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Pubbl. Sab, 29 Feb 2020

L´Adunanza Plenaria si pronuncia sulla legittimazione a ricorrere delle associazioni fuori dai casi previsti dalla legge

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Editoriale a cura di


“Gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un’espressa previsione di legge in tal senso”. Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, 20 febbraio 2020, n. 6


Segnalazione a cura dell'avv. Massimiliano Pace del Comitato dei Revisori.

Il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con Sentenza del 20 febbraio 2020, n. 6, ha risolto il contrasto rilevato con ordinanza n. 7208 del 23 ottobre 2019 dalla Sezione VI rimittente a proposito della legittimazione degli enti esponenziali in ordine alla tutela degli interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo.

Nello specifico, la Sezione remittente ha formulato il quesito chiedendo all’Adunanza Plenaria di stabilire se alla luce dell’evoluzione dell’ordinamento e fermo il generale divieto di cui all’art. 81 c.p.c., possa sostenersi che sussista una legittimazione generale di tali enti esponenziali ovvero se sia piuttosto necessaria, a tali fini, una legittimazione straordinaria conferita dal legislatore.

1. La vicenda si inserisce nell’ambito del ricorso proposto dall’associazione Codacons in relazione ad una serie di provvedimenti di risoluzione di taluni istituti di credito, emanati dalla Banca d’Italia. Con riguardo a tale ricorso promosso dall’associazione, in primo grado il TAR Lazio ne aveva dichiarato l’inammissibilità ritenendo l’associazione non legittimata a proporlo. L’associazione aveva pertanto impugnato la sentenza di primo grado (contestualmente ai risparmiatori), deducendo a supporto del gravame una serie di motivi, volti anzitutto a contestare il capo della sentenza che ha dichiarato il difetto di legittimazione in capo all’associazione stessa.

All’origine del contrasto ravvisato dal Collegio rimettente, dunque, si poneva un indirizzo sostenuto dalla Sezione VI con sentenza del 21 luglio 2016 n. 3303, condiviso dal Tribunale amministrativo in sede di dichiarazione dell’inammissibilità del ricorso proposto dall’associazione di categoria: secondo la tesi seguita da questa Sezione, infatti, nell’attuale ordinamento “non sarebbe più in vigore la regola di origine giurisprudenziale del cd. doppio binario, secondo la quale gli enti collettivi, e in primo luogo le associazioni, ove presentino determinati requisiti, sono legittimate di per sé, ovvero a prescindere e in aggiunta rispetto a quanto previsto da specifiche disposizioni di legge, ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo i provvedimenti che ritengano lesivi degli interessi diffusi della collettività della quale si configurano come ente esponenziale”. All’opposto, esclusa la regola del c.d. doppio binario, deve dirsi vigente quella che si fonda sul principio di tassatività, “per cui la legittimazione degli enti esponenziali è eccezionale e sussiste nei soli casi espressamente previsti dalla legge, fra i quali non rientrerebbe quello in esame”.

Contrariamente, il Collegio rimettente ha ritenuto più conforme al dettato costituzionale l’orientamento tradizionale “secondo il quale la legittimazione a proporre ricorso, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, sussiste in capo a tutte le associazioni, anche se sprovviste di legittimazione espressa in via legislativa, che rispondano a determinati criteri, costituiti dall’effettivo e non occasionale impegno a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali, dall’esistenza di una previsione statutaria che qualifichi detta protezione come compito istituzionale dell'associazione, e dalla rispondenza del paventato pregiudizio agli interessi giuridici protetti posti al centro principale dell'attività dell'associazione”; per l’effetto ha osservato ulteriormente che, ragionando nei termini propri dell’indirizzo restrittivo di cui si è detto, “si rischierebbe, in ultima analisi, di rimettere alla discrezionalità del legislatore ordinario la tutela in giudizio di interessi di notevole peso e valore sociale, con evidente limitazione dell’effettività della tutela garantita dall’art. 24 Cost.”.

2. La concreta questione oggetto di definizione in sede di Adunanza Plenaria, riguarda un caso concernente la tutela consumeristica, da qui l’esistenza di peculiari norme di settore che  secondo la tesi (contraria alla prevalente) sostenuta nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 21 luglio 2016 n. 3303, escluderebbero l’esperibilità dell’azione di annullamento.

L’art. 32-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della finanza) prevede testualmente che: “Le associazioni dei consumatori inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono legittimate ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio, nelle forme previste dagli articoli 139 e 140 del predetto decreto legislativo”.

Pertanto, in questi termini le uniche azioni possibili, secondo la ricostruzione dell’orientamento citato, sarebbero quelle proponibili dinanzi al giudice ordinario ai sensi dell’art. 140, tese quindi a inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

Non ravvisandosi a tal fine una norma dell’ordinamento in materia di Codice del consumo, diretta a riconosce alle associazioni la legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo a mezzo dell’azione di annullamento.

