La forma del pactum fiduciae immobiliare: un´occasione di riflessione
Modifica paginaCon la sentenza del 6 marzo 2020 n. 6459, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno composto il contrasto giurisprudenziale emerso, negli ultimi anni, sulla forma del pactum fiduciae immobiliare, con cui un soggetto (c.d. fiduciario) si impegna a trasferire ad altro soggetto (c.d. fiduciante) la proprietà di un immobile acquistato dal primo con le provviste monetarie fornitegli dal secondo, riconoscendone la validità anche se sprovvisto della forma scritta. Il presente scritto, ricostruito il ruolo della fiducia nell’ordinamento giuridico italiano, come teorizzato dalla dottrina e plasmato dalla giurisprudenza (aspetti ampiamente richiamati dalla pronuncia in esame), illustrati brevemente i fatti oggetto del contenzioso da cui è originata l’esaminanda pronuncia, dato atto de
Sommario: 1. Premessa; 2. La fiducia nel diritto civile italiano; 2.1. La concezione della fiducia: impostazione romanistica e germanistica; 2.2. (segue): la qualificazione del negozio fiduciario; 3. Il casus decisus; 3.1. Il concetto di fiducia nella ricognizione delle Sezioni Unite; 3.2. I precedenti discordanti; 3.3 La decisione della Corte; 3.4. Prassi e accordo fiduciario; 4. Conclusione
1. Premessa
Con la sentenza del 6 marzo 2020, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno composto il contrasto giurisprudenziale emerso, negli ultimi anni, sulla forma del pactum fiduciae immobiliare, con cui un soggetto (c.d. fiduciario) si impegna a trasferire ad altro soggetto (c.d. fiduciante) la proprietà di un immobile acquistato dal primo con le provviste monetarie fornitegli dal secondo.
Al di là della regola di dettaglio e dei principi di diritto pronunciati (che si avrà modo di analizzare nel prosieguo), la decisione de qua si caratterizza per un attento approfondimento delle questioni dottrinali e giurisprudenziali che hanno interessato il fenomeno fiduciario (il termine, si vedrà, non è casuale), offrendo, sebbene fra le righe, validi spunti di riflessione sul relativo negozio, tradizionalmente ubicato nel limen fra diritto e morale, fra giuridico e metagiuridico [1].
Più nel dettaglio, è bene rilevare sin da ora come, nonostante il thema decidendi vertesse sul mero elemento formale, la Corte sia giunta alla propria decisione attraverso premesse di inquadramento ed osservazioni del fenomeno fiduciario (e della sottostante figura della fiducia) che lasciano trasparire, ad avviso di chi scrive, una consapevolezza di fondo: le problematiche afferenti al fenomeno fiduciario nel suo complesso (ed al negozio fiduciario in particolare) vanno indagate caso per caso, stante la rispondenza della fiducia ad una molteplicità di funzioni, di pratici intenti, idonei a porla come elemento fondante di una vasta casistica (che, si aggiunge sin da ora, potrebbe non essere necessariamente e sempre giuridicamente rilevante).
A tal proposito, vale su tutto l’argomentazione degli ermellini secondo cui, “in considerazione del già rilevato multiforme atteggiarsi del fenomeno fiduciario, [la risposta sul quesito del pactum fiduciae immobiliare va apprezzata] nei limiti della sua rilevanza, ossia avendo riguardo all’orizzonte di attesa della fattispecie concreta, la quale si caratterizza per essere il fiduciario divenuto titolare del diritto avendolo acquistato in nome proprio da un terzo con mezzi somministratogli dal fiduciante” [2].
Ebbene, da tale assunto muove anche il presente scritto che, ricostruito il ruolo della fiducia nell’ordinamento giuridico italiano, come teorizzato dalla dottrina e plasmato dalla giurisprudenza (aspetti ampiamente richiamati dalle recenti Sezioni Unite), illustrati brevemente i fatti oggetto del contenzioso da cui è originata l’esaminanda pronuncia, dato atto del riconoscimento di forme di accordo non giuridicamente vincolanti all’interno dell’ordinamento italiano, muove dalle considerazioni espresse dai giudici di Palazzo Cavour con riferimento alla forma del pactum fiduciae per sondare, anche in termini provocatori, la possibilità di riscoprire, almeno in taluni casi, i contorni squisitamente metagiuridici di talune manifestazioni del fenomeno fiduciario.
2. La fiducia nel diritto civile italiano
Come rilevato dalla Seconda Sezione in sede di remissione [3], nonché dalle Sezioni Unite in sede decisoria, il negozio fiduciario sconta una difficile qualificazione, fondandosi su un concetto liquido e dai contorni metagiuridici [4], quale è la fiducia [5].
Dal punto di vista storico, a dire il vero, il diritto romano antico aveva conosciuto tale istituto, consistente in un “un trasferimento della proprietà (o, per connessione, di una potestà) compiuto per determinati scopi fiduciari (fidi fiduciae causa), [idoneo a generare ] un'obbligazione sanzionata da un'actio fiduciae” [6], trovando la sua ragione d’essere nel collegamento con le antiche forme di alienazione della proprietà (la mancipatio e la in iure cessio), dal momento che, in assenza di tali figure, la causa fiduciae non sarebbe stata da sola idonea a giustificare il trasferimento della proprietà. Proprio in forza di tale stretto collegamento con i meccanismi di funzionamento dell’antico ius civile, con la scomparsa dei relativi formalismi, tale figura non veniva recepita nella successiva compilazione giustinianea [7].
