una sanzione amministrativa.

In mancanza di disposizioni transitorie, occorre stabilire quali sono gli effetti scaturenti dal novum legislativo: pacifica la irrilevanza penale pro futuro delle condotte successive alla novella (giacché sussumibili nel paradigma sanzionatorio di nuovo conio), serve chiarire se analoga abolitio criminis si estende alle condotte poste in essere prima della entrata in vigore decreto più volte citato.

Ci si deve chiedere, in altri termini, se il sopravvenuto venir meno della qualifica soggettiva abbia dato luogo a una successione di leggi penali ai sensi dell’art. 2 co. 2 c.p.

Qualora si ritenesse provato l’intento depenalizzante della novella, i fatti compiuti prima della sua entrata in vigore sarebbero da un lato sottratti dal campo di applicazione dal reato di peculato in virtù del principio di retroattività favorevole e, dall’altro, non potrebbero essere sussunti nel fuoco della nuova disciplina in virtù della intrinseca irretroattività delle norme extrapenali, come è quella che introduce la sanzione amministrativa.

Qualora, invece, si volesse avallare la tesi della abolitio, i fatti commessi in epoca anteriore alla novella continuerebbero ad essere puniti penalmente ai sensi dell’art. 314 c.p., con esclusione del regime di cui all’art. 2 co. 2 c.p.

4. La tesi della abolitio criminis

La tesi della abolitio criminis è stata sostenuta dai primi commentatori[9] della norma, e poi suffragata da diverse pronunce di merito[10], valorizzando due criteri tra loro contrapposti: il criterio del c.d. fatto concreto, avallato da una risalente e oggi superata dalla decisione delle Sezioni Unite (Tuzet)[11], e quello c.d. strutturale.

Tuttavia, non è mancato chi, superando l’analitico studio delle norme, ha fatto leva su valutazioni di tipo socio-economico, raffrontando la ratio introduttiva dell’imposta di soggiorno - che poggia su ragioni di incentivazione del turismo, di finanziamento e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, e dei relativi servizi pubblici locali[12] - rispetto a quella che ha guidato la penna del legislatore del “rilancio” - di tipo assistenziale, nell’ottica di fronteggiare le perdite economiche causate dall’emergenza sanitaria.

In questa prospettiva, proprio l’intentio legis costituirebbe indice della volontà di depenalizzare la fattispecie, al fine di salvaguardare e sostenere la catena alberghiera a fronte delle perdite connesse all’emergenza epidemiologica.

Al netto di considerazioni meramente valoriali, circoscritte al contesto storico sociale di riferimento, che non possono da sole definire il regime intertemporale della novella, l’argomentazione maggiormente persuasiva ruota attorno alla incontestabile circostanza che, a seguito del “rilancio”, il fatto dell’omesso riversamento delle somme non è più perseguibile ai sensi dell’art. 314 c.p.

Tale certezza, lo si ribadisce, la si ottiene guardando al contenuto della novella, che da un lato attribuisce nuovi compiti e qualità al gestore e dall’altro, delinea un nuovo paradigma sanzionatorio alla stregua del quale le menzionate condotte sono punite solo come illecito amministrativo.

Alla luce di tali evidenze, il GIP presso il Tribunale di Rimini ha sposato la tesi della abolitio criminis facendo applicazione del criterio del fatto concreto, secondo cui per stabilire se a seguito di una modifica di una norma extrapenale si verifica una abolitio criminis occorre avere riguardo al concreto fatto oggetto del giudizio, non già alla fisionomia della fattispecie legale astratta (rimasta immutata). L’applicazione di tale criterio consente di affermare che, se, dopo la modifica normativa extrapenale, il fatto, prima punibile, non è più punibile, si è verificato il fenomeno della abolitio criminis.

Tale orientamento, lo si è detto, ha trovato in passato l’avallo delle Sezioni Unite, che nella citata sentenza Tuzet affermava la prevalenza del criterio del fatto concreto, per cui ogni modifica normativa extrapenale collegata alla descrizione della fattispecie può dar vita a un fenomeno di abolitio criminis se rende il fatto in concreto non più punibile; finendo in tal modo per qualificare norme integratrici anche quelle che decidono della qualifica soggettiva dell’autore di un reato proprio[13]:

"Tra gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto, nei reati propri, è indubbiamente ricompresa la qualità del soggetto attivo… se la novatio legis riguarda la qualità del soggetto attivo, nel senso che, nella specie, fa venir meno al dipendente bancario la qualità di incaricato di pubblico servizio, necessaria per integrare il delitto di peculato, non può non applicarsi in favore di quel dipendente il principio di retroattività della legge più favorevole affermato dall'art. 2 c.p."

