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Pubbl. Sab, 1 Mag 2021

Azione revocatoria e preliminare di vendita per persona da nominare: la scientia damni va verificata prima in capo allo stipulante

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Davide Cavicchi



Il saggio trae spunto da una sentenza della Corte di Cassazione in tema di revocatoria di un contratto di vendita stipulato in esecuzione di un contratto preliminare. La particolarità della fattispecie risiede nella circostanza che il preliminare, che ha preceduto la stipula del contratto definitivo, prevedeva, ai sensi dell´art. 1401 c.c., la riserva di nomina del contraente, di fatto poi nominato al momento della vendita definitiva. Si pone quindi il problema di individuare sia il momento sia il soggetto ai quali fare riferimento per la verifica dell´esistenza della scientia damni.


ENG The starting point of the essay is a ruling by the Court of Cassation in regard to the issue of revocation of a sales contract stipulated in execution of a preliminary agreement. The particular aspect of the case lies in the fact that the preliminary agreement, that preceded the stipulation of the final contract, granted the contracting party a right to subsequently nominate another person, pursuant to Art. 1401 Civil Code; that person was then nominated at the time of the final sale. The problem posed was to identify both the moment and the party to be considered in reference to the existence of the scientia damni.

Sommario: 1. Premessa; 2. Il problema della revocabilità del contratto preliminare; 3. I soggetti ed il momento al quale fare riferimento per la valutazione della ricorrenza dell’eventus damni e della scientia damni; 4. Il contenuto della scientia damni; 5. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Una vicenda giudiziaria1 sorge a seguito della stipula di un contratto preliminare di compravendita immobiliare per persona da nominare, trascritto, cui fa seguito la stipula del contratto definitivo di vendita, anch’esso trascritto, ove l’acquisto avviene da parte della persona nominata dal promissario acquirente al momento della vendita, ai sensi dell’art. 1404 c.c.

Successivamente alla trascrizione del preliminare (avvenuta il 6 luglio 2004), e prima della trascrizione della vendita (avvenuta il 10 giugno 2005), interviene, sull’immobile oggetto di questi contratti, la trascrizione di un pignoramento (eseguita il 5 maggio 2005).

Ciò avviene sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ottenuto da un creditore dei promittenti venditori nei confronti di questi ultimi, per un credito anteriore alla stipula del contratto preliminare.

Il creditore, al fine di far dichiarare inefficace nei suoi confronti l'intervenuta vendita, esperisce l’azione revocatoria, di cui all'art. 2901 c.c. La sua domanda è accolta in primo grado.  

Il tribunale, infatti, ha ritenuto sussistenti e provati tutti i fatti posti a fondamento della domanda, sul presupposto che il credito dedotto in giudizio fosse sorto anteriormente alla stipulazione sia del contratto preliminare sia della vendita definitiva.

Per quanto qui in particolare rileva, riguardo alla consapevolezza del pregiudizio in capo al terzo acquirente - che nel caso di specie, come visto, era persona nominata ex art. 1404 c.c. - il giudice di primo grado ha affermato che la verifica della sua sussistenza deve avvenire con riferimento al momento della nomina, poiché è in questo momento che la persona nominata manifesta la sua volontà negoziale, cui consegue, come atto dovuto, la stipulazione del definitivo.

In quanto rapportata a quel momento, la ricorrenza della scientia damni del terzo è stata desunta dalla circostanza che sull’immobile oggetto del preliminare già gravasse la trascrizione di un pignoramento che, come detto, era stato trascritto successivamente alla trascrizione del preliminare, ma prima sia della nomina ex art. 1404 c.c. sia della trascrizione della vendita definitiva. Detta circostanza avrebbe reso, secondo il tribunale, assolutamente inverosimile la prospettazione dell’acquirente secondo cui questi ignorasse il pignoramento.

Contro la sentenza di primo grado è proposto appello, il quale è accolto. La decisione si fonda sul presupposto dell’insussistenza della scientia damni in capo all’acquirente, ritenuta non provata in giudizio.

L’acquirente, ha affermato il giudice di secondo grado, ha sempre sostenuto di ignorare l’esistenza del pignoramento, in quanto né il mediatore, che aveva seguito le fasi della vendita, né il notaio, che aveva ricevuto l'atto, gliene avevano dato notizia. Infatti, lo stesso atto di vendita non conteneva alcuna menzione della presenza di un pignoramento in corso o trascritto ed inoltre questa circostanza non era stata smentita dagli atti.

Questi elementi hanno indotto la Corte a considerare come non sussistente la scientia damni in capo al terzo, con conseguente riforma della sentenza di primo grado.

Il soccombente in secondo grado propone ricorso per cassazione, esponendo motivi che sottendono questioni giuridiche di notevole interesse.

I motivi d’impugnazione possono così sintetizzarsi: il giudice dell’appello avrebbe errato nel ritenere sussistente lo stato di buona fede in capo al terzo acquirente, in quanto la presenza di un pignoramento trascritto prima della vendita - anche se successivamente alla trascrizione del preliminare - avrebbe prodotto, in applicazione dei principi in materia di trascrizione, una presunzione assoluta di conoscenza, in capo all’acquirente, delle vicende - costitutive, traslative e modificative - inerenti all'immobile al quale la trascrizione si riferisce; una presunzione che, secondo questa prospettazione, non verrebbe meno neanche nelle ipotesi in cui i consulenti o i mandatari a vario titolo dell'acquirente - mediatori o notaio - omettano, in violazione degli obblighi a loro imposti dalla correttezza e dalla buona fede contrattuale, di informare l’acquirente stesso della presenza della formalità pregiudizievole, cioè, nel nostro caso, del pignoramento trascritto2.

