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Pubbl. Lun, 7 Dic 2020

Locazione di immobile ad uso non abitativo privo di agibilità

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Alice Mendolia



La seguente trattazione ha ad oggetto l´analisi delle norme in materia di locazione e dei relativi speciali rimedi contrattuali previsti dal Codice Civile anche alla luce del recente intervento della Suprema Corte, che, con Ordinanza n. 9670 del 26 maggio 2020, ha ribadito la validità ed efficacia del contratto di locazione avente ad oggetto un immobile privo del requisito dell´agibilità, evidenziando aspetti in parte trascurati dalla precedente giurisprudenza.


ENG The discussion deals with the analysis of the rules of the lease and related specialties of contractual remedies provided by the Civil Code also in the light of the recent intervention of the Supreme Court, which, with Order No. 9670 of 26 May 2020, reaffirmed the validity and effectiveness of the lease contract concerning a property without compliance with safety standards and highlighted aspects overlooked by previous case law.

Sommario: 1.Contratto di locazione: rimedi contrattuali in caso di vizi della cosa locata; 2.Locazione di immobile ad uso non abitativo e carenza di agibilità; 2.1 Mancanza di agibilità: il conduttore può contestare sempre il difetto di agibilità dell’immobile dato in locazione?; 2.3 Rimedi esperibili in caso di assenza di agibilità dell’immobile locato; 3. Doveri informativi delle parti; 4. Rimedi contrattuali in caso di provvedimento amministrativo di diniego sopravvenuto alla stipula del contratto di locazione; 5. Osservazioni conclusive

1.Contratto di locazione: rimedi contrattuali in caso di vizi della cosa locata

Al contratto di locazione viene dedicata la Sez. IV, Capo VI, Titolo III, Libro IV del Codice Civile che lo definisce il contratto con il quale una parte, il locatore, si obbliga a far godere all’altra, il conduttore, una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.

Si tratta di un contratto consensuale poiché si perfeziona al momento dello scambio dei consensi, ad effetti obbligatori e caratterizzato dalla sinallagmaticità delle prestazioni.

Infatti, la concessione del godimento del bene da parte del locatore è giustificata dalla controprestazione del conduttore che consiste nel pagamento del corrispettivo[1].

Gli articoli 1571 c.c. e seguenti contengono una articolata disciplina di carattere dispositivo, ragione per cui il contenuto del contratto di locazione può mutare in base alle esigenze delle parti, che di comune accordo possono inserirvi clausole che derogano alle disposizioni del codice civile[2] ai sensi dell’art. 1322 c.c.[3].

La disciplina contenuta all’interno del Capo VI è derogabile salvo talune eccezioni espressamente previste[4] e comunque entro i limiti consentiti dalla disciplina generale sul contratto[5].

Per vero, a prescindere dalle variabili che il regolamento contrattuale può presentare, taluni elementi rappresentano una costante nella struttura del contratto di locazione.

Sono elementi necessari del regolamento contrattuale le generalità delle parti, la specifica identificazione del bene che si dà in locazione, l’esatta determinazione del canone che il conduttore è obbligato a pagare e la durata del contratto, la quale ai sensi dell’art. 1573 c.c. non può superare un periodo di anni 30, salvo diverse disposizioni di legge[6].

La disciplina codicistica, peraltro, integra, per quanto non diversamente disposto, la speciale normativa della locazione di immobili urbani ad uso abitativo e ad uso diverso da quello abitativo, rispettivamente, contenuta nelle leggi n. 431/1998 e 392/1978.

Negli anni si è assistito ad un lento processo di integrazione della disciplina locatizia immobiliare.

Nel 1978 il legislatore decide di integrare la normativa contenuta nel Codice civile con la L. n 392, rubricata “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”. Il Capo I, Titolo I ha ad oggetto la locazione di immobili destinati ad uso abitativo mentre il Capo II è dedicato alla locazione per uso diverso da quello abitativo. Poi, nel 1998 si assiste ad un nuovo intervento legislativo, L. 9 dicembre 1998 n. 431, che ha in parte sostituito la normativa previgente limitatamente alle locazioni per uso abitativo.

Oggi, dunque, il sistema normativo che ruota intorno al contratto di locazione immobiliare appare frastagliato e disorganico, nonostante l’obiettivo del legislatore fosse proprio quello di fornire una disciplina lineare ed esaustiva.

