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Pubbl. Mar, 28 Apr 2020

Sicurezza e infortuni sul lavoro ai tempi del Covid-19

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Gianmarco Apuleo
LUISS Guido Carli



L´articolo vuole fotografare l´attuale stato dell´arte in materia di infortuni e sicurezza sul lavoro in Italia, con un focus particolare sugli obblighi datoriali di vigilanza e su come sia necessario l´adeguamento ai nuovi protocolli sottoscritti da governo e parti sociali. Invero, si vuole anche aggiornare il prestatore di lavoro su quali siano gli strumenti che, il datore di lavoro debba mettere a disposizione per l´esercizio dell´attività commerciale, in conformità alle attuali disposizioni normative.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Le questioni terminologiche alla luce del TUSL; 3. I Dispositivi di Protezione Individuale - DPI; 4. Il Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro; 5. Il Contagio da Coronavirus: malattia professionale o infortunio sul lavoro?; 6. Conclusioni

1. Introduzione         
L’emergenza sanitaria cagionata dal SARS-CoV-2 comporta un aggiornamento e una riflessione sulle disposizioni involgenti l’esercizio di attività produttive, in condizioni di tutela della salute; tale obbligo di sicurezza viene elevato a rango costituzionale dal combinato degli articoli 32,35 e 41 della Costituzione, nonché contenuto nella disposizione dell’articolo 2087 del codice civile.        
Invero va ricordato che il D. Lgs. n. 81 del 2008, c. d.  Testo Unico della Sicurezza sul lavoro (TUSL), contiene una serie di disposizioni per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di tutti i lavoratori e lavoratrici, sia autonomi che subordinati (articolo 3, comma 4 TUSL). Più precisamente, ai sensi e agli effetti delle disposizioni normative, il TUSL tutela chiunque svolga un'attività lavorativa sia presso un’organizzazione pubblica sia in una privata, con o senza retribuzione, anche solo al fine di apprendere un mestiere; particolarmente controversa è stata la disciplina del telelavoro, nei confronti di tali soggetti si applicano le misure in materia di videoterminali, dove si tratti di lavoratori subordinati. [1]

Con riferimento ai lavoratori autonomi il T.U. trova applicazione, postulando il rispetto della sicurezza delle attrezzature di lavoro e, in particolare, dei D.P.I. (Dispositivi di Protezione Individuale).[2]

2. Le questioni terminologiche alla luce del TUSL

In materia di sicurezza sul lavoro è essenziale comprendere alcune definizioni e, in particolare, quali siano i soggetti preposti a garantire il rispetto delle norme

L’attuale normativa postula che il datore di lavoro valuti i rischi, nonché individui gli obblighi dei committenti e degli altri datori di lavoro, in caso di appalti. Si rileva, altresì, che i principali soggetti titolari dell’obbligo di sicurezza sono datore di lavoro, dirigenti e preposti. [3]

La definizione di datore di lavoro è interpretata latu sensu, con riferimento a ciò il TUSL risulta chiarificatore: è da intendersi datore di lavoro quel soggetto titolare del rapporto con il prestatore di lavoro nonché colui il quale abbia la responsabilità dell’organizzazione nel cui ambito viene prestata l’attività lavorativa, o il soggetto che, all’interno dell’unità produttiva, eserciti i poteri decisionali e di spesa.[4]

Il legislatore del 2008 ha optato per il criterio dell’effettività, tale scelta comporta che l’individuazione del soggetto destinatario degli obblighi, sia effettuata in modo tale da individuare il soggetto che in concreto eserciti i poteri direttivi.[5] Il TUSL ha fornito una nozione di datore di lavoro che è ancorata all’esercizio, non più alla titolarità come nel D. Lgs.  626 del 1994, dei poteri decisionali e di spesa.[6] 
           