Al di là della digressione storica, per i cui approfondimenti si rinvia ad autorevoli studiosi [8], nel diritto civile contemporaneo la fiducia, sotto varie forme, affiora in vari campi: si riferisce, innanzitutto, alla disposizione testamentaria fiduciaria ex art. 627 c.c. [9], alle società fiduciarie, al fido bancario nonché, agli elementi fiduciari connaturanti, ex multis, il matrimonio, l’adozione, la rinunzia all’eredità, la donazione o la girata dei titoli di credito [10].
In ogni caso, generalmente condivisa è l’opinione, da ultimo ribadita anche dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite [11], che all’interno dell’ordinamento civilistico nazionale “manca una disciplina della fiducia, intesa come genere o come specie” [12].
2.1. La concezione della fiducia: impostazione romanistica e germanistica
Al di là delle difficoltà nel ricondurre ad unità il fenomeno fiduciario (e, come si vedrà, sul fronte dello strumento circolatorio, il negozio fiduciario), è pacifico che la nozione di fiducia (oggi maggioritaria) [13] si collega intimamente a quello di proprietà e di diritto reale su cosa altrui, nonché alle loro modalità di trasferimento: in forza di tale concetto, infatti, si ammette una sorta di scissione tra titolarità formale e sostanziale dei beni, talché si è soliti parlare di proprietà fiduciaria [14].
La configurazione di una tale forma di proprietà sconterebbe, però, l’asserita incompatibilità con la dominante concezione unitaria della proprietà e della tipicità dei diritti reali su cosa altrui: si è osservato in dottrina, infatti, che per il tramite dell’investitura fiduciaria nella titolarità dei beni il diritto di proprietà parrebbe per lo meno dividersi, o comunque si troverebbe a coesistere con una nuova tipologia di diritto reale, in deroga alla tradizionale tipicità e tassatività dei medesimi [16].
Con l’introduzione dell’elemento fiduciario, infatti, “si crea di fronte a terzi una situazione giuridica in ordine alla proprietà o alla titolarità di diritti, mentre tra le parti la situazione diversamente si atteggia, e viene modificata o corretta in virtù di un impegno di natura obbligatoria. Il fiduciario acquista dunque la proprietà formale dei beni, mentre la proprietà sostanziale è del fiduciante che lo ha investito del potere, o di un terzo, nel cui interesse i beni vengono amministrati dal fiduciario” [17].
Per tali motivi, senza troppe difficoltà, il fenomeno fiduciario è stato spesso ricondotto nella più blasonata categoria dell’interposizione di persona, da valutare nel concreto se più vicina a quella fittizia ovvero a quella reale [18].
Proprio in forza di tali caratteristiche, la fiducia è sempre stata ricostruita partendo dal dato empirico, scontando varie classificazioni.
Senza voler appesantire l’analisi, rinviando ad illustrissima dottrina [19], la fiducia può essere distinta in dinamica o statica, in fiducia cum creditore o fiducia cum amico, in fiducia romanistica o fiducia germanistica.
Avendo modo di tornare nel prosieguo sulle prime due classificazioni, richiamate dalla recente sentenza delle Sezioni Unite civili, vale la pena soffermarsi sull’ultima distinzione, che più di tutte si ricollega al problema dell’influenza della fiducia sullo schema classico della titolarità dei diritti reali e del loro esercizio [20].
Infatti, stando alla prima concezione (quella romanistica), in esecuzione dell’intento fiduciario, il fiduciante trasferisce al fiduciario la titolarità piena di uno o più diritti sui beni della vita, cosicché quest’ultimo appare ai terzi come unico titolato allo sfruttamento ed alla gestione del bene, sebbene internamente vincolato all’accordo intercorrente col fiduciante. Diversamente, approcciando la concezione germanistica, il fiduciante trasferisce al fiduciario soltanto la legittimazione all’esercizio di un proprio diritto (titolarità formale), conservandone la titolarità sostanziale.
Certamente la distinzione comporta un differente grado di tutela del fiduciante poiché, in forza della concezione romanistica, questi trasferisce in modo pieno il proprio diritto al fiduciario, con ovvie complicazioni nel caso di mancata esecuzione, da parte di quest’ultimo, del compito assegnatogli. Diversamente, stando alla configurazione germanistica, il fiduciante cede al fiduciario soltanto l’esercizio del diritto, con i limiti e le specifiche proprie dell’accordo posto in essere, godendo di maggiori cautele nel caso di mancata esecuzione del piano.
2.2 (segue): la qualificazione del negozio fiduciario
Spostando l’attenzione sugli strumenti di circolazione dei diritti, le problematiche sinora trattate, riassumibili nella difficoltà di configurare nuove forme di proprietà o, comunque, nuove tipologie di diritti reali, si sono riversate sull’ammissibilità del negozio fiduciario, soprattutto con riferimento alla difficoltà di individuarne la causa, elemento essenziale del contratto ex art. 1325 c.c.
A tal proposito, si consideri come autorevole dottrina abbia riconosciuto come ‘‘in tutti i testi si parla di negozio fiduciario, ma, poi, che cosa sia questo tipo di negozio, con precisione, ancora non lo sappiamo’’ [21], essendo il fenomeno fiduciario da sempre foriero di visioni discordanti, da ultimo qualificato dai Giudici nomofilattici come una casistica e non come una fattispecie [22].
