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Pubbl. Mar, 5 Mag 2020

Mutuo fondiario e trasformazione del credito da chirografario ad ipotecario

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Lucio De Benedictis



In vista dell´insolvenza dell´impresa debitrice, ormai prossima al fallimento, la banca non può trasformare un mutuo ordinario in un mutuo fondiario, attraverso la successiva costituzione di una garanzia ipotecaria. La concessione del credito fondiario, infatti, deve essere simultanea all´erogazione della garanzia, non potendo rendersi contestuale un´ipoteca per un credito preesistente. (Cass., ordinanza n. 3024 del 10.02.2020)


Sommario: 1. Il negozio indiretto. - 2. Revocabilità dell’ipoteca - 3. Contratto in frode alla legge. - 4. Le caratteristiche tipiche del mutuo fondiario in relazione al valore del bene. 

1. Il negozio indiretto 

Il Tribunale di Trani nel caso in questione (ordinanza ex art. 98 L.F. rep. n.1320/2014 del 20/3/14) ha ritenuto di inquadrare la fattispecie complessa intercorsa nell’ambito del negozio indiretto. Trattavasi in particolare di un caso in cui la Banca aveva sottoscritto con il Cliente un contratto di apertura di credito in conto corrente con garanzia reale prestata da terzi. La relativa somma concordata veniva utilizzata dalla fallita allorchè era in bonis per disponibilità liquide connesse ad esigenze di impresa. La fallita aveva altresì presso la medesima banca un ulteriore conto corrente anch'esso costantemente in passivo.

Stante l'evoluzione negativa dell'andamento del conto, la Banca concordava con la fallita la stipula di un contratto di mutuo, effettuata la quale la relativa somma veniva usata per estinguere una posizione e per ridurre l'esposizione dell'altro c/c che rimaneva comunque ancora passivo nonchè per il pagamento delle prime tre rate di mutuo ipotecario sottoscritto.

Tale complessivo andamento spingeva il Tribunale a ritenere valide le doglianze del Tribunale, accogliendo la prospettazione difensiva del negozio indiretto e, quindi, accogliendo la domanda. 

Quando l’ordinamento si trova davanti atti o un complesso di atti finalizzati a raggiungere un risultato diverso rispetto allo scopo tipico dei singoli atti utilizzati, non può che reagire verificando che la causa del o dei negozi posti in essere corrisponda a quella tipica prevista.

E' compito del Giudice, infatti, verificare gli elementi essenziali del contratto: l’accordo delle parti, l’oggetto, la forma ed appunto la sua causa, intesa talvolta come fine perseguito da ciascuna delle parti, talvolta come funzione economico sociale o ragione economico giuridica sottesa al negozio stesso. Non è qui la sede per confutare le varie teorie elaborate dalla dottrina, tuttavia non può non accennarsi al principio basilare secondo cui il Giudice deve effettuare una comparazione tra la funzione concreta del negozio correlata a quanto le parti volevano realizzare con lo stesso, con i parametri di valutazione rappresentati dal necessario rispetto delle norme imperative, dall'ordine pubblico e dal buon costume.

Ebbene: nel caso in cui il negozio (od il complesso di negozi) venga in rilievo nell’ambito di una procedura fallimentare, occorre anche affermare la par condicio creditorum che è norma imperativa  ex art. 2741 c.c..

E' pur vero che una parte della giurisprudenza ha affermato che "la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto[1], ma è anche vero che il Giudice deve verificare se nel caso concreto sia stato posto in essere un negozio (o un complesso di negozi) che impedisca all'ordinamento di attuare la protezione dei creditori in caso d'insolvenza. Ciò avviene quando il negozio venga utilizzato in funzione illecita, al solo scopo di eludere la disciplina concorsuale[2]

Deve quindi ritenersi non tutelabile, secondo gli schemi del negozio indiretto, l’utilizzo di una forma tipica (il mutuo fondiario) per perseguire scopi illeciti, overo la trasformazione della garanzia da chirografaria ad ipotecaria. In questa ipotesi, infatti, si ha un atto (il contratto di mutuo fondiario) che preso singolarmente è lecito, ma combinato con la preesistenza del debito ed il fine ultimo perseguito dall’istituto di credito di trasformazione della garanzia da chirografaria ad ipotecaria, produce un risultato non consentito. 

