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Pubbl. Mar, 19 Mag 2020

Profili multiprospettici dell´evoluzione della tutela soggettiva nei privilegi del credito

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Fabrizio Cesareo



L’”iperproduzione normativa” coinvolge da sempre tutti i settori del diritto, ma è soprattutto nei privilegi del credito che è possibile constatare questo fenomeno. Di pari passo, quello del diritto dei privilegi è un ambito assolutamente intersettoriale che consente di operare una ricostruzione ben definita della disciplina e di renderla assolutamente indipendente dalle altre. In tal senso, di notevole importanza nel panorama del diritto privato assumono le figure del privilegio tributario, del privilegio ambientale e della postergazione del credito nel concordato preventivo, che vengono rispettivamente analizzate sotto il profilo nazionale, europeo e di riforma.


ENG ”Regulatory overproduction” has always involved all areas of law, but it is above all in the privileges of credit that this phenomenon can be seen. At the same time, that of the right of privileges is an absolutely intersectoral area which allows to make a well-defined reconstruction of the discipline and to make it absolutely independent from the others. In this sense, of considerable importance in the panorama of private law are the figures of tax privilege, environmental privilege and subordinate status of credits in the arrangement with creditors, which are analyzed respectively from a national, European and reform perspective.

Sommario: 1. Profili storici – 2. Stato dell’arte e principi fondamentali – 3. Cenni in materia di privilegio ambientale e di privilegio tributario – 4. Cenni sul fondamento della fattispecie della postergazione dei crediti nel concordato preventivo. La par condicio creditorum – 4.1. Il fenomeno della crisi societaria in prospettiva di riorganizzazione dell’impresa – 4.2. Il problema della postergazione ex artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. – 4.3. L’operatività della postergazione nel concordato preventivo – 5. Il possibile e nuovo scenario di applicazione della tutela cautelare atipica

 

1. Profili storici

Il Codice civile del 1942 disciplina negli artt. 2745-2783 ter il cd. diritto dei privilegi. La fattispecie prelatizia si inserisce, pertanto, nel genus dei diritti di credito, ove si rinvengono, quali diritti reali di garanzia, il pegno, regolato dagli artt. 2784-2807 c.c. e l’ipoteca, disciplinata dagli artt. 2808-2899 c.c. Le norme inerenti il diritto di prelazione sono, però, da interpretare attentamente, in considerazione del fatto che esistono nell’ordinamento italiano diversi crediti privilegiati.

Anche in questo settore del diritto, caratterizzato da diverse peculiarità, il cd. fenomeno di “iperproduzione normativa” ha reso frastagliata e complessa la materia.

Il processo di legiferazione ha prodotto «una massa piuttosto disorganica di privilegi»[1], posto che non bisognerà tener conto solo delle norme previste dal Codice civile, ma occorrerà aver riguardo, altresì, alla legislazione speciale in materia. Si pensi al diritto tributario, come ad esempio: a) il d.lgs. 30.12.1992 n. 504, istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili, cd. ICI, che è andata ad abrogare l’imposta locale sui redditi, cd. ILOR, designata dal d.P.R. 29.9.1973 n. 599; b) il d.P.R. 26.10.1972 n. 642, disciplinante l’imposta di bollo; c) il d.P.R. 26.10.1972 n. 634, disciplinante l’imposta di registro, poi sostituito dal Testo unico approvato con d.P.R. 26.4.1986 n. 131; d) il d.lgs. 15.12.1997 n. 446, istitutivo dell’imposta regionale sulle attività produttive, cd. IRAP, che è andata a sostituire l’ILOR; e) il d.P.R. 29.9.1973 n. 597, istitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, cd. IRPEF, le cui disposizioni sono state, successivamente, raccolte e riordinate nel Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22.12.1986 n. 917, cd. TUIR; f) il d.lgs. 12.12.2003 n. 344, istitutivo dell’imposta sul reddito delle società, cd. IRES, che è andato ad abolire l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, cd. IRPEG, designata dal d.P.R. 29.9.1973, n. 598; g) il d.P.R. 26.10.1972 n. 633, istitutivo dell’imposta sul valore aggiunto, cd. IVA; h) l’art. 64 del d.P.R. 29.9.1973 n. 600, che, al comma 1, disciplina il sostituto d’imposta e, al comma 3, il responsabile d’imposta, quali “parasoggetti” della solidarietà tributaria[2].

Di fondamentale importanza è, poi, il diritto ambientale, che trova una giusta collocazione nel d.lgs 3.4.2006 n. 152, cd. Codice dell’ambiente.

