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Pubbl. Ven, 5 Giu 2020

Trustee non trasferisce il trust fund: è possibile l´esecuzione in forma specifica dell´obbligo di contrarre

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Luca Collura
AvvocatoUniversità commerciale Luigi Bocconi



Con sentenza del 20.02.2020, il Tribunale di Firenze ha stabilito che, nel caso in cui, alla cessazione del trust, il trustee rifiuti di trasferire il c.d. trust fund ai beneficiari finali, questi possono adire l’Autorità giudiziaria per ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso ai sensi dell’art. 2932 c.c.


ENG With sentence of 20.02.2020, the Tribunal of Florence decreed that, in the event that, upon the cessation of the trust, the trustee refuses to transfer the so-called trust funds to final beneficiaries, they can bring their action before the courts to obtain a judgment that produces the effects of the not concluded contract pursuant to art. 2932 c.c.

Sommario: 1. Breve introduzione alla figura dei beneficiari del trust – 2. Il casus decisus – 3. L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c. – 4. La decisione del Tribunale.

1. Breve introduzione alla figura dei beneficiari del trust

Onde permettere una quanto più completa ed immediata comprensione della problematica trattata nella pronuncia in commento e delle soluzioni cui si addiverrà in chiusura del presente lavoro occorre muovere da un breve, quanto essenziale, inquadramento generale della figura dei beneficiari nell’ambito del trust[1] e della vicenda effettuale che li riguarda.

I beneficiari[2] sono i soggetti a vantaggio dei quali il trust viene istituito e nell’interesse dei quali i beni in esso conferiti vengono gestiti. Il termine beneficiario ha però più di un’accezione, potendosi distinguerei beneficiari c.d. di reddito dai beneficiari c.d. finali. I primi sono i destinatari delle rendite rinvenienti dalla gestione dei beni del trust per tutta la durata del medesimo; i secondi sono i destinatari del trust fund, cioè della titolarità dei beni conferiti in trust al momento della cessazione del medesimo[3].

Le due figure possono coincidere così come non coincidere. Ciò che rileva ai nostri fini è individuare la natura giuridica della posizione di detti beneficiari, che secondo la dottrina specialistica assolutamente prevalente[4] è quella di titolari di un diritto di credito[5] nei confronti del trustee, avente ad oggetto per i beneficiari di reddito il pagamento di una determinata somma di denaro o di altre cose fungibili e per i beneficiari finali un facere negoziale consistente nel trasferimento della proprietà o di altro diritto reale su una certa res costituita in trust.

Se medio tempore, durante la vita del trust, il trustee sarà, quindi, tenuto a corrispondere ai beneficiari di reddito le rendite rinvenienti dalla gestione del trust fund (ossia, il complesso dei beni costituiti in trust), alla fine di esso[6] egli dovrà, attraverso un negozio solutionis causa  con causa esterna[7]  – in quanto rinveniente la propria giustificazione causale non all’interno di esso ma nel trust da cui era sorto l’obbligo del trustee –  trasferire ai beneficiari finali il trust fund o parte dei beni che lo costituiscono, non essendo il trust idoneo a determinarne un trasferimento automatico in capo ai beneficiari.

Argomento non chiaro, ma sul quale è autorevolmente intervenuto con la prima pronuncia sul tema il Tribunale fiorentino[8], è quello circa i mezzi di tutela a disposizione dei predetti beneficiari finali in caso di inadempimento del trustee[9].

2. Il casus decisus

La vicenda sulla quale è stato chiamato a decidere il Tribunale di Firenze prende le mosse dalla costituzione di un trust da parte di un soggetto, di seguito demominato Tizio, di cui veniva nominato trustee un altro soggetto, a seguire denominato Caio.

In qualità di trustee, Caio costituiva una S.a.s. della quale diventava socio accomandante con una quota pari al 99%, che entrava a far parte del trust.

Nell’atto istitutivo era previsto che il trust esaurisse i propri effetti al compimento del venticinquesimo anno di età di di un terzo soggetto, a seguire indicato come Sempronio e che, medio tempore, fossero beneficiari di reddito per 3/5 Caio e per 2/5 Sempronio, i quali venivano nominati beneficiari finali nelle stesse proporzioni, salvo che il disponente morisse prima del compimento del venticinquesimo anno di età da parte di Sempronio, nel qual caso unico beneficiario finale sarebbe stato proprio Sempronio.

