Pubbl. Ven, 27 Nov 2020
Avvalimento e esclusione del concorrente per dichiarazioni non veritiere rese dall’ausiliaria: rimessa la questione alla Corte di giustizia
Modifica paginaIl giudice nazionale ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla CGUE per chiedere chiarimenti sulla compatibilità dell´art. 89, Codice appalti, con l´art. 63, direttiva 2014/24. La denunciata incompatibilità sarebbe dovuta alla particolare prudenza con cui la normativa italiana si approccia ad istituti innovativi come l´avvalimento. Infatti, mentre in Europa si registra la tendenza a dequotare le limitazioni e i vincoli che generalmente caratterizzano la procedura di evidenza pubblica, al contrario, in sede nazionale, il legislatore assume un atteggiamento più severo e biasimevole nei confronti di coloro che partecipano ad appalti pubblici.
Sommario: 1. Il dialogo tra giudice nazionale e giudice comunitario; 2. Vicenda giudiziaria; 3. Provvedimento di esclusione e art. 89 del Codice appalti; 4. Normativa comunitaria; 5. Conclusioni.
1. Il dialogo tra giudice nazionale e giudice comunitario
La compatibilità del diritto interno con il diritto europeo costituisce una esigenza imprescindibile, la cui attuazione viene affidata, oltre che al legislatore, anche al dialogo tra giudici nazionali e Corte UE.
E’ questa, infatti, per i giudici nazionali l’occasione per correggere, in via interpretativa, le eventuali criticità e discrasie tra le norme interne e quelle europee.
Il rinvio pregiudiziale, dunque, è uno strumento risolutivo perché dà la possibilità alla Corte di Giustizia di definire, una volta per tutte, la soluzione del problema, talvolta a favore della norma nazionale ma il più delle volte a vantaggio di quella comunitaria.
Anche in questa occasione, quindi, il Consiglio di Stato ha sollecitato la Corte di Giustizia a chiarire la portata di una norma europea che impatta sul tessuto normativo nazionale[1].
La norma oggetto di analisi è l’art. 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014. L’art. 63 disciplina l’istituto dell’avvalimento e consente all’operatore economico che partecipa ad una gara di appalto di sostituire, durante o dopo la conclusione della gara, l’impresa ausiliaria quando questa sia carente di requisiti necessari per la esecuzione dell’appalto. La norma, per vero, nulla aggiunge sulla possibilità, per la stazione appaltante, di vietare la sostituzione dell’impresa ausiliaria ed escludere dalla gara anche l’operatore economico. Anzi, dalla formulazione letterale emerge un chiaro monito del legislatore comunitario sulla obbligatorietà del rimedio della sostituzione a favore del concorrente.
«L’amministrazione aggiudicatrice verifica […] se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 57. L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione»[2].
A conferma della non derogabilità dell’obbligo di sostituzione, vi è poi l’inciso finale che riconosce alla stazione appaltante la facoltà di obbligare il concorrente a sostituire l’ausiliaria sinanche nelle ipotesi in cui la carenza di requisiti non sia tale da determinare automaticamente e inevitabilmente la sua esclusione. Quale ipotesi ulteriore, ma facoltativa, di sostituzione della impresa ausiliaria
2. Vicenda giudiziaria
Orbene, prima di dar conto delle motivazioni dell’ordinanza del Consiglio di Stato con cui si è provveduto al rinvio pregiudiziale, è opportuno ripercorrere brevemente la vicenda giudiziaria.
Il 3 gennaio 2018, l’Azienda Unità Sanitaria Locale USL Toscana Centro indice una procedura di gara per l’affidamento di lavori aventi ad oggetto la demolizione di edifici facenti parte di un presidio ospedaliero. Alla gara di appalto partecipa l'appellante che, in sede di presentazione dell’offerta, dichiara di avvalersi dei requisiti tecnici e professionali posseduti da un’altra impresa, c.d. ausiliaria.
Successivamente all’approvazione della graduatoria provvisoria, gli operatori economici che si sono collocati al primo e al secondo posto della graduatoria, tra i quali l’appellante, vengono esclusi dalla procedura di gara.
L’esclusione viene disposta a causa della mancata indicazione, da parte dell’impresa ausiliaria, di una sentenza di applicazione della pena su richiesta congiunta delle parti, pronunciata nei confronti del rappresentante legale di quest’ultima.
3. Provvedimento di esclusione e art. 89 del Codice appalti
Il provvedimento di esclusione della stazione appaltante fa leva sul disposto normativo di cui all’art. 89, comma 1, del Codice degli appalti[3], secondo il quale l’operatore economico che si avvale della capacità di altri soggetti è tenuto ad allegare una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria. La dichiarazione deve attestare il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80, e se tali dichiarazioni risultano mendaci allora l’amministrazione provvede ad escludere il concorrente escutendo la garanzia.
Senonché, simile provvedimento contraddice le recenti aperture mostrate dal diritto comunitario sull’istituto dell’avvalimento, considerato strumento attuativo dei principi di libera concorrenza, non discriminazione e parità di trattamento[4].
