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Pubbl. Mar, 25 Feb 2020

Lo smart working ai tempi del Coronavirus

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Maria Avossa
Università degli Studi di Salerno


L’emergenza da Coronavirus ha indotto numerose aziende ad adottare lo smart working per arginare il rischio di blocco delle produzioni e delle più comuni attività. Il d.P.C.M. 23 febbraio 2020, n. 6 ha operato in via normativa la stessa scelta.


Sommario: 1. Introduzione; 2.Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2020, n. 6 e l'uso emergenziale dello smart working; 3. La definizione di smart working; 4. La prestazione lavorativa. 5. Osservazioni sui vantaggi applicativi dello smart working.

1. Introduzione.

Le cronache di questi giorni stanno allertando la popolazione italiana contro i possibili rischi legati al contagio da Coronavirus. I medici e gli infermieri sono i primi soggetti esposti al rischio, poiché a stretto contatto con i malati o persone potenzialmente tali. A partire dai recenti episodi dell’area del Lodigiano, le strutture sanitarie nazionali hanno dovuto predisporre una serie di accorgimenti per prevenire la diffusione del contagio proveniente da soggetti risultati positivi al Covid-19. Nei comuni dell’area gli abitanti sono stati invitati a mitigare il numero degli spostamenti.

L’opportunità di tenere sotto controllo il diffondersi del virus si è riflessa sulla chiusura di uffici pubblici e aziende, scuole e attività commerciali. Il tutto con ogni comprensibile disagio per gli addetti ai lavori e per i cittadini. La conseguenza giuridicamente rilevante che ne discende consiste nel fatto che, chi è risultato positivo al Covid-19 - così come chi sia in isolamento per motivi precauzionali dettati dalla quarantena obbligatoria - è costretto ad assentarsi dal luogo di lavoro e, in caso specifici, risulta essere assente per malattia.

2. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2020, n. 6 e l'uso emergenziale dello smart working.

Il pericolo del contagio sta assumendo col trascorrere dei giorni dimensioni di emergenza tali da coivolgere l'intervento di organi prefettizi e governativi. In data 23 febbraio 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha decretato disposizioni attuative recanti misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 al fine di affrontare la recente e improvvisa situazione emergenziale scoppiata in Italia.

Il d.P.C.M. 23 febbraio 2020, n. 6 ha ravvisato la necessità di adottare le misure di contenimento del contagio nei comuni delle Regioni Lombardia e Veneto ed ha disposto all’art. 1co 1 il:

a) divieto di allontanamento dai Comuni interessati, da parte di tutti gli individui comunque presenti negli stessi;

b) divieto di accesso nei Comuni;

c) sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi  natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo  pubblico  o  privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche  se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico;

d) sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e  grado,  nonchè  della  frequenza  delle  attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza;

e) sospensione di viaggi di istruzione in Italia o all'estero organizzati dalle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione;

f) sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonchè dell'efficacia delle disposizioni regolamentari sull'accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi;

g) sospensione delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l'erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità, secondo le modalità e i limiti indicati con provvedimento del Prefetto territorialmente competente;

h) sospensione delle procedure pubbliche concorsuali, indette e in corso nei comuni;

i) chiusura di tutte le attività commerciali, ad esclusione di quelle di pubblica utilità e dei servizi pubblici essenziali di  cui agli articoli 1 e 2 della legge  12  giugno  1990,  146,  secondo  le modalità  e  i  limiti  indicati  con  provvedimento  del   Prefetto territorialmente competente, ivi compresi  gli  esercizi  commerciali per l'acquisto dei beni di prima necessità;

l) obbligo di accedere ai servizi pubblici essenziali, nonchè agli esercizi commerciali per  l'acquisto  di  beni  di  prima necessità indossando  dispositivi  di  protezione individuale o adottando particolari  misure  di  cautela  individuate  dal  Dipartimento  di prevenzione delle aziende sanitarie competenti per territorio;

m) sospensione dei servizi di trasporto di merci e di persone, terrestre, ferroviario, nelle acque interne e pubblico locale, anche non di linea, con esclusione  del trasporto di beni di prima necessità e deperibili e fatte salve le eventuali deroghe previste dai prefetti territorialmente competenti;

n) sospensione  delle  attività  lavorative  per  le  imprese,  ad esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità, ivi compresa l'attività veterinaria, nonchè di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza. Il Prefetto, d'intesa con le autorità  competenti,  può individuare specifiche misure finalizzate a  garantire  le  attività necessarie per l'allevamento degli animali e la  produzione di beni alimentari e le attività non differibili in quanto connesse al ciclo biologico di piante e animali;

o) sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti o domiciliati, anche di fatto, nel comune o nell'area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal Comune o dall'area indicata.