 

A ciò si aggiungeva che:

la formulazione letterale del 2 comma dell’art. 2 è abbastanza chiara nell’escludere la punibilità per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più reato. E per quanti bizantinismi si vogliano fare, non si potrà mai contestare che il fatto ascritto [all’imputato], se commesso oggi, non costituirebbe reato. Quel fatto storico, illecito al momento in cui fu commesso, non corrisponde più alla fattispecie astratta del reato

Le S.U. Tuzet ritennero operante il meccanismo della abolitio criminis dopo avere accertato il venir meno della rilevanza penale del fatto in concreto; analogamente, secondo il GIP presso il Tribunale di Rimini, può dirsi nel caso di specie. Dall’entrata in vigore dell’art. 180 cit. l’omesso versamento delle somme non è più perseguibile penalmente; la condotta è punita con la sanzione amministrativa di cui all'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

Anche il Tribunale di Perugia ha sostenuto la tesi della abolitio criminis, ma attraverso una argomentazione sensibilmente diversa da quella seguita dal GIP presso il Tribunale di Rimini. Si è sostenuto, in particolare, che la questione sorta in seguito al d.l. rilancio non dev’essere scrutinata alla luce della successione nel tempo di leggi extrapenali, bensì inquadrandola nella disciplina del concorso eterogeneo di norme dettata dall'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo il quale

«quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale».

Invero, dal confronto astratto dell’art. 314 c.p. e l’art. 184 cit., quest’ultima conterrebbe tre elementi specializzanti rispetto al peculato: a) la qualifica soggettiva dell’agente, in quanto il gestore della struttura alberghiera sarebbe speciale rispetto all’incaricato di pubblico servizio; b) la condotta punita, poiché l’omesso, parziale o tardivo versamento sarebbe speciale rispetto alla condotta appropriativa; c) l’oggetto della condotta, poiché l’imposta di soggiorno sarebbe speciale rispetto al denaro o cosa mobile altrui[14].

In questa prospettiva, l’illecito amministrativo costituirebbe una sottospecie di peculato, in quanto, in assenza della norma speciale (l’illecito amministrativo), tutti i relativi casi verrebbero disciplinati dalla norma generale (il peculato), che già li ricomprende[15].

In applicazione del principio di cui all’art. 9 cit., l’unica norma applicabile sarebbe quella prevista all’art. 184 cit.; e, in assenza della disciplina transitoria, unicamente ai fatti commessi dopo la sua entrata in vigore, lasciando impuniti i fatti pregressi, non più riconducibili nel fuoco dell’art. 314 c.p.

4. La decisione della Corte di cassazione

La Corte di cassazione, con la sentenza annotata[16], ha escluso che la modifica del quadro extrapenale di riferimento abbia determinato un fenomeno di abolitio criminis delle condotte di peculato commesse in epoca anteriore alla sua entrata in vigore.

Dopo aver ricostruito la disciplina normativa e giurisprudenziale precedente alla riforma del 2020, la Corte si sofferma sulla specifica questione di diritto intertemporale, affrontando un primo e risolutivo problema: individuare il criterio di accertamento del fenomeno della abolitio criminis.

In applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza degli ultimi anni[17], la Corte ha impiegato il criterio del c.d. confronto strutturale, secondo cui si verifica il fenomeno dell’abolitio criminis solo se dal confronto delle due norme – quella precedente e quella successiva – emerge che quest’ultima abbia alterato la fisionomia strutturale del reato, nel senso che assume carattere demolitorio di un elemento strutturale del fatto tipico; tale per cui il fatto da penalmente rilevante diventa penalmente irrilevante per effetto dell’abrogazione di quell’elemento[18].

La S.C., nella pronuncia in commento, ha quindi posto un primo punto fermo: la successione c.d. mediata di leggi deve essere valutata – alla stessa stregua della successione c.d. immediata[19] – impiegando il criterio strutturale.

A questo punto risulta decisivo stabilire quali sono le norme concorrono a perimetrare il fatto tipico, giacché, in base al citato criterio di confronto, solo le norme realmente integratrici sono in grado di incidere sulla fattispecie legale astratta e produrre il fenomeno successorio.

