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Pubbl. Mar, 4 Ago 2015

L’uso della violenza non è esercizio dello ius corrigendi

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Ilaria Ferrara


La Corte di Cassazione esclude l’esercizio dello ius corrigendi nel caso di uso abituale della violenza a scopo educativo.


Si parla di "ius corrigendi" ovvero "diritto di correzione" intendendo quello dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale di usare mezzi di correzione e di limitare in vario modo la libertà personale dei figli, nell'interesse della loro educazione.

Tuttavia, questo diritto incontra un limite, posto dal legislatore all'art. 571 c.p., rubricato "abuso dei mezzi di correzione o di disciplina", che sanziona la condotta di chi abusa di tali mezzi di correzione o disciplina in danno di chi è sottoposto alla sua autorità. In un primo momento, la ratio della norma era rinvenuta in un potere-dovere di assistenza familiare, volto allo sviluppo psico-fisico, morale e sociale, armonico ed equilibrato del soggetto sottoposto. Con il tempo, l'evoluzione culturale e la legislazione internazionale hanno portato a considerare quale bene protetto dalla norma in questione l'incolumità psico-fisica del soggetto passivo, la sua libera manifestazione del pensiero e l'inviolabilità della libertà individuale.

Altra norma posta dall'ordinamento che pone un limite allo ius corrigendi è rappresentata dall'art. 572 c.p. che ha ad oggetto le ipotesi dei maltrattamenti in famiglia, e può essere applicata nei casi in cui non si configura il delitto di abuso dei mezzi di correzione. In un periodo abbastanza risalente il discrimine fra le due norme si rinveniva nell'elemento soggettivo; infatti, secondo quella giurisprudenza, l'art. 571 c.p. richiedeva un fine ulteriore, ovvero quello correttivo, configurando così l'ipotesi di dolo specifico; qualora lo scopo ulteriore correttivo-educativo non fosse previsto, né voluto dal saggetto agente, si era in presenza del reato di maltrattamenti in famiglia. Secondo la recente giurisprudenza, invece, il criterio discretivo deve rinvenirsi nell'elemento oggettivo; infatti qualora il mezzo utilizzato per esplicare la condotta abbia natura lecita, ma ne venga fatto un utilizzo abusivo, si configurerà il reato ex art. 571 c.p., quando, piuttosto, il mezzo è illecito si ricadrà nell'ipotesi del reato di cui all'art. 572 c.p..

La VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la recentissima pronuncia n. 30436/2015, chiarisce che condotte costituite da continue umiliazioni, rimproveri per futili motivi, offese, minacce e violenze fisiche, integrano il reato di matrattamenti contro familiari, ex art. 572 c.p., anche se inflitte a scopo educativo. Infatti, la Suprema Corte precisa che la correzione deve essere intesa quale sinonimo dell'educazione, in riferimento ai "connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo", e, dunque, non può ritenersi "correzione" l'uso abituale della violenza, seppure a scopo educativo, in quanto non può raggiungersi quale finalità educativa lo sviluppo armonico della personalità attraverso lo strumento violento, che sembra proprio contraddire tale fine. Conseguenza diretta di queste riflessioni è l'assunto secondo cui l'eccesso dei mezzi di correzione, che sfoci in condotte violente, non può configurare neanche l'ipotesi espressamente prevista dal legislatore di abuso dei mezzi di correzione, in quanto la condotta non si configura attraverso l'abuso di mezzi leciti, così come richiesto dall'art. 571 c.p., ma di condotte contrassegnate da violenza, dunque, illecite e per questo riconducibili soltanto all'ipotesi dei maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.; tutto ciò, in quanto l'ordinamento attribuisce il primato alla dignità delle persone, in questo caso anche del figlio minore, ormai soggetto titolare di specifici diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione. Di fatti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del genitore che era stato condannato in primo grado e poi in appello, e confermato la condanna per il reato di maltrattamenti in famiglia perpetrati a danno del figlio minore attraverso l'uso abituale della violenza, concretizzantesi in continue umiliazioni, rimproveri, anche per motivi futili, offese, minacce e violenze fisiche causa di lesioni personali per il minore.