In tal senso ha concluso l'ordinanza in commento, condividendo la impugnata decisione del Tribunale.

2. Revocabilità dell’ipoteca 

La giurisprudenza così si è espressa sulla revocabilità della sola ipoteca: “Qualora venga dichiarato il fallimento dell'obbligato, è revocabile ex art. 67 legge fall. l'ipoteca, accessoria ad un mutuo, che integri in concreto una garanzia costituita per un debito chirografario preesistente, ma la revoca di detta ipoteca non comporta necessariamente l'esclusione dall'ammissione al passivo di quanto erogato per il suddetto mutuo, essendo l'ammissione incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione, e non anche con quella del negozio indiretto, poiché, in tal caso, la stessa revoca dell'intera operazione - e, quindi, anche del mutuo - comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, e ciò in quanto all'inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessità di restituzione, sia pur in moneta fallimentare.[3]

Pertanto ogni qualvolta la Banca realizzi un'operazione complessa adibita a creare una garanzia ipotecaria prima inesistente tramite lo schema del mutuo fondiario, senza rispettarne le tipicità e la ratio di tale istituto, si è in presenza di un negozio indiretto, come tale soggetto a revoca per tutti i soggetti che di fronte alla cogenza della legge non possono vantare posizioni di supremazia od altro 

3. Contratto in frode alla legge

Altra prospettiva utilizzabile è quella del contratto in frode alla legge che, in base all’art. 1344 c.c. è quel contratto che ha causa illecita in quanto “costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa”.

Sia infatti che si intenda la causa in senso soggettivo (che si identifica nel motivo ultimo e determinante della volontà negoziale, nel concreto scopo per il quale il soggetto assume l'obbligazione), sia che la si intenda in senso oggettivo (elemento avente natura oggettiva, propria della struttura dell'atto: cioè fondamento di ciascuna singola attribuzione dedotta nel sinallagma contrattuale), sia infine, che costituisca la funzione economico-sociale del contratto (che da rilevanza all'intento riconducibile nel caso specifico ai contraenti, all'interesse dai medesimi avuto di mira nella singola contrattazione), in ogni caso il risultato non cambia.

Infatti, nella valutazione della causa in concreto occorre pur sempre verificare gli scopi concretamente perseguiti dalle parti, senza partire dallo schema contrattuale utilizzato. 

Nella specie non è lecito alterare la par condicio creditorum in una situazione di decozione comprovata, perchè in tal caso viene posto in essere un contratto tipico con causa illecita[4] che hanno affermato la nullità del contratto di trust – di per sè lecito - se volto ad eludere le norme imperative che presiedono alla liquidazione concorsuale). 

La giurisprudenza di legittimità[5], ha anche ritenuto che “La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l’art. 1418, 1º comma, c.c., con l’inciso “salvo che la legge disponga diversamente”, impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario in violazione dell’art. 216, 3º comma, l.fall., che punisce la condotta di bancarotta preferenziale, non dà luogo a nullità per illiceità di causa, ai sensi del citato art. 1418, ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum”. 

Nel caso di mutuo fondiario stipulato al fine della trasformazione della garanzia da chirografaria ad ipotecaria, è evidente che si pone in essere un atto volto ad eludere la par condicio creditorum, per cui tale complessivo negozio, non può essere ritenuto meritevole di tutela anche perchè in tal modo si viola l’art. 1344 c.c.. 