Di tale ricerca spasmodica sul fondamento causale del negozio fiduciario da parte della dottrina e, talvolta, della giurisprudenza italiana, la Cassazione ha dato atto, rispolverando le varie tesi favorevoli alla configurazione del negozio fiduciario [23], tralasciando di considerare le dottrine tradizionaliste, da sempre intente ad escludere l’ammissibilità nel nostro ordinamento di tale tipologia di negozio, anche in virtù della stretta vicinanza tra talune sue forme ed altre fattispecie tipiche, quali la simulazione, od altre situazioni fattuali quali l’interposizione fittizia di persona, l’abuso di diritto, i motivi illeciti determinanti e così via [24].
Invero, oltre al riepilogo sulle varie opinioni concernenti la natura giuridica del negozio fiduciario, la Cassazione che, come detto, ha preferito parlare di casistica in luogo di fattispecie, ha comunque fornito una definizione del fenomeno fiduciario (in considerazione delle diverse e disomogenee possibili applicazioni), qualificandolo come “una operazione negoziale che consente ad una parte (il fiduciante) di far amministrare o gestire per finalità particolari un bene da parte di un’altra (il fiduciario), trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l’acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo che il fiduciario rispetti un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferisca il bene al fiduciante o a un terzo da lui designato”. Ha individuato, dunque, nel negozio fiduciario lo strumento per dare esecuzione a tale fenomeno (nonché, si aggiunge, per dare copertura giuridica al medesimo).
Da tale definizione, ad avviso di chi scrive, ciò che più risalta è l’ampiezza del fenomeno e la vastità della casistica ad esso riferibile: in una tale nozione lo scrivente ritiene possano trovare luogo sia ipotesi di mera interposizione fittizia di persona, da adottarsi per i motivi più disparati, su tutti quelli di elusione fiscale e\o di limitazione della garanzia patrimoniale [25], sia le situazioni (più o meno complesse) riconducibili all’istituto del trust di matrice anglosassone, nonché al nuovo negozio di affidamento fiduciario [26].
Tuttavia, rispetto ad una tale potenziale complessità, le Sezioni Unite sono state chiamate a prendere posizione su un’ipotesi semplificata di negozio fiduciario, avente ad oggetto un bene immobile acquistato con le provviste altrui ed un accordo intercorrente fra soggetti legati fra loro da un rapporto di parentela.
Di ciò si ritiene debba tenersi conto nelle valutazioni circa la portata di tale pronuncia, se non altro perché, come detto, in tal senso spingono le stesse Sezioni Unite, riconoscendo come la decisione debba essere considerata nei limiti della sua rilevanza, ossia “avendo riguardo all’orizzonte di attesa della fattispecie concreta, la quale si caratterizza per essere il fiduciario divenuto titolare del diritto avendolo acquistato in nome proprio da un terzo con mezzi somministratogli dal fiduciante” [27].
Ciò posto, anche in virtù delle considerazioni sinora espresse, diviene particolarmente rilevante ricostruire la vicenda fattuale su cui i giudici del merito prima, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione poi, e da ultimo le Sezioni Unite sono stati chiamati a pronunciarsi.
3. Il casus decisus
Nel luglio del 2002, l’attore conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, alcuni suoi congiunti (si trattava del fratello e di due sue cognate), per ottenere in proprio favore il trasferimento del diritto di proprietà avente ad oggetto un compendio immobiliare sito in Sant’Antimo, acquistato dai convenuti con denaro fornito dall’attore e con l’impegno dei medesimi a ritrasferire la proprietà del relativo bene in capo ad esso attore, o ad altra persona da lui indicata, allorquando lo stesso l’avesse richiesto.
La vicenda fra l’attore ed alcuni convenuti trovava composizione mediante transazione, mentre proseguiva con riguardo alla posizione di una cognata, vedova di altro fratello che, risultata soccombente in primo e secondo grado, proponeva ricorso in cassazione, affidandolo a quattro motivi.
Prima, però, occorre fare un passo indietro: all’atto della costituzione in giudizio in primo grado, l’attore aveva prodotto, a suffragio delle proprie ragioni, due scritture private a firma dei soggetti convenuti, del medesimo tenore e recanti la medesima data (28.3.2002 – quasi 18 anni dopo l’inizio dell’operazione fiduciaria), con cui gli stessi riconoscevano che l’acquisto dell’immobile sito in Sant’Antimo, a loro intestato, era stato acquistato e poi completato con il denaro dell’attore che, per di più, aveva sempre coperto le spese (fiscali e non) relative all’immobile, e nella quale si impegnavano a ritrasferire il bene all’attore ovvero ad altra persona da lui designata, a sua semplice richiesta.
Tale precisazione non è casuale, giacché in forza di tale documentazione i giudici del merito, sebbene approcciando impostazioni differenti, ritenevano sussistere un negozio fiduciario avente forma scritta, considerando l’elemento formale essenziale per la validità del patto restitutorio esistente fra le parti.