Il ricorso viene accolto dalla Corte adita, la quale cassa con rinvio la sentenza impugnata, ad esito di un percorso logico giuridico ricco di argomentazioni di indubbia rilevanza.

Il ragionamento della Corte parte dalla ricognizione dei principi che governano l’azione revocatoria ordinaria allorquando l’atto oggetto di revoca sia stato compiuto in esecuzione di un contratto preliminare, e le azioni dei contraenti si collochino, dunque, all’interno della sequenza preliminare-definitivo.   

Per tale motivo, può giovare, prima di spiegare le ragioni della decisione, chiarire come si atteggi l’azione revocatoria quando l’operazione negoziale che si intende colpire si esplichi nella sequenza preliminare-definitivo.

2. Il problema della revocabilità del contratto preliminare

Un primo problema che si pone, in presenza di un’operazione negoziale che utilizzi la sequenza preliminare-definitivo, è l’individuazione del contratto da sottoporre a revocatoria. Infatti, la questione riguarda la circostanza se sia soggetto a revocatoria il preliminare oppure il definitivo, oppure, in ipotesi, entrambi.

La risposta della giurisprudenza - se pure, come si vedrà, non seguita da una parte della dottrina - è pressoché unanime nel senso di affermare che il contratto che può assoggettarsi a revocatoria non è il preliminare, bensì il definitivo3

Si afferma, infatti, che il contratto preliminare, integrando una promessa di vendita, non può essere considerato atto di disposizione del patrimonio ai sensi dell’art. 2901 c.c., dunque non è idoneo a fondare l’esperibilità dell’azione revocatoria.

Il contratto preliminare, si dice, non produce effetti traslativi ma solo effetti obbligatori. Quindi, dalla promessa di vendita non può derivare alcun pregiudizio al creditore. Il pregiudizio può invece concretarsi con la stipula del contratto definitivo, dal quale, potendo avere effetti reali, può derivare quella diminuzione della garanzia patrimoniale atta a giustificare il rimedio revocatorio in favore del creditore.

Non rientrando nella tassonomia degli atti di disposizione di cui all’art. 2901 c.c., il contratto preliminare non è assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, alla quale rimane, invece, soggetto - alle condizioni di cui si dirà - il contratto definitivo successivamente stipulato4

Come già segnalato in letteratura5, questo orientamento sembra prendere le mosse da alcuni rilievi sistematici evidenziati da autorevole dottrina6, la quale, sul presupposto della distinzione tra negozi di disposizione7 e negozi d’obbligazione8, afferma che l’azione revocatoria si appunterebbe solo contro i primi e non anche contro i secondi.

Infatti, i negozi di obbligazione non intaccano immediatamente il patrimonio comportandone una sua diminuzione, dato che non il soggetto non sia spoglia del diritto9.

I negozi di disposizione, in senso stretto e tecnico, ne determinano invece una diminuzione immediata. Di conseguenza, l'azione revocatoria è esperibile solo contro gli atti inter vivos traslativi o abdicativi posti in essere dal debitore10

Occorre, tuttavia, dare conto come più voci, anche autorevoli, si siano espresse nel senso di considerare come assoggettabile a revocatoria una più ampia categoria di atti, tra i quali si fanno rientrare anche quelli di modifica di diritti patrimoniali o di assunzione di obbligazioni, volti a creare vincoli personali, oltre che reali, a favore di altri soggetti11.

Una conferma normativa di ciò viene ravvisata nella stessa disposizione di cui all’art. 2901, 2° comma, c.c. che considera revocabili anche le prestazioni di garanzia, tra le quali rientrano le garanzie personali, che consistono, per l’appunto, nell’assunzione di un’obbligazione da parte del soggetto garante12

Può dunque affermarsi che la ristretta nozione di atto di disposizione cui si è fatto cenno non costituisce, di per sé, motivo per negare la revocabilità del preliminare13.

Invero, come rilevato correttamente in dottrina14, l’orientamento restrittivo della giurisprudenza parrebbe conciliarsi con quelle tesi che rinvengono nel contratto definitivo la fonte esclusiva di regolamentazione del rapporto sorto col preliminare. Partendo da questo assunto, si arriva infatti a sostenere che il contratto definitivo, lungi dall’essere un mero atto esecutivo del preliminare, assurgerebbe a rango di vero e proprio atto dispositivo, dal quale scaturisce la lesione delle ragioni del creditore15.

Al contrario, negare la revocatoria del preliminare mal si concilia con quelle tesi che rintracciano in detto contratto l’unica vera fonte del regolamento negoziale, alla stregua di una vendita obbligatoria, ed attribuiscono all’atto definitivo una mera funzione solutoria dell’obbligazione nascente dal preliminare16.   

Il problema della conciliabilità delle ricostruzioni di teoria generale del contratto con la questione che qui ci occupa è di così ampio di respiro da non poter essere affrontata in questa sede.

