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Pubbl. Ven, 21 Feb 2020

La nuova collocazione dei figli dopo la separazione dei coniugi non incide sull´obbligo di mantenimento

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Monica Paciolla
AvvocatoNessuna


La Suprema Corte con sentenza del 2 luglio 2019 ha ritenuto che in caso di una successiva diversa collocazione del minore presso il genitore obbligato persiste l’obbligo di corrispondere il contributo al mantenimento del figlio in virtù della forza esecutiva del provvedimento adottato dal Tribunale competente in sede di separazione o di divorzio.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Il caso; 3. La questione giuridica; 4. La decisione; 5. Conclusioni.

1. Introduzione.

Con la recente pronuncia n. 17689 del 2 luglio 2019[1], la Terza Sezione della Suprema Corte ha chiarito che l’eventuale modifica del regime di collocazione della prole non ha effetto automatico sulla precedente statuizione di un contributo periodico al mantenimento del minore, poiché il relativo giudicato – benché peculiare in quanto reso rebus sic stantibus – può essere modificato soltanto facendo ricorso allo specifico procedimento di revisione delle condizioni[2], previsto dall’ordinamento quale strumento esclusivo per ottenere una modifica delle condizioni patrimoniali.

Pertanto, in mancanza di attivazione di tale specifica procedura, il genitore debitore di quel contributo resta obbligato in virtù della persistente forza esecutiva del primo provvedimento ed il genitore legittimamente aziona quest'ultimo finché non venga espressamente modificato o revocato all'esito dell'esplicita valutazione, ad opera del solo giudice competente sulla revisione.

2. Il caso.

Il padre del minore, in qualità di genitore obbligato alla corresponsione di un contributo periodico al mantenimento del figlio, deduceva in sede di opposizione all’esecuzione l’ingiustizia della pretesa creditoria formulata dalla ex moglie, ritenendo che la diversa successiva collocazione del figlio stabilita dal Tribunale dei Minori, il quale aveva disposto l’affidamento del minore presso il padre intimato giustificava, a suo dire, il venir meno dell'efficacia delle statuizioni economiche di cui al titolo posto in esecuzione, avendo modificato la situazione concreta che giustificava la previsione dell'obbligo di mantenimento del medesimo nei confronti del figlio.

Nelle more del giudizio di opposizione, il Tribunale dei Minori sospendeva entrambi i genitori dall’esercizio della responsabilità genitoriale, anche in ragione della persistente inottemperanza del padre a corrispondere alla ex moglie il contributo di mantenimento in favore del figlio.

La formulata opposizione al precetto veniva respinta dal Tribunale di Treviso, il quale rilevava che la diversa intervenuta collocazione del minore presso il padre non aveva reso la sentenza di divorzio priva di efficacia e di validità, pertanto, in mancanza dell’attivazione della procedura di revisione del contributo - di cui all’art. 9 della Legge n. 898/1970 sul divorzio - il debitore doveva ritenersi obbligato al versamento di quanto dovuto.

Tale pronuncia veniva altresì confermata in sede di gravame dalla Corte d'Appello di Venezia. Avverso tale decisione, la parte soccombente proponeva ricorso per Cassazione, deducendo che le statuizioni economiche contenute nella sentenza di divorzio avrebbero dovuto ritenersi ex se modificate dai provvedimenti del Tribunale dei minorenni - che, a detta del ricorrente, sarebbe titolare di una competenza concorrente in materia di provvedimenti volti alla tutela dei figli -  per effetto dei quali era stata sospesa la responsabilità genitoriale della madre ed il figlio collocato presso il padre ricorrente.

3. La questione giuridica. 

Una delle principali questioni sottese al caso affrontato dalla Suprema Corte riguardava la sussistenza di provvedimenti resi dal Tribunale dei Minori che si ponevano in potenziale contrasto con le precedenti statuizioni del Tribunale ordinario rese in sede di divorzio.

Preliminarmente la Corte di legittimità precisava che, nel caso sottoposto al suo esame, i provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni, invero, non erano espressamente intervenuti sulle conseguenze economiche della modifica del regime di collocazione del figlio.