Con riferimento ai dirigenti, il TUSL  individua il dirigente in colui che, in ragione della sua professionalità nonché del rapporto di fiducia con il datore di lavoro, ne rappresenti l’alter ego. Il preposto, invece, è una figura più vicina alla collettività dei lavoratori che al datore di lavoro, avendo una sfera di responsabilità più contenuta rispetto al dirigente, e, non godendo dell’autonomia riservata a quest’ultimo.        
Occorre, prodromicamente, osservare che ai sensi del D. Lgs. n. 81 del 2008 il datore di lavoro deve eseguire la valutazione dei rischi ed elaborare il Documento di valutazione dei rischi (DVR), nonché designare il soggetto responsabile del Servizio di prevenzione e protezione (RSPP).[7]

Il DVR contiene una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute presenti in azienda; la redazione di tale documento deve seguire una procedura analitica e richiede l’indicazione dei criteri seguiti per le valutazioni nonché le misure adottate per ridurre il rischio.[8]

Vi sono alcuni doveri che possono essere adempiuti dal dirigente in sostituzione del datore di lavoro, al fine di facilitare l’organizzazione aziendale. Tra questi si rilevano: la designazione del medico competente; l’individuazione dei lavoratori preposti all’esecuzione delle misure antincendio, di primo soccorso e di salvataggio; la dotazione al personale dei DPI (dispositivi di sicurezza individuale); l’obbligo informativo, formativo e di addestramento nei confronti dei lavoratori; l’elaborazione del documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI).[9]
Invero sia il datore di lavoro, o il soggetto da questo delegato, che il dirigente, ai sensi dell’articolo 18 TUSL hanno l’obbligo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori nonché l’obbligo di dotare i prestatori di lavoro dei necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, al fine di prevenire e contrastare i rischi.

I DPI vengono utilizzati quando non sia possibile evitare o ridurre sufficientemente il rischio mediante misure tecniche di prevenzione, mezzi di protezione collettiva o da una riorganizzazione del lavoro (articoli 75 e 76 del TUSL).[10]

3. I Dispositivi di protezione individuale - DPI

I Dispositivi di protezione individuale sono delle attrezzature che i lavoratori sono tenuti a indossare, qualora non sia possibile attuare altre misure di protezione collettiva, al fine di una maggiore protezione contro rischi che possano minare la salute e la sicurezza durante l’esecuzione dell’attività lavorativa.[11]
Durante l’attuale emergenza sanitaria l’utilizzo dei DPI è stato esteso a molti lavoratori, per garantire la sicurezza sul lavoro e contrastare il diffondersi dell’epidemia.        
Invero si osserva come sia prevalsa la preferenza per la riorganizzazione del lavoro in modalità smart working, almeno per quelle attività lavorative dove fosse possibile utilizzare tale strumento, la cui disciplina è affidata alla contrattazione aziendale.[12]                
          
Si rileva che in seguito al DPCM 11.03.2020 e al Protocollo di regolamentazione all’interno dei luoghi di lavoro, firmato in data 14.03.2020, vi è stato un mutamento, a seconda dei settori di riferimento, delle disposizioni di sicurezza aziendale. In particolare si rilevano il protocollo firmato dalle parti sociali del settore sanità e dell’edilizia. L’intesa siglata dalle parti sociali dispone nuove misure di sicurezza che si sostanziano sia in obblighi informativi nei confronti dei prestatori di lavoro che nell’adozione di misure idonee a contenere il contagio, rendendo, pertanto, obbligatorio l’utilizzo delle mascherine di protezione per quei lavoratori che, in ragione dell’attività lavorativa, non possano rispettare la distanza di sicurezza.[13]
Inoltre, per quanto disposto dal TUSL, datore di lavoro e dirigente sono obbligati a prendere provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno.

Durante l’attuale emergenza sanitaria, è noto a tutti che, si è ritenuto necessario approntare tutti gli strumenti per il distanziamento di sicurezza, per le attività che prevedono l’apertura al pubblico nonché l’installazione della cartellistica con i comportamenti cui attenersi.          
La velocità con cui alcune attività hanno ottemperato agli obblighi di legge, in particolare quelle che hanno continuato ad accogliere consumatori alla luce delle disposizioni dei DPCM del 9.03.2020, è stata possibile giacchè il TUSL prevedeva un meccanismo di delega da parte del datore di lavoro.