Il d.P.C.M. n. 6/2020 individua come strumento valido ed efficace per le aziende e i lavoratori, il ricorso allo Smart Working (Lavoro). L‘iniziativa italiana emula quella già approntata in Cina per far fronte alle dimensioni dell’emergenza virale. Nel Paese asiatico, infatti, lo smart working è stato applicato su scala mai tentata prima, ottenendo apprezzabili risultati nel contenimento del contagio. In Italia, invece, per effetto dell’articolo 3 del d.P.C.M. del 23 febbraio 2020, n. 6 si arriva a favorire l’applicazione immediata dello smart working nelle situazioni emergenziali.

La norma prevede che “..la modalità di lavoro agile (…) è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell’ambito di aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”.  Cosicchè, in assenza di accordi individuali per i casi di aziende o situazioni lavorative che non hanno avuto il tempo di organizzarsi la medesima norma prevede che “gli obblighi di informativa di cui all’art. 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono resi in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.

Dove sia possibile, molte aziende stanno facendo ricorso allo smart working (lavoro a distanza) per evitare di fermare le lavorazioni e le produzioni a causa dell’assenza dei dipendenti. E' necessario, quindi, stabilire quali sono le effettive prospettive di riuscita del risultato auspicato a cui mira il d.P.C.M. del 23 febbraio 2020, n. 6, analizzando i profili essenziali di questa modalità di esecuzione del rapporto lavorativo.

2. La definizione di smart working.

Lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. E' una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività[1].

La definizione di smart working, contenuta all’art. 18 della Legge n. 81/2017[2], pone l'accento sulla flessibilità organizzativa, combinando l'autonomia e la collaborazione, anche, nell’esecuzione delle attività di lavoro subordinato.

Il modello dello smart working, inoltre, presuppone la predisposizione di una organizzazione aziendale adatta a favorire l’uso di strumentazioni ad hoc che consentano di lavorare da remoto. Di base, si fa capo all’utilizzo di strumenti di comunicazione informatici e telematici quali possono essere personal computer, tablet, smartphone ed altro che offrano la possibilità di potere eseguire il lavoro in autonomia.

Il modello dello smart working è proponibile sia nel contesto lavorativo privato, sia in quello pubblico. L’art. 18 comma 3 della legge n.81/2017 prevede, infatti, l’applicazione delle norme in materia ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. La prestazione lavorativa.

Lo smart working è caratterizzato da due punti essenziali. In primo luogo, ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. In secondo luogo, è prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall'INAIL nella Circolare n. 48/2017.

La prestazione lavorativa, in ragione dell’art 18 della Legge n. 81/2017, può essere svolta in parte all’interno dei locali dell’azienda ed in parte all’esterno e senza una postazione fissa. Ciò è prevedibile entro i soli limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva (art 18 Legge 22 maggio 2017, n. 81).  

La prestazione lavorativa può essere svolta mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici. Il datore di lavoro è anche responsabile della loro sicurezza e buon funzionamento (art 18 Legge 22 maggio 2017, n. 81). Il datore di lavoro è, conseguentemente, responsabile dell’ottemperanza alle norme in materia di sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs 81/2008, e ciò nel caso in cui il datore di lavoro assegni il lavoratore a strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.[3].

Infine, la prestazione lavorativa può essere svolta mediante la stipula di un accordo scritto tra le parti, anche, con forme di organizzazione per fasi, cicli, obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro[4]. L’accordo di lavoro agile può essere stipulato solo nell’ambito di rapporti di lavoro subordinato, poiché sono questi i rapporti in cui luoghi e orari di lavoro sono vincolati. Con l'impostazione del lavoro agile, tuttavia, questi rapporti lavorativi perdono in parte i requisiti tipici della subordinazione e acquistano una parte della flessibilità tipica del lavoro parasubordinato e autonomo. Ciò nonostante rimangono rapporti di lavoro subordinati a tutti gli effetti.

La sottoscrizione di accordi di lavoro agile è riconosciuta a tutti i datori di lavoro e quindi i lavoratori subordinati possono essere parti di accordi di lavoro agile senza limitazioni, sempre che siano compatibili con le mansioni assegnate. Da un punto di vista tipologico, l’accordo di lavoro agile può essere attivato quale "accessorio" di un contratto di lavoro subordinato del tipo a tempo indeterminato, a tempo determinato, a tempo parziale.

