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Pubbl. Gio, 2 Apr 2020

COVID-19: prorogati di due anni i termini per l´accertamento dell´Amministrazione finanziaria

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Matteo Bottino
AvvocatoUniversità degli Studi di Genova


L’art. 67 co. IV del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. Cura Italia), ha previsto il prolungamento dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori di due anni.


Sommario: 1. Premessa; 2. I termini di prescrizione e decadenza dall’attività di accertamento; 3. La proroga dei termini di cui all’art. 7 co. IV D.L. 18/2020; 3.1 L’opportunità di una proroga dei termini di accertamento; 4. La proroga dei termini ed il rapporto con il c.d. “Statuto dei contribuenti”.

1. Premessa

Il Governo italiano, per far fronte alla situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19, ha emanato un pacchetto di misure al fine di sostenere l’economia nazionale e prevedere misure agevolative per i contribuenti, con particolare riferimento alla sospensione dei termini degli adempimenti fiscali e dei pagamenti. Tali agevolazioni sono previste, dall’art. 67, al cui ultimo comma, però, compare la seguente disposizione: “Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159”.

2. I termini di prescrizione e decadenza dall’attività di accertamento

Il potere di accertamento e rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, è soggetto ad un termine decadenziale, il quale – una volta spirato – impedisce al fisco la possibilità di avanzare qualsivoglia pretesa tributaria nei confronti degli stessi.

Tali termini sono previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 (relativamente alla imposte sui redditi), il quale prevedeva che “Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione” e dall’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972 (in tema di IVA), il quale prevedeva che “Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell'art. 54 e nel secondo comma dell'art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, era previsto un anno aggiuntivo entro cui l’accertamento poteva essere notificato. Questi sono stati in ultimo modificati con L. n. 208 del 2015 (Legge di Bilancio 2016), valevoli – però - per i periodi di imposta dal 2016 (compreso) in avanti[i]. Per quanto di nostro interesse, dunque, si ci riferisce ai termini vigenti prima della sopra evidenziata modifica, in quanto al 31 dicembre del 2020 sarebbero dovuti scadere i termini di accertamento relativi al periodo di imposta dell’anno 2015 e quelli relativamente all’anno 2014 per i casi in cui non fosse stata presentata la dichiarazione. L’utilizzo del condizionale, però, è d’obbligo a seguito della novità normativa introdotta.

3. La proroga dei termini di cui all’art. 67 co. IV D.L. 18/2020

Come anticipato, il c.d. decreto “Cura Italia”, con formula alquanto “fumosa”, ha previsto una proroga di due anni dei termini entro cui l’Amministrazione finanziaria può esercitare i poteri accertativi, sancendo l’applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 159 del 2015. Tale norma, rubricata “Sospensione dei termini per eventi eccezionali”, prevede che “I termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali, ovvero aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nei territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione”.

L’effetto sostanziale del provvedimento da ultimo emanato, in combinato disposto con il D.P.C.M. del 9 marzo 2020[ii] – il quale ha esteso le misure di contenimento e di emergenza a tutto il territorio nazionale – e dalla previsione di sospensione degli adempimenti per tutti contribuenti ivi ubicati, è quello di prorogare i termini di accertamento relativi all’anno di imposta 2015 (ed all’anno di imposta 2014 per coloro che non avevano presentato la dichiarazione) fino al 31 dicembre 2022,  corrispondente al secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

3.1 L’opportunità di una proroga dei termini di accertamento

Lungi dal voler aderire ad alcune paventate utopistiche soluzioni in ambito tributario e fiscale, si è ben consapevoli che è interesse del Governo, ma ancor prima dei cittadini, che siano previsti strumenti agevolativi ed assistenziali che siano finanziariamente sostenibili e non portino al collasso dell’intero sistema “Stato”, soprattutto in un momento in cui maggiormente si sente e si è riscoperta la necessità di un Welfare efficiente. Non si intende ad ogni modo entrare nel merito degli interventi varati dal governo, in quanto non è certamente questa la sede più consona, e nessun commento di natura politica sarebbe tantomeno accettabile in una pubblicazione che ha, e vuole soltanto avere, un rilievo dottrinale ed informativo e con la quale si vogliono semplicemente evidenziare le criticità.

Conclusa la dovuta premessa metodologica si ritiene che la previsione di cui sopra, a sommesso parere di chi scrive, risulta alquanto ingiustificata e gravatoria nei confronti dei contribuenti, o quantomeno poco opportuna vista la situazione emergenziale che sta attraversando il Paese.

