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Pubbl. Mar, 6 Ott 2015

Lo sviluppo dell’anatocismo nell’ordinamento italiano

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Francesco Rizzello


Introdotta nell’ordinamento italiano con l’entrata in vigore del Codice Civile, modificata con favore verso le banche con le Norme Bancarie Unitarie predisposte dalla Associazione Bancaria Italiana (ABI) nel 1952, dapprima vista con favore dalla giurisprudenza di legittimità per poi essere vittima di interventi atti a censurarne la pratica, protagonista di un giudizio di illegittimità costituzionale riguardante il dies a quo fissato per la ripetizione dell’indebito scaturente dagli interessi applicati nella prassi bancaria, la pratica anatocistica costituisce un classico esempio di vexata quaestio alla quale ancora oggi si stenta dare una risposta definitiva.


Il presente articolo vuole rappresentare in modo approfondito, e al contempo schematico, lo sviluppo di uno degli istituti del diritto civile italiano di maggior complessità, ambendo inoltre a fornire un quadro di riferimento per coloro che intendono acquisire una conoscenza tecnica di esso all'interno di un modello che impone un inquadramento temporale dei vari cambiamenti che lo hanno interessato.

Il termine "anatocismo" deriva dal greco, e si compone delle espressioni «anà» (= di nuovo) e «tokòs» (= interessi).

Esso sta ad indicare la trasformazione degli interessi in capitale, il quale produce, in quanto tale, a sua volta, interessi ulteriori.

Gli interessi in tal modo calcolati, c.d. "composti", si contrappongono agli interessi c.d. "semplici", intesi quale corrispettivo del godimento che il debitore abbia del capitale messo a sua disposizione dal creditore per un determinato periodo di tempo (ad esempio: art. 1815 c.c., applicabile alla disciplina del mutuo).

La nostra legislazione perviene all'introduzione della pratica anatocistica attraverso un lungo sviluppo storico, che trova il proprio fulcro nell'introduzione, all'interno del Codice Napoleonico del 1804, dell'anatocismo in seguito alla maturazione di un'annualità di interessi, ma subordinandone l'esercizio alla proposizione di domanda giudiziale al riguardo ovvero di pattuizione a posteriori. L'osmosi verso il nostro ordinamento avviene tramite il recepimento di tale regola nel codice civile del 1865, passando prima attraverso una legge del 1857.

Il codice civile del 1942 introduce la disciplina tuttora di riferimento in materia, all'art. 1283.

Il summenzionato articolo dispone che "in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda  giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi."

Tuttavia, dieci anni dopo l'entrata in vigore di tale disposizione, l'Associazione Bancaria Italiana (ABI), prevede in capo agli istituti di credito, all'interno delle Norme Bancaria Unitarie, la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori (interessi passivi) con effetto dal 1° gennaio 1952. Per gli interessi dovuti al cliente (interessi attivi) la capitalizzazione viene prevista a cadenza annuale.

La giurisprudenza cassazionale degli anni '80 riconosce e ribadisce con più sentenze la legittimità dell'anatocismo nei contratti bancari, stabilendo che "nel campo delle relazioni tra istituti di credito e clienti, in tutte le operazioni di dare ed avere l'anatocismo trova generale applicazione; si è, pertanto, in presenza di un uso normativo, richiamato dall'art. 1283 C.c. e come tale legittimo" (Cass. civ., 15.12.1981, n.6631).

All'inizio degli anni '90 si registra un'inversione di tendenza sul tema della legittimità dell'uso negoziale, dapprima con l'art. 4 della la legge n. 154/1992, poi sostituito dall'art. 117 del Testo Unico Bancario (d.lgs. 1.9.1993, n.385), che al comma sesto dispone: "sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonchè quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati."

Il saggio degli interessi legali è oggi infatti determinato dal Ministro del Tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, e può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso d'inflazione registrato nell'anno. Inoltre, qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l'anno successivo (vedi art. 1284 c.c., comma secondo).

Sempre nella cornice degli anni '90, la Suprema Corte muta radicalmente il suo orientamento, affermando che "la clausola di un contratto bancario che, in difformità dalla disciplina legale di cui all'art. 1283 C.c., prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente è nulla, anche se fa riferimento alle c.d. norme bancarie uniformi predisposte dall'ABI, dal momento che queste costituiscono usi negoziali e non normativi" (Cass, civ., Sez. I, 11.11.1999, n. 12507).

L'orientameno così assunto rimarrà costante negli anni a venire (citando solo alcune pronuncie: Cass. civ., Sez. I, 28/03/2002, n. 4498; Cass. civ. Sez. Unite, 04/11/2004, n.21095; Cass. civ., Sez. Unite, 02/12/2010, n. 24418).