Ad ogni modo, caratteristica principale dei modelli contrattuali previsti dalle leggi del 78’ e del 98’ è la destinazione del bene locato; l’importanza di questa finalità è tale da spingere il legislatore a predisporre una disciplina più articolata che vincola con maggiore intensità le parti[7].

La L. n. 431/1998 distingue, nell’ambito dei contratti di locazione ad uso abitativo, i contratti a canone libero[8] dai contratti a canone concordato[9]; rientrano in questa seconda tipologia quelli con canone concordato ordinario, transitorio e transitorio per studenti[10].

Anche in tema di locazioni per uso commerciale il legislatore prevede diversi tipi di modelli contrattuali. Si tratta delle locazioni di immobili destinati allo svolgimenti di attività professionali, attività stagionali oppure attività transitorie. Con riferimento ad esse sono previste specifiche deroghe che danno origine ad una differenziazione degli obblighi e dei diritti delle parti in ragione delle peculiarità delle attività svolte[11].

Indicato in breve il panorama normativo del contratto di locazione, e più nello specifico della locazione di immobili ad uso abitativo e non, è possibile concentrare l’attenzione sulla specifica questione della locazione di immobile viziato per difetto di agibilità.

In limine, va detto che il legislatore ha provveduto a fornire una parziale tipizzazione dei vizi che consentono al conduttore di agire per la risoluzione del contratto o in alternativa per la riduzione del prezzo.

L’art. 1578 co. 1 c.c. stabilisce che tali sono quei "vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito" e che peraltro già esistevano al momento della stipula del contratto.

I rimedi contrattuali previsti dall’art. 1578 c.c., dunque, si aggiungono ai rimedi previsti dalla disciplina generale sul contratto, generando una maggiore protezione della sfera giuridica del conduttore. Infatti, la disciplina contenuta nel Capo XIV, rubricato “Della risoluzione del contratto”, consente lo scioglimento del vincolo contrattuale a condizione che si verifichino gli eventi ivi previsti, un inadempimento di non scarsa importanza, l’impossibilità sopravvenuta o la eccessiva onerosità della prestazione.

Ebbene, in materia di locazione il diritto ad ottenere la risoluzione del contratto si configura anche nella ulteriore circostanza in cui il bene sia affetto da vizi che ne diminuiscono l’idoneità. Ma non è tutto, perché oltre al rimedio caducatorio il conduttore ha a disposizione, in via alternativa, anche un rimedio manutentivo; mediante la riduzione del prezzo è possibile conservare il vincolo contrattuale e ottenere la rideterminazione dell’ammontare del canone in proporzione alla diminuzione di utilità che il vizio cagiona al bene.

La scelta legislativa di incrementare gli strumenti di tutela a favore del conduttore appare comprensibile se si considera che il contratto di locazione è un contratto di durata ad effetti obbligatori, in cui l’esecuzione di una prestazione si giustifica in virtù della utilità e proporzionalità della controprestazione dovuta. La sinallagmaticità deve imperniare il rapporto obbligatorio per tutta la sua durata mantenendo su ciascuna parte i rischi economici che afferiscono alla propria prestazione.

Motivo per il quale, il rischio dell’esistenza di vizi che riducono l’utilità del bene, quando i vizi non erano conosciuti o facilmente conoscibili dal conduttore, afferisce alla sfera economica del locatore; e ciò al di là del fatto che nei confronti del locatore si possa formulare un giudizio di rimproverabilità. Tuttavia, se il locatore ha ignorato con colpa i vizi della cosa sarà altresì tenuto al risarcimento dei danni patiti dal conduttore a causa dei vizi.

Quindi non c’è dubbio che se il bene dato in locazione è affetto da un vizio strutturale che incide sulle qualità del bene, e il locatore non ha assunto una specifica obbligazione per eliminarlo nei casi in cui ciò sia possibile, i rimedi contrattuali sono quelli di cui all’art. 1578 c.c.

Occorre chiedersi, a questo punto, se simili rimedi siano esperibili anche quando il difetto è formale e il locatore si è impegnato a sanarlo, perché in questo caso il bene strutturalmente ha le qualità necessarie e solo a causa del comportamento inadempiente del locatore ne è formalmente privo.

2. Locazione di immobile ad uso non abitativo e carenza di agibilità

La questione ha evidenti risvolti pratici se si affronta il problema della locazione di immobile ad uso non abitativo privo di agibilità. Il vizio potrebbe derivare tanto dalle caratteristiche strutturali dell’immobile quanto da comportamenti negligenti del locatore[12].