Merita, tuttavia, una specifica menzione ed un’attenta considerazione la tesi17 che sostiene che la revocabilità del preliminare sia postulabile in almeno due circostanze.

Anzitutto, quando il preliminare sia stato trascritto- La trascrizione, infatti, renderebbe inopponibile al promissario acquirente il pignoramento che dovesse essere trascritto a cavallo tra la trascrizione del preliminare stesso e quella del definitivo. Detta circostanza è occorsa proprio nel caso sottoposto all’esame della Corte. Infatti, l’atto, in quanto trascritto, si rivelerebbe potenzialmente pregiudizievole per il creditore del promittente alienante, il quale, a questo punto, maturerebbe l’interesse ad una declaratoria di inefficacia della promessa di vendita, pur sempre subordinata all’accertamento della presenza della scientia damni18.

In secondo luogo, la revocatoria sarebbe ammissibile in tutti quei casi in cui le parti del preliminare eseguano le rispettive prestazioni di consegna e di pagamento del prezzo al momento della promessa di vendita. Si tratta del c.d. preliminare complesso o ad effetti anticipati.

In questa ipotesi, infatti, l’atto definitivo assolverebbe, per questa tesi, ad una mera funzione solutoria o di pagamento, riconducibile alla previsione di cui all’art. 2901, 3° comma, c.c. ed in quanto tale non revocabile.

La conseguenza di detta circostanza si configura nell'ammettere l'azione revocatoria del preliminare complesso. Infatti, nonostante la mancanza di effetti reali, il preliminare costituisce la fonte dell'attribuzione patrimoniale compiuta dal debitore e il titolo giustificante l'acquisto del terzo19

Deve segnalarsi, a conclusione di paragrafo, che la giurisprudenza20 sostiene altresì l’irrevocabilità della sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c.Infatti, lo stesso creditore agente in revocatoria è considerato soggetto all’efficacia di questa sentenza. Egli può, tuttavia, svolgere intervento adesivo autonomo nel giudizio instaurato per l’adempimento coattivo del preliminare, al fine di paralizzare, nei suo confronti, gli effetti pregiudizievoli della sentenza. In mancanza di intervento può esperire l’opposizione di terzo revocatoria ai sensi dell'art. 404, 2° comma, c.p.c. per rimuovere l’efficacia della sentenza21.

3. I soggetti ed il momento ai quali fare riferimento per la valutazione della ricorrenza dell’eventus damni e della scientia damni

Riprendendo le fila del discorso da quella giurisprudenza che, come visto, unanimemente riferisce la revocatoria al (solo) contratto definitivo, escludendola per il contratto preliminare, si può entrare nel cuore della decisione in commento.

La sentenza, dichiaratamente, muove proprio dalla ricognizione dei principi giurisprudenziali elaborati per definire i presupposti per l’esperimento dell’azione, quando, come nel caso sottoposto al suo esame, l’atto dispositivo sia posto in essere dal debitore attraverso il ricorso alla sequenza preliminare-definitivo22.

In argomento, occorre anzitutto tener conto che, una volta ammessa l’esperibilità della revocatoria nei confronti del (solo) contratto definitivo, deve riconoscersi una necessaria discrasia oggettiva e soggettiva, nella predetta sequenza, in relazione al momento al quale fare riferimento per la verifica di sussistenza dei presupposti dell’azione.

Con particolare riferimento all’eventus damni, si rileva che, poiché il contratto preliminare ha una portata dispositiva solo potenziale e futura, esso non sarebbe idoneo ad integrare, di per sé, tale presupposto dell’azione. La verifica della sussistenza del pregiudizio deve essere compiuta in relazione al momento dell'atto definitivo, che costituisce la causa della riduzione del patrimonio immobiliare del debitore con conseguente possibilità di pericolo pericolo per i creditori23.

Diverso discorso deve compiersi in relazione al presupposto soggettivo in capo al terzo, vale a dire - trattandosi, come nel nostro caso, di atto a titolo oneroso la cui revoca viene chiesta per un credito anteriore all’atto stesso - la conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore. 

Invero, l’azione revocatoria implica un forte impatto sull’autonomia privata, giustificato dalle esigenze di tutela dei creditori. Da qui la necessità di contemperare le ragioni di questi con la tutela dell’affidamento del terzo sulla regolare esecuzione del programma negoziale, che, nelle ipotesi di sequenza preliminare-definitivo, si attua e giunge a compimento con la stipula del definitivo.

Ne consegue che, il momento al quale fare riferimento per la verifica della sussistenza del requisito soggettivo in capo al terzo, non può che essere quello in cui si consuma la sua libera scelta, ovvero quello della stipula del contratto preliminare.

Il terzo che contrae e stipula il preliminare in buona fede diventa titolare di un diritto al trasferimento del bene - da attuarsi con la stipula del definitivo o con il rimedio dell’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c. - rispetto al quale il tutelare il patrimonio del debitore costituisce un aspetto di minor importanza. Infatti, l'azione revocatoria ha la propria giustificazione nel comportare l'inefficacia degli atti compiuti in danno ai creditori24.

