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Pubbl. Lun, 6 Lug 2015

Il reato militare: definizione e struttura nella dottrina e nella giurisprudenza.

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Saverio Setti
Dirigente della P.A.Ministero della Difesa


Il trattamento sanzionatorio militare penale di pace: una breve introduzione sistematica.


Sommario: 1. Premessa; 2. Il reato militare: una definizione; 3. Il reato militare: la struttura; 4. Il reato militare: il concorso dell’extraneus. - Consigliato su questo tema: Corso di Diritto Penale Militare.

1. Premessa

Il reato appartiene alla categoria dei fatti illeciti e si distingue da tutti gli altri illeciti previsti dall’ordinamento giuridico in ragione del tipo di sanzione che il Legislatore vi riconnette: la pena. Il reato, in sostanza, è una violazione della legge penale.

Competente a conoscere i reati è, ai sensi del titolo IV Cost., la magistratura.

La lettura del presente titolo evidenzia come il Legislatore costituzionale temperi i principio di unità della giurisdizione mediante la previsione di giudici speciali: essi sono il Consiglio di Stato (e gli altri organi di giustizia amministrativa), la Corte dei Conti, i Tribunali militari[1] e la Corte Costituzionale.

La magistratura militare, in tempo di pace, ha giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate[2]. Il plesso giudiziario militare è organizzato in prima istanza come Tribunale militare[3] ed in seconda istanza come Corte militare di Appello[4], nei confronti delle decisione della quale è ammesso il ricorso per Cassazione per gli stessi motivi previsti dal c.p.p.: su di essi la Suprema Corte decide in composizione ordinaria[5]. Sia i Tribunali militari che le Corti militari di Appello sono composti da due magistrati militari[6] ed un ufficiale estratto a sorte dello stesso corpo cui appartiene l’imputato. Presso gli uffici giudiziari militari sono costituiti gli uffici del Pubblico ministero militare[7]. L’indipendenza della magistratura militare è garantita dal Consiglio della magistratura militare[8].

Criterio fondamentale di riparto della giurisdizione de qua è, quindi, basato sulla distinzione tra reato comune e reato militare.

2. Il reato militare: una definizione.

Più complessa di quanto potrebbe essere prima facie è la definizione di reato militare. Perché se da un lato è vero come la concezione di reato (comune) sia ormai unanimemente quella formale, d’altra parte dottrina e giurisprudenza non sono concordi nel qualificare su base formale il reato militare.

Partendo dal dato legislativo letterale, l’art. 37, primo comma, definisce reato militare «Qualunque violazione della legge penale militare»: una descrizione meramente formale.

La dottrina moderna ha, però, tentato di fornire una interpretazione costituzionalmente orientata che potesse trovare un riferimento ontologico, o quantomeno finalistico, che caratterizzasse e differenziasse il reato militare dal reato comune.

Una prima visione teorica ha proposto la teoria della qualifica soggettiva: reato militare è una species del genus del reato proprio. Il reato militare è solo quel reato che può essere commesso da un soggetto con una particolare qualifica normativa, lo status di militare (requisito soggettivo), preesistente alla fattispecie penale (requisito temporale). Si tratta di una teoria che, per quanto lineare e tendenzialmente omnicomprensiva, trova un insuperabile limite nell’art. 329 c.p. L’applicazione della teoria della qualifica soggettiva porterebbe alla conclusione che l’articolo citato del codice penale comporterebbe un reato militare, conclusione nettamente smentita da dottrina e giurisprudenza.

Una seconda teoria vede la qualificazione militare penalistica nel bene giuridico oggetto di protezione normativa; reato militare è quindi, solo quello idoneo a ledere ovvero mettere in pericolo beni o interessi aventi in qualche modo natura militare. Anche in questo caso, però, viene in evidenza il dato testuale del diritto penale comune che, ovviamente, presenta alcune norme a difesa degli interessi militari, in quanto espressione dell’«interesse militare dello Stato»[9]. La contravvenzione di cui all’art. 682 c.p. ne è un esempio.

Dottrinalmente, quindi, la soluzione non può essere che quella formale, da riempirsi di significato normativo a cura della giurisprudenza.

La concezione formale è stata adottata da una pronuncia della Corte costituzionale che, nella sent. del 6 luglio 1995, n. 298, ha definito come spetti al libro apprezzamento del Legislatore stabilire quale tipo di illecito qualificare come “militare”, pur nella considerazione che «essi, nei loro elementi costitutivi, non sono previsti dalla legge penale comune o comunque offendono accanto ad interessi tutelati dalla legge stessa interessi aventi natura militare».