4. Le caratteristiche tipiche del mutuo fondiario in relazione al valore del bene

Il  T.U.B. (Testo Unico Bancario - D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), indica quali sono le caratteristiche che deve avere il mutuo fondiario. In particolare:

  • l’art. 38 infatti dispone che “1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l'ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
  • Il successivo art. 39 dispone al quarto comma che “Le ipoteche a garanzia dei finanziamenti non sono assoggettate a revocatoria fallimentare quando siano state iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento. L'art. 67 della legge fallimentare non si applica ai pagamenti effettuati dal debitore a fronte di crediti fondiari

Tali norme non possono essere interpretate in maniera asettica, non potendosi definire semplicemente un mutuo fondiario solo quello relativo a “finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili” (così l’art. 38, comma 1 T.U.B.) senza tener conto delle caratteristiche di detto mutuo indicate nel secondo comma.

Nè è possibile invocare, a fronte di un rispetto solo letterale dell’art. 38 cit., l’esenzione da revocatoria prevista dal successivo art. 39 T.U.B..

Le norme, infatti, vanno lette nel loro complesso, dovendosi anche verificare il rispetto di quanto indicato nel secondo comma dell’art. 38 T.U.B., norma che prescrive l’ammontare massimo dei finanziamenti rapportato al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi. sarebbe opportuno riportare in nota il contenuto per esteso di tali disposizioni

Da qui il corollario che nella complessa verifica del negozio che il Giudice è chiamato a fare, rientra la verifica di tutti gli elementi necessari ed essenziali al fine di statuire se trattasi di semplice mutuo ipotecario (come tale revocabile nell’ambito dei requisiti temporali dell’art. 67 L.F.) ovvero di quel qualcosa in più che è il mutuo fondiario. 

Nel caso di cui si è occupata la pronuncia in commento, il mutuo fondiario sia per le finalità perseguite dalla Banca, sia per le modalità in cui si è pervenuti alla stipula non è stato ritenuto tale, sia perchè manca la necessaria contestualità dell’ipoteca al sorgere del credito (Cosa che renderebbe conferirebbe all’atto addirittura natura gratuita – così Cass. III Sez. – sent. del 08/5/14 n. 9987), sia per aver la Banca omesso totalmente la prova dei requisiti di cui al secondo comma dell’art. 38 cit., dovendo operarsi anche la verifica dei limiti di finanziabilità), per aver ritenuto che la semplice intitolazione di mutuo fondiario fosse sufficiente a garantire gli effetti voluti dalla banca che erano quelli di trasformare un credito chirografario in uno ipotecario. Il tutto presupponendo che la ratio dell’art. 38 cit. fosse quella di tutela della stabilità patrimoniale della singola banca, laddove invece gli interessi generali dell’ordinamento presuppongono la lettura combinata sia della legge bancaria che, nel caso in riferimento, di quella fallimentare. 

Pertanto, se non c’è credito fondiario ex art. 38 TUB per carenza di causa, nemmeno l’ipoteca può dirsi consolidata ai sensi dell’art. 39 TUB, mancando la sussistenza del credito fondiario e la stessa va revocata, escludendosi qualsiasi privilegio.


Note e riferimenti bibliografici

[1] così Cass., 28/9/2016, n. 19196, in Foro it., rep. 2016

[2] come ad esempio spesso avviene in materia di trust. V. ad es. Cass. 09/05/2014, n. 10105

[3] (così Cass. civ. Sez. I Sent., 28/01/2013, n. 1807. Conf. Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 14-02-2018) 14-05-2018, n. 11705, da Cass. civ. Sez. I Ord., 13/03/2018, n. 6094, da Cass. civ. Sez. I Ord., 26/02/2018, n. 4513, da Cass. civ. Sez. I Ord., 21/02/2018, n. 4202 e meno di recente da Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 16-05-2016) 05-07-2016, n. 13717 e da Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 11-06-2013) 13-09-2013, n. 21020) 

[4] V. ad esempio Tribunale Milano 17 luglio 2009 - in http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/1795 - e Tribunale Mantova 18 aprile 2011 - in http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/4438

[5] Cass., 28 settembre 2016, n. 19196, in Foro it., rep. 2016, voce Contratto in genere, n. 407