Per questo motivo, lo stato di buona fede del terzo che sia originario, cioè presente al momento della stipula del contratto preliminare, esclude definitivamente il consilium fraudis in capo al contraente, risultando irrilevante la sopravvenuta conoscenza della lesività dell’atto definitivo che si è obbligato a stipulare25.

Si presenta dunque, all’interno della sequenza preliminare-definitivo, l’anticipata  discrasia: soggetto a revocatoria è il contratto definitivo, non il preliminare; ma, domandata la revoca del definitivo, il requisito oggettivo dell’eventus damni va verificato al momento della stipula di esso, mentre il requisito soggettivo in capo al terzo va verificato al momento della stipula del contratto preliminare.     

Sennonché, il caso esaminato dalla Corte presenta una peculiarità che richiede una specificazione della regola testé esposta, in quanto, come visto, si è trattato di giudicare in un caso in cui il preliminare prevedeva, ai sensi dell'art. 1401 c.c., la riserva di nomina del contraente del definitivo, di fatto poi nominato al momento della vendita.

Ne è conseguito che la persona che ha acquistato il bene è risultata diversa da quella che aveva stipulato il contratto preliminare.

Quid iuris in un caso simile? Rispetto a quale soggetto e a quale momento occorre verificare la ricorrenza del requisito soggettivo della conoscenza del pregiudizio?

Invero, un orientamento giurisprudenziale26, del quale la sentenza in commento dà conto, enuncia la regola per cui, nelle ipotesi in cui il preliminare sia stato concluso per persona da nominare, la verifica dello stato soggettivo del terzo, rilevante ai sensi dell’art. 2901 c.c., deve essere eseguita in relazione alla persona nominata e al momento in cui l'accettazione di detta nomina si è verificata. Infatti, in tale momento il terzo esercita la propria libertà negoziale con acquisto dei diritti e degli obblighi con efficacai retroattiva27.

Più precisamente, nei rapporti tra stipulante e terzo troverebbe applicazione l’art. 1391 c.c., dettato in tema di stati soggettivi rilevanti nella rappresentanza28, il quale, osserva la Corte, nella prospettiva delineata, verrebbe in rilievo per quanto previsto nel suo secondo comma.

Questa disposizione, infatti, nello stabilire che il rappresentato in mala fede non può giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante, radicherebbe sulla persona del rappresentato - e, dunque, del nominato accettante - la rilevanza dello stato soggettivo in relazione alle circostanze determinanti ai fini della stipula.

In caso di esperimento dell’azione revocatoria, l’accertamento del presupposto soggettivo andrebbe dunque condotto prioritariamente con riferimento al nominato, e solo nel caso in cui tale verifica desse esito negativo, l’indagine dovrebbe spostarsi sullo stipulante29.

La sentenza in commento si discosta da tale pronuncia.

I giudici invero, anche in questa occasione, confermano la riconduzione del contratto per persona da nominare all’istituto della rappresentanza, di cui costituirebbe, in sostanza, un’applicazione30, ma proprio partendo da tale premessa giungono a conclusioni opposte a quelle espresse dal citato precedente.

Ed invero, se la figura contrattuale in parola si inquadra nello schema della rappresentanza, per coerenza deve attribuirsi all’accettazione della nomina da parte della persona nominata - art. 1402 c.c. - il valore di ratifica dell’operato dello stipulante.

Ma se l’accettazione si sostanzia in una ratifica dell’operato dello stipulante, il richiamato art. 1391 c.c. diviene rilevante anzitutto per quanto previsto nel suo primo comma, proprio laddove afferma che, in ordine agli stati soggettivi, si ha riguardo alla persona del rappresentante31, salvo il caso in cui gli elementi siano stati predeterminati dal rappresentato32

Nel caso del contratto preliminare per persona da nominare gli elementi del definitivo sono per l’appunto predeterminati, non dal nominato/rappresentato, bensì dallo stipulante/rappresentante. Infatti, è questi che partecipa alle trattative e a tutte quelle attività che costituiscono la fase prodromica del contratto preliminare; ed è sempre lo stipulante che è nella condizione di appurare le circostanze utili a rivelare se l’atto dispositivo in formazione sia o meno pregiudizievole per le ragioni del creditore del promittente venditore.    

Al contrario, questa possibilità è preclusa al nominato. Infatti, questi può solo accettare o rifiutare la nomina; e d’altronde, a monte, la stessa dichiarazione di nomina, in considerazione della sua funzione di far acquistare al terzo gli stessi diritti ed obblighi che derivano dal contratto, non può comportare modifiche o variazioni al contenuto di quest'ultimo e neppure essere costituita da altro contratto33.    

L’esito di queste premesse, cui giunge la sentenza in commento, è che la verifica dello stato di scienza o di ignoranza del carattere pregiudizievole dell’atto revocando34 deve essere svolta prioritariamente, in prima battuta, in capo allo stipulante e con riferimento al momento della stipulazione del preliminare; ove tale indagine desse esito negativo, occorrerebbe pur sempre, in seconda battuta, procedere alla verifica dello stato soggettivo del nominato, e ciò sempre ai sensi dell’art. 1391 c.c., il cui secondo comma prevede che in caso di mala fede del rappresentato, quest'ultimo non può appellarsi allo stato di ignoranza o di buona fede di colui che ricopre il ruolo di rappresentante.