Si ricordano ancora: l’art. 46 del d.lgs. 1.9.1993 n. 385, cd. TUB, disciplinante il privilegio per finanziamenti bancari[3]; il privilegio delle società di persone; il privilegio di particolari tipi di società di capitali, ricomprendente il credito degli amministratori, liquidatori e sindaci, nonché il credito degli obbligazionisti; infine, sono senz’altro da menzionare i privilegi marittimi ed aeronautici, regolati dal Codice della navigazione agli artt. 548 ss. e 1022 ss.

Dopo oltre settantacinque anni dall’entrata in vigore del Codice civile la materia si presta ad essere analizzata alla luce delle diverse aree del diritto e dei diversi principi, ponendo una dovuta attenzione alle misure da adottare per la tutela dei soggetti nelle fattispecie creditizie e cercando di dare organicità alla stessa.

 

2. Stato dell’arte e principi fondamentali

Il termine privilegio, la cui etimologia pone in rilievo il lemma privus e il lemma lex, sta ad indicare, sin dalle origini, una legge fatta per uno o per pochi, vale a dire un vantaggio concesso a un singolo o a più soggetti e di cui si gode a esclusione degli altri, contro il diritto comune. L’art. 2745 c.c. è il primo dettame delle generiche norme sui privilegi, ex artt. 2745-2750 c.c. e disciplina il fondamento del privilegio; la disposizione in questione mette in evidenza l’unica fonte del diritto dei privilegi, vale a dire la legge o supremazia del cd. “monopolio legislativo”. Difatti, la materia, oltre a non ammettere il ricorso al giudizio d’illegittimità costituzionale, non prevede, nemmeno, la possibilità di utilizzare lo strumento dell’analogia, ex art. 12, comma 2, disp. prel c.c., proprio per la particolare struttura fisionomica della prelazione; a differenza di ciò che avviene per l’interpretazione, ex art. 12, comma 1, disp. prel. c.c. e per l’interpretazione estensiva, il cui utilizzo è regolarmente consentito dall’ordinamento italiano. Quanto detto ha posto il quesito circa l’ammissibilità della convenzione come ulteriore fonte del diritto dei privilegi; a tal proposito, autorevole dottrina ha risposto affermativamente sempreché la convenzione sia disciplinata dalla legge, perché in caso contrario dovrà ritenersi nulla, ex art. 1418 c.c, per l’inosservanza degli artt. 2741 e 2745 c.c. Corollario di questo postulato è il principio di tipicità o tassatività, secondo cui viene ad esistenza un “sistema chiuso o determinato” che realizza un numerus clausus delle fattispecie prelatizie e configura la possibilità di assegnare la fisionomia del privilegio a determinate species del sistema.

In tal senso, «il privilegio è accordato dalla legge in considerazione della causa del credito»; il periodo, pur rappresentando l’incipit delle cause di prelazione, non contiene una definizione dell’istituto, che è desumibile attraverso un’interpretazione dottrinale.

Il precetto inerente il principio di legalità è, però, da leggersi in combinato con due norme: l’art. 2740, comma 1, c.c., concernente il principio della responsabilità patrimoniale personale e l’art. 2741, comma 1, c.c., che riguarda il principio della par condicio creditorum[4]. Entrambi gli articoli costituiscono, altresì, i due presupposti della procedura di liquidazione giudiziale, vale a dire: l’universalità, in quanto la procedura coinvolge l’intero patrimonio del debitore, inteso quale complesso di beni e rapporti giudici presenti e futuri del fallito e la concorsualità, in considerazione del fatto che la procedura si svolge nell’interesse dei creditori del fallito, i quali devono essere soddisfatti in egual misura, salvo le cause legittime di prelazione. Il coordinamento di queste norme è da analizzare, ancora, con l’art. 3, commi 1 e 2, Cost., che disciplina l’uguaglianza formale e sostanziale; infatti, si evince come, da una parte, i padri costituenti pongano tutti i cittadini sullo stesso piano e, dall’altra, il legislatore del 1942 introduca in capo ai creditori privilegiati il diritto di essere preferiti agli altri creditori chirografari, ovvero postergati. Il quadro che ne emerge è indubbiamente quello di un assurdo giuridico, in quanto, in una prima facie, la legislazione ordinaria sembra non combaciare affatto con la legislazione costituente, anche se poi il dato è senz’altro da contemperare con i diversi principi generali dell’ordinamento.