Non a caso, col primo motivo di ricorso, la ricorrente si doleva delle conclusioni cui era giunta la Corte d’Appello, asserendo che quest’ultima aveva erroneamente qualificato tale documento come la prova di una dichiarazione negoziale unilaterale, di per sé inidonea ad integrare un contratto. Col secondo motivo, invece, sosteneva la nullità della dichiarazione per difetto di specificazione, essendo il titolo carente di una specifica ed analitica descrizione degli immobili da trasferire.
Fissata originariamente l’adunanza camerale, al cui esito veniva disposta la rimessione della trattazione alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 5 agosto 2019, n. 20934 [28], trasmetteva gli atti al Primo Presidente affinché sondasse l’opportunità di rimettere la questione alle Sezioni Unite, al fine di comporre il contrasto esistente in giurisprudenza sulla forma dell’impegno di trasferimento assunto dal fiduciario (n.d.a. decidere sui primi 2 motivi di ricorso).
Semplificando, in primis, ci si domandava se l’accordo (il c.d. pactum fiduciae) fra fiduciante e fiduciario sulla gestione del loro rapporto debba avere forma scritta quando lo stesso abbia ad oggetto l’obbligo del fiduciario di ritrasferire un bene immobile al fiduciante e se, in secondo luogo, la presenza di una dichiarazione unilaterale del fiduciario possa ritenersi idonea a costituire un’autonoma fonte di obbligazione per il soggetto che la sottoscrive, suscettibile pertanto di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.
3.1. Il concetto di fiducia nella ricognizione delle Sezioni Unite
Come detto, il negozio fiduciario si inserisce in un più vasto fenomeno complesso, rispondendo a una molteplicità di funzioni e di intenti: tale caratteristica ne ha determinato la classificazione secondo vari punti di vista, a seconda dei moduli procedimentali e delle finalità connesse all’investitura del fiduciario [29].
Al di là della distinzione tra impostazione germanistica e romanistica, cui la Corte non accenna, approcciando, di fatto, alla seconda, la sentenza ha dato atto della differenza tra fiducia cum amico e cum creditore, fra fiducia statica e dinamica, a seconda che si valorizzi la finalità dell’operazione ovvero la struttura.
Quanto ai pratici intenti sottesi all’operazione, infatti, la creazione della titolarità fiduciaria può essere “funzionale alla realizzazione di una detenzione e gestione del bene nell’interesse del fiduciante ed in vista di un successivo trasferimento della titolarità, allo stesso fiduciante o ad un terzo” (fiducia cum amico), ovvero può essere diretta a garantire l’adempimento di un altro credito, con “l’impegno del fiduciario creditore a ritrasferire il bene al fiduciante, se questi adempie regolarmente al proprio credito” (fiducia cum creditore).
Diversamente, guardando al profilo della struttura procedimentale sottesa all’operazione fiduciaria, la Corte ha rilevato come la stessa possa realizzarsi in due modi distinti: o mediante l’accordo con cui un soggetto trasferisce ad un altro la titolarità di un bene con il patto che ne faccia un uso determinato nel suo interesse, ed eventualmente lo ritrasferisca a lui stesso o ad un terzo (c.d. fiducia dinamica), ovvero mediante l’accordo con cui il fiduciario acquista in nome proprio da un terzo un bene con danaro fornito, anche in parte, dal fiduciante e con l’intesa di riconoscerlo successivamente come titolare (anche pro quota) del bene acquistato (fiducia statica) [30].
Riconducendo il caso in esame alle categorie finora illustrate, si comprenderà come il casus decisus rientri nell’ipotesi di una fiducia statica cum amico, trattata ai fini della risoluzione della materia del contendere in prospettiva romanistica.
Proprio in conformità a tale concezione, sia in fase di remissione che in fase decisoria, la Giurisprudenza di legittimità ha sottolineato la presenza di due effetti all’interno del negozio in esame, l’uno attributivo (ad effetti reali) della proprietà del bene immobile al fiduciario, l’altro (ad effetti obbligatori) con cui il medesimo si impegna a trasferire, a richiesta, il bene al fiduciante.
Ciò che però emerge, indipendentemente da come si configuri il rapporto fra i due effetti, è il rilievo secondo cui l’effetto obbligatorio non può che trovare fondamento in un accordo fra le parti: si tratta, appunto, del c.d. pactum fiduciae, sulla cui forma la Cassazione è stata chiamata a prendere posizione.
Semplificando, dunque, la Corte è stata chiamata a chiarire se la regola aurea dell’art. 1350 in materia di trasferimento di diritti reali su beni immobili dovesse estendersi a tutte le operazioni afferenti al negozio fiduciario, o potesse non trovare luogo con riferimento alla componente ad effetti obbligatori.
Per dirimere tale questione (si ribadisce), con riferimento esclusivo all’ipotesi specifica del negozio attuativo di una fiducia statica e cum amico) le Sezioni Unite hanno analizzato il fenomeno nel suo insieme, individuando, diversamente dall’orientamento maggioritario, un enorme affinità (negli effetti e nella struttura) tra tale tipologia di schema fiduciario ed il mandato senza rappresentanza.
3.2. I precedenti discordanti
Tradizionalmente, la giurisprudenza ha affrontato il tema della forma del pactum fiduciae immobiliare sostenendo, indipendentemente dal modo di qualificare il fenomeno, che il negozio (o patto) fiduciario, che concerna diritti reali immobiliari debba essere redatto per iscritto a pena di nullità [32]. L’orientamento maggioritario, però, era stato disatteso da un isolato precedente [33], richiamato dalla Sezione semplice in sede di rimessione. Otre a tale pronuncia, però, in sede di decisione, le Sezioni Unite hanno richiamato anche altri precedenti più risalenti nel tempo [34].