Questa soluzione, si precisa in motivazione, sarebbe d’altronde coerente con il connotato tipico del contratto per persona da nominare, vale a dire l’efficacia ex tunc dell’accettazione della nomina. Il nominato, per effetto della nomina e dell’accettazione, si sostituisce allo stipulante, contraente originario, ed acquista i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto nei rapporti con l’altro contraente, con effetto retroattivo, per cui il rapporto si considera come instauratosi fin dall’origine tra il nominato e il promittente35.

Appare dunque coerente con questo effetto che la verifica del presupposto soggettivo della revocatoria si attui, prioritariamente, con riferimento alla persona dello stipulante, al momento della stipulazione del preliminare, e solo successivamente con riferimento alla persona del nominato.

4. Il contenuto della scientia damni

Enunciata la regola per la quale, la verifica della scientia damni in capo al terzo deve valutarsi, prioritariamente, con riferimento allo stipulante, al momento della stipulazione del preliminare e solo successivamente, in caso di esito negativo, avendo riguardo alla persona nominata, la sentenza in commento procede con il verificare se, nel caso di specie, un siffatto stato soggettivo sussistesse o meno, anche in considerazione del fatto che, sull’immobile oggetto dei contratti, gravava un pignoramento trascritto a cavallo tra la stipulazione del preliminare e quella del definitivo.

La soluzione, come afferma esplicitamente la Corte, dipende dal significato che si attribuisce all’espressione consapevole del pregiudizio presente nella disposizione di cui all’art. 2901, 1° comma, n. 2, c.c.: e quindi, se tale consapevolezza consista in una conoscenza effettiva o, di contro, anche solo potenziale, cioè in una conoscibilità del carattere pregiudizievole dell’atto di cui si domanda la revoca.

In questo caso, la Corte muove da principi consolidati in giurisprudenza, tali per cui, per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, nelle ipotesi in cui l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito risulta essere sufficiente la presenza della consapevolezza di pregiudicare gli interessi del creditore. Di conseguenza, basta che sia rintracciabile la conoscenza o comunque la facile conoscibilità del pregiudizio da parte del debitore e, se atto a titolo oneroso, da parte del terzo36. Allo stesso fine, sono irrilevanti sia la conoscenza specifica del credito, per la tutela del quale viene esperita l’azione, sia la partecipazione o conoscenza da parte del terzo dell’intenzione fraudolenta del debitore37.

Questi principi vengono poi integrati con la necessità, ribadita da altre pronunce38, che la mancata conoscenza del pregiudizio, da parte del terzo, sia colpevole. E' posta, a carico del creditore, la prova39 della colpa del terzo nella conclusione del contratto pregiudizievole, la prova della consapevolezza del terzo dell’idoneità dell’atto a recare pregiudizio alle ragioni del creditore.

D’altronde, si precisa, attraverso l’azione revocatoria si esercita una particolare azione di natura aquiliana, dalla quale mutua il regime probatorio, coordinato con l’assunto per cui la presunzione di buona fede costituisce principio di carattere generale nel nostro ordinamento (arg. ex art. 1147 c.c.).

Deve trattarsi, peraltro, di vera e propria mala fede dell’acquirente o, quantomeno, di colpa grave. Infatti, rileva che, secondo la nostra legislazione civile, allorquando si tratti di risolvere un conflitto tra le parti di un rapporto negoziale e i terzi, gli interessi di questi ultimi vengano sacrificati solo allorquando abbiano agito con dolo o colpa grave, e ciò si eleverebbe a principio generale del nostro ordinamento40.

Per questo motivo è sufficiente la presenza della mala fede, anche solo configurabile come colpa grave, per l'esclusione della tutela del terzo acquirente in ambito di azione revocatoria per l'ipotesi in cui lo stesso sia in conflitto con il creditore che esperisce detta azione41.    

Facendo applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto sussistente, nel caso di specie, la colpa, quantomeno lieve, dell’acquirente per il fatto di non aver consultato i registri immobiliari.

Tali registri, si legge in sentenza, rispetto ai conflitti tra soggetti titolari di diritti antagonisti su beni immobili, assolvono proprio alla funzione di surrogare il ruolo della buona fede dell’acquirente o del cessionario nei negozi che abbiano per oggetto beni mobili non registrati (art. 1153 c.c.) o crediti (art. 1264, 2° comma, c.c.).

In tal senso, la trascrizione immobiliare determinerebbe una presunzione legale di conoscenza delle vicende che interessino tali beni, con l’effetto di escludere la buona fede di chi l’abbia ignorata.

Occorreva però, secondo la Corte, che i giudici di merito, ai fini della revocabilità dell’atto, accertassero la colpa grave dell’acquirente, che integra uno stato ben diverso dell’assenza di buona fede.

Come si è visto, è emerso dagli atti di causa, che l’acquirente si fosse avvalsa di professionisti qualificati - mediatori e notaio - per addivenire alla stipula dell’atto, e che dunque avesse confidato nella loro professionalità.

In ragione di ciò, occorreva accertare se l’acquirente si fosse spinta oltre, in termini di diligenza, e avesse espressamente chiesto, a costoro, di eseguire i canonici controlli presso i registri immobiliari o avesse, quantomeno, sollecitato rassicurazioni circa l’inesistenza di formalità pregiudizievoli per il suo acquisto.