Ciò posto, nel rigettare il primo e principale motivo di ricorso promosso dal padre obbligato, la Suprema Corte evidenziava la necessità – anche in presenza di provvedimenti del Tribunale dei Minorenni – di attivare il procedimento di revoca e/o modifica delle condizioni di separazione o divorzio per dedurre in sede di opposizioni esecutive, i fatti successivi costituiti dalla pronuncia di siffatti provvedimenti.

Tale conclusione – osservava la Corte – si pone pienamente in linea con il principio per cui nel processo esecutivo sono irrilevanti sia i fatti preesistenti rispetto al momento in cui il titolo esecutivo diviene definitivo, sia tutti quei fatti che è possibile far valere in altro modo, impedendo al titolo di acquisire stabilità. [3]

Le statuizioni in punto di collocazione e quelle relative all’assegno o al contributo per il mantenimento, pur avendo un oggetto ed una funzione parzialmente analoghi, sono infatti reciprocamente indipendenti.

Ne consegue che l’eventuale variazione dell’uno non estende automaticamente i propri effetti anche all’altro, rendendo comunque necessario ricorrere alla summenzionata procedura speciale di revisione del contributo al mantenimento.

Ciò dipende dalla circostanza che nei procedimenti in materia di famiglia, il titolo - pur dotato di una stabilità equiparabile a quella del giudicato - viene definito rebus sic stantibus, proprio a sottolineare i mutamenti di cui può risentire a fronte della possibile evoluzione dei rapporti interpersonali ad esso sottesi. [4]

Peraltro, la Suprema Corte, nell'accurata motivazione della decisione in esame, non trascurava di evidenziare come un’evoluzione dei rapporti, in quanto strettamente legata alle vicende personali dei coniugi o ex coniugi, da un lato consente di attribuire rilevanza modificativa ad eventuali fatti sopravvenuti, dall’altro richiede che tali modifiche siano disposte da un giudice specializzato nell’ambito di un procedimento ad hoc, nell’interesse alla miglior composizione delle esigenze delle parti.

Proprio la necessità di questa complessa valutazione induceva il Giudice di legittimità ad escludere che eventuali variazioni inerenti la persistenza o l’importo dell’obbligo di contribuzione in favore del figlio potessero essere rimesse all’apprezzamento discrezionale ed unilaterale dell’obbligato o anche solo ad un giudice diverso da quello cui l’ordinamento le riserva che, in caso di divorzio, è quello ordinario. Tale giudice, infatti, potrà compiere quella complessa e approfondita valutazione comparativa tra le condizioni patrimoniali dei coniugi, tenendo conto di tutti i relativi fattori e potendo eventualmente anche prescindere dalla collocazione stessa del minore presso l’uno o l’altro genitore.

4. La decisione.

Il Giudice di legittimità – nel pronunciarsi nel caso in esame – ha dato continuità ad un proprio consolidato orientamento, ribadendo che in sede di opposizione al precetto per crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento in favore del figlio minore, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, essendo intangibile, in sede di esecuzione, l’an ed il quantum del contributo al mantenimento dei figli pronunciato in sede di divorzio. [5]

Ciò posto, la successiva diversa collocazione del minore presso il genitore obbligato non avrebbe modificato automaticamente l’obbligo sussistente in capo a quest’ultimo di corrispondere il contributo al mantenimento del figlio in virtù della persistente forza esecutiva del provvedimento originario adottato dal Tribunale competente in sede di separazione o di divorzio.

La Suprema Corte, dunque, rigettava il ricorso promosso dal padre obbligato, ritenendo infondata la tesi dallo stesso sostenuta sulla non necessaria modifica del provvedimento originario del Tribunale ordinario reso in sede di divorzio, ostandovi la tassatività dei rimedi previsti in materia nonché la competenza esclusiva del giudice della separazione o del divorzio in merito alle relative statuizioni a contenuto patrimoniale, poiché trattasi di principi di ordine pubblico, posti a tutela degli interessi di tutti i soggetti coinvolti nel disgregamento del nucleo familiare.

5. Conclusioni 

Si osserva come le doglianze sottese alla decisione in commento abbiano riguardato non solo la questione dei rapporti tra provvedimenti successivi in tema di affidamento della prole, riconducibili a procedimenti di separazione e divorzio connotati dalla peculiare forma di giudicato definita rebus sic stantibus, ma anche quella, più complessa, inerente l'adozione da parte del Tribunale dei Minori di un provvedimento di cui si era predicata l'efficacia esecutiva immediatamente modificativa di uno dei presupposti del precedente provvedimento reso dal Tribunale ordinario in sede di divorzio.