A questo proposito è bene fare subito una puntualizzazione di natura tecnica, e cioè la mancanza di agibilità non sempre deriva da carenze strutturali del bene locato. L'inagibilità dell’immobile, invero, può essere dovuta al mancato adempimento di oneri amministrativi e non alle caratteristiche sostanziali del bene. Dunque, è bene verificare se, in caso di mero difetto formale di agibilità dell’immobile, l’ampiezza dei rimedi contrattuali riconosciuti al conduttore sia analoga a quella riconosciuta in caso di inagibilità sostanziale.

2.1 Mancanza di agibilità: il conduttore può contestare sempre il difetto di agibilità dell’immobile dato in locazione? 

Il difetto di agibilità può dipendere tanto dalle caratteristiche della struttura dell’immobile tanto da comportamenti negligenti del locatore. In quest’ultimo caso il vizio è sopravvenuto in quanto discende da un comportamento successivo alla stipula del contratto. Il Codice civile dedica due norme alla disciplina dei vizi, distinguendo i vizi preesistenti dai vizi sopravvenuti; si tratta degli artt. 1578 e 1581 c.c. A riguardo, l’art. 1581 c.c. stabilisce che quando il vizio è sopravvenuto “Le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili” [13].

Pertanto, quando la mancanza di agibilità è legata ad elementi strutturali dell’immobile, che per tale ragione né oggi né in futuro potrà ricevere un controllo positivo da parte della Pubblica Amministrazione, il vizio è preesistente e insanabile.

In questo caso anche se l’Amministrazione omettesse di intervenire nei termini per impedire la prosecuzione dell’attività (a seguito di SCA, ovvero segnalazione certificata di agibilità), e sulla base di ciò il conduttore considerasse il bene idoneo a soddisfare il proprio interesse, il successivo provvedimento di diniego non potrebbe essere considerato sopravvenienza contrattuale. Cioè, il difetto mantiene la sua originarietà a prescindere dal momento in cui l’Amministrazione esercita i suoi poteri impeditivi.

Il potere che in questo caso la legge[14] riconosce alla PA non è discrezionale ma vincolato. Lo schema è quello norma-fatto-effetto e gli effetti repressivi discendono direttamente dalla legge. Al provvedimento è affidata la mera ricognizione circa la sussistenza dei requisiti necessari perché certi effetti si producano.

Al contrario se la mancanza di agibilità, conosciuta dal conduttore al momento della stipula, è dovuta a motivi formali risolvibili con lo sforzo diligente del locatore sembra più corretto parlare di vizio sopravvenuto.

È evidente che in tale circostanza bisogna accogliere una nozione lata di ‘vizio sopravvenuto’, infatti il vizio esiste già prima della stipula, tuttavia, le parti non riconoscono simile qualifica a questo elemento in ragione della sua rimediabilità.

Il conduttore dimostra di non considerare la momentanea mancanza di agibilità un difetto dell’immobile, e ne dà conferma il fatto che egli accetta di sottoscrivere il contratto avente ad oggetto quel bene, perchè sa che l’assenza di agibilità non è un ostacolo insuperabile ma risolvibile con il disbrigo di pratiche burocratiche.

Senonché, la persistenza della mancanza di agibilità in ragione del comportamento negligente del locatore, che non si attiva per far ottenere all’immobile la dovuta regolarità amministrativa, tramuta questa caratteristica del bene in un vizio che diminuisce l’idoneità del bene all’uso pattuito[15].

Il rischio economico del difetto di agibilità graverà sul locatore solo se egli si è obbligato nel contratto a conseguire la documentazione amministrativa. In un caso del genere il vizio che afferisce il bene è causato dal comportamento inadempiente del locatore e il relativo regime di responsabilità soggiace al disposto normativo ex art. 1453 c.c.

Ciò in quanto il conduttore ben era a conoscenza della condizione amministrativa del bene al momento della stipula, che è stata accettata solo in ragione della assunzione del corrispondente obbligo, da parte del locatore, di compiere gli adempimenti amministrativi necessari per il conseguimento dell’agibilità dell’immobile.

 Qualora, invece, nel contratto manchi una previsione che espliciti l’obbligo del locatore di agire per regolarizzare l’immobile sotto il profilo amministrativo, e il conduttore ben conosceva la situazione amministrativa del bene, il rischio economico della mancanza di agibilità ricadrà nella sfera giuridica del conduttore[16]. La ragione è evidente, con il contratto di locazione il locatore si obbliga a dare in godimento il bene, dunque, il locatore adempie la propria prestazione nel momento in cui crea le condizioni perché il conduttore abbia la disponibilità e il godimento del bene.