Tra gli altri principi è opportuno menzionare quello di accessorietà che sottolinea, ancora una volta, la natura giuridica legale del privilegio e porta a considerare tale istituto come accessorio del credito e pone in evidenza, attraverso la causa del credito, la conformazione dei diversi ordini di gradualità o collocazione nel panorama ordinamentale. In questo contesto assume una preminente importanza la causa del credito privilegiato, vale a dire l’elemento essenziale che consente di distinguere le varie tipologie, codicistiche ed extracodicistiche, di privilegi ed ha la funzione di giustificare il meccanismo prelatizio; tale elemento dirimente non deve, però, essere assolutamente equiparato né alla causa del contratto o negozio giuridico, ex art. 1325, n. 2, c.c. né al principio di causalità, ex art. 2043 c.c. Il principio in questione, altresì, permette di discernere le vicende modificative soggettive e oggettive, nonché le cause estintive dirette ed indirette. Le cause estintive dirette, prevalentemente tipiche dei privilegi speciali, operano istantaneamente sulla fattispecie prelatizia, a nulla rilevando le vicende relative al credito munito del diritto di preferenza; viceversa, le cause estintive indirette scaturiscono dalle vicende giuridiche di cessazione del credito assistito e l’estinzione costituisce, appunto, l’effetto della fisionomia giuridica del diritto di prelazione. Corollario di questo assioma è, invece, il principio di relatività, in virtù del quale il privilegio, strettamente collegato al credito, determina una prevalenza del credito preferito sugli altri crediti chirografari, ovvero postergati.

Infine, bisogna menzionare il principio d’indivisibilità, atteso che la scindibilità va negata sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo.

Il sistema dei privilegi del credito si caratterizza, altresì, per la categorizzazione delle fattispecie prelatizie, in cui si annoverano: l’art. 2746 c.c., inerente il distinguo tra il privilegio generale, che si esercita su tutti i beni mobili del debitore e il privilegio speciale, che si esercita su determinati beni mobili; i privilegi di riscossione, che hanno una natura meramente processuale, producono effetti al di fuori del concorso e sono improntati sul principio di sussidiarietà, ex art. 118 Cost.[5] nonché sul principio di capacità contributiva personale, ovvero progressività, ex art. 53 Cost.[6]; i privilegi impropri, tipologia disorganica; i privilegi iscrizionali, ovvero trascrizionali, vale a dire categoria che, a differenza dei privilegi convenzionali, necessita di particolari oneri pubblicitari e nella quale vige la regola generale del prior in tempore potior in iure; nonché i privilegi possessuali, come ad esempio i crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento, ex art. 2756 c.c. e i privilegi quasi possessuali, ex art. 2760 c.c. Il credito privilegiato va, poi, distinto dal credito prededucibile, ex art. 95 c.p.c., che rappresenta un onere, o tara, processuale e concerne le spese affrontate dai creditori procedenti per l’attivazione dell’esecuzione civile; quindi, si sostanzia in un meccanismo che consente di sottrarre, o defalcare, preventivamente le spese ordinarie del procedimento esecutivo, vale a dire in un calcolo matematico la cui somma è un residuo netto e, pertanto, la prededuzione, così come le spese di giustizia, non entrano nel concorso tra creditori. Un ulteriore confronto è, però, da farsi con il regime d’impignorabilità di alcuni beni ovvero crediti, quale situazione preclusiva al pignoramento, ex artt. 514 e 545 c.p.c.

In definitiva, se da un lato, il profilo soggettivo della fattispecie prelatizia, nel corso degli anni, ha maturato un decisivo interesse in dottrina e giurisprudenza, dall’altro, il profilo oggettivo e il profilo dell’efficacia, ex artt. 2747-2748 c.c., costituiscono il minimum essenziale per poter discutere di privilegi del credito.

 

3. Cenni in materia di privilegio ambientale e di privilegio tributario

L’interdisciplinarietà di questo settore del diritto privato è data da alcuni peculiari esempi, tra cui si ricorda: il privilegio ambientale, ex art. 2775 c.c. e il privilegio tributario, ex artt. 2752, 2758, 2759, 2772 c.c.