La Cassazione penale, poi[10], ha affermato che quanto disposto dal primo comma dell’art. 37 c.p.m.p. si risolve in una definizione meramente formale che è una tautologia, spostando la ricerca della nozione di reato militare a quella della legge penale militare. Tuttavia riconosce che nessuno dei criteri indicati dalla dottrina si è rivelato dirimente, dunque non resta che la nozione formale (e restrittiva) di reato militare.
Il Tribunale militare di Verona, ha, in merito, osservato che l’enunciazione di cui al primo comma dell’art. 37 c.p.m.p. «è stata comunemente in dottrina ed in giurisprudenza -  ad eccezione di rare pronunce di merito, smentite dalla suprema Corte -  identificata nella “definizione” di reato militare. Ne è derivata un'interpretazione estremamente formalistica, in base alla quale è solo il dato dell'inclusione in una legge penale militare -  definita tale dal legislatore - a comportare, in modo vincolante per l'interprete, la qualificazione di un fatto come “reato militare”, con negazione di spazi interpretativi finalizzati ad una nozione più sostanziale ed appagante che ponga come epicentro il bene giuridico leso»[11].

Riassumendo, dall’analisi della dottrina della giurisprudenza prevalente, è possibile ricollegare la nozione di diritto militare ad un dato formale ed a precisi indici sostanziali:

  • nella commissione del fatto tipico da un soggetto militare a danno di un altro militare, o in un luogo militare;
  • ​nella commissione del fatto tipico in un luogo di operazione militare all’estero.

3. Il reato militare: la struttura.

La migliore e più risalente dottrina in materia[12] aveva elaborato una bipartizione dei reati militari che, nella compilazione dei codici penali militari, è stata accolta dal Legislatore.

È reato esclusivamente militare quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune[13].

A questi reati si contrappone la categoria dei reati obiettivamente militari, in cui gli elementi materiali costitutivi sono in tutto o in parte previsti come reato dalla legge penale comune. Questa categoria ricomprende i reati plurioffensivi: di un interesse ulteriore in aggiunta a quello militare. Chiaramente le norme che prevedono reati obiettivamente militari sono speciali rispetto alle norme incriminatrici comuni, dunque in base a questo criterio, ex art. 15 c.p., vanno risolti i concorsi apparenti di norme.

Interessante notare come questa bipartizione non abbia solo valenza dogmatico-classificatoria, ma abbia un importante riflesso procedurale: per i reati esclusivamente militari non è ammessa, perché non avrebbe senso, la cooperazione internazionale (estradizione e rogatorie), mentre per i reati obiettivamente militari essa è, in generale, consentita, perché la qualificazione militare è un quid pluris rispetto ad una condotta che già di per sé è penalmente sanzionabile.

Titolo esclusivo di imputazione del reato militare è il dolo, anche eventuale, posto che il reato militare ha natura esclusivamente delittuosa[14], salve le previsioni colpose esplicitamente previste[15]

Interessante è, in merito, precisare come, in analogia con quanto previsto dall’art. 5 c.p., il militare non possa invocare a propria scusa l’ignoranza dei doveri inerenti al suo stato militare[16]. È però da riconoscere come, per quanto alcuni reati militari possano rientrare nell’alveo dei c.d. reati naturali[17], altri necessitino della conoscenza specifica della norma. Se si considera, in aggiunta come, ovviamente, il primo addestramento di un militare appena arruolato non possa che inerire il combattimento e non certo il diritto militare, ben si comprende la circostanza attenuante comune applicabile al militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando trattasi di reato esclusivamente militare.

Seconda classificazione del reato militare può delinearsi in ordine al bene giuridico oggetto di tutela penale.

Da un lato si avranno i reati militari contro il servizio, generale o specifico. Si tratta di reati che offendono la soggezione derivante dalla condizione di militare, i compiti di facere ovvero non facere strutturalmente connaturati nell’essere militare. Sono reati contro il servizio, ad esempio, la violazione del dovere del comandante di essere l’ultimo ad abbandonare la nave, l’aeromobile o il posto di comando[18], la violata consegna[19], la manifestazione di codardia[20] o, ancora, l’allontanamento illecito[21] e la diserzione[22].

Seconda classe di figure incriminatrici militari è quella dei reati contro la disciplina. Trattasi di reati che ledono o mettono in pericolo la coesione delle Forze Armate, ovvero la generale osservanza delle regole su cui è basata la comunità, e che ineriscono, in particolare, al rapporto gerarchico. Si è spesso osservato come, in realtà, i reati che ledono la disciplina sono, in senso lato, offensivi del servizio; il mantenimento, però, di due classi dottrinali distinte consente una migliore trattazione delle figure incriminatrici, dunque ha funzione meramente compilativa/descrittiva. Sono reati contro la disciplina, ex multis, la disobbedienza[23], la rivolta[24], l’insubordinazione o la sedizione[25].