Al contrario, considerare il locatore obbligato a compiere le attività necessarie per il conseguimento della certificazione di agibilità, anche quando questo obbligo non sia stato esplicitato, significa imporre al locatore uno sforzo eterogeneo rispetto a quello che a lui è imponibile sulla base del contratto.

Quindi, ad esclusione del caso in cui il locatore si è obbligato a provvedere al conseguimento della certificazione di agibilità dell’immobile, se il conduttore era a conoscenza del difetto di agibilità del bene nessun rimedio contrattuale può vantare nei confronti del locatore, né caducatorio né manutentivo.

Il conduttore non può avere la pretesa di ricevere dal locatore una prestazione di facere, quale quella di provvedere a regolarizzare la documentazione amministrativa del bene, perché si tratterebbe di una prestazione con un contenuto eterogeneo rispetto a quella dedotta in contratto. Se, invece, il conduttore non era a conoscenza del difetto di agibilità i rimedi di cui dispone sono la risoluzione o in alternativa la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1578 c.c.

2.2 Rimedi esperibili in caso di assenza di agibilità dell’immobile locato

Ulteriore rimedio previsto dall’art. 1578 co. 2 c.c. è quello del risarcimento del danno

"Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi al momento della consegna".

Sotto questo profilo, dunque, il legislatore conferma la disciplina ordinaria di cui agli artt. 1218 e ss. c.c. Pertanto, si può sintetizzare così l’insieme dei rimedi esperibili dal conduttore in caso di locazione di immobile che difetta di agibilità.

Se il difetto ha natura formale devono distinguersi due casi; nel primo caso il conduttore è a conoscenza delle condizioni amministrative del bene, nel secondo caso il conduttore non è a conoscenza della mancanza della documentazione amministrativa di agibilità.

Quando il conduttore è a conoscenza delle condizioni amministrative del bene possono verificarsi due situazioni differenti; se il locatore si è obbligato a conseguire tale documentazione allora il rimedio esperibile dal conduttore, qualora il primo ometta di adempiervi, è l’azione di esatto adempimento o in alternativa l’azione di risoluzione per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. Si esclude in questo caso che il conduttore possa esperire gli speciali rimedi di cui all’art. 1578 c.c., dato che ha accettato consapevolmente le condizioni dell’immobile di fronte all’impegno del locatore di adoperarsi per ottenere i documenti necessari per il buon fine della SCA.

Al contrario, se il locatore non si è impegnato in tal senso nessun rimedio è riconosciuto al conduttore una volta avvenuta la consegna del bene, in quanto l’unica prestazione dedotta in contratto è già stata eseguita dal locatore[17].

Nel secondo caso, cioè quando il conduttore non è stato reso edotto circa l’assenza della documentazione amministrativa, la mancata conoscenza del difetto di agibilità formale dà luogo ai rimedi tipici di cui all’art. 1578 c.c.

Se il difetto è sostanziale, e quindi legato ai requisiti strutturali dell’immobile, e il conduttore conosceva l’esistenza del vizio, il contratto non è risolvibile. Si badi bene, però, che consapevole accettazione significa piena conoscenza da parte del conduttore non solo della mancanza della certificazione di agibilità ma anche della impossibilità assoluta che questa possa essere conseguita in futuro. Va chiarito, infatti, che se il conduttore non viene messo al corrente del fatto che l’immobile è inagibile in senso assoluto, allora egli ha diritto a chiedere la risoluzione o la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1578 c.c.

Quindi se il vizio era conosciuto l’art. 1578 c.c. non opera, perché è la norma stessa ad affermare che essa si applica nei soli casi in cui il vizio non era conosciuto o facilmente conoscibile; e non opera neanche la risoluzione per inadempimento in quanto il locatore non ha assunto alcun obbligo a tal fine e né avrebbe potuto farlo dato che il vizio è insanabile.

Una delle tesi sostenute in passato era quella secondo cui il contratto in questione fosse un contratto invalido. Senonché, sul punto, numerosi interventi della Cassazione hanno in più occasioni smentito che il contratto in questione sia afflitto da un vizio di invalidità.

Un risalente orientamento[18] aveva sostenuto che il contratto di locazione ad uso non abitativo avente ad oggetto un bene immobile privo di agibilità, perché abusivo, fosse da considerare nullo per illiceità della causa ex art. 1343 c.c. o per impossibilità dell’oggetto ex art. 1418 c.c.