I giudici di merito non vi hanno però provveduto, e questa omissione ha rappresentato il secondo motivo che ha portato alla cassazione della sentenza impugnata.

La sentenza impugnata è stata dunque cassata con rinvio, da un lato, per non aver verificato la presenza della scientia damni primariamente con riferimento alla posizione dello stipulante nell'ambito del preliminare; dall’altro, per aver ritenuto che detto elemento non fosse presente per il solo fatto che la terza nominata si fosse affidata al notaio ed alla agenzia immobiliare in occasione del contrattio definitivo42.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto al quale il giudice del rinvio dovrà attenersi:

«In caso di esercizio dell’azione revocatoria avente ad oggetto il contratto definitivo di compravendita immobiliare concluso nelle forme di cui all’art. 1401 c.c., qualora l’immobile compravenduto sia stato oggetto di pignoramento trascritto anteriormente alla trascrizione del contratto definitivo, ma posteriormente alla trascrizione del preliminare, la verifica della scientia damni in capo alla terza nominata (da compiersi solo nell’ipotesi in cui analoga verifica, già effettuata nei riguardi dello stipulante e con riferimento al momento della conclusione del contratto preliminare, abbia dato esito negativo), deve essere diretta ad evidenziare se la colpa della stessa, nel non aver consultato i registri immobiliari, possa assumere i connotati della lievità, idonea a giustificare la tutela del suo affidamento»43.

5. Considerazioni conclusive

La sentenza in commento introduce un conflitto giurisprudenziale.

Si è visto44 che un precedente di legittimità45, ravvicinato nel tempo, aveva enunciato la regola per cui, il soggetto al quale fare riferimento, per la verifica della ricorrenza della scientia damni di cui all’art. 2901, 1° comma, n. 2, c.c., è la persona nominata, con riferimento temporale al momento dell’accettazione della nomina; solo in caso di esito negativo di tale valutazione, si avrebbe riguardo agli stati soggettivi del nominante.  

Il precedente qui considerato enuncia la regola opposta. In prima battuta si fa riferimento allo stipulante, con riferimento temporale al momento della conclusione del preliminare; in caso di esito negativo della valutazione, l’indagine si dovrebbe spostare sulla persona nominata.

Si è visto anche come entrambe le sentenze partano dal presupposto teorico della riconducibilità della figura del contratto per persona da nominare all’istituto della rappresentanza e considerino applicabile, alla fattispecie, l’art. 1391 c.c., dettato, per l’appunto, in tema di rilevanza degli stati soggettivi del rappresentante e del rappresentato.

Tuttavia, mentre la prima sentenza valorizza il secondo comma di questa disposizione e fonda le proprie conclusioni sulla regula iuris per la quale il rappresentato/nominato non può in nessun caso giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante/stipulante; la seconda dà priorità applicativa al primo comma della disposizione, la cui applicazione diretta porta ad affermare che, in tema di stati soggettivi rilevanti, si ha riguardo alla persona del rappresentante/stipulante, salvo che per quegli elementi che siano stati predeterminati dal rappresentato/nominato.

Il secondo comma dell’art. 1391 c.c. viene invece valorizzato, dalla pronuncia più recente, per fondare la regola per la quale, in caso di esito negativo della verifica in capo allo stipulante - e solo allora - occorre avere riguardo alla persona nominata.

La conclusione cui è pervenuta la sentenza in commento è, sotto questo profilo, condivisibile. Infatti, essa appare coerente con la premessa di partenza della riconducibilità del contratto per persona da nominare alla figura della rappresentanza e, soprattutto, dà rilievo alla circostanza per la quale è lo stipulante il soggetto che contribuisce a costruire l’operazione negoziale, partecipando alle trattative che precedono la stipulazione del preliminare.

Può forse aggiungersi, a completamento della regola enunciata dalla Cassazione, che se la disposizione dell’art. 1391 c.c. trova diretta applicazione al caso di specie, allora deve anche ammettersi che, qualora, a monte della riserva, già esista una procura e tale procura contenga degli elementi predeterminati dal rappresentato/nominato, allora occorrerà fare riferimento esclusivamente agli stati soggettivi di quest’ultimo, laddove una siffatta predeterminazione possa implicare la conoscenza del pregiudizio in parola.

Quanto statuito dalla Corte deve inoltre coordinarsi con le osservazioni compiute in tema di revocabilità del contratto preliminare.

Invero, la discrasia oggettiva e soggettiva di cui si è dato sopra conto, trova la sua ragion d’essere nella circostanza che la giurisprudenza considera il contratto preliminare irrevocabile, e riconosce la revocabilità del solo contratto definitivo.

Se questa è la premessa di partenza, è del tutto consequenziale che l’eventus damni sia riferito al momento della stipulazione del definitivo e la verifica della scientia damni abbia luogo facendo riferimento alla persona del terzo/promissario al momento della conclusione del preliminare. 

Se però, come riteniamo, deve ammettersi, quantomeno nelle ipotesi di preliminare trascritto e ad effetti anticipati, che il contratto preliminare sia revocabile, allora questa discrasia è destinata a venir meno, in quanto la revoca potrebbe colpire direttamente il preliminare e sia il pregiudizio che la conoscenza di esso, da parte del terzo, si verificherebbero facendo riferimento al momento della stipula del preliminare revocando.