All’inverso invece, un vero e proprio cambio di rotta giurisprudenziale si è registrato rispetto alla forma del mandato senza rappresentanza avente ad oggetto beni immobili quando, rispetto all’orientamento tradizionale [35], si è iniziata ad affermare la sua natura di contratto a struttura debole, pertanto regolato dal principio generale della libertà delle forme, e dunque valido anche se concluso oralmente.
Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che le Sezioni Unite hanno fondato le proprie argomentazioni, sottolineando come l’orientamento maggioritario sulla forma del pactum fiduciae immobiliare poggi su un errore di fondo: l’equiparazione tra pactum fiduciae immobiliare e contratto preliminare di compravendita immobiliare. A tal proposito, infatti, la Corte ha precisato come tale equiparazione, “dalla dottrina talvolta condiviso o ritenuto plausibile, talaltra considerato frutto di forti e patenti approssimazioni” […] va necessariamente “rimediato” [37].
Ad avviso degli ermellini, infatti, il pactum fiduciae, con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica acquisita tramite le provviste fornite dal fiduciante e a ritrasferire la stessa al fiduciante è da assimilare al mandato senza rappresentanza e non al contratto preliminare.
A tal proposito (su cui si tornerà in sede conclusiva), preme sottolineare come i Giudici, rilevando la riconducibilità del fenomeno nell’interposizione reale di persona, abbiano sostanzialmente accolto, nell’ipotesi qui in rilievo, la teoria secondo cui, almeno nel caso del fiduciario che abbia acquistato un bene utilizzando la provvista fornitagli dal fiduciante, la situazione può essere qualificata come mandato o come fiducia, ma che le norme applicabili sono comunque le stesse [38].
3.3. La decisione della Corte
In forza della riconducibilità strutturale e funzionale del negozio fiduciario alla figura del mandato senza rappresentanza, censurando in toto l’orientamento giurisprudenziale della riconducibilità di tale figura al negozio preliminare (e la relativa assoggettabilità al disposto dell’art. 1351 c.c.), la Corte ha riconosciuto che, trattandosi di “atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio” anche il pactum fiduciae avente ad oggetto l’obbligo del fiduciario di ritrasferire al fiduciante il bene immobile intestato al fiduciario ed acquistato con il danaro fornitogli dal primo, è parimenti efficace benché sprovvisto di forma scritta.
Naturalmente, come intuibile e giustamente rilevato dalla Corte, in un eventuale contenzioso per inerzia del fiduciario, in cui il fiduciante ricorra (come nel caso deciso) al rimedio dell’esecuzione specifica ex art. 2932, si porrà comunque il problema di provare l’esistenza di tale accordo, di dare fondamento all’azione costitutiva.
Con riferimento al caso di specie, come anticipato, si è dovuto procedere alla qualificazione della dichiarazione unilaterale rilasciata nel 2003 dalla ricorrente, con cui si ricorderà la stessa dava atto di aver acquistato il bene con le risorse fornitele dall’attore e di impegnarsi a restituirlo a richiesta.
Diversamente dalla Corte d’Appello, che aveva qualificato l’atto unilaterale come un elemento dell’operazione fiduciaria, accettato dall’attore mediante produzione in giudizio, ed idonea a fondare l’obbligazione eseguibile ex art. 2932 c.c. (evidentemente nell’intenzione di ovviare al problema della nullità del pactum fiduciae per difetto di forma scritta), la Corte di Cassazione ha ricostruito la dichiarazione in commento come un’ipotesi di promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., idonea a dispensare il ricevente che la produca in giudizio dall’onere di dimostrare il rapporto fondamentale (il contratto), meramente ricognitiva di un accordo pregresso ma inidonea ad assolvere valore confessorio ovvero a costituire, ex art. 1173, fonte autonoma d’obbligazione.
Pertanto, in forza di tali argomentazioni, la Corte ha stabilito che: “per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s’innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario” [39].
Ha precisato, inoltre che “la dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ri-trasferimento al fiduciante non costituisce autonoma fonte di obbligazione ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., un’astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria” [40].
In definitiva, componendo il contrasto giurisprudenziale di cui si è detto sopra, con riferimento specifico all’ipotesi della fiducia statica cum amico avente ad oggetto l’intestazione fiduciaria di un bene immobile, la Corte ha stabilito che il relativo pactum fiduciae non sconta alcuna forma specifica, in forza del generale principio della libertà delle forme.
Resta, naturalmente, in capo all’attore l’onere di provare l’esistenza del titolo fondante le proprie ragioni, che si presume sussistere fino a prova contraria nel caso in cui il medesimo produca in giudizio un’idonea dichiarazione unilaterale e ricognitiva del fiduciario ex art. 1988.
In ogni caso, accertata l’esistenza dell’accordo, in analogia a quanto previsto ex art. 1706, comma 2 c.c., il fiduciante potrà agire in giudizio ex art. 2932 c.c. per l’esecuzione del contratto di ri-trasferimento della proprietà del bene.