L’illiceità della causa, secondo un certo orientamento, doveva ritenersi sussistente a causa della non ammissibile commercializzazione di immobili costruiti in violazione di norme edilizie e urbanistiche, le quali norme tutelano interessi primari dell’ordinamento quali l’ordine pubblico, l’igiene e la sicurezza. L’impossibilità dell’oggetto, invece, veniva fatta conseguire alla impossibilità di destinare il bene all’uso pattuito, dato che nessuna attività commerciale si sarebbe potuta svolgere all’interno di edifici privi di agibilità.

Altro orientamento, a sostegno della tesi sulla invalidità del contratto, propendeva invece per la tesi della annullabilità per errore essenziale ex art. 1429 c.c., qualora il conduttore erroneamente avesse ritenuto il bene idoneo a svolgere la funzione per la quale aveva stipulato il contratto. In questo caso si sarebbe trattato di errore su una qualità essenziale del bene che avrebbe reso il contratto annullabile e non anche nullo.

Senonché, tutte le tesi sono state respinte[19] dalla Cassazione che da tempo ha affermato che il contratto di locazione avente ad oggetto un immobile abusivo, posto in essere in violazione della regolamentazione edilizia e urbanistica, è valido ed efficace[20] agli effetti dell’art. 1372 c.c., essendo il conduttore libero di autodeterminarsi nella scelta di stipulare un contratto avente ad oggetto un immobile con queste caratteristiche.

Una conferma di ciò arriva dal recente intervento legislativo in tema di vendita[21].

Il legislatore ha previsto la nullità del contratto che trasferisce o costituisce diritti reali su beni immobili abusivi, circoscrivendo la nullità ai contratti ivi indicati; escludendo la nullità in caso di contratti aventi ad oggetto atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.

Questa norma esplicita la volontà del legislatore di limitare le ipotesi di invalidità dei contratti aventi ad oggetto beni immobili a casi specifici, in cui l’invalidità è extrema ratio non evitabile.

Si ha ancora una volta una conferma della tendenza del legislatore a privilegiare il principio di conservazione del contratto e l’autonomia contrattuale delle parti.

3. Doveri informativi delle parti

In un recentissimo intervento del mese di maggio del 2020[22], la Cassazione ha aggiunto qualcosa di importante circa i presupposti che devono ricorrere affinché il conduttore possa sollecitare il rimedio risolutorio ex art. 1578 c.c. La Corte ha messo in luce un aspetto fino ad ora in parte trascurato: quale deve essere il grado di diligenza richiesto al conduttore che dichiari di aver ignorato il difetto di agibilità dell’immobile al momento della stipula.

La dottrina e una parte della giurisprudenza sembrano avvallare una linea interpretativa indulgente[23] considerando sufficiente l’adozione da parte del conduttore di un comportamento di diligenza minima[24]. La Cassazione ha spiegato[25], a contrario, che non è sufficiente per accedere ai rimedi previsti dall’art. 1578 c.c. che il conduttore abbia semplicemente ignorato il difetto di agibilità. Egli deve provare che, animato da un alto grado di diligenza informativa e nei limiti di uno sforzo esigibile, abbia cercato di verificare la regolarità delle condizioni amministrative dell’immobile.

La Cassazione sembra dire che non basta la diligenza minima per spostare il rischio economico del difetto di agibilità dell’immobile sul locatore. Si badi, però, che la pronuncia ha ad oggetto la locazione di un bene immobile ad uso diverso da quello abitativo in cui è presumibile che il conduttore sia un professionista. Le qualità professionali del conduttore sarebbero la causa dell’innalzamento della soglia di diligenza richiesta[26].

La Corte calibra l’onere di diligenza che grava sul conduttore in relazione alle sue qualità professionali che sussistono quando il contratto di locazione immobiliare è ad uso commerciale. A questo punto l’esatta individuazione del punto di equilibrio tra dovere di informare e dovere di informarsi, da sempre questione spinosa per la giurisprudenza, si fa più impervia.

Qual è il punto di confine, dove termina il dovere di informare e inizia il dovere di informarsi, non è cosa semplice da definire aprioristicamente e in ragione di questa difficoltà negli ultimi anni si sono moltiplicati gli interventi legislativi che si sono occupati della questione.

Nulla, però, è stato finora detto a riguardo in merito ai rapporti tra locatore e conduttore nel caso di immobile ad uso non abitativo. Il silenzio del legislatore lascia un vuoto normativo che la Cassazione riempie con risolutezza.