Nella variazione che qui interessa - preliminare per persona da nominare - si giungerebbe ad un’analoga soluzione e non si porrebbe, a monte, il problema di distinguere tra la posizione dello stipulante e quella del nominato.


Note e riferimenti bibliografici

1 Culminata con la sentenza che qui si commenta: Cass. civ., Sez. III,, 22 giugno 2020, n. 12120, in Diritto&Giustizia, fasc. 120, 2020, 7 ed in Mass. giust. civ., 2020.

2 La violazione o falsa applicazione si sarebbe dunque prospettata, da un lato, in relazione agli artt. 2901, 2643, 2644, 2914, dall’altro in relazione agli artt. 1175, 1375, 1703 c.c. nonché al principio dispositivo di cui all’art. 115 c.p.c.

3 Cass., 18 febbraio 2020, n. 4010, in DeJure; Cass., 26 giugno 2019, n. 17067, in Diritto & Giustizia, 2019, 27 giugno; Cass., 12 giugno 2018, n. 15215, in Mass. giust. civ., 2018; Cass., 15 ottobre 2004, n. 20310, in Mass. giust. civ., 2004.     

4 In questo senso la giurisprudenza citata alla nota precedente.

5 C. DORE, Sull’ammissibilità dell'azione revocatoria ordinaria del contratto preliminare, in Nuovo diritto civile, 2018, 1, 108.

6 E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico (Rist. I edizione del 1950), Napoli, 1994, 292 ss.

7 Intesi come quegli atti che importino una diminuzione del patrimonio, a sua volta inteso come il complesso delle posizioni giuridiche attive passive facenti capo a un soggetto. Si tratterebbe, più precisamente, di tutti quegli atti che importino perdita, limitazione o destinazione mortis causa di diritti patrimoniali. 

8 Concepiti come quelli in cui il regolamento d’interessi non attua, nell’immediato, «un mutamento della posizione dei soggetti rispetto ai beni, e quindi una nuova distribuzione di questi, bensì una forma di cooperazione fra consociati coordinata all’interesse reciproco o all’interesse unilaterale di uno di essi»: E. BETTI, op. cit., 294.

9 E. BETTI, op. loc. ult. cit.

10 E. BETTI, op. cit., 295.

11 C.M. BIANCA, La responsabilità, in Diritto civile, 5, II ed., 2012, 466; R. NICOLO', Azione surrogatoria e azione revocatoria, in Raccolta di scritti, I, Milano, 1993, 909.

12 U. NATOLI - L. BIGLIAZZI GERI, Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Milano, 1974, 192.

13 Come rileva C. DORE, op. cit., 110.

14 C. DORE, op. cit., 114 ss.

15 C.M. BIANCA, Il contratto, in Diritto civile, 3, III ed., 168; R. CALVO, Contratto preliminare, in Comm. cod. civ., diretto da P. Schlesinger, continuato da D. Busnelli, art. 1351, Milano, 2016, 133, 187.  

16 F. GAZZONI, Il contratto preliminare, in Tratt. dir. priv., diretto da M. Bessone, XIII, 2, Torino, 570 ss.; A. CHIANALE, Il preliminare di vendita immobiliare, in Giur. it., 1987, I, 1, 698. 

17 C. DORE, op. cit., 120 ss.

18 Idem, op. cit., 134. Argomenta nel senso della revocabilità del preliminare anche non trascritto: M. CIRULLI, Profili processuali dell’azione revocatoria, Pisa, 2020, 184 ss.

19 Idem, op. cit., 129.

20 Cass., 28 settembre 2011, n. 19804, in Mass. giust. civ., 2011; Cass. 11 ottobre 2006, n. 21813, in Mass. giust. civ., 2006; Cass., 16 gennaio 1992, n. 497, in Mass. giust. civ., 1992.

21 Sull’argomento diffusamente: M. CIRULLI, op. cit., 168 ss.

22 La quale, nel caso di specie, ha per oggetto la vendita di un bene immobile: paradigma al quale si farà riferimento nel testo, in quanto ipotesi sottoposta all’esame della Corte e di maggior ricorrenza e rilevanza sociale ed economica.

23 Cass., 16 aprile 2008, n. 9970, in Mass. giust. civ., 2008. Testualmente citata dalla sentenza in commento.

24 In tal senso, sempre: Cass. 9970/2008 cit., ripresa dalla sentenza in commento.

25 Diversamente opinando, osserva la Corte, si dovrebbe ritenere che il terzo, che venisse a conoscenza della potenzialità lesiva dell’atto, a cavallo tra la stipula del preliminare e la stipula del definitivo, sarebbe costretto a domandare la risoluzione del preliminare per impedire il danno alle ragioni del creditore. Sull’irrilevanza della sopravvenuta scientia damni in capo al terzo, anche: Cass. 18 agosto 2011, n. 17365, in Mass. giust. civ., 2011; Cass., 12 giugno 2018, n. 15215, cit. (quest’ultima in motivazione). 