Nell’atto istitutivo, però, forse per un errore materiale commesso dal Notaio in fase di redazione, la condizione all’avverarsi della quale Sempronio sarebbe divenuto unico beneficiario finale era inserita all’articolo 3D, rubricato “Beneficiari del reddito”, malgrado nel corpo dell’articolo de quo Sempronio venisse indicato come “beneficiario finale” per il caso di avveramento della sopra ricordata condizione.

Tizio decedeva prima del compimento del venticinquesimo anno di età da parte di Sempronio, il quale, compiuti venticinque anni, si rivolgeva all’ormai ex trustee perché gli trasferisse l’intera partecipazione sociale costituente il trust fund, atteso che si era avverata la condizione dalla quale dipendeva il suo diritto ad essere considerato unico beneficiario finale del trust.

A tale istanza il trustee rispondeva, in nuce, che, atteso il tenore letterale della rubrica dell’articolo 3D dell’atto istitutivo, Sempronio doveva considerarsi non come unico beneficiario finale ma come unico beneficiario di reddito, mentre beneficiari finali erano sia Sempronio che Caio, rispettivamente per la quota di 2/5 e di 3/5.

Attesa l’impossibilità di vedere soddisfatte le proprie pretese, Sempronio adiva le vie legali e citava in giudizio Caio esperendo l’azione di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre di cui all’art. 2932 c.c., chiedendo che il Tribunale di Firenze, accertato che ne ricorrevano i presupposti e che egli erano da considerarsi come unico beneficiario finale del trust, pronunciasse una sentenza che tenesse luogo del negozio di trasferimento dell’intera partecipazione sociale che l’ex trustee si era rifiutato di stipulare.

3. L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c.

L’art. 2932 c.c. disciplina un "peculiare rimedio[10]" azionabile dalla parte non inadempiente qualora l’altra si rifiuti di addivenire alla stipula di un contratto cui è tenuta e che permette alla prima di ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso e ne produca i medesimi effetti.

Se nel comune sentire tale istituto è da riferire al caso dell’inadempimento del contratto preliminare, la più attenta dottrina[11] non ha mancato di far notare come esso sia applicabile in ogni caso di violazione di obblighi a contrarre, siano essi di natura legale (e.g. artt. 849, 1032, 2597 c.c.) o negoziale (e.g. il contratto preliminare ma anche il negozio con cui il mandatario trasferisce al mandante i beni acquistati in attuazione del mandato o, per quanto qui di interesse, il negozio con cui il trustee trasferisce al beneficiario finale il trust fund alla cessazione del trust), con la conseguenza che l’articolo de quo può essere considerato come una norma di principio che regola tutte le fattispecie in cui la parte che vi è tenuta non adempia all’obbligo di concludere un determinato contratto e la parte non inadempiente abbia interesse alla conclusione del contratto in parola.

L’istituto presente alcuni presupposti di operatività di carattere soggettivo ed oggettivo, tutti previsti dal comma 1 della disposizione in commento.

Quello di carattere soggettivo consiste nel fatto che a poter esperire l’azione è soltanto l’altra parte del rapporto obbligatorio, vale a dire soltanto colui che è titolare del diritto di credito avente ad oggetto quel facere negoziale consistente nella stipulazione del contratto e non anche un qualunque interessato.

Quelli di natura oggettiva consistono, invece, nel fatto che l’emissione di una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso sia possibile e non sia escluso dal titolo.

Se l’esclusione deve essere prevista dal titolo, per cui può aversi solo laddove a prevederla sia la legge o il contratto che hanno generato l’obbligo di contrarre, non pare invece inutile approfondire a cosa il conditor legis abbia voluto riferirsi quando ha stabilito che l’emissione della sentenza deve essere “possibile”.

Orbene la dottrina[12] chiarisce che deve farsi riferimento a situazioni di fatto (ad es., perimento della cosa che andava trasferita) o di diritto (es., trasferimento della res a terzi soggetti) che rendono appunto impossibile l’emissione della sentenza in quanto essa risulterebbe inutiliter data, non potendo il giudice trasferire la res da una parte all’altra qualora la medesima non esista più oppure appartenga ad un soggetto diverso dalle parti in causa. È quindi necessario che la sentenza, una volta emessa, possa produrre gli effetti voluti dalla parte non inadempiente.

Altro requisito di carattere oggettivo è quello di cui al comma 2 dell’art. 2932, per il quale, se il contratto da stipulare aveva ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata oppure la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la parte che propone la domanda deve preventivamente adempiere la propria prestazione oppure la offra nei modi di cui agli artt. 1208 ss. c.c., salvo che la sua prestazione non sia ancora esigibile[13].