La soluzione accolta dalla Suprema Corte produce conseguenze pratiche rilevanti se si considera che dalla individuazione di questa linea di confine discende la possibilità o meno per il conduttore di avvalersi dei rimedi previsti dall’art. 1578 c.c.

La Cassazione dimostra di non avere dubbi, la linea che demarca diritti e doveri informativi delle parti è a favore del locatore

"Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi[…] per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni[…] non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato "[27].

4. Rimedi contrattuali in caso di provvedimento amministrativo di diniego sopravvenuto alla stipula del contratto di locazione

In ultima analisi preme prendere in considerazione un’ulteriore problematica che afferisce i rapporti conduttore/locatore, e cioè l'evenienza per il conduttore di venire a conoscenza della mancanza di agibilità dell’immobile soltanto dopo la stipula del contratto, a causa di una mancata tempestiva opposizione dell’Amministrazione alla Segnalazione Certificata di Agibilità.

Siffatta problematica nasce in corrispondenza della emanazione del Decreto legislativo n. 222/2016 che ha innovato i titoli abilitativi modificando l’articolo 24 del DPR 380/2001.

Rispetto al passato esso ha sostituito la domanda per ottenere il certificato di agibilità, la quale dava seguito alla emanazione di una provvedimento esplicito di accoglimento o rigetto da parte della Pubblica Amministrazione, con la cd SCA (segnalazione certificata di agibilità) da presentare entro quindi giorni dal termine di esecuzione dei lavori. Mediante la SCA il tecnico che si è occupato della progettazione ed esecuzione dell’opera attesta:

"La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità […]"[28].

Quindi se prima dell’intervento legislativo del 2016 l’agibilità doveva necessariamente essere asseverata da un certificato dell’amministrazione, in un’ottica di controllo ex ante sull’attività privata, oggi invece è il privato che, dichiarando la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge, autocertifica la legittimità dell’intervento edilizio. Ciò chiaramente non esclude in toto un controllo da parte della Pubblica Amministrazione sul rispetto dei parametri normativi.

Il controllo viene solo posticipato ad una fase successiva e qualora la PA accerti violazioni di norme e regolamenti potrà impedire la prosecuzione dell’attività.

Va da sé, però, che se la Pubblica Amministrazione non svolge nei termini previsti l’attività di controllo il suo silenzio è idoneo a generare un affidamento nel privato che nelle more abbia intrapreso la propria attività.

E a maggior ragione un affidamento di tal genere va giustificato nel terzo che, a differenza del proprietario del bene, potrebbe non avere materiale disponibilità della documentazione dell’immobile per stabilire se il mancato provvedimento di diniego della PA sia dovuto al mancato controllo o piuttosto ad un controllo andato a buon fine.

Invero, se il proprietario del bene presenta la Segnalazione Certificata di Agibilità e l’Amministrazione non provvede nei termini a emanare il relativo provvedimento di diniego si genera nel potenziale conduttore un legittimo affidamento circa la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la regolarità edilizia e urbanistica dell’immobile.

Peraltro, il mancato intervento nei termini non esclude che l’amministrazione possa in un momento successivo emanare provvedimento di diniego con cui impedire la prosecuzione dell’attività.

In un caso del genere appare evidente la necessità di tutelare il terzo, che incolpevolmente abbia fatto affidamento sulla mancata attivazione da parte dalla PA dei poteri ad essa attribuiti dalla legge nei termini di cui al comma 6 ter art. 19 L. 241/90. Su quali siano in un caso del genere i rimedi esperibili la giurisprudenza tace, tuttavia è possibile fornire qualche soluzione sulla base di quanto fin qui esposto e più in generale in base ai principi del Codice Civile.

Distinguendo ancora una volta tra difetto formale e difetto sostanziale di agibilità dell’immobile si può ritenere che se la mancanza di agibilità è legata alla incompletezza della documentazione amministrativa il conduttore può avvalersi dei rimedi tipici del contratto di locazione ex art. 1578 c.c.

Qualora, invece, il difetto sia dovuto a caratteristiche strutturali del bene che il locatore ben conosceva ma che ha sottaciuto, sfruttando il silenzio della PA che non è intervenuta nei termini di cui all’art. 19 L.241/90, allora potrebbe prospettarsi un ulteriore strumento di difesa a favore del conduttore che è quello previsto dall’art. 1439 c.c.

L’art. 1439 c.c., norma sui vizi del consenso, sanziona il contratto con la invalidità quando una delle parti ha agito con dolo, ad esempio omettendo di riferire informazioni non conoscibili dall’altra parte e la cui mancata conoscenza è stata determinante del consenso di quest’ultima alla stipula del contratto.