Il privilegio su crediti relativi alle opere di bonifica e ripristino dei siti inquinati trova un suo inquadramento nell’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 22 del 5.2.1997, relativo agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate o esposte a pericolo concreto e attuale di inquinamento; la disciplina è stata, successivamente, sostituita dal Titolo V, «Bonifica di siti contaminati», della Parte IV, «Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati», artt. 239-253, del d.lgs. n. 152 del 3.4.2006, cd. Codice dell’ambiente. L’attività di bonifica dei siti contaminati consta di una serie di interventi: preventivi, vale a dire volti ad evitare l’ipotetica diffusione degli agenti inquinanti; successivi, ossia volti a rimuovere l’origine dell’inquinamento e le relative sostante inquinanti, ovvero a limitare le concentrazioni delle stesse nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; di ripristino ambientale, vale a dire volti a risanare l’effettiva e definitiva fruibilità del sito per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici.

L’obiettivo è, in primis, quello di adottare preventivamente delle misure atte a contrastare l’evento potenzialmente idoneo a contaminare il sito, informando tempestivamente gli enti pubblici territoriali ed il Prefetto; in secundis, qualora venga superato il limite minimo delle concentrazioni soglia di contaminazione, cc.dd. CSC, bisognerà predisporre un piano di caratterizzazione del sito, al fine di stabilirne i livelli di rischio; infine, qualora sia stato verificato il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, cc.dd. CSR, occorrerà elaborare un progetto operativo per la bonifica, o messa in sicurezza, del sito e per l’eventuale riparazione, o ripristino ambientale, affinché venga contenuto il rischio di contaminazione entro i limiti di tollerabilità. Il responsabile dell’inquinamento è, pertanto, il depositario di questi precetti; ciò nonostante l’art. 245 c.amb. estende «al proprietario o gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione» i doveri di comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti, nonché i doveri di attuazione delle misure di prevenzione. Pur tuttavia, è consentito di attivare e realizzare gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e ripristino ambientale ai predetti soggetti e a chiunque sia interessato; l’art. 250 c.amb. pone, altresì, l’onere dell’esecuzione d’ufficio degli interventi in capo al comune territorialmente competente e, ove anche questo sia inadempiente, alla regione, qualora sia il responsabile sia gli interessati risultino inottemperanti. Infine, le spese sopportate dall’ente pubblico, volte all’effettuazione degli interventi, ex art. 253 c.amb.: rappresentano un onere reale sui siti contaminati; godono di privilegio speciale immobiliare, esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi, sulle aree stesse, ex art. 2748, comma 2, c.c. «e possono essere ripetute nei confronti del proprietario non responsabile (al quale l’art. 244 prescrive che sia sempre, a tal fine, notificata l’ordinanza di diffida emessa nei confronti del responsabile, ove individuato), ma solo nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi ed a seguito di provvedimento motivato che giustifichi l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità. La stessa norma dota il proprietario non responsabile che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito»[7].

Il predetto credito privilegiato, in secondo luogo, richiama due fondamentali articoli del Codice civile: l’art. 2747, comma 2, dal quale si evince che i privilegi speciali immobiliari sono caratterizzati dal diritto di sequela e l’art. 2750, comma 2, inerente la possibilità di applicare la normativa codicistica ai privilegi previsti da leggi speciali. Alla luce della complessa ricostruzione della fattispecie in questione, qualora il fallito risulti allo stesso tempo proprietario dell’area contaminata o in pericolo di contaminazione e autore dell’evento inquinante, che non ha provveduto al ripristino dello staus quo ante su disposizione del comune, l’ente pubblico potrà insinuare nello stato passivo della liquidazione giudiziale il proprio credito di rivalsa, relativo all’ammontare delle spese sostenute per la bonifica, in via privilegiata. Viceversa, semmai si propendesse verso la teoria della maturazione successiva all’effettiva esecuzione delle opere del credito di rivalsa questa comporterebbe la nascita di un credito in prededuzione delle spese di ripristino sopportate dalla P.A., in considerazione del risanamento operato dall’ente pubblico durante la procedura di liquidazione giudiziale; invece, il credito di rivalsa è da considerarsi senz’altro prededucibile nell’ipotesi in cui il ripristino si riferisca ad eventi inquinanti accaduti in costanza dell’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito o comunque durante la procedura di liquidazione giudiziale. Ancora, se il fallito è «autore colpevole dell’evento inquinante, senza essere proprietario del sito contaminato, nel suo stato passivo può essere insinuato in via solamente chirografaria il credito di rivalsa, sia dall’ente pubblico che ha provveduto al ripristino ambientale, sia dal proprietario del sito che vi ha provveduto autonomamente o che ha rimborsato dell’ente pubblico le spese da questo sostenute per la bonifica»[8].