Il legislatore, con il decreto legislativo n. 341, del 04.08.1999 (c.d. Decreto Salvabanche), modificava l'art. 120 del Testo Unico Bancario, disponendo, al comma secondo dell'articolo in questione, una delega al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) al fine di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria. In capo al CICR era posto l'obbligo di prevedere in ogni caso che nelle operazioni di conto corrente fosse assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.

In tal modo veniva reintrodotta nell'ordinamento la legittimità delle clausole anatocistiche a cadenza trimestrale anzichè semestrale, a patto che vigessero tra l'istituto di credito ed il cliente, delle condizioni di parità per quanto attiene alla periodicità del conteggio.

Il CICR emana, dando corso alla delega, la deliberazione del 9 febbraio 2000.

Al primo comma dell'art. 2 della delibera viene stabilito che "nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti" e che "il saldo periodico produce interessi secondo le stesse modalità."

Al comma secondo del medesimo articolo viene reiterato il principio secondo cui "nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodiciti nel conteggio degli interessi creditori e debitori.

Più rilevante ai fini della presente trattazione è la previsione, contenuta all'art. 4, che si occupa delle operazioni di raccolta, che dispone quanto segue: "nelle operazioni di raccolta gli interessi maturati alle scadenze periodiche possono produrre interessi secondo le modalità e i criteri contrattualmente stabiliti."

All'art. 6 la delibera sancisce un princio di trasparenza nei rapporti contrattuali secondo cui "le clausole relative alla capitalizzazione periodica degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto."

Nelle disposizioni transitorie contenute all'art. 7, viene disposto anzitutto che le condizioni applicate sulla base di contratti antecedenti alla delibera in questione vengano adeguate entro il 30 giugno del 2000 e che i relativi effetti si producano a decorrere dal successivo 1°luglio. Dopodichè viene prevista una possibilità di adeguamento in via generale in capo alle banche e agli intermediari finanziari qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, mediante pubblicazione nella G.U; delle nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000.

Infine, si dispone al terzo comma, che nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni antecedenti, esse devono essere approvate per iscritto dalla clientela.

"L'art.25 del decreto legislativo n.342, stabiliva, inoltre, che le clausole relative alla produzione d'interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera emanata dal CIRC, erano valide ed efficaci fino a tale data e che, successivamente, avrebbero dovuto essere adeguate al disposto della menzionata delibera.

Tale disposizione legislativa, tuttavia, sarà dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale, dopo poco più di un anno dalla sua entrata in vigore, per contrasto con gli art. 3, 24, 76, 77, 101, 102, 104 Cost. (Corte Cost., Ord. n.425 del 17.10.2000)." [1]

"Con la sentenza della Corte Costituzionale, è stata dichiarata l’illegittimità del 3 comma dell’art. 25 D. Lgs. 342/99 e conseguentemente è venuto meno il presupposto legittimante l’art. 7 della Delibera CICR 9/2/00, finalizzato a disciplinare i rapporti in essere al momento dell’entrata in vigore della delibera stessa. Né il 2 comma dell’art. 25 conferisce al CICR il potere di prevedere disposizioni di adeguamento, con effetti validanti la sorte delle condizioni contrattuali stipulate anteriormente. Di riflesso, per i rapporti precedenti, si rende necessario che le nuove clausole di capitalizzazione siano oggetto di approvazione scritta del cliente, risultando illegittimo l’adeguamento in via generale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e comunicato per iscritto alla clientela. Per effetto della menzionata pronuncia della Corte Costituzionale, le clausole anatocistiche restano disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore. Al riguardo la Cassazione a Sezioni Unite (n. 21095/04) ha avuto modo di precisare: “in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 76, Cost., l’art. 25, comma terzo, D. Lgs. n. 342/99, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia – fino all’entrata in vigore della dilibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25 – delle clausole anotocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successioni delle leggi neltempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283, cod. civ.""[2]

Sancita in via definitiva l'illegittimità della prassi che sottoponeva la produzione degli interessi sugli interessi allo scadere del trimestre, la problematica si sposta sulla decorrenza del termine di prescrizione per la ripetizione dell'indebito riguardante le somme adebitate in maniera illegittima dalla banca ovvero versate dal cliente in base alla capitalizzazione trimestrale degli interessi (passivi).

In materia interviene, nel 2010, il d.l., n. 225, in cui si stabilisce che "in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2359 C.c. ("la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere") si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa" ed "in ogni caso non si fa luogo alla restituzione d'importi già versati alla data d'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto."