Invero, la spinta fortemente pro concorrenziale della disciplina sugli appalti viene palesata dalla previsione di istituti che mirano al cd favor partecipationis.
L’istituto dell’avvalimento, insieme a quello del raggruppamento di imprese, permette alle piccole imprese di partecipare a bandi di gara che richiedono requisiti qualitativi o quantitativi dalle stesse non possedute. Sicché, le imprese possono decidere o di unirsi, aumentando quantitativamente i requisiti che già possiedono ma in misura insufficiente, o di cumulare i propri requisiti con quelli di altre imprese che non si posseggono[5].
L’avvalimento è il prestito dei requisiti forniti da una impresa che non partecipa alla gara. Esso incrementa la capacità concorrenziale delle imprese consentendo di superare l’onerosità dei limiti imposti dal bando che spesso impediscono a piccole imprese di accedere al mercato. Condizione della sua operatività è che ci sia il trasferimento dei mezzi e delle risorse dall’impresa ausiliaria a quella in gara[6].
Occorre chiedersi cosa accada al concorrente se l’impresa ausiliaria di cui il concorrente si avvale rende false dichiarazioni in corso di gara[7].
Come già evidenziato, la normativa nazionale prevede che se l’impresa ausiliaria abbia reso false dichiarazioni l’impresa concorrente deve essere esclusa e non ha la possibilità di sostituire l’ausiliario[8]. E’ come se il concorrente fosse soggettivamente rimproverabile per la condotta tenuta dall’impresa ausiliaria.
Tuttavia, per comprendere adeguatamente il significato dell’art. 89, Codice appalti, e la sua potenziale incompatibilità con l’art. 63, direttiva 2014/24, è necessario svolgere una breve analisi dei principi e delle norme nazionali che regolano la materia degli appalti.
Per vero, in materia di appalti il principio generale è quello della immodificabilità del soggetto di cui l’operatore intende avvalersi e della immodificabilità dell’offerta. Da ciò consegue che la previsione normativa di cui all’art. 89 comma 3, secondo cui «Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione», rappresenta una deroga al principio della immodificabilità del soggetto e dell’offerta.
Viene data al concorrente la possibilità di sostituire l’ausiliario, senza rispondere delle sue carenze, in vista di un’esigenza ritenuta superiore dal diritto comunitario, cioè evitare che l’operatore economico venga escluso per ragioni a lui non direttamente imputabili[9].
La normativa nazionale, in parte qua, ricalca la disciplina comunitaria. Quest’ultima mira a stimolare il ricorso all’istituto dell’avvalimento. E’ chiaro, infatti, che sulla base di queste disposizioni il concorrente può fare affidamento sul fatto che qualora l’ausiliaria non dovesse avere i requisiti necessari potrà sostituirla senza andare incontro a provvedimenti di esclusione.
Senonché, la sostituzione non è consentita, in base al comma 1 dell’art. 89, laddove venga in considerazione una falsa dichiarazione. In questo caso il concorrente che si è avvalso di un ausiliario che ha reso false dichiarazioni viene escluso.
L’art 89 comma 1 del codice degli appalti, d.lgs. 50/2016, in corrispondenza di simile evenienza preclude la sostituzione dell’ausiliario e quindi il rimedio sostitutivo, invece consentito per gli altri motivi obbligatori di esclusione ai sensi dell’art. 89 comma 3.
È una differenza di disciplina che, come rileva l’ordinanza di rimessione, potrebbe essere giustificata nell’ottica del diritto interno dall’esigenza di sanzionare coloro che si sono avvalsi di dichiarazioni dolosamente reticenti, responsabilizzando l’operatore economico in ordine alla genuinità delle attestazioni compiute dalla impresa ausiliaria. Sembra che la gravità della scorrettezza commessa dall’ausiliaria abbia l’effetto di appesantire l’onere di diligenza che grava sull’impresa concorrente, introducendo una sorta di responsabilità oggettiva[10].
4. Normativa comunitaria
Il dubbio che sorge spontaneo è se una simile differenziazione normativa, con conseguente aggravio della responsabilità del concorrente, si giustifichi alla luce della disciplina prevista a livello comunitario in materia.
L’art. 63 della direttiva UE non sembra tollerare eccezioni perché impone la sostituzione dell’impresa in tutte le ipotesi in cui in capo alla stessa sussistono motivi obbligatori di esclusioni. La ratio legis è favorire il più ampio utilizzo dell’avvalimento per dare attuazione al favor partecipationis.
Il punto di equilibrio che la direttiva comunitaria n. 24/2014 vuole conseguire è il seguente: evitare che l’impresa sia esclusa per ragioni addebitabili alla condotta dell’ausiliario ed evitare altresì che l’appalto venga eseguito da chi non ha i requisiti o da soggetti nei confronti dei quali sussistono motivi di esclusione.
Quindi, a rigore, l’impostazione pro-concorrenziale di matrice comunitaria non sembra tollerare la deroga nazionale, ex art. 89 comma 1, che non ammette la sostituzione nel caso in cui l’illecito commesso dalla impresa ausiliaria consista in false dichiarazioni.