3.4. Prassi e accordo fiduciario
Preparando il terreno per alcune considerazioni conclusive, in parte anticipate nel corso dello scritto, apprestandosi ad abbandonare il terreno d’indagine sulla forma del negozio fiduciario immobiliare, è intenzione di chi scrive porre l’attenzione su due indicazioni prasseologiche fornite dalla Corte in relazione a tale fenomeno.
Si osserva, infatti, che dopo aver concluso l’analisi sulle questioni di diritto affrontate, la Corte ha osservato come l’assenza di un vincolo formale ben si concili con la storia e l’esperienza pratica del negozio fiduciario, giacché lo stesso, spesso, insiste fra soggetti legati da rapporti di parentela, affinità, amicizia, tradizionalmente restii a consegnare in atto scritto l’intesa fra loro raggiunta.
Se non altro perché, mettendo nero su bianco il tenore dell’accordo, il fiduciante finirebbe, da subito, per dimostrare l’assenza di fiducia nei confronti del fiduciario.
Con tale concetto intendendosi, però, la nozione comune della parola, come affidamento incondizionato sul fatto che il fiduciario terrà il comportamento pattuito senza ricorrere ad alcuna forma di coercizione.
Pertanto, parrebbe che la segretezza dell’accordo e l’assenza di tracciabilità siano da considerarsi come elementi identificativi del fenomeno fiduciario che, sciolto da considerazioni investigative sistematiche (svolte da autorevolissima dottrina) [41], parrebbe trovare il suo terreno d’elezione nel campo della moralità e della socialità, e non in quello eminentemente giuridico [42].
4. Conclusione
Tralasciando ipotesi complesse, oggi riconducibili al Trust, un domani (forse) all’affidamento fiduciario, che presentano caratteristiche difficilmente riferibili alla fiducia nel suo significato comune (vuoi perché l’attività del “fiduciario” viene svolta professionalmente, vuoi perché viene svolta da un soggetto dotato di particolari capacità, vuoi perché la stessa viene condizionata a parametri rigidi di esercizio e di controllo), si rappresenta come, in presenza di intese semplici (quale quella oggetto di decisione da parte delle Sezioni Unite), il concetto di fiducia parrebbe travalicare i limiti del diritto o, addirittura più drasticamente, escluderne l’operatività.
Viene, allora, provocatoriamente da chiedersi: e se la caratteristica intrinseca della fiducia, almeno con riferimento a particolari casistiche, fosse proprio da individuarsi nella volontà di creare impegni rilevanti non sul piano giuridico ma esclusivamente su quello dell’onore, della lealtà e della correttezza, e per questo incoercibili con gli strumenti previsti dalla legge? [43].
In buona sostanza, parrebbe potersi dire che, trattandosi come detto di un fenomeno (e non di una fattispecie), dove certamente la tipologia di relazione (familiare, affettiva o di stretta intimità amicale) intercorrente fra i soggetti assume rilievo non secondario nella qualificazione della vicenda [44], non parrebbe peregrino immaginare una difesa del fiduciario fondata sull’assenza del vincolo giuridico, e volta a sostenere la qualità metà giuridica dell’accordo, da intendersi come impegno connotato dalla mancanza di forza giuridicamente vincolante e insuscettibile di esecuzione per legge [45].
Lette in questi termini, quindi, le forme semplificate (che, spesso, sono le più oscure sul fronte dei motivi) delle intese fiduciarie finirebbero per acquisire rilevanza giuridica soltanto nel senso della configurazione di un’ipotesi di soluti retentio, riconducibile al disposto dell’art. 2034 c.c.
Del resto, si osserva, in questo senso depone anche l’art. 627 c.c., laddove in materia di disposizione testamentaria fiduciaria stabilisce l’impossibilità di agire in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che, in realtà, queste sarebbero dirette ad altra persona, anche qualora all’interno del testamento vi fossero indicazioni tali da far presumere che si tratti, effettivamente, di persona interposta.
In una tale prospettiva, ad avviso di chi scrive, l’elemento della forma scritta potrebbe acquisire una rilevanza nuova: proprio in virtù del disvalore “morale e sociale” [46] connesso all’azione di richiedere la sottoscrizione di un atto scritto alla persona di fiducia, la presenza di quest’ultimo potrebbe ben rilevare come documento comprovante la giuridicità dell’accordo, in una sorta di forma scritta ad probationem rafforzata; diversamente, in assenza dello stesso, ed in presenza di una contestazione circa l’esistenza di un intento giuridico negativo delle parti, l’assenza di un accordo scritto potrebbe porsi a favore del soggetto traditore del rapporto di fiducia (ma non per questo necessariamente inadempiente).