26 Cass., 12 maggio 2015, n. 9595, in Mass. giust. civ., 2015

27 Cass. 9595/2015 cit.

28 L’inquadramento della figura del contratto per persona da nominare all’interno del fenomeno della rappresentanza è sostenuto anche dalla dottrina tradizionale, la quale considera decisivo il dato per cui gli effetti del contratto si producono nella sfera di un soggetto diverso da quello che lo ha stipulato; il fatto che il contratto, in difetto di dichiarazione di nomina produca effetto tra i contraenti originari - art. 1405 c.c. - renderebbe tale rappresentanza eventuale e riferita a persona incerta o comunque non nominata, c.d. in incertam e/o non manifestam personam. In tal senso, se pure con alcune variazioni, tra gli altri: E. BETTI, op. cit., 547; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, (Rist. IX edizione del 1966), Napoli, 1999, 293; V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. dir. priv., a cura di G. Iudica e P. Zatti, II ed., Milano, 2011, 301. Secondo un’altra tesi, invece, la riserva di nomina integrerebbe una tipica figura di autorizzazione avente ad oggetto la sostituzione di una parte sostanziale del contratto: C.M. BIANCA, Il contratto, in Diritto civile, 3, III ed., 2019, 117. In argomento, diffusamente e con ampia citazione di dottrina: G. STELLA, Il contratto per persona da nominare, in Tratt. contr., diretto da V. roppo, I. Formazione, a cura di C. Granelli, Milano, 2006,1041 ss.        

29 In tal senso, sempre Cass. 9595/2015 cit..

30 Già una tradizionale giurisprudenza, ricorda la Corte, aveva affermato che la figura del contratto per persona da nominare «si coordina e si adegua, sotto il profilo sistematico e funzionale, allo schema di portata più generale dell’istituto della rappresentanza, di cui costituisce in sostanza un’applicazione» (Cass., 13 giugno 1959, n. 1807, in Foro it., 1960, I, 1387). È ben vero, infatti, che la sostituzione di attività che si attua con la rappresentanza presuppone la contemplatio domini, ma è altrettanto vero che anche nelle ipotesi di rappresentanza in incertam personam ed eventuale, cui viene ricondotta la figura contrattuale in parola, la contemplatio domini «risulta insita nello stesso negozio, in virtù della contestuale riserva di designazione di altro soggetto cui dovranno eventualmente imputarsi gli effetti dell’attività dell’agente (stipulante)», e si puntualizza in un momento successivo a seguito della dichiarazione di nomina. Questa ricostruzione troverebbe conferma testuale sia nella disposizione dell’art. 1402 c.c. - che richiede che la dichiarazione di nomina sia legittimata da una procura anteriore al contratto o, in difetto, dall’accettazione della persona nominata - sia nell’art. 583 c.p.c. - che, in materia di aggiudicazione per persona da nominare, fa espresso riferimento ad un mandato. In tal senso, sempre in motivazione: Cass. 1807/1959 cit. Nel senso della riconduzione dei rapporti tra stipulante e nominato alla disciplina della rappresentanza volontaria, anche: Cass. 27 febbraio 1963, n. 482, in Mass. giust. civ., 1963; Cass., 6 novembre 1963, n. 2946, in Mass. giust. civ., 1963; Cass., 19 ottobre 1965, n. 2142, in Mass. giust. civ. 1965; Cass., 8 settembre 1970, n. 1330, in Giust. civ., 1970, I, 1346; Cass. 4 ottobre 1983, n. 5777, in Foro pad., 1984, I, 354; Cass., 15 dicembre 1987, n. 9301, in Mass. giust. civ., 1987 (le quali ultime due, affermano che il contraente che si riserva la facoltà di nomina assume la funzione di rappresentante del terzo nell’arco di tempo che corre dalla conclusione del contratto alla dichiarazione di nomina).      

31 Che nel nostro caso - contratto per persona da nominare - corrisponde allo stipulante.

32 Che nel nostro caso - contratto per persona da nominare -  corrisponde al nominato.

33 In tal senso la sentenza in commento, che cita: Cass., 21 marzo 2013, n. 7217, in Mass. giust. civ., 2013; Cass., 2 febbraio 1994, n. 1023, in Giust. civ., 1994, I, 1517.

34 Sul presupposto, si ricordi, che il credito sia pregresso, cioè sia sorto prima della stipula del preliminare.

35 Cass., 21 marzo 2013, n. 7217 cit.

36 Cass., 1 giugno 2000, n. 7262, in Mass. giust. civ., 2000. Nello stesso senso: Cass., 5 luglio 2013, n. 16825, in Mass. giust. civ., 2013.

37 Cass. 7262/2000 cit.

38 Cass., 19 luglio 2004, n. 13330, in Mass. giust. civ., 2004; Cass. 21 aprile 2006, n. 9367, in Mass. giust. civ., 2006. 

39 Che può essere fornita anche tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato: in questo senso, le stesse pronunce di cui alla nota precedente.

40 Si argomenta, sotto questo profilo, richiamando, a titolo esemplificativo, le disposizioni degli artt. 1415, 1445, 1992, 2913 c.c.

41 In questi termini la sentenza in commento, che richiama: Cass., 9 marzo 1979, n. 1468.

42 Cass. 12120/2020 cit.

43 Cass. 12120/2020 cit.

44 Supra § 3.

45 Cass. 9595/2015 cit.