4. Il Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro

Il protocollo, siglato in data 14.03.2020 dalle parti sociali, è stato integrato il 24.04.2020 con delle importanti modifiche che hanno tenuto conto dell’imminente c.d. Fase 2 dell'attuale emergenza sanitaria.

Significativa è l’introduzione della sanzione della sospensione dell’attività qualora si accerti una mancata attuazione del Protocollo che “non assicuri adeguati livelli di protezione”. Tale sanzione però non esclude la possibilità per tali imprese, pur in carenza di sicurezza, di accedere agli ammortizzatori sociali durante la suddetta sospensione.

In tutte le imprese dove vi siano stati casi sospetti di Covid–19 è necessario provvedere alla sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni.

Infine, in attuazione del principio di preferenza della riorganizzazione del lavoro piuttosto che dell’utilizzo dei DPI, tale integrazione postula una rimodulazione degli spazi produttivi per l’attuazione del distanziamento sociale nonché una differenziazione degli orari dei lavoratori per ridurre al minimo necessario la presenza contemporanea di lavoratori.      
L’integrazione del 24.04.2020 prevede inoltre un maggior coinvolgimento del medico competente sia per l’adozione degli strumenti diagnostici atti a contenere la diffusione dell’epidemia - tamponi e termoscanner – sia per l’individuazione dei lavoratori più fragili e, pertanto, maggiormente esposti al rischio di contagio che per il reinserimento dei progressivo dei lavoratori affetti da Covid–19.
Per il rispetto delle norme previste dal Protocollo vi sarà la vigilanza di comitati aziendali e la costituzione di un Comitato Territoriale composto da Organismi Paritetici con coinvolgimento degli RLST e delle parti sociali.           

Per il settore edile, il protocollo siglato in data 14.04.2020 è stato aggiornato al 24.04.2020, è prevista la misurazione della temperatura al momento dell’accesso al cantiere, una turnazione nell’accesso a mense e spogliatoi, una maggiore pulizia giornaliera e la sanificazione periodica delle aree comuni.[14]

La graduale apertura delle attività nonché il consequenziale aumento dei lavoratori che dovranno recarsi presso il luogo di lavoro ha comportato, com'è noto, anche una maggior attenzione nel disciplinare la sicurezza sui mezzi pubblici. 

5. La malattia da Coronavirus: malattia professionale o infortunio sul lavoro?

Altro aspetto che si è dovuto affrontare è stata la disciplina indennitaria di quei soggetti che, durante la prestazione lavorativa, avessero contratto il Covid–19 e se questa potesse configurarsi come infortunio sul lavoro o malattia professionale; la scriminante tra infortunio sul lavoro e malattia professionale è rappresentata dall’immediatezza che contraddistingue l’infortunio, incidendo quest’ultimo in modo traumatico sulla salute, a differenza della malattia professionale che si sviluppa nel tempo per l’esposizione a fattori di rischio.[15]

Dal Testo Unico del 1965 in poi viene ricostruita la nozione di infortunio sul lavoro, che, stante anche le ultime interpretazioni giurisprudenziali, è da considerarsi come la lesione originata da causa violenta che determini la morte della persona o ne menzioni parzialmente la capacità lavorativa.[16]

Ai fini della sussunzione dell’accadimento materiale nell’alveo dell’istituto giuridico in esame, occorre rilevare che gli indicatori sono costituiti da: lesione, causa violenta e l’occasione di lavoro; più precisamente occorre rilevare la necessità di un nesso causale tra l’occasione di lavoro e il verificarsi del rischio stesso. Sono, inoltre, da ricondursi ad ipotesi di infortunio sul lavoro anche i c.d. infortuni in itinere: quei casi di infortunio verificatisi nel tragitto compiuto dal lavoratore per recarsi o tornare dal luogo di lavoro.[17]