[1] La figura del negozio fiduciario ha catturato, negli anni, l’attenzione di esimi giuristi. A titolo non esaustivo, per una panoramica degli orientamenti e delle questioni connesse a tale negozio si rinvia a V.M. Trimarchi, voce Negozio fiduciario, in Enciclopedia del diritto, XXVIII, Milano, 1978
[2] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, punto 4, p. 14;
[3] Cass. Sez. II 5/8/2019 n. 20934 in GiustiziaCivile.com, ISSN 2420-9651, 31.10.2019 con nota di V. Amendolagine, La dichiarazione unilaterale di riconoscimento del pactum fiduciae riguardante il (ri)trasferimento di beni immobili è valida?; altre riflessioni sull’ordinanza di rimessione sono proposte da C. A. Valenza, Forma del patto fiduciario avente ad oggetto beni immobili, in Giurisprudenza Italiana, ISSN 1125-3029, 2, 2020, pp. 285-291; U. Carnevali, Sulla forma del pactum fiduciae con oggetto immobiliare, in iContratti, ISSN 1123-5047, 1 20, pp. 59-63; A. Gentili, La forma scritta nel patto fiduciario immobiliare, in Il Corriere Giuridico, ISSN 1591-4232, 1, 19,
[4] N. Lipari, Il negozio fiduciario, Milano, 1964, pp. 373, 435; Per una panoramica delle diverse posizioni dottrinali, si veda V. M. Trimarchi, op. cit.;
[5] Sul punto si veda V. M. Trimarchi, op. cit.,; G. Messina, Negozi fiduciari: introduzione e parte generale, Città di Castello, 1910, ora in Scritti giuridici, Milano, 1948; N. Lipari, Il negozio fiduciario, Milano, 1964; S. Pugliatti, Fiducia e rappresentanza indiretta in Diritto civile. Metodo, teoria, pratica (Saggi), Milano, 1951, pp. 327 ss.; F. S. Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2012 (Ristampa), pp. 179-182; A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1978, p. 156 nt 1.
[6] G. Giuseppe, voce Fiducia (dir. rom), in Enciclopedia del diritto, XVII, 1968
[7] Ibi
[8] Oltre G. Giuseppe, op. cit., la figura è stata ovviamente molto approfondita in Germania: per un primo contatto si v. P. Oertmann, Die Fiducia Im Romischen Privatrecht: Eine Rechtsgeschichtliche Untersuchung, Berlino, 1890.
[9] Art. 627, Disposizione fiduciaria, ai sensi del quale si stabilisce che:
“Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si tratta di persona interposta.
Tuttavia la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore, non può agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui l'istituzione o il legato sono impugnati come fatti per interposta persona a favore d'incapaci a ricevere”. Per un’analisi della fiducia testamentaria si veda G. Gazzara, voce Fiducia testamentaria, in Enciclopedia del diritto, XVII, 427 ss. e gli Autori ivi richiamati.
[10] Cfr. V. M. Trimarchi, op. cit.
[11] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, punto 3.1, p. 11-13
[12] V.M. Trimarchi, op. cit.,; sul punto si veda anche C. A. Valenza, op. cit.
[13] Ne dava già atto anni addietro V.M. Trimarchi, op. cit.
[14] P. Rescigno, voce Proprietà (dir. priv.), in Enciclopedia del diritto XXXVII, Milano, 1988 sul tema del rapporto fra proprietà, autonomia negoziale e fiducia si veda anche a N. Lipari, op. cit.
[15] Ex multis, P. Rescigno, op. cit.; P. Pierlingieri, Introduzione alla problematica della proprietà, Napoli, 2011 (Ristampa).
[16] La tipicità dei diritti reali rappresenta uno dei principi fondamentali dell’ordinamento, ritenendosi preclusa all’autonomia delle parti la conclusione di contratti che costituiscano diritti reali diversi da quelli legislativamente tipizzati: da ultimo, in questo senso, si è espressa Cass. Sez. Un., 30/04/2020, n. 8434 in Giustizia Civile Massimario 2020, ove la Corte ha precisato, richiamando due precedenti (Cass. n. 17320/2015, nonché Cass. n. 5034/2008) che “il principio del numerus clausus dei diritti reali non consente di ritenere che il nucleo di poteri e di modalità di godimento che connotano l'utilità che il titolare di un determinato diritto reale può trarre dal bene che ne forma oggetto possa essere conformato dall'autonomia privata; quest'ultima, infatti, può conformare, ai sensi dell'art. 1322 c.c., i rapporti obbligatori, ma non le situazioni reali, in ciò sostanziandosi, in ultima analisi, la differenza tra "tipo contrattuale" e "tipo di diritto reale". In forza di tale assunto, la Cassazione ha stabilito che, qualora “un proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali (contratto costitutivo del diritto di superficie) sia attraverso un contratto atipico ad effetti personali ”, da qualificarsi come un contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione.
[17] P. Rescigno, op. cit.
[18] Cfr. V.M. Trimarchi, op. cit.,; C. A. Valenza, op. cit; R. Messinetti, voce Acquisto a non domino [agg. III], in Enciclopedia del diritto, Milano, 1999; B. Giuseppe, voce Mandato (negozio giuridico) (dir.priv.), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1975; N. Ugo, voce Rappresentanza (dir. priv.), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1987.
[19] V.M. Trimarchi, op. cit; N. Lipari, op. cit., C. A. Valenza, op. cit.;
[20] Cfr. R. Campagnolo, Il negozio fiduciario tra tradizione romanistica e germanistica, in Obbligazioni e contratti, ISSN 1826-2570, 4, 2007, pp. 349-356
[21] A. Falzea, Rappresentanza e fiducia, in F. Alcaro e R.Tommasini (a cura di), Mandato, fiducia e Trust, Milano, 2003, p. 158; l’espressione viene ripresa in diversi scritti sul punto, ex multis si rinvia a M. Patrone, Impegno unilaterale del fiduciario al trasferimento del bene ed esecuzione in forma specifica, in I Contratti, ISSN 1123-5047, 1, 2015, pp. 12-24.
[22] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, punto 3.1, p. 11 in cui la Corte riconosce che “Il negozio fiduciario si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica: all'unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti”.