Al riguardo, la S.C. rinvia alla pronuncia della Corte a Sezioni Unite (Magera), allorché, chiamata a pronunciarsi sulla punibilità di un gruppo di cittadini rumeni espulsi, autori del reato di inosservanza dell’ordine di allontanamento dallo Stato impartito dal questore (art. 14, co. 5 ter Testo Unico Immigrazione), i quali, per effetto dell’adesione della Romania all’UE - intervenuta in un momento successivo alla realizzazione del fatto - perdevano lo status di extracomunitari, escludeva che tale modifica normativa fosse realmente integratrice del precetto penale, sul presupposto che sono norme realmente integratrici solo le norme di riempimento di norme penali in bianco e le norme definitorie, non anche le norme richiamate da elementi normativi della fattispecie penale, che non posso dar vita a un fenomeno successorio rilevante ai sensi dell’art. 2 c.p.[20].

Così come nel caso Magera, la novatio legis di cui all’art. 180 cit. non ha prodotto un fenomeno di abolitio criminis in quanto non è norma integratrice del precetto penale: essa fa venire meno in concreto la qualifica, senza tuttavia incidere sulla definizione di incaricato di pubblico servizio recata all’art. 358 c.p. e quindi sulla fisionomia del reato di peculato. 

Nella prospettiva della sentenza annotata, il rapporto tra l’art. 314 c.p. e l’art. 180 cit. deve essere colto su un piano di alterità: l’art. 314 c.p. inerisce al vecchio regime dell'imposta di soggiorno, e alla qualifica pubblicistica dell’albergatore (e del denaro incassato); l’art. 184 cit. è invece destinato ad operare solo in relazione al nuovo regime dell'imposta stessa, e alla qualifica privatistica dell'albergatore (e del denaro incassato)[21].

5. Conclusioni

Non convincono le argomentazioni a fondamento della tesi dell’abolitio criminis.

La teoria della punibilità in concreto è ormai superata dalla applicazione del criterio strutturale, meglio rispondente a una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 co. 2 c.p., per cui l’abolitio criminis è un fenomeno invariabilmente legato al concetto logico-formale dell’abrogazione di una norma generale e astratta che integra – nel senso di completare - il precetto penale[22]. Non basta che il fatto storico non sia più riconducibile alla norma incriminatrice, è altresì necessario che l’enunciato oggetto di modifica concorra a definire l’astratta area di operatività della norma, contribuendo in tal modo a definire la natura di quest’ultima.

A parere di chi scrive neppure può ravvisarsi un rapporto di specialità tra il fatto dell’omesso versamento e quello della appropriazione; invero, si tratta di fattispecie tra loro eterogenee che hanno un ambito di applicabilità differente: la condotta di omesso versamento di cui all’art. 180 cit. ha ad oggetto denaro privato, l’appropriazione di cui all’art. 314 c.p. ha ad oggetto denaro o cose che appartengano ad altri (segnatamente alla p.a.); a ciò deve aggiungersi che l’albergatore non è una forma peculiare di incaricato di pubblico servizio, e anzi, proprio il contenuto della novella sembra escludere tale assunto[23].

Ne discende che il fatto dell’omesso versamento da parte del gestore (che a seguito del “rilancio” è responsabile di imposta) non può essere considerato una sottospecie di peculato, in quanto in assenza della norma speciale che lo qualifica illecito amministrativo, i casi non verrebbero disciplinati dalla norma generale (il peculato), bensì rimarrebbero impuniti. 

La tesi sostenuta dalla Corte di cassazione convince anche sotto un profilo sostanziale: la modifica del quadro extragiuridico di riferimento non fa venire meno il disvalore penale della condotta di colui che, in ragione del servizio svolto, si appropriava di denaro pubblico; tale condotta continua a giustificare un diverso – e più severo – trattamento punitivo rispetto a quello dell’omesso versamento di somme potenzialmente private. La modifica relativa alla qualifica soggettiva dell’albergatore, e la contestuale previsione di un nuovo paradigma sanzionatorio, hanno prodotto solo uno spostamento dell’omesso versamento della tassa di soggiorno dalla sfera pubblicistica a quella privatistica – ossia nel mancato versamento di una somma privata – destinato ad operare per il futuro[24].