Oltre alla necessità che sia effettuato un nuovo DVR dal datore di lavoro, si rileva che in seguito alla circolare n. 13 del 03.04.2020 l’INAIL ha chiarito che l’infezione da nuovo Coronavirus vada trattata come infortunio sul lavoro (malattia – infortunio), dove il presupposto giuridico è costituito “dell’equivalenza tra causa violenta, richiamata per tutti gli infortuni, e causa virulenta, costituita dall’azione del nuovo Coronavirus”.[18]      
Tale significativo riconoscimento, anche delle ipotesi c.d. in itinere, riguarda un vastissimo novero di lavoratori. L’INAIL ha distinto le ipotesi dove opera una presunzione semplice c.d. di esposizione professionale dalle ipotesi di infortunio che necessitano “dell’ordinaria procedura di accertamento medico-legale che si avvale essenzialmente dei seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.[19]      
Per i prestatori di lavoro che possono avvalersi della presunzione semplice, l’ordinanza n. 13/2020 contiene un’elencazione, meramente esemplificativa e non tassativa, delle categorie: professionisti sanitari, addetti vendite, addetti front – office, personale delle RSA, tassisti, addetti cassa, addetti al trasporto, al personale amministrativo delle strutture sanitarie.

Per tali ipotesi, in ottemperanza alle disposizioni contenute nell’articolo 53 del Dpr. n. 1124/1965, il datore di lavoro deve procedere alla denuncia/ comunicazione di infortunio e il medico certificatore che effettua la prima assistenza dovrà trasmettere all’ INAIL il certificato di infortunio. Dal momento della conferma diagnostica scatta la copertura dell’INAIL che riguarda l’intero periodo di malattia, inclusa la quarantena o l’isolamento fiduciario.

6. Conclusioni

In conclusione, occorre rilevare che l’emergenza sanitaria da COVID-19 ha comportato e comporterà un aumento della soglia di attenzione da parte datoriale, con un evidente aumento di costi per poter sostenere l’esercizio dell’attività imprenditoriale in sicurezza; anche per i prestatori di lavoro vi è la necessità di un aumento della soglia d’attenzione e degli obblighi informativi.

De jure condendo si rileva la necessità che sia predisposto un piano per il controllo delle temperature corporee, in grado di garantire, l’adempimento dell’obbligo di vigilanza da parte datoriale, mentre si rileva la necessità di mettere a disposizione dell’apparato industriale il libero accesso ai DPI necessari per lo svolgimento dell’attività economica. Alcune significative proposte potrebbero essere rappresentate da un aumento della vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza e l’utilizzo dei termoscanner per tutte le attività commerciali aperte al pubblico.[20]  
   
Costituisce sicuramete un ottimo incentivo al rispetto delle misure, la previsione di poter beneficiare di detrazioni fiscali del 50% per l'acquisto dei DPI , ma, invero si rileva anche l’esigenza di aumentare i controlli sulle attività perché si possa vigilare sul rispetto delle prescrizioni normative e controllare la curva del contagio. Tutto questo, senza mai dimenticare che la violazione di tali disposizioni espone il datore di lavoro, il dirigente nonché il prestatore a sanzioni penali.       

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Modalità e forme legittime di accesso nel domicilio dei lavoratori, per la verifica della corretta attuazione delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, sono subordinate al preavviso e al consenso di quest’ultimo, nei limiti di quanto previsto dalla normativa nazionale e dalla contrattazione collettiva. Al telelavoratore, a sua volta, è riconosciuto il diritto di chiedere ispezioni sulla sua postazione lavorativa. Per approfondire ulteriormente la questione si veda L. Fantini, Salute e sicurezza sul lavoro, telelavoro e smart working in www.dottrinalavoro.it

[2] Le disposizioni riguardanti i lavoratori autonomi sono contenute trasversalmente nel TUSL: in particolare negli artt. 20,21, 90, 94, 100, 124, 138, 152, 160.

[3] Per un maggior approfondimento: A. Rotella, Sicurezza sul lavoro, 2019, Ipsoa; R. Guariniello, Il T. U. sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza, 2018, Ipsoa; R. Staiano, Tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, 2014, Maggioli.  

[4] Negli enti pubblici, la qualifica di datore di lavoro spetta al dirigente responsabile del corrispettivo servizio tecnico, individuato dall'organo di governo, “ma la posizione di garanzia e la responsabilità di quest'ultimo, con riguardo alla messa in sicurezza degli impianti di proprietà dell'ente, non è esclusa allorchè il rischio consegua da scelte di indirizzo ovvero da atti o condotte omissive dell'organo politico, che abbiano privato il dirigente della reale autonomia di spesa, e sempre che la situazione di pericolo sia in concreto conosciuta o conoscibile dai titolari delle posizioni apicali.” Cassazione penale sez. IV, 07/06/2016, n.30557.