Osserva a riguardo l’Adunanza Plenaria in esame: “La circostanza che il legislatore sia intervenuto espressamente a disciplinare, in ambito processual-civilistico, un caso di legittimazione straordinaria per la tutela di interessi collettivi non può certamente leggersi come l’epilogo di un generale percorso di delimitazione soggettiva della legittimazione degli enti associativi e di tipizzazione delle azioni esperibili in ogni e qualsiasi altro ambito processuale, come, nello specifico, quello amministrativo. Piuttosto essa rappresenta il definitivo riconoscimento della rilevanza giuridica degli interessi nella loro dimensione collettiva, persino in un ambito, quello civilistico, in cui non viene in rilievo l’esercizio di un potere suscettibile di concretizzarsi in atti autoritativi generali lesivi, impugnabili a mezzo dell’azione demolitoria secondo la traiettoria già tracciata dalla giurisprudenza amministrativa, ma in cui piuttosto assumono importanza anche i temi della disparità di forza contrattuale, dell’asimmetria informativa, dell’abuso di posizione dominante. Temi, questi ultimi, connotati da una dimensione eccedente la sfera giuridica del singolo e da situazioni giuridiche omogenee e seriali di una vasta platea di consumatori, espressamente qualificate come “diritti fondamentali” dalla legge, anche nella loro dimensione collettiva (art. 2 codice dei consumatori)”.

Ciò chiarito, i giudici della Plenaria precisano che se da un lato “il processo di espansione delle posizioni giuridiche verso una dimensione collettiva in ambito civilistico consente di spostare avanti la soglia di tutela, affrancandola dal vincolo contrattuale individuale, e di conferire alla stessa una caratteristica inibitoria idonea a paralizzare, ad un livello generale, gli atti e i comportamenti del soggetto privato ‘forte’ suscettibili di ripercuotersi pregiudizievolemente sui diritti collettivi fondamentali dei consumatori”, nei rapporti di diritto pubblico occorre una necessaria distinzione. Infatti, qui le posizioni non sono connesse a negozi giuridici (con posizioni paritarie sebbene asimmetriche) e trovano piuttosto genesi “nell’esercizio non corretto del potere amministrativo, tutte le volte che esso impatti su interessi sostanziali (cd. “beni della vita”) meritevoli di protezione secondo l’apprezzamento che ne fa il giudice amministrativo sulla base dell’ordinamento positivo”.

Proprio in ragione di tali premesse l’Adunanza Plenaria conclude ribadendo che “la tenuta del diritto vivente sulla tutela degli interessi diffusi non è messa in dubbio nemmeno dagli articoli 139 e 140 del codice del consumo (oggi trasposti nel nuovo titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile, in materia di azione di classe dalla L. 12/04/2019, n. 31), che riguardano altro ambito processuale, e che di certo non possono essere letti nell’ottica di un ridimensionamento della tutela degli interessi collettivi nel giudizio amministrativo, nei termini sin qui chiariti dalla giurisprudenza amministrativa”.

3. L’Adunanza Plenaria, accogliendo l’orientamento tradizionale e consolidato, ribadendone l’attualità e la validità, ha formulato il seguente principio di diritto: Gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un’espressa previsione di legge in tal senso”.

In particolare, i giudici amministrativi hanno chiarito che legittimata e abilitata a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità possa essere tanto un’associazione di utenti o consumatori, iscritta nello speciale elenco previsto dal codice del consumo quanto un’associazione che sia munita dei requisiti individuati dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione delle associazioni non iscritte. “La legittimazione, in altri termini, si ricava o dal riconoscimento del legislatore quale deriva dall’iscrizione negli speciali elenchi o dal possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza. Una volta ‘legittimata’, l’associazione è abilitata a esperire tutte le azioni eventualmente indicate nel disposto legislativo e comunque l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità”.

4. L’adunanza Plenaria, al fine di offrire ulteriori indicazioni alla Sezione rimettente in ordine alla controversia de facto, ha poi affrontato la questione relativa alla compresenza di interessi collettivi in capo all’ente associativo e interessi individuali concorrenti, autonomamente azionabili, ritenendo che in presenza di una siffatta compresenza “sia necessario acclarare che l’ente non si sta affiancando alle posizioni individuali di più soggetti nella difesa di un interesse che resta individuale pur se plurisoggettivo –il che potrebbe al più sorreggere una legittimazione al mero intervento- ma sta facendo valere un interesse proprio, di natura collettiva nei termini dianzi evidenziati, che può coesistere con più posizioni individuali”.

Tale accertamento, precisa l’Adunanza Plenaria, non può che essere condotto alla luce dei seguenti punti fermi:

“- l’interesse collettivo del quale si è occupata la giurisprudenza, sin qui considerata, è una "derivazione" dell'interesse diffuso per sua natura adespota, non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività (sul punto, Consiglio di Stato, Sez V, 12 marzo 2019, n. 1640).

- esso può considerarsi sussistente ove riferito a beni materiali o immateriali a fruizione collettiva e non esclusiva, tenendo comunque presente, in linea generale, che è pur possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo su interessi sia collettivi che individuali, ma che l’associazione è legittimata ad agire solo quando l’interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice;

- la diversità ontologica dell’interesse collettivo (ove accertato secondo il criterio sin qui rappresentato), rispetto all’interesse legittimo individuale, porta ad escludere, in radice, la necessità di un’indagine in termini di omogeneità (oltre che degli interessi diffusi dal quale quello collettivo promana, anche) degli interessi legittimi individuali eventualmente lesi dall’esercizio del potere contestato. Nel senso che se l’interesse collettivo c’è, si tratta di un interesse dell’ente e quindi diventa non pertinente in radice porsi anche il tema dell’omogeneità degli interessi legittimi individuali dei singoli (in tal senso, chiaramente, Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451).”

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