Note e riferimenti bibliografici

[1] M. GAMBARDELLA, Il decreto rilancio e la degradazione della condotta di omesso versamento dell’imposta di soggiorno da peculato a illecito amministrativo, in Penale. Diritto e procedura, 1° giugno 2020; G.L. GATTA, Omesso versamento della tassa di soggiorno da parte dell’albergatore e peculato: abolitio criminis dopo il decreto rilancio? in Sist. pen., 5 ottobre 2020.

[2] La cifra è esemplificativa della latitudine economica del fenomeno tributario; secondo le stime econometriche condotte dalla Banca d’Italia relative all’anno 2016, gli incassi complessivi da imposta di soggiorno sono stati quasi 400 milioni di euro, in media intorno al 4 per cento del totale delle entrate tributarie degli enti impositori, circa 20 euro per abitante, per approfondimenti, L. CONTI - E. GENNARI - F.  QUINTILIANI - R. RASSU - E. SCERESINI, L’imposta di soggiorno nei Comuni italiani, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Numero 453, Roma, ottobre 2018.

[3] cfr.  Cass. Sez. VII, 26.3.2019, n. 27707, Norsa, CED 276220.

[4] Ibidem.

[5] Cass., Sez. VI, 17 maggio 2018, n. 32058, ivi, n. 273446 – 01.

[6] Cass. Sez. VI, 18 maggio 2018, n. 32058, cit.

[7] Corte dei conti, Sez. Unite, n. 22/2016/QM del 8 giugno 2015, dep. 22 settembre 2016.

[8]Cass. Sez. VI, 19 novembre 2013, n. 6749, Rv. 258995; Cass. Sez. VI, 17 maggio 2018, n. 32058, Rv. 273446; Cass. 7 febbraio 2019, n. 6130; Cass. 9 maggio 2019, n. 19925; Cass. Sez. VI, 21 giugno 2019, n. 27707.

[9] M. GAMBARDELLA, Il “decreto rilancio” e la degradazione della condotta di omesso versamento dell’imposta di soggiorno da peculato a illecito amministrativo, cit.; C. SANTORIELLO, Non è più peculato il mancato versamento dell’imposta di soggiorno da parte dell’albergatore, in Il quotidiano giuridico, 22 settembre 2020.

[10] Tribunale di Rimini, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 24 luglio 2020; Trib. Perugia, 24 novembre 2020, n. 1936; Tribunale di Firenze, III Sez. pen., 8 ottobre 2020 n. 2133.

[11] Cass. Sez. Un., 23 maggio 1987, Tuzet, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, p. 695 s., con nota di C.E. Paliero.

[12] Cfr. articolo 4 d.lgs. 23/2011.

[13] Cass. Sez. Un., 23 maggio 1987, Tuzet, cit.

[14] Cfr. Trib. Perugia, 24 novembre 2020, n. 1936.

[15] In questo senso, M. GAMBARDELLA, Il “decreto rilancio” e la degradazione della condotta di omesso versamento dell’imposta di soggiorno da peculato a illecito amministrativo, cit.

[16] Cass. Sez. VI, 17 dicembre 2020 (ud. 28 ottobre 2020), n. 36317.

[17] Cass. Sez. Un., 27.9.2007, n. 2451, Magera, CED 238197-01; Cass. S.U., 28 febbraio 2008, Niccoli, in Cass. pen., 2008, p. 3592 s., con nota di E.M. Ambrosetti; Cass. S.U., 26 febbraio 2009, Rizzoli, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 887 s., con nota di G.L. Gatta; Cass. S. U., 26 marzo 2003, Giordano, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, p. 1503 s., con nota di C. Pecorella.

[18] Cass. Sez. Un., 27.9.2007, n. 2451, Magera, CED 238197-01.

[19] Cass. S.U., 26 marzo 2003, Giordano, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, p. 1503 s., con nota di C. Pecorella.

[20] Ibidem.

[21] Cfr. Cassazione Penale, Sez. VI, 17 dicembre 2020 (ud. 28 ottobre 2020), n. 36317.

[22] Così M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto penale, Accademia del diritto, Roma, ed. 2020/2021 pagg. 154 e ss.

[23] Nel senso della esclusione del rapporto di specialità si v. Cass. Sez. II, 28 maggio 2019, n. 29632.

[24]In tal senso si v. anche  G.L. GATTA, Omesso versamento della tassa di soggiorno da parte dell’albergatore e peculato: abolitio criminis dopo il decreto rilancio?, cit.; F. LOMBARDI, Imposta di soggiorno e peculato dell’albergatore tra abolitio criminis e irrilevanza del fatto, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12.