In conclusione conviene soffermarsi brevemente sul trattamento sanzionatorio. Le sanzioni previste per i reati militari sono: l’ergastolo, la reclusione comune e la reclusione militare. Quest’ultima viene scontata presso l’unica struttura detentiva attualmente presente in Italia, il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, inserito nel contesto dell’Organizzazione penitenziaria militare. Da notare come, in essa, oltre ai rei militari possano essere detenuti, anche in seguito a condanna per reato comune, anche il personale appartenente alle Forze di Polizia[26], la quale potenzialmente avrebbe difficoltà di regolare espiazione della pena in penitenziari ordinari.

Si è notato che il Legislatore ha sviluppato un trattamento sanzionatorio particolare alle norme incriminatrici militari, in risposta alle esigenze delle istituzioni con le stellette. Se, infatti, è vero che la particolare connessione funzionale tra militare e Stato ha portato quest’ultimo ha punire con severità e prontezza il trasgressore, d’altra parte è evidente come la vis antisociale del reato militare è più limitata, rendendo superfluo per il Legislatore infierire sul reo. Ciò premesso, si può ben condividere la scelta operata dai codici penali militari, che sanzionano le violazioni con rigore ma seguono criteri più morigerato quando gli effetti del reato valicano l’ambito istituzionale. Si tenga, ad esempio, presente che l’art. 70 c.p.m.p. eleva a tre anni il limite massimo di pena compatibile con la non menzione.

4. Il reato militare: il concorso dell’extraneus.

Stante il criterio di riparto su ricordato, viene ora in esame il problema del concorso di un civile nel reato militare. È chiaro come il concorso dell’estraneo al mondo militare sia configurabile ontologicamente, giuridicamente e meritevole di pena.

In ordine al criterio di riparto è necessaria una lettura coordinata degli art. 13 c.p.p. e 264 c.p.m.p., alla quale si è giunti dopo un percorso di assestamento che ha visto la Cassazione quale principale promotore. In una prima sentenza del 21 aprile 2004, la Suprema Corte ha infatti evidenziato come la differenziazione di fondo tra le due previsioni normative stesse nel fatto che l’art. 264 si riferisse solo alle ipotesi delittuose.

Un anno dopo[27], la Cassazione precisò che il coordinamento tra le due disposizioni rende evidente che l’art. 13 segna un limite di operatività alle disposizioni dell’art. 264, nel senso che quest’ultima norma, che sancisce la prevalenza della giurisdizione ordinaria su quella militare, non si applica quando il reato più grave è quello militare.

In altre parole, quando esiste una connessione tra procedimenti di competenza del G.O. e procedimenti di competenza del giudice militare, la giurisdizione spetta per tutti al G.O., a norma dell’art. 13, secondo comma c.p.p., solo se, pur trattandosi di reati diversi, il reato comune è più grave di quello militare; mentre in tutti gli altri casi le rispettive sfere di giurisdizione rimangono separate.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Art. 103 Cost. Precisa l’art. 263 c.p.m.p. che appartiene ai tribunali militari la cognizione dei reati militari commessi "dai militari in servizio alle armi o considerati tali dalla legge al momento del commesso reato".

[2] Esercito Italiano, Marina Militare, Aeronautica Militare, Carabinieri e Guardia di Finanza. Precisa l’art. 262 c.p.m.p. che la giurisdizione militare è unica per tutte le Forze Armate dello Stato, terrestri, marittime ed aeree.

[3] Nelle tre sedi di Verona, Roma e Napoli.

[4] Nell’unica sede di Roma.

[5] C. Cost. 1/1983.

[6] Posizione cui si accede per concorso aperto ai magistrati ordinari e, in caso di mancata copertura di tutti i posti messi a concorso, l’accesso al concorso è aperto ai laureati in Giurisprudenza.

[7] Art. 1, l. 303/1940.

[8] L. 561/1988.

[9] Cass. Pen. Sez I, 15 ottobre 1996, n. 958.

[10] Sez. I, Sent. del 22 settembre 2009, n. 759.

[11] Sent. disponibile cliccando su questo link esterno.

[12] DI VICO, Diritto penale militare, Milano, 1917.

[13] Art. 37, c. 2 c.p.m.p.

[14] Ai sensi del combinato disposto degli artt. 37, c. 2 del c.p.m.p. e 16 e 42 del c.p.

[15] Ad es. il danneggiamento colposo, ex art. 170 c.p.m.p.

[16] Art. 39 c.p.m.p., sempreché, ovviamente, non si tratti di ignoranza inevitabile.

[17] Il cui disvalore è evidente anche per la conoscenza parallela del profano. Tipico esempio è la disobbedienza.

[18] Art. 112 c.p.m.p.

[19] Art. 118 c.p.m.p.

[20] Art. 137 c.p.m.p.

[21] Art. 147 c.p.m.p.

[22] Art. 148 c.p.m.p.

[23] Art. 173 c.p.m.p.

[24] Art. 175 c.p.m.p.

[25] Art. 180 c.p.m.p.

[26] Art. 79 della l. 121/1981.

[27] Cass. Civ., sez. I, 20 gennaio 2005.