Anche se il legislatore non lo specifica, nel caso che il contratto da porre in essere sia a titolo gratuito la parte che agisce in giudizio non dovrà effettuare alcuna prestazione, non essendovi ella tenuta nei confronti della parte inadempiente.

Ricorrendo questi presupposti, la parte che non è inadempiente e che ha interesse alla stipula del contratto può adire l’autorità giudiziaria perché questa emette una sentenza che produca gli effetti del contratto non stipulato. Nello specifico si tratterà di una sentenza costitutiva con efficacia ex nunc.

4. La decisione del Tribunale

Premesso tutto quanto sin qui detto ed avendo quindi chiari i termini della questione sotto il profilo istituzionale, si può ora passare ad analizzare la decisione[14] del Tribunale di Firenze, che è stato il primo in Italia ad avere l’onere/onere di decidere sulla seguente spinosa questione: in caso di inadempimento da parte del trustee al proprio obbligo di trasferimento ai beneficiari finali dei beni costituenti il trust fund, possono questi ultimi ricorrere al rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di cui all’art. 2932 c.c.?

Il Tribunale – invero con una motivazione assente in punto di diritto circa l’astratta compatibilità dell’istituto de quo con il trust e basata solamente su osservazioni di fatto circa l’esistenza dei presupposti oggettivi previsti dalla norma per la sua applicazione – ha ritenuto che:

"segue da quanto sopra che, essendo ormai decorso il termine di durata del trust e quello al trustee per il trasferimento dei beni al beneficiario finale, deve in questa sede emettersi sentenza che tenga luogo dell’atto di trasferimento che il convenuto avrebbe dovuto porre in essere, e cioè per tutti i beni conferiti in trust[15]".

Nonostante le macroscopiche carenze argomentative del decisum del Tribunale fiorentino, non v’è chi non veda come dall’arresto in commento possano in ogni caso desumersi i seguenti principi di diritto:

a)  i beneficiari finali di un trust sono titolari nei confronti del trustee di un diritto di credito avente ad oggetto un facere negoziale consistente nella conclusione di un negozio – a causa esterna – volto al trasferimento in loro favore dei beni costituenti il trust fund;

b) in caso di inadempimento da parte del trustee di tale obbligo i beneficiari finali possono adire l’Autorità giudiziaria esperendo l’azione prevista dall’art. 2932 c.c. e chiedendo che la predetta autorità emetta in loro favore una sentenza costitutiva che produca ex nunc gli effetti del negozio non concluso;

c) in linea generale, il ricorso al rimedio di cui all'art. 2932 c.c. è compatibile con l'obbligo di contrarre derivante per il trustee da quello di trasferire in beni costituiti in trust in favore dei beneficiari finali di esso, ove tale obbligo sia espressamente previsto nell'atto costitutivo del trust.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Non essendo il presente scritto dedicato alla figura del trust in generale, si fa per essa rinvio, tra i tanti che si sono occupati dell’argomento, a: F. ROTA e G. BIASINI, Il trust e gli istituti affini in Italia. Pianificazione patrimoniale e passaggio generazionale, Milano, 2017, 1 ss.; J. BALDACCHINO e L. COLLURA, Negozi segregatori e di destinazione patrimoniale – Parte I: profili di disciplina, attualmente inedito ma in pubblicazione in Studium Iuris, 3 ss. del dattiloscritto; T. CAMPANILE, F. CRIVELLARI e L. GENGHINI, I diritti reali, in Manuali Notarili, V, a cura di L. Genghini, Milano, 2014, 325 ss.; M. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trrust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, 1 ss.

[2] Non si può tuttavia sottacere come possa anche aversi il caso di trust senza beneficiari predeterminati, il trust c.d. di scopo, nel quale i beni non sono quindi gestiti nell’interesse di questi ma sono finalisticamente orientati al perseguimento di un certo scopo, determinato a priori dal disponente (o settlor).

[3] F. ROTA e G. BIASINI, Il trust e gli istituti affini in Italia. Pianificazione patrimoniale e passaggio generazionale, cit., 66; T. CAMPANILE, F. CRIVELLARI e L. GENGHINI, I diritti reali, cit., 361 e 362.

[4] M. LUPOI, Istituzioni del diritto dei trrust e degli affidamenti fiduciari, cit., 107; ID., Trusts, Milano, 2001, 605; U. MORELLO, Trattato dei diritti reali, Vol. I – Proprietà e possesso, Milano, 2008, 142; C. M. BIANCA, La proprietà, in Diritto Civile, 6, Milano, 1999, 202, T. CAMPANILE, F. CRIVELLARI e L. GENGHINI, I diritti reali, cit., 362.