Il Giudice di legittimità, pur rilevando che il regime di collocazione del minore costituisca certamente uno dei fattori principali nella complessa ponderazione delle questioni economiche, evidenzia come, invero, le statuizioni in materia di collocazione del figlio e quelle relative alla determinazione di un contributo al suo mantenimento siano, nel caso di specie, reciprocamente indipendenti e mantengano una reciproca autonomia a fronte di provvedimenti che medio tempore erano intervenuti a modifica del solo assetto della responsabilità genitoriale.

La decisione adottata appare condivisibile nella parte in cui emerge chiaramente il discrimine tra le questioni e circostanze ad oggetto dei provvedimenti reciprocamente esecutivi, provenienti da differenti organi giudiziari, i quali, sempre più di frequente, sono, però, chiamati a dirimere il conflitto familiare in maniera concorrente, in totale spregio al principio della concentrazione delle tutele ad un solo giudice che garantirebbe decisioni celeri e soprattutto conformi nell'interesse del minore.

E', infatti, evidente come il rispetto del superiore interesse del minore, costituzionalmente garantito, non possa rinvenirsi in una concomitanza di provvedimenti contrastanti e contraddittori a fronte del diverso organo giudiziario chiamato a pronunciarsi, ma da un quadro di distribuzione della competenza tendenzialmente stabile, predeterminato e non rimesso soltanto alle scelte processuali delle parti.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass. Civ. sez. III, 02 luglio 2019, n. 17689 in Diritto & Giustizia 2019, 122 pag. 6 massima “In caso di provvedimenti in tema di affidamento o collocazione della prole nell’ambito di procedimenti di separazione personale o scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, la successiva modifica, ad opera del tribunale per i minorenni, del solo regime di collocazione del figlio non ha effetto automatico sulla precedente statuizione di un contributo periodico per il mantenimento del figlio, adottata dal tribunale della separazione o del divorzio, potendo il relativo giudicato […] essere neutralizzato solo col peculiare rimedio previsto dall’ordinamento consistente nella revisione […]” con nota di commento di L. Tantalo “Separazione e divorzio: è il procedimento di revisione delle condizioni che può annullare le statuizioni esecutive”.

[2] Art. 710 c.p.c. per la modifica delle condizioni di separazione – art. 9 L. 1 dicembre 1970, n. 898 in tema di divorzio.

[3] Sull’irrilevanza - a pena di inammissibilità delle opposizioni esecutive su quelli fondate - dei fatti anteriori alla definitività del titolo o di quelli che comunque possono essere fatti valere con gli strumenti concessi per impedirne la definitività si veda Cass. Civ. sez. III, sentenza 25 febbraio 2016, n. 3712 in Rivista InExecutivis 2019, 06 marzo; richiamo anche a Cass. Civ. SS.UU. 23 gennaio 2015, n. 1238 in Il Caso.it, sez. Giurisprudenza 11988 - pubb. 02 febbraio 2015; nello stesso senso cfr. Cass. Civ. sez. III 17 febbraio 2011, n. 3850 in Diritto & Giustizia 2019, 122 pag. 3

[4] Sulla definitività del titolo esecutivo in materia di famiglia equiparabile al giudicato ma detto rebus sic stantibus cfr. Cass. Civ. sez. VI sentenza del 30 luglio 2015, n. 16173; Opposizione all'esecuzione su titoli giudiziali e giudicato rebus sic stantibus, ovvero sulla moltiplicazione dei procedimenti in materia familiare in Ilprocessocivile.it 11 settembre 2019 con nota di R. Giordano.

[5] Art. 615, comma 1 c.p.c.; sull’opposizione a precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento si veda Cass. Civ. sentenza 10 novembre 2015, n. 23471 in Diritto & Giustizia 2019, 122 pag. 3 nello stesso senso cfr. Cass. Civ. sentenza del 16 giugno 2011, n. 13184; cfr. Cass. civ., sez. I sentenza 10 novembre 2011, n. 23471 in Giust. civ. Mass. De Jure 2011, 11, 1584.