Nell’ordinamento italiano risulta omesso l’ordine di gradualità del privilegio ambientale e ciò implica l’applicazione dell’art. 2783 c.c., secondo cui il privilegio per il credito di rivalsa delle spese di bonifica ambientale si collocherà dopo tutti i privilegi speciali previsti dal legislatore. Infine, di indubbia importanza, in tale disciplina, sono alcune illuminanti e specifiche norme sul danno ambientale, patrimoniale e non, come ad esempio: l’art. 18 della l. 8.7.1986, n. 349, l’art. 2043 c.c. e gli artt. 2, 3, 9, 41, 42 Cost.; la Parte VI «Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente» c.amb., artt. 304-318 e nello specifico il Titolo II «Prevenzione e ripristino ambientale», derivante dalla direttiva 2004/35/CE del 21.4.2004 sulla responsabilità ambientale e il Titolo III «Risarcimento del danno ambientale», derivante dalla l.d. 15.12.2004, n. 308, per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale.

Il privilegio su crediti tributari, invece, può riguardare «una serie di privilegi, generali e speciali, sui beni mobili e immobili del debitore. Si tratta di cause legittime di prelazione previste dal legislatore in ragione del particolare nesso che lega il credito al bene assoggettato a privilegio e che consentono allo Stato, o all’ente creditore, di essere preferito, rispetto agli altri creditori del contribuente, in sede di distribuzione del ricavato della vendita dei beni interessati. In particolare, l’art. 2752 c.c. pone un privilegio generale sui beni mobili del debitore a garanzia dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IVA, nonché dei tributi comunali. Sussiste, poi, un privilegio speciale sui beni mobili ex art. 2758 c.c. per i tributi indiretti su cui tali beni si riferiscono e per i crediti di rivalsa IVA; nonché un privilegio speciale sulle merci e sui beni mobili funzionali all’esercizio dell’impresa, ex art. 2759 c.c., a garanzia dei crediti IRPEF ed IRES. Infine, i tributi indiretti sugli immobili sono assistiti da privilegio speciale sugli interessi ai sensi dell’art. 2772 c.c.»[9].

Da questa definizione e classificazione dei crediti fiscali si evincono i soggetti del privilegio tributario, vale a dire: il soggetto attivo, che è individuato nello Stato, ovvero in un ente pubblico, detentori del potere impositivo e il soggetto passivo, che è identificato nel contribuente, persona fisica ovvero giuridica. È opportuno ricordare che nell’ambito della riscossione delle imposte si colloca il cd. fenomeno della “parasoggettività tributaria”[10], caratterizzato dalla presenza, nell’ordinamento, di altri due soggetti passivi, vale a dire: il responsabile d’imposta e il sostituto d’imposta. Orbene, qualora, in aggiunta al debitore, sussista un responsabile d’imposta il privilegio graverà sui beni mobili di entrambi; viceversa, in caso di sostituto d’imposta il privilegio graverà esclusivamente sui beni mobili di quest’ultimo, in quanto non può essere ritenuto debitore diretto dell’Erario. Il sostituto d’imposta, disciplinato dall’art. 64, comma 1, d.P.R. 29.9.1973 n. 600, è, pertanto, un soggetto obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, nonché a titolo di acconto ed ha il diritto di rivalsa. Il responsabile d’imposta, regolato dall’art. 64, comma 3, d.P.R. 600/1973, è, invece, un soggetto tenuto, ope legis, al pagamento di un tributo insieme ad altri, per fatti e situazioni riferibili a questi ultimi; ha, anch’egli, il diritto di regresso sull’obbligato principale e si avvale del meccanismo di surrogazione legale, ex art. 1203 c.c. In conclusione, è possibile sottolineare come l’esecuzione forzata tributaria, tipica di questa materia e la riforma di cui all’art. 23, comma 37, d.l. 6.7.2011 n. 98, convertito in l. 15.7.2011 n. 111, che ha modificato il comma 1 dell’art. 2752 c.c., costituiscano due capisaldi dei privilegi tributari per le finalità perseguite.