[5] Per tutti C. ROMANO, Gli effetti del trust oltre la morte del disponente: dal trust in funzione successoria al trust testamentario, in Not., 2014, 595, nota 13.

[6] O a richiesta degli aventi diritto, qualora si trattasse di trust c.d. nudo.

[7] È ormai sufficientemente consolidata nell’ambito della letteratura specialistica la tesi sulla scindibilità tra titulus e modus. Secondo la tesi de qua (L. GUGLIELMINO, B. NASTRINO e P. SIMONETTI, Manuale Notarile, cit., 339; F. GAZZONI, Babbo Natale e l’obbligo di dare, in Riv. not., 1991, 1414 ss.; A. LUMINOSO, Contratto preliminare, sue false applicazioni e regole di circolazione dei diritti, in Riv. dir. civ., 2016, passim, spec. 933 e 934; ID., La vendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2014, 49 ss.; M. L. DE DOMINICIS, Obbligazioni e Contratti, Seconda ed. agg., Padova, 2018, 63 e 64; F. CARINGELLA e L. BUFFONI, Manuale di Diritto Civile, VI ed., Roma, 2015, 747 e 748. In giurisprudenza Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500; Cass., SS. UU., 6 marzo 2020, n. 6459, in Cammino Diritto, 2020, 4, con nota di L. COLLURA, Negozio fiduciario con oggetto immobiliare: il nuovo orientamento della Corte di Cassazione), malgrado nel nostro ordinamento non siano ammissibili negozi astratti, i.e. senza causa, è tuttavia possibile il caso di un negozio c.d. a causa esterna, che cioè rinviene la propria causa in un altro atto (titulus), posto a monte dello stesso, e del quale è attuazione (modus). Un esempio classico è quello dell’atto con cui il mandatario senza rappresentanza, dopo aver acquisto un certo bene dal terzo, in esecuzione del mandato (modus), pone in essere un atto (titulus) con il quale trasferisce il bene stesso al mandante.

[8] Trib. Firenze, 20 febbraio 2020, attualmente inedita.

[9] Circa le soluzioni da adottare nel caso che il trustee risulti inadempiente non dell’obbligo di trasferimento del trust fund ai beneficiari ma dell’incarico fiduciario affidatogli dal settlor si veda l’autorevolissima posizione di M. LUPOI, Trustee inadempiente e cessazione del trust?, in Vita not., 2014, 137 ss.

[10] F. CARINGELLA e L. BUFFONI, Manuale di Diritto Civile, cit., 887.

[11] D. D’ADAMO, sub Art. 2932, in G. CIAN e A TRABUCCHI, Commentario Breve al Codice Civile, Dodicesima ed., a cura di G. Cian, Milano, 2016, 3791.

[12] D. D’ADAMO, sub Art. 2932, cit., 3792; F. CARINGELLA e L. BUFFONI, Manuale di Diritto Civile, cit., 888.

[13] Per fare un esempio, se il contratto non stipulato era una compravendita in forza della quale Tizio trasferiva a Caio la proprietà di una certa res a fronte del pagamento di un certo prezzo, qualora Tizio risulti inadempimento Caio potrà esperire l’azione di cui all’art. 2932 c.c., ma la domanda non potrà essere accolta se egli non abbia preventivamente corrisposto a Tizio il prezzo pattuito o quanto meno lo abbia depositato ai sensi dell’art. 1209 c.c. La ratio della previsione è di evitare che, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la parte che era inadempiente si trovi a dover agire esecutivamente per ottenere la controprestazione per il rifiuto dell’altra parte di adempierla.

[14] Sulla stessa si veda la chiara ed attenta disamina di S. BARTOLI, Il Trustee si Rifiuta di Trasferire i Beni al Beneficiario: Che Fare?, in italytrustlawyers.it, per il quale: «Questa pronuncia […] fa proprio il diffuso orientamento dottrinale secondo cui, essendo l’obbligo di trasferimento dei beni dal trustee al beneficiario finale nascente da un atto istitutivo di trust equiparabile all’obbligo a contrarre nascente da un contratto preliminare di vendita, il beneficiario finale può ovviare all’eventuale rifiuto del trustee di trasferire i beni in trust promovendo un giudizio volto a conseguire una sentenza che dispone coattivamente detto trasferimento. La soluzione in esame appare decisamente preferibile rispetto a quella prevedente la revoca del trustee e la nomina, in sua vece, di un altro trustee che sia, invece, disposto a trasferire i beni ai beneficiari finali».

[15] Così testualmente la pronuncia in commento.