5. Osservazioni conclusive

In definitiva, sgombrato il campo da possibili azioni giudiziarie volte a ottenere il riconoscimento della invalidità del contratto di locazione, al conduttore non rimane che esperire, in presenza di certi presupposti, l’azione di risoluzione o di riduzione del prezzo.

La Cassazione parla di inadempimento con riferimento alla condotta del locatore che consegni al conduttore un bene immobile privo di agibilità, come già detto però le condizioni per far valere la responsabilità del locatore variano a seconda che il difetto sia strutturale o documentale.

Nel primo caso la responsabilità del locatore soggiace alla speciale disciplina dell’art. 1578 c.c., mentre nel secondo tornano ad operare le norme sul contratto in generale.

Non va, inoltre, sottovalutato l’onere informativo che la Cassazione ha evidentemente sbilanciato a carico del conduttore, quest’ultimo non potrà accedere ad alcun rimedio qualora non provi di aver adempiuto quell’onere di diligenza che lo mette a riparo dai rischi economici della irregolarità edilizia e urbanistica del bene locato.

Questa impostazione appare particolarmente rigorosa ma si giustifica nell’ottica dei recenti interventi normativi che negli ultimi anni hanno, in linea generale, puntualizzato nuovi e più intensi oneri informativi in capo a coloro che agiscono con qualifiche professionali. Circa i rimedi di cui il terzo dispone quando la stipula del contratto è stata determinata contestualmente dalla reticenza dolosa del locatore e dalla mancata tempestiva azione della P.A., causa di affidamento sulla regolarità amministrativa dell’immobile, molti dubbi permangono in assenza di un intervento da parte del legislatore nonché di una presa di posizione da parte della Corte Suprema.


Note e riferimenti bibliografici

[1] La sinallagmaticità delle prestazioni giustifica la disciplina contenuta nell’art. 1584 “Diritti del conduttore in caso di riparazione” - «Se l’esecuzione della riparazione si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e all’entità del mancato godimento».

[2] Art 1576 “Mantenimento della cosa in buono stato locativo” – 2° comma – «Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore». Art. 1592 “Miglioramenti” - «Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata. Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna». Art. 1593 “Addizioni” - «Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse».

[3] Art. 1322 cc “Autonomia contrattuale” – «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative».

[4] Vedi art. 1573 “Durata della locazione” - «Salvo diverse norme di legge, la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trent'anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto». Art.1579 “Limitazioni convenzionali della responsabilità” - «Il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto, se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore, oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa». Art. 1580 “Cose pericolose per la salute” - «Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia».

[5] Vedi artt. 1346-1354 cc.

[6] Art. 1573 cc; art. 1574 cc “Locazione senza determinazione di tempo”  - «Quando le parti non hanno determinato la durata della locazione, questa si intende convenuta: 1) se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per l'esercizio di una professione, di un'industria o di un commercio, per la durata di un anno, salvi gli usi locali; 2) se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurata la pigione; 3) se si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurato il corrispettivo; 4) se si tratta di mobili forniti dal locatore per l'arredamento di un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo stesso».

[7] Artt. 2 “Disciplina della sublocazione”, 10 “Partecipazione del conduttore all’assemblea dei condomini”, 11 “Deposito cauzionale” L. n. 392/78; art. 13 “Patti contrari alla legge” L. n. 431/98.

[8] Questo schema contrattuale lascia le parti libere di determinare l'ammontare del canone, ma vincolate all'obbligo ex lege sulla durata del contratto che non può essere inferiore ad anni quattro, cui si aggiungono altri quattro anni per rinnovo automatico (art. 2, comma 1, L. n. 431/98). Questo tipo di contratto è comunemente denominato "contratto 4+4".

[9] Art. 2, comma 2, L. n. 431/98.

[10] Art. 5, L. n. 431/98.

[11] L. 392/1978 artt. 27, 35 e 37. Art. 27, commi 5 e 6 «Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l’attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio. Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera». Art. 35 «Le disposizioni di cui all'articolo precedente non si applicano in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati  per  lo  svolgimento  di  attività  che  non  comportino contatti  diretti  con  il  pubblico  degli  utenti e dei consumatori nonché'   destinati  all'esercizio  di  attività  professionali, ad attività  di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni  a  stazioni  ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici». Art. 37 «Se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi e' titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti. Nelle ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti. In tal caso il locatore può opporsi alla successione nel contratto, per gravi motivi, con le modalità di cui all'articolo precedente.  L. 392/1978».