[23] Ibi, Punto 3.2 e 3.3, p. 12-14
[24] Ex multis, N. Lipari, op. cit., F. S. Passarelli, op. cit., V. M. Trimarchi, op. cit.
[25] Per un primo approccio alle problematiche, anche fiscali, connesse all’attuale incertezza sul negozio fiduciario si rinvia a G. Iaccarino, L’opportunità di un contratto di fiducia tipico, in Notariato, ISSN 1591-2019, 1, 2014, pp. 35-49; M. Lupoi, Le ragioni della proposta dottrinale del contratto di affidamento fiduciario, in Contratto e impresa, ISSN 1123-5055, 3, 2017, pp. 734-745
[26] Si riferisce alla teoria di M. Lupoi, oggi trasfusa nel d.l. 1452 d’iniziativa della senatrice Riccardi, comunicato alla presidenza il 5.8.2019; per un’introduzione all’argomento si rivnia a M. Lupoi, op. cit.
[27] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, punto 4, pp. 14-15
[28] Cfr. V. Amendolagine, op. cit.; C. A. Valenza, op. cit.; U. Carnevali, op. cit.; A. Gentili, op. cit.
[29] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, p. 10
[30] Ivi, p. 11 “Accanto alla fiducia dinamica, caratterizzata dall'effetto traslativo strumentale, un modo di costituzione della titolarità fiduciaria è rappresentato dalla fiducia statica, che si ha quando manca del tutto un atto di trasferimento, perché il soggetto è già investito ad altro titolo di un determinato diritto, e il relativo titolare, che sino a un dato momento esercitava il diritto nel proprio esclusivo interesse, si impegna a esercitare le proprie prerogative nell'interesse altrui, in conformità a quanto previsto dal pactum fiduciae. Nello schema del negozio fiduciario - afferma Cass., Sez. II, 7 agosto 1982, n. 4438 - rientra, oltre quello di tipo traslativo, anche la fiducia statica, i cui estremi sono appunto rappresentati dalla preesistenza di una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto che venga poi assunto come fiduciario e si dichiari disposto ad attuare un certo disegno del fiduciante mediante l'utilizzazione non già di una situazione giuridica all'uopo creata (come nel negozio fiduciario di tipo traslativo), ma di quella preesistente, che viene così dirottata dal suo naturale esito, a ciò potendosi determinare proprio perché a lui fa capo la situazione giuridica di cui si tratta”. Sul punto si veda anche Tribunale di Cagliari, 10/12/1999 in Riv. giur. Sarda 2001, 661 con nota di CICERO;
[31] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, p. 15 in cui richiama Cass., Sez. II, 18 ottobre 1988 n. 5663; Cass. Sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024
[32 Ex multis, Cass. sez. II, 25/05/2017, n.13216 in Giustizia civile Massimario 2017
[33] Cass. sez. III, 15/05/2014, n.10633 in Giustizia civile Massimario 2014
[34] Cass., Sez. III, 30 gennaio 1985, n. 560; Cass. Sez. II, 27 agosto 2012 n. 14654
[35] Cass. Sez. Un., 19 ottobre 1954 n. 3861, più di recente Cass. sez. II, 24/01/2003, n.1137 secondo cui “Il mandato, con o senza rappresentanza, così ad acquistare come a vendere beni immobili, richiede la forma scritta "ad substantiam"; e tale forma è necessaria anche nel caso della ratifica dell'operato di colui che abbia agito come mandatario a vendere o ad acquistare beni immobili in assenza di mandato”:
[36] Di recente, Cass. Sez. III 28 ottobre 2016 n. 21805; Corte d’Appello di Roma sez. II, 30/05/2018, n.3641
[37] Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, p. 20
[38] Ivi, p. 21
[39] Ivi, p. 29
[40] Ivi, p. 29-30
[41] Il rinvio è ai vari autori menzionati nello scritto.
[42] Il rinvio d’obbligo è a N. Lipari, op. cit.
[43] Cfr. N. Lipari, op. cit.; V.M. Trimarchi, op. cit.
[44] Cfr. A. L. Checchini, Rapporti non vincolanti e regola di correttezza, Padova, 1977
[45] In analogia a quanto avviene nell’ambito commerciale con i gentlmen’s agreement, la cui non giuridicità è stata riconosciuta dalla giurisprudenza italiana, Tribunale Crotone, 05/07/1999 secondo cui “l'espressa qualificazione di un accordo come gentlemen's agreement contenuta in una scrittura stipulata fra soggetti legati da una relazione sociale intensiva (nella specie, appartenenti ad un'unica organizzazione economica) induce a ritenere che le parti abbiano consapevolmente inteso assumere un impegno rilevante non sul piano giuridico, ma esclusivamente su quello dell'onore, della lealtà e della correttezza e quindi, come tale, un impegno connotato dalla mancanza di forza giuridicamente vincolante e insuscettibile di esecuzione per legge”, con commento di S. Sica, Gentlemen’s agreements e intento giuridico negativo: elaborazione dottrinale e “risveglio” giurisprudenziale, in I Contratti, ISSN 1123-5047, 1, 2001, pp. 85-90.
[46] Di cui si è detto e che viene accennato in Cass., Sez. Un., 6/3/2020 n. 6459 in Giustizia Civile Massimario 2020, p. 24-25