 

4. Cenni sul fondamento della fattispecie della postergazione dei crediti nel concordato preventivo. La par condicio creditorum

Il d.lgs. n. 14/2019, che ha introdotto il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, nel prevedere un riordino del concordato preventivo pone l’attenzione sulla soddisfazione dei crediti con l’obiettivo di dare priorità alla continuità aziendale. Orbene, nella fattispecie in esame la proposta del debitor, di articolazione dei creditori in classi, può prevedere il riconoscimento del diritto di voto a quei creditores che siano stati inseriti in apposita classe e postergati, perché titolari di crediti inerenti il rimborso ai soci di finanziamenti a favore della società, nelle ipotesi previste dall'art. 2467 c.c., purché il trattamento previsto per questi sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto rispetto a quello, integrale, degli altri chirografari. La problematica che rileva nell’esame della natura giuridica della postergazione del credito è relativa all’eventuale paragone con la condizione, secondo cui il credito sarebbe posposto sino al momento in cui non si verifica la condizione sospensiva che si indentificherebbe nel completo soddisfacimento dei crediti non parimenti sottordinati. Pertanto, pare evidente l’interesse e l’aspetto critico dell’istituto de quo nell’assetto dell’organizzazione e della riorganizzazione dell’impresa nell’ottica di un temperamento del principio della par condicio creditorum, ex art. 2741, comma 1, c.c. e della tutela degli interessi creditori in gioco. Questo in considerazione del fatto che il fenomeno della postergazione, perfettamente legale, incide sulla relazione tra creditore subordinato e altri creditori che si trovino in concorso, con l’effetto della produzione di un cosiddetto “privilegio a contrario”; sostanzialmente sull’attivo graverebbe una sorta di vincolo di destinazione comportante, come preannunciato, il completo soddisfacimento dei creditori non parimenti sottordinati. Resta, quindi, da capire come, a partire dal 15 agosto 2020, il funzionamento del nuovo art. 84 c.c.i.i. sia da armonizzare rispetto all’intera disciplina del “diritto fallimentare”, nonché del diritto dei crediti.

 

4.1. Il fenomeno della crisi societaria in prospettiva di riorganizzazione dell’impresa

Nella prospettazione della crisi societaria i finanziamenti erogati dai soci hanno costituito, e continuano a costituire, un utile via d’uscita per fronteggiare tale problematica. Ma oggi con la riforma operata dal d.lgs. n. 14/2019, cd. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in attuazione della legge delega n. 155/2017, il legislatore si è reso sensibile a quella particolare branca che è il diritto societario della crisi, vale a dire quel particolare settore ove rientrano le disposizioni volte a prestare attenzione al funzionamento delle società nel momento in cui vengono assoggettate a determinate procedure solutorie. Pare evidente, leggendo quanto prodotto dalla cd. riforma Rordorf, come fosse di dubbia attualità, scarna nonché frastagliata la disciplina individuata dalla cd. Legge fallimentare, r.d. n. 267/1942.[11]

 

4.2. Il problema della postergazione ex artt. 2467 e 2497 quinquies c.c.

Il fenomeno de quo parte dell’esigenza di tutela sostanziale, oltre che processuale, del credito nell’ottica in cui vi è l’esigenza di rendere efficienti le procedure alternative al fallimento costituendone una vis attractiva, non pregiudicando i crediti anteriori alla nastica della crisi. Orbene, il principio della concorsualità, ex art. 2741, comma 1, c.c., rappresenta un vademecum sempre attuale per sviscerare le diverse problematiche. Ed è proprio qui che entra in gioco la fattispecie della postergazione del credito, o postergazione legale, prevista negli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. Il concetto fondate la subordinazione del credito è che un creditore accetti il pagamento del suo credito in modo succedaneo rispetto a quello di un altro, venendosi a creare, in tal senso, due classi di creditori. La dottrina si è espressa nell’imputare il problema della postergazione alla cd. sottocapitalizzazione nominale, vale a dire quella fattispecie ove i soci di società, pur valendosi della limitazione di responsabilità, provano a trarre un beneficio dell’attività senza sopportare del tutto il rischio connesso all’investimento. La postergazione trae spunto dal regime dei prestiti, rispetto a quello dedicato ai conferimenti in capitale e dispone che il rimborso di tali finanziamenti deve essere postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori. Peraltro, per aversi posposizione del rimborso dei finanziamenti rispetto ad altri crediti è necessario che si verifichi almeno uno dei seguenti condizioni: a) che si sia in presenza di uno squilibrio eccessivo tra indebitamento e patrimonio netto; b) oppure, che la società si trovi in una situazione finanziaria tale che un conferimento possa rappresentare una scelta opportuna.[12]

Duplice può essere il senso di tale discorso, da un lato può esserci una visione processualistica e dall’altro può esserci una visione di diritto sostanziale. Nel primo caso il funzionamento della postergazione legale finirebbe per essere circoscritto alle procedure esecutive concorsuali ovvero individuali nell’ipotesi in cui sia possibile determinare la preferenza di taluni creditori rispetto ad altri; nel secondo caso, la fattispecie si incentra sul meccanismo del rapporto da finanziamento, nello specifico l’azionabilità della pretesa di rimborso e gli obblighi specifici della società debitrice e dei relativi amministratori.