Non si rinviene infatti alcuna ratio che possa convincere della bontà di un simile provvedimento, posto che a fronte di sospensioni e rinvii nei pagamenti e negli adempimenti fiscali, limitati (attualmente) ad un periodo temporale che si aggira intorno ai tre mesi, l’Amministrazione finanziaria beneficerà di una proroga di ben due anni del termine entro il quale la stessa potrà esercitare il proprio potere accertativo. Né tale previsione pare essere giustificata da un presunto rallentamento della “macchina” accertativa, anche alla luce delle relazione tecnica[iii] accompagnatoria al Decreto Legge emanato, la quale proprio in riferimento all’art. 67 espone come “La previsione normativa non ha effetti negativi sul gettito, alla luce del fatto che, nel periodo di sospensione delle attività, il personale, anche attraverso le modalità di lavoro agile, che potranno essere riprese con piena operatività a valle del periodo di sospensione”. Orbene, per stessa ammissione dei tecnici, la sospensione dei pagamenti e degli adempimenti fiscali non porterà a nessuna conseguenza negativa sul gettito, sul presupposto che durante il periodo di sospensione i dipendenti dell’Amministrazione finanziaria potranno continuare la propria attività con le modalità del “lavoro agile” e che – anche alla fine dell’emergenza – le operazioni saranno riprese a pieno regime, senza alcun eventuale rallentamento dovuto alle necessità di riorganizzazione del lavoro.

Anche alla luce di quanto sopra, sarebbe stato del tutto legittimo che i termini di accertamento fossero stati prorogati per un periodo pari a quello di sospensione della attività indicate dall’art. 67, mentre – allo stato attuale - più di un dubbio sorge circa detta legittimità.

4. La proroga dei termini ed il rapporto con il c.d. “Statuto dei contribuenti”

La Legge numero 212 del 27 luglio 2000 (Statuto dei contribuenti), è stata certamente una rivoluzione in ambito tributario, in quanto è stato per la prima volta predisposto un testo normativo in cui fossero previste limitazioni all’attività dell’Amministrazione finanziaria e diritti in capo ai contribuenti. Seppur molte delle previsioni ivi indicate hanno trovato piena applicazione, molte sono state disattese o ridimensionate dalla prassi del legislatore e – a volte – dalla giurisprudenza.

Di primo rilievo, nel caso della norma oggetto di esame, è certamente l’art. 3 cit, richiamato direttamente dalla norma che ha previsto la proroga dei termini, il quale al comma terzo prevede come i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati. Tale norma, deve essere necessariamente letta nel combinato disposto con l’art. 1 co. I della medesima legge, il quale sancisce come “Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”. Tale possibilità è stata utilizzata altresì nel caso di specie, limitandosi a prevedere “espressamente” in “anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212” svuotando di fatto il carattere precettivo dell’art. 3 ed utilizzando uno strumento che – a parere di chi scrive – dovrebbe essere legittimamente sfruttato quando a fondamento della deroga vi sia una ragione passibile di tutela. Come evidenziato dalla giurisprudenza, però, “Le disposizioni della legge n. 212 del 2000, fra cui il principio dettato dall'art. 3, secondo il quale "salvo quanto previsto dall'art. 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo", codificando nella materia fiscale il principio di irretroattività delle leggi, pur se costituenti principi generali dell'ordinamento tributario, non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone ammessa la modifica o la deroga, purché espressa e non ad opera di leggi speciali), con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse non è suscettibile di disapplicazione, né può essere di per sé oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità.” (ex plurimis Cass. civ. Sez. V Ord., 17/07/2018, n. 18989). Pertanto dal punto di vista prettamente giuridico-formale, nessuna contestazione può essere rivolta al Governo in merito alla previsione normativa.

Si rileva, infine, come anche dal punto di vista di redazione legislativa, la norma in commento pare in contrasto con il principio di chiarezza e trasparenza normativa di cui all’art. 2 della L. n. 212 del 2000. Il quale prevede che i richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria devono essere eseguiti indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. Orbene, anche in questo caso, il meccanismo di rinvio ad altra norma non corredato da una sintetica indicazione del testo o quantomeno degli effetti, pare porsi in contrasto con un principio che – in un momento delicato come quello attuale – dovrebbe porsi quale faro del legislatore: la chiarezza e la trasparenza.

Si auspica che, in fase di conversione del Decreto Legge, tale disposizione venga eliminata o quantomeno ridimensionata nella sua portata, in un’ottica di bilanciamento con le concessioni e sospensioni previste in favore dei contribuenti, nonché di trasparenza e imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Note e riferimenti bibliografici
[i] Art. 1 Comma 131 L. 208/2015: “L'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituito dal seguente: “Art. 43. - (Termine per l'accertamento). - 1. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. 2. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l'avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. 3. Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle entrate. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte”
Art. 1 comma 132 L. 208/2015: “Le disposizioni di cui all'articolo 57, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e all'articolo 43, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, come sostituiti dai commi 130 e 131 del presente articolo, si applicano agli avvisi relativi al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d'imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d'imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell'Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo. Resta fermo quanto disposto dall'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni”
[ii] Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all'intero territorio nazionale.
2. Sull'intero territorio nazionale e' vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
3. La lettera d) dell'art. 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e' sostituita dalla seguente: «d) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Gli impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali; resta consentito esclusivamente lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive organizzati da organismi sportivi internazionali, all'interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico; in tutti tali casi, le associazioni e le societa' sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano; lo sport e le attivita' motorie svolti all'aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro;».
Art. 2 Disposizioni finali
1. Le disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data del 10 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020.
2. Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti le misure di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 ove incompatibili con la disposizione dell'art. 1 del presente decreto.

[iii] Vedasi Art. 67 della relazione tecnica estratta dal sito Repubblica.it