4. Osservazioni sui vantaggi applicativi dello smart working.

Attualmente il lavoro agile è già previsto in numerosi contratti collettivi ed accordi di rinnovo, nel settore alimentare, energetico, bancario-assicurativo, trasporto, telecomunicazioni e in aziende altamente tecnologiche. L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha rilevato che in Italia sono circa 570 mila i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità̀ di lavoro in termini di luogo, dato in crescita del 20 percento rispetto al precedente del 2018. Nel dettaglio dei dati offerti dall'Osservatorio emerge che il 58% delle grandi imprese ha istituito progetti strutturati di smart working, mentre nelle PMI i progetti strutturati crescono dall' 8 al 12% confermando un trend positivo in questi termini (anche in relazione al corrispondente aumento dei progetti informali che si attestano al 18%). Per quanto concerne i dati relativi alla Pubblica Amministrazione, invece, occorre evidenziare un consistente aumento dei progetti strutturati predisposti dalle P.A. in relazione all'esecuzione della prestazione lavorativa in smart working: tali progetti, infatti, sono pari al 16% (rispetto all'8% dell'anno precedente), mentre le iniziative informali si fermano al 7% (dato comunque significativo alla luce dell'1% del 2018). Resta fermo, comunque, che quattro P.A. su dieci non hanno ancora avviato progetti di smart working, risultando quelli già avviati, per la maggior parte nell'ambito delle Pubbliche amministrazioni di maggiori dimensioni. A questi dati si affianca, in misura decisamente meno positiva, quello relativo al disinteresse delle piccole e medie imprese all'avvio di progetti in materia (che transita dal 38 al 51%).[5].

I numeri appaiono confortanti per le grandi imprese, sebbene altrettanto non sembra, ancora del tutto, per le piccole e medie imprese, così come anche per le P.A., nonostante la significativa crescita riscontrata nell'anno 2019. Quindi, in base a tali dati, soltanto una parte delle aziende pubbliche e private parrebbe orientata verso questo tipo di contrattazione, come conferma il dato relativo al disinteresse di talune imprese e a quello dell'incertezza per le P.A. (secondo i citati dati dell'Osservatorio, infatti, il 31% delle Pubbliche amministrazioni appare incerto rispetto all'avvio dello smart working). 

Occorre evidenziare che lavorare in modo più flessibile rappresenta, di fatto, un’opportunità e una necessità che andrebbe sempre più interiorizzata e supportata dalle organizzazioni, per favorire maggiore benessere e soddisfazione da parte dei lavoratori e l’aumento della aziendale.

Ciò che da un certo punto di vista lascia perplessi, è la circostanza che una opportunità normativamente prevista dalla L. n. 81/2017 si traduca, in questo momento storico, in una mera necessità, dettata da un plausibile pericolo per la salute dei cittadini a causa della minaccia del virus Covid-19.

Il paradosso è che l'emergenza dettata dai tempi del contagio da Coronavirus rischia di rappresentare un punto di snodo per lo sviluppo della modalità lavorativa di smart working nell’intero sistema lavorativo italiano. Già in passato sono stati riscontrati vantaggi in termini di ottimizzazione dei processi lavorativi oltre che di miglioramento dello stile di via dei lavoratori coinvolti nelle modalità di smart working. Resta, ora, da verificare se, nell'auspicato caso di rientro delle impellenti ragioni sanitarie che ne hanno suggerito l'adozione, lo smart working riuscirà a mantenere una serena fiducia da parte degli operatori circa il suo valore effettivo in termini di produttività e vantaggi, oppure se non sarà questa la pista di rodaggio che contriburà ad individuare i profili delle potenziali criticità di tale modalità esecutiva della prestazione di lavoro.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Tale definizione è fornita dal canale istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in  https://www.lavoro.gov.it.

[2] Legge 22 maggio 2017, n. 81- Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. (17G00096) (GU n.135 del 13-6-2017 ).

Art. 18 Lavoro agile

1. Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività' e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità' di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività' lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

2. Il datore di lavoro e' responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività' lavorativa. 3. Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.

((3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità' agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità' alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità' agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità' previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità' e della paternità', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104)).

4. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività' ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l'attività' lavorativa sia prestata in modalità' di lavoro agile.

5. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. (Testo in vigore dal: 1-1-2019)

[3] CIRINCIONE A, Oltre lo stress da tecnologia e modernità: Eu-Tecno e Smart Working, del 20/04/2017, in Riv. PuntoSicuro; L’autore si interessa delle conseguenze dell’innovazione tecnologica, il disadattamento evolutivo e le caratteristiche dello smart working. Tratta inoltre, l’approccio Eu-Tecno e i 4 pilastri relativi a responsabilità, gestione, organizzazione ed ergonomia.

[4]  LEGGE 22 maggio 2017, n. 81- Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. (17G00096) (GU n.135 del 13-6-2017 ).

Art. 19 Forma e recesso.

1. L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile e' stipulato per iscritto ai fini della regolarità' amministrativa e della prova, e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L'accordo individua altresì' i tempi di riposo del lavoratore nonchè le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

[5] L'osservatorio Smart Working della School of Managment del Politecnico di Milano studia l'evoluzione del lavoro agile. Approfondimenti in https://www.osservatori.net