Ma quando si parla di postergazione è inevitabile il riferimento ai prestiti bancari subordinati, ex art. 12, comma 7, t.u.b, ad esempio strumenti innovativi di capitale, strumenti ibridi nonché passività subordinate. I casi appena menzionati, al pari delle condizioni di postergazione, vengono in rilievo nel rapporto regolamentare, posto che vi è l’obiettivo di enucleare le condizioni per poterli considerare quali componenti del patrimonio di vigilanza; pare evidente che la voluntas delle parti sia condizione di applicabilità degli stessi.[13]

L’ultima ipotesi in esame è quella di cui all’art. 2411 c.c. in materia di emissione di obbligazioni postergate con assenza di vincoli, aventi contenuto prettamente negoziale, circa la durata del prestito e la misura e le condizioni alle quali opera l’istituto in esame.[14]

Il quadro in esame permette di evidenziare una dicotomia tra postergazione legale e volontaria, quest’ultima generata per l’appunto dall’accordo delle parti mediante un patto in cui gli effetti di tale formulazione ricadano a favore di uno o più creditori determinati.

 

4.3. L’operatività della postergazione nel concordato preventivo

Orbene, «la giurisprudenza, nel riconoscere la completa prededuzione ai soci che hanno concesso un finanziamento in corso di procedura, attestato da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. ed autorizzato dal Tribunale, considera, l'art. 2467 c.c., l'espressione di una regola generale in tema di postergazione dei finanziamenti erogati dai soci e, gli artt. 182 quater e 182 quinquies l. fall., norme speciali, contenenti la disciplina dei finanziamenti ed i principi della prededuzione, destinate ad operare nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, con la conseguenza che il legislatore avrebbe circoscritto, nella misura dell'ottanta per cento, la prededucibilità dei soli finanziamenti “ponte” ed “in esecuzione” senza nulla disporre per quelli “interinali”, sicché l'art. 182 quater, comma 3, l. fall. integrerebbe, nonostante l'inciso iniziale, non una deroga alla disciplina societaria, ma una limitazione della prededuzione. L'impressione che si ricava dal disposto di quest'ultima previsione legislativa è, invero, tutt'altra: la ratio del legislatore è stata quella di contenere non la prededuzione, bensì la postergazione. La formulazione letterale con cui esordisce l'art. 182 quater, comma 3, l. fall., in deroga agli articoli 2467 e 2497 quinquies del codice civile, conferma, in effetti, la preferenza accordata dall'estensore della legge alla regola della postergazione rispetto a quella della prededuzione. In altre parole, l'antinomia tra queste ultime due qualità del credito è stata risolta dal legislatore a favore della prima, tant'è che il medesimo si è espresso in termini di eccezione alla postergazione e non di “deroga" alla prededuzione.»[15]

 

5. Il possibile e nuovo scenario di applicazione della tutela cautelare atipica

L’obiettivo del presente articolo è quello di trattare brevi cenni sui privilegi del credito, evidenziando l’interdisciplinarietà ed approfondendo taluni aspetti di questa branca del diritto privato.

Il fine resta quello di analizzare la tutela concreta, attraverso lo studio trasversale delle norme, del creditore in bonis, quale portatore di interessi e munito di questa preferenza, nell’espletamento di tutte le attività giuridiche: dagli aspetti sostanziali a quelli processuali.

Resta da capire se sia possibile individuare nuove forme di garanzia, complementari al diritto di ritenzione, mezzo di autotutela preventiva sostanziale e al sequestro conservativo, ex art. 2769 c.c., tipico mezzo di tutela processuale cautelare, come ad esempio: l’applicazione della tutela cautelare atipica ai crediti privilegiati, in ambito processualcivilistico e di liquidazione giudiziale, volta alla cristallizzazione del bene oggetto della domanda giudiziaria. Questo perché la tutela cautelare tipica, regolata dagli artt. 669 bis – 669 quaterdecies e dagli artt. 670 ss. c.p.c., consta di solo due classici presupposti: il fumus boni iuris, vale a dire la parvenza del buon diritto o giudizio di ragionevole probabilità di accoglimento della domanda cautelare; il periculum in mora, ossia il pericolo che nelle more del giudizio il bene possa essere rovinato o distrutto. La tutela cautelare atipica residuale, ex art. 700 c.p.c., invece, è costituita dall’ulteriore requisito, oltre ai due sopraindicati, dell’atipicità, vale a dire la possibilità di domandare provvedimenti d’urgenza ante causam, invocabili solo in assenza di tutela tipizzata; ciò al fine di consentire al giudice adito di fornire la tutela richiesta per mezzo di strumenti più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul caso concreto, sempreché non si determini un abuso del diritto ed esista il fondato pericolo di temere un pregiudizio irreparabile ed imminente.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Sul punto cfr. A. Tencati, Le garanzie dei crediti, Torino, 2012, 29.