[12] DPR 380/2001 art. 24 “Agibilità” 1. La sussistenza delle condizioni di   sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata. 2. Ai fini dell’agibilità, entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura dell’intervento, il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che   ha   presentato   la segnalazione certificata di inizio di attività, o i loro successori o aventi causa, presenta allo sportello unico per l’edilizia  la segnalazione certificata […]; Sul punto importante contributo di E. Abbate, “Agibilità dell'immobile e contratto di locazione”, in https://www.filodiritto.com/, 4 Novembre 2014.

[13] In tema di vizi preesistenti e vizi sopravvenuti, vedi il contributo fornito da A. Arseni, “I vizi dell’immobile locato ed i rimedi concessi al conduttore. Conseguenze per mancato rilascio della abitabilità od agibilità del fabbricato.”, in https://www.diritto.it/, 31 maggio 2016.

[14] DPR 6 giugno 2001, n. 380 T.U. Edilizia.

[15]Cass. Civ., sezione III, sentenza 11 aprile 2000 n. 4598 «La destinazione particolare dell’immobile locato, […], diventa rilevante, quale condizione di efficacia, o quale elemento presupposto, o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, soltanto ove abbia formato oggetto di specifica pattuizione, […]».

[16] Cass. Civ. Ord. n. 15378 del 13.06.2018 «[…] questa Corte, la quale non solo ha conferito rilevanza ai fini della valida costituzione del rapporto alla concreta utilizzazione dell’immobile (Cass. 25 maggio 2010, n. 12708), ma ha anche ritenuto sussistente l’inadempimento del locatore, a parte l’ipotesi dell’obbligo contrattualmente assunto di richiedere la certificazione relativa all’abitabilità, nel solo caso in cui le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino al rilascio della predetta certificazione e all’esercizio dell’attività del conduttore in conformità all’uso pattuito, restando escluso il detto inadempimento allorché il conduttore abbia conosciuta e consapevolmente accettata l’assoluta impossibilità di ottenere la certificazione in discorso»; Vedi anche Cassazione civile sez. III, 26/07/2016, n.15377.

[17] Cassazione Civile, sez. III, 13/04/2017 n. 9558.

[18] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XVII edizione, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2015, p. 1114.

[19] Cassazione Civile, sez. III, 13/04/2017 n. 9558 «[…] il carattere “abusivo” di una costruzione concretandosi in una illiceità dell’opera, può costituire fonte della responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato ma non comporta la invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme […]».

[20] Cass. Civ. Ord. n. 15378 del 13.06.2018 «[…] con riferimento al motivo di appello relativo alla nullità del contratto per la mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile locato e alla annullabilità per vizio del consenso, che la mancanza del detto certificato non era di ostacolo alla valida costituzione del rapporto locatizio ove dal conduttore vi fosse stata concreta utilizzazione del bene, salva la facoltà di chiedere la risoluzione ove il provvedimento amministrativo fosse stato definitivamente negato».

[21] Art. 46 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 T.U.E.; Cass. Sez. Un. 22 marzo 2019, n 8230.

[22] Cass., sez. III Civile, ordinanza 4 dicembre 2019 – 26 maggio 2020, n. 9670.

[23] M. D. Bembo, Università degli Studi di Verona “Diritto Privato Europeo dei Rapporti Patrimoniali” - Il Riconoscimento dei vizi - «La natura occulta del vizio dipende dalla circostanza che esso non sia riscontrabile dal conduttore attraverso una sommaria osservazione materiale. A tal fine va detto che questo non è tenuto a porre in essere analisi dettagliate, né a chiedere l’ausilio di consulenti. L’attributo della semplicità dell’accertamento accredita il corollario secondo cui è sufficiente mantenere una condotta confacente al criterio della diligenza minima […]»; Vedi anche M. Mazzei, “La Responsabilità precontrattuale”, Legal Euroconference, 12 novembre 2019.

[24] Cass. Civ. sez. III, 16 giugno 2014 n.13651, sugli oneri di informazioni che gravano sul conduttore nei contratti di locazione relativi a immobili destinati ad uso non abitativo.

[25] Cass., Civ., sez. III, Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9670.

[26] Cass., Civ. sez. III, Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9670 «Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabili alla legittima utilizzazione del bene locato […]».

[27] Cass., Civ., sez. III, Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9670.

[28] Art. 24 DPR 380/2001 T.U.E.