Si evidenzia, peraltro, che il concorrente ausiliato non dispone di speciali poteri di verifica circa l’attendibilità delle credenziali dell’altra parte, e a tal fine non può che affidarsi alle dichiarazioni di quest’ultima. Il rischio sarebbe quello di richiedere in capo all’operatore concorrente una diligenza maggiore di quella generalmente richiesta ad un comune operatore negoziale. Addirittura, nel caso di specie, il concorrente finirebbe per rispondere oggettivamente del fatto dall’ausiliaria, posto che egli si era trovato, al momento della scelta dell’impresa ausiliaria, nell’impossibilità di conoscere la condanna penale omessa, perché essa non emergeva dal casellario giudiziale consultabile dai soggetti privati.
Queste considerazioni, poi, vengono corroborate dai recenti interventi giurisprudenziali che affermano il principio secondo cui grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme al diritto comunitario, e di non introdurre vincoli ulteriori a quelli previsti dalla normativa UE[11].
5. Conclusioni
In definitiva, quindi, si attende l’intervento chiarificatore della CGUE.
La risposta della Corte di Giustizia sarà risolutiva della questione circa l’obbligo per la stazione appaltante di consentire, sempre, al concorrente di sostituire l’impresa ausiliaria esclusa dalla gara per mancanza dei requisiti richiesti, anche quando la mancanza di requisiti sia conseguenza della commissione del grave illecito professionale di false o reticenti dichiarazioni.
Ancora una volta il dialogo tra giudice nazionale e giudice comunitario assume un ruolo chiave nell’attuazione del processo di integrazione europeo, dando concreta attuazione al principio di leale cooperazione sancito dall’art. 4 del Trattato di Lisbona.
L’art. 4, Trattato di Lisbona, dichiara la necessità di una assistenza reciproca tra Stati membri e Istituzioni europee nell’adempimento degli obblighi comunitari. La concretizzazione dei diritti e delle libertà sanciti dai Trattati Ue postula, inderogabilmente, una cooperazione in primo luogo legislativa ma anche interpretativa; cioè l’idea di un piano di obiettivi condiviso non può non tenere conto delle criticità, peculiarità e tradizioni che caratterizzano ciascun Stato membro.
Se l’obiettivo è la omogeneizzazione della tutela dei diritti e delle libertà, allora è certo che non si può prescindere da un serio confronto sugli effetti delle scelte europee dentro i confini nazionali.
Come accaduto in passato, la Corte Ue, sorprendendo le aspettative dei giudici nazionali, potrebbe non censurare la norma interna tendenzialmente disallineata con la norma europea se ciò non determina una effettiva restrizione delle libertà fondamentali dell’Unione[12]. Questo si spiega alla luce della interpretazione evolutiva del principio di leale cooperazione, che non riduce gli Stati a meri esecutori di una normativa altrove predisposta, ma li rende attori protagonisti di un processo di integrazione che li coinvolge in prima battuta; da interlocutori principali essi devono fornire il loro contributo per dare al diritto europeo una veste nazionale che sia in concreto rispondente alle esigenze interne.
Motivo per cui, anche in questa occasione, nulla deve escludersi sulla qualità della soluzione che verrà offerta dal giudice comunitario; il quale non si limita a verificare la corrispondenza formale tra dato europeo e dato nazionale, ma si spinge fino al punto di bilanciare in concreto tutti gli interessi che vengono in gioco, anche quelli presi in considerazione dal legislatore delegato nella redazione della norma interna attuativa della norma Ue.
[1]Consiglio di Stato, Sez. III, ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, in https://www.giustizia-amministrativa.it.
[2] Art 63, direttiva 2014/24 TFUE.
[3] Decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 come modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56.
[4] Artt. 49 e 56 TFUE.
[5] R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Nel Diritto Editore, 2016.
[6] Vedi sentenza, 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, SWM Costruzioni; sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14, Partner Apelski Dariusz.
[7] C. Piccolo, Avvalimento e esclusione del concorrente per dichiarazioni non veritiere rese dall’ausiliaria: il Consiglio di Stato rimette la questione alla CGUE, in https://www.iusinitinere.it, 19 aprile 2020.
[8] “Alla Corte di Giustizia Ue la sostituzione dell'ausiliaria” Dichiarazioni non veritiere su condanna penale passata in giudicato su grave illecito professionale, in https://www.madeappalti.com, 23 Marzo 2020.
[9] Consiglio di Stato, Sez. V, nn 69/2019; 2527/2018; 1101/2018.
[10] Consiglio di Stato, Sez. V, nn 69/2019.
[11] Consiglio di Stato, Ad. Plen., 4 novembre 2016, n. 23.
[12] Vedi sul punto interessante approfondimento di A. Amariti, L’ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea e le situazioni puramente interne, Università degli Studi Milano – Bicocca, Scuola di Dottorato in Scienze giuridiche, 2013/2014.