[2] Per un’ampia trattazione del tema si v. G. Ingrao, La tutela della riscossione dei crediti tributari, Bari, 2012, passim.

[3] Per uno studio approfondito sull’argomento si cfr. F. Cesareo, La garanzia mobiliare accordata dall’art. 46 del t.u.b. in materia di finanziamenti alle imprese, in Annali 2017 del Dipartimento Jonico, 2018, 113 ss.

[4] Per una lettura aggiornata sul principio in questione si l. M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione Giustizia, 2/2019, 202 ss.

[5] M. Cardillo, Il principio di sussidiarietà nell’attuazione del federalismo fiscale, in Percorsi del federalismo fiscale, a cura di A. Uricchio, Bari, 2012, 45 ss.

[6] A. Uricchio, Percorsi di diritto tributario, Bari, 2017, 35 ss.; N. D’Amati-A. Uricchio, Corso di diritto tributario, Padova, 2008, 37.

[7] F. S. Filocamo, Area ambientale (bonifica e ripristino dei siti inquinati), in Le insinuazioni al passivo, t. I, a cura di M. Ferro, Padova, 2010, 150.

[8] Filocamo, Area ambientale, cit., 152.

[9] S. Muleo, Lezioni di diritto tributario, Torino, 2016, 218.

[10] Uricchio, Percorsi, cit., 104 ss.; D’Amati-Uricchio, Corso, cit., 46 ss.

[11] A. Nigro, Il “diritto societario della crisi”: nuovi orizzonti?, in Riv. soc., 2018, V, 1207 ss.

[12] G. B. Portale, I “finanziamenti” dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 663 ss.; C. Angelici, La riforma delle società di capitali, Padova, 2006, 56 ss.; M. Campobasso, I finanziamenti dei soci, Torino, 2004, 1 ss.; G. Terranova, sub art. 2467, in Comm. Niccolini-Stagno d’Alcontres, III, Napoli, 2004, 1449 ss.; G. Ferri Jr., In tema di postergazione legale, in Riv. dir. comm., 2004, I, 969 ss.; M. Maugeri, Finanziamenti “anomali” dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Milano, 2005, 1 ss.; G. Balp, sub art. 2467, in Comm. Marchetti-Bianchi-Ghezzi-Notari, Milano, 2008, 227 ss.; G. De Ferra, La postergazione del credito del socio finanziatore, in Giur. comm., 2010, I, 187 ss.; G. Zanarone, sub art. 2467, in Comm. Schlesinger-Busnelli, Milano, 2010, 441 ss.; A. Gambino, Spunti di riflessione sulla riforma: l’autonomia societaria e la risposta legislativa alle esigenze di finanziamento dell’impresa, in Giur. comm., 2002, I, 641 ss.; A. Pavone La Rosa, La teoria dell’imprenditore occulto nell’opera di Walter Bigiavi, in Riv. dir. civ., 1967, I, 671 ss.; G. B. Portale, Capitale sociale e conferimenti nella società per azioni, in Riv. soc., 1970, 33 ss.; P. Abbadessa, Il problema dei prestiti dei soci nelle società di capitali, in Giur. comm., 1988, I, 497 ss.

[13] G. F. Campobasso, I prestiti postergati nel diritto italiano, in Giur. comm., I, 1983, 121 ss.; D. Galletti, “Elasticità” della fattispecie obbligazionaria: profili tipologici delle nuove obbligazioni bancarie, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, 239 ss.; D. Vattermoli, Crediti subordinati e concorso tra creditori, Milano, 2012, 242; G. B. Portale, “Prestiti subordinati” e “prestiti irredimibili” (appunti), in Banca, borsa, tit. cred., 1996, I, 1.

[14] G. F. Campobasso, Le obbligazioni, in Tratt. Colombo-Portale, Torino, 1988, 390 ss.; P. Spada, Provvista del capitale e strumenti finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., I, 2009, 622.

[15] L. Mandrioli, I finanziamenti soci “interinali” nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Giur. comm., IV, 2019, 615.

 

 

 

Bibliografia

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