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Pubbl. Mer, 1 Lug 2015

Il personalismo cristiano e i suoi effetti sui diritti umani.

Giovanni Sarruso


Teoria e prassi della concezione antropologica cristiana e le sue ricadute giuridiche.


Il personalismo, cioè la concezione dell'uomo come unità psicofisica (anima e corpo intrinsecamente connessi), oltre che una concezione filosofica, elaborata fin dai primi tempi del Cristianesimo e più volte ripensata anche in tempi recenti, è una prassi originaria dei primi cristiani che precede la riflessione dei Padri della Chiesa.

Il personalismo, cioè la concezione dell'uomo come unità psicofisica (anima e corpo intrinsecamente connessi), oltre che una concezione filosofica, elaborata fin dai primi tempi del Cristianesimo e più volte ripensata anche in tempi recenti, è una prassi originaria dei primi cristiani che precede la riflessione dei Padri della Chiesa.

In questo articolo vogliamo ripercorrerne gli inizi per evidenziare come lentamente la società antica si mutò in quella medioevale, che rappresentò sul piano giuridico tutt'altro che un regresso, da alcuni punti di vista.

Prenderemo le mosse dagli Atti degli Apostoli e dalle Lettere di San Paolo e proseguiremo fino alla formazione della società feudale.

Negli Atti si sottolinea che i primi cristiani mettevano insieme i loro beni su base volontaria e praticavano insieme la fractio panis, cioè l'eucaristia. Successivamente i servizi delle mense, cioè la solidarietà per i poveri, venne affidata ai diaconi e gli apostoli si riservarono la diffusione della parola. Insomma l'uguaglianza tra i fratelli fu all'inizio una prassi solidaristica. Nella lettera di San Paolo a Filemone, tuttavia, si dice di accogliere lo schiavo Onesimo come un fratello e questa è una prima concettualizzazione del superamento della schiavitù.

Sarebbe però ingeneroso non notare che nel corso del I secolo, quindi in contemporanea con lo sviluppo del cristianesimo, la schiavitù si andava attenuando al punto che al tempo dell'imperatore Claudio vari liberti, cioè schiavi liberati, riuscirono ad accedere ad alte cariche.

Detto questo, passiamo al personalismo come concetto. Esso nasce in ambito teologico con Tertulliano che nello scritto Contro Prassea sostiene che Padre, Figlio e Spirito Santo sono tre persone e non tre aspetti di un unico Dio. Tertulliano non ha ancora il concetto di Trinità e quindi subordina il Figlio al Padre e lo Spirito ad entrambi, ma comunque introduce in teologia un concetto che avrà riflessi antropologici, per esempio Gesù è sia Dio che Uomo, ma è la stessa persona (prosopon) con due nature. Ovviamente noi siamo persone con una sola natura. Sarà, infatti, Severino Boezio (480-526) nel suo "Liber de persona" a dare una definizione di persona come sostanza individuale di natura razionale nell'intento di respingere le eresie di Eutiche (monofisismo) e di Nestorio che vedeva in Cristo due nature, divina ed umana e anche due persone.

Parallelamente la realtà storica mutava nel senso che metteva in crisi sia le aziende schiavistiche (mantenere uno schiavo costava troppo)  sia la libera proprietà (per via soprattutto delle tasse). Si andava così diffondendo la pratica della servitù della gleba, imposta ai liberi proprietari per legge da Diocleziano, oppure praticata dai latifondisti per liberarsi di un po' di schiavi. Il servo, in ogni caso, aveva diritto ad una sua famiglia e non era più una merce che si poteva vendere (la vendita della terra era possibile assieme ai servi). Insomma il servo acquistava dignità di persona con diritti su moglie e figli.

Intanto le invasioni barbariche mutavano la composizione etnica del mondo antico nella parte occidentale dell'impero. Sarà Sant'Agostino, nella Città di Dio, a sostenere che la contrapposizione giusta è quella tra credenti e non credenti non tra Romani e Barbari. Insomma, una volta convertiti, i barbari appartengono alla città di Dio anche loro e sono fratelli. Dopo gli schiavi, il Cristianesimo riconosceva pari dignità alle popolazioni barbariche.

Come si vede ci sono vari passaggi concettuali e storici che procedono parallelamente per un po', ma poi convergono in una società, quella feudale dell'Altomedioevo, in cui tutti hanno dignità di persona (unità anima e corpo) ma c'è una struttura gerarchica piramidale che stempera molto i princìpi. In pratica per i ceti subalterni la vita è dura e l'unica scappatoia è entrare in qualche modo al servizio di un convento per godere di una certa protezione. Ma sono le contraddizioni della storia, che sempre esistono tra i principi e la realtà, naturalmente anche oggi.

 

*Immagine di copertina: "Sant'Agostino medita sul mistero della Trinità", Giovanni Lanfranco, Chiesa di Sant'Agostino Cappella Bongiovanni, Roma.