[5] La necessità della formale investitura viene confermata anche dalla giurisprudenza che ritiene doversi applicare il criterio dell’effettività. Cfr Corte di Cassazione, n. 49821 del 2012.

[6] F. CACUCCI, Gli obblighi di sicurezza sul lavoro. Destinatari e soggetti tutelari, Key Editore 2015

[7] Ai sensi e agli effetti dell’articolo 17 del D. Lgs. n. 81 del 2008.

[8] Tale documento deve riportare le firme del Datore di Lavoro, del Responsabile del Servizio di Prevenzione e del Medico Competente che ne attestino la data.

[9] Il DUVRI è un documento, previsto dall’articolo 26 del D. Lgs. n. 81 del 2008, che contiene il rischio di contrasto e collisione tra le varie attività e ditte presenti sul posto di lavoro, al fine di prevenire il rischio e organizzare il lavoro di conseguenza.

[10] Si rileva, inoltre, che il datore di lavoro oltre ad essere tenuto a fornire gli indumenti costituenti i DPI  ai dipendenti e a garantirne l'idoneità a prevenire l'insorgenza e il diffondersi di infezioni, provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie "per la sicurezza e la salute dei lavoratori", che il datore di lavoro è tenuto ad adottare.  Cassazione civile sez. lav., 16/12/2019, n.33133.

[11] Gli artt. 74,75 e 76 del D. Lgs. n. 81 del 2008 dettano rispettivamente: una nozione di DPI, l’obbligo di utilizzo in caso di impossibilità di ridurre diversamente il rischio e i relativi requisiti.

[12] A. DONINI, Nuova flessibilità spazio-temporale e tecnologie: l'idea del lavoro agile, in Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, 2017, p. 82-84.

[13] Il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 negli ambienti di lavoro, stipulato il 14.03.2020 è stato il primo di numerosi protocolli siglati, per adeguare le disposizioni aziendali all’emergenza sanitaria in corso, da associazioni di categoria per tutelare la sicurezza negli ambienti di lavoro.

[14] Particolarmente controversa è stata la disciplina giuridica del termoscanner, per il rispetto della privacy e del GDPR, invero, nel testo del Protocollo del 24.04.2020 viene esplicitato che “La rilevazione in tempo reale della temperatura corporea costituisce un trattamento di dati personali e, pertanto, deve avvenire ai sensi della disciplina privacy vigente. A tal fine si suggerisce di: 1) rilevare a temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali; 2) fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali. Si ricorda che l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso e può essere fornita anche oralmente“.

[15] A. Fiori, Le causalità nelle malattie professionali, in Rivista italiana medicina legale, fasc.1, 2007, pag. 11.

[16] A. De Matteis, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, 2011, Giuffrè.

[17] V. Filì, Il punto sulla giurisprudenza in materia di occasione di lavoro e infortunio in itinere, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.1, 01/01/2019, pag. 70.

[18] Ai fini di una corretta comprensione è d’uopo rilevare la distinzione tra rischi endogeni ed esogeni: nel primo caso la fonte da cui si origina il pericolo deriva dall’interno dell’azienda, nel secondo caso il pericolo è originato dall’esterno dell’azienda, ed è dunque completamente scollegato dai suoi fattori produttivi. Invero il rischio sarebbe endogeno o professionale quando l’esercizio dell’attività lavorativa comporti per il lavoratore un’esposizione al pericolo maggiore rispetto a quella propria della comunità. 

[19] La copertura dell’INAIL consente così, pertanto, di evitare che possano esserci problemi di natura giuridico assistenziale e che il prestatore di lavoro sia disincentivato a recarsi sul luogo di lavoro.

[20] In assenza di DPI, il datore di lavoro potrebbe essere costretto a non esercitare l’attività d’impresa e, pertanto, anche a ricorrere agli ammortizzatori sociali previsti durante la normazione emergenziale.