La legge di conversione del decreto in questione, n. 10 del 26 febbraio 2011, è stata, nel 2012, oggetto di un giudizio di illegittimità costituzionale, per violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza contenuti all'art. 3 Cost.

La previsione del decreto-legge successivamente convertito in legge lede, secondo la Corte, il canone generale di ragionevolezza della norme, in quanto interviene sull'art. 2935 c.c. in assenza di una situazione di incertezza oggettiva del dato normativo. Si era infatti formato in giurisprudenza un orientamento presto consolidatosi e ritenuto legittimo, che aveva individuato nella chiusura del rapporto contrattuale o nel pagamento solutorio il dies a quo per il decorso del termine di prescrizione. La Corte motiva ulteriormente la sua posizione affermando che la ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c., quindi dell'indebito oggettivo, postula un pagamento che all'interno della logica di funzionamento del rapporto di conto corrente, è ripetibile soltanto dalla chiusura del rapporto, e non dal momento dell'annotazione. Tale interpretazione della norma pone inoltre una situazione di asimmetria contrattuale sul rapporto di conto corrente tra banca e cliente, dal momento che riduce il tempo a disposizione del correntista per fare valere il proprio diritto alla ripetizione della somma.

"La legge n. 147 del 27 dicembre 2013 ("Legge di Stabilità 2014") ha modificato il secondo comma dell'art. 120 del TUB conferendo al CICR il compito di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni bancarie. In particolare, il testo dell'art. 120, comma 2 del TUB, come modificato, ha conferito al CICR il compito di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che "gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale". L'intervento del legislatore era quindi espressamente finalizzato a introdurre il divieto della capitalizzazione degli interessi nell'ambito delle operazioni bancarie." 3

Tuttavia, il legislatore ha tentato, con il d.l. n.91, del 24 giugno 2014, di salvare la pratica anatocistica, riaffermandone la legittimità, intervenendo nuovamente sull'art. 120 del Testo Unico Bancario.

Tale intervento, immediatamente efficace, non ha però visto la propria conversione in legge, ed è rimasto quindi privo di effetto.

La materia pare dunque essere regolata dalla Legge di Stabilità, la quale demanda al CICR il compito di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi. A tale delega non è ancora stata data attuazione, quindi la materia rimane regolata dalla delibera del CICR del 2000, la quale però ammette la pratica anatocistica entro determinati limiti.

In questo clima di assoluta incertezza intervengono due ordinanze collegiali del Tribunale di Milano del 25 marzo e del 3 aprile 2015, che accoglie il ricorso di un'associazione dei consumatori che ha agito ai sensi dell'art. 140 del codice del consumo.

Il giudice ha ritenuto pienamente operativo il divieto di interessi anatocistici a partire dal 1° gennaio 2014 contenuto nella Legge di Stabilità, nonostante non sia ancora intervenuta la delibera del CICR ad esso demandata dalla legge stessa.

La stessa inerzia del Comitato interministeriale è il motivo per il quale le banche hanno continuato ad applicare gli interessi anatocistici.

Si è dunque in presenza di un'ordinanza inibitoria che vieta alle banche convenute di continuare nel comportamento considerato illegittimo dal giudice.

In attesa di ulteriori risvolti della questione analizzata, si può affermare, adottando tutta la cautela necessaria nell'esprimersi su di un caso di tale complessità ed imprevedibilità, che l'orientameno giurisprudenziale attuale sembra voler far proprio un indirizzo di repressione del fenomeno, già osservato in anni passati, come si può chiaramente evincere dalle vicende che hanno dato luogo alla stesura di questo articolo. Se pure è incontrovertibile la perenne tendenza, manifestatasi dagli anni '90 anni poi, tendente all'applicazione della norma codicistica, anzichè a normative che fanno prevalere in primo luogo l'interesse della banca al lucro, è altrettanto inoppugnabile il dato secondo cui tale pratica viene costantemente fatta salva da interventi di natura legislativa atti a preservarne l'esistenza e a disciplinarne gli effetti.

 

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Avv. Paolo Frascella, "Anatocismo: Intervento della Corte Costituzionale", da ProfessioneGiustizia.it del 24/04/2012

[2] Dott. Roberto Marcelli, "L'anatocismo dopo la delibera del CICR del 9/2/2000", da LegaleRoma.com del 

[3] Paolo Bonolis, Partner, Maria Giovanna Pisani, Senior Associate, CMS Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni, "L'anatocismo nelle operazioni bancarie: dubbi interpretativi", da Diritto24.IlSole24Ore.com del 06/10/2014