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Pubbl. Gio, 13 Feb 2020

Il reato a realizzazione plurisoggettiva: la differenza tra aberratio delicti e concorso anomalo cumulativo

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Chiara Savazzi
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Catanzaro Magna Græcia


La deviazione soggettiva dal piano concordato ed errore esecutivo nell´aberratio plurilesiva, alla luce della sent. 39075/2018 della Cassazione.


Sommario: 1. Brevi cenni sull’istituto del concorso di persone; 2. Generalità sugli istituti del concorso anomalo e dell’aberratio delicti; 3. Ulteriori precisazioni sui due istituti; 4. Puntualizzazioni sulla distinzione tra aberratio delicti plurilesiva e deviazione individuale dal piano concordato

1. Brevi cenni sull’istituto del concorso di persone

La trattazione della tematica in esame richiede preliminari brevi cenni sull’istituto del concorso di persone, nel diritto penale italiano. Il concorso di persone è disciplinato dall’art. 110 c.p., secondo cui quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse è punita secondo la disciplina del reato commesso.

Il nostro ordinamento prevede reati plurisoggettivi, per i quali il concorso di più soggetti risulta intrinseco e viene detto “necessario”(es. associazione per delinquere), e reati monosoggettivi, i quali vengono generalmente posti in essere da un solo soggetto, il quale – eventualmente – può ricevere supporto da uno o più correi; in tal caso il concorso viene definito “eventuale”. In dottrina sono stati individuati tre presupposti – ormai pacifici – per la sussistenza nel concorso. Essi sono: la pluralità dei soggetti agenti; la commissione di un reato esistente per l’ordinamento, c.d. tipico; il contributo rilevante di ciascun correo all’evento realizzato.

L’individuazione dell’apporto concreto di ciascun soggetto viene operata attraverso un criterio di causalità, per il quale l’azione di ognuno di essi deve essere collegata – materialmente o finalisticamente – al delitto che si intende compiere. A tal proposito, appare utile precisare che i ruoli dei concorrenti possono – e certamente accade così nella maggior parte dei casi – differenziarsi, assumendo, ognuno di loro, compiti diversi. Per semplicità dogmatica e giuridica, si distingue un tipo di apporto “materiale”, dato da un’azione concreta ed esecutiva, da un tipo di apporto “morale”, dato da un supporto nella fase dell’ideazione e della progettazione del delitto.

Non è difficile immaginare come l’insieme di più soggetti, seppur previamente accordatisi minuziosamente, possa dar luogo ad ipotesi in cui ciò che accade non sia esattamente – o, comunque, non lo sia per tutti – come lo si era immaginato o concordato. La Giurisprudenza ha avuto modo, invero, di pronunciarsi su due eventuali ipotesi: il concorso anomalo e l’aberatio delicti, di cui si tratterà di seguito.

2. Generalità sugli istituti del concorso anomalo e dell’aberratio delicti

Il concorso anomalo pone le sue fondamenta nell’art.116 c.p., intitolato “reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti”.

L’art. 110 c.p., come già detto, regolando il concorso di persone in un reato, pone le stesse su un eguale piano giuridico, dando rilievo al loro intento comune di giungere ad uno scopo delittuoso ben preciso. Nel concorso anomalo, invece, la parità dei correi subisce qualche alterazione, dovuta alla circostanza che il reato che viene a realizzarsi è diverso da quello voluto ab origine. In forza del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Carta Costituzionale, la suddetta differenza necessita di un inquadramento specifico che, quantomeno, giustifichi la volontà del legislatore di punire in un determinato modo il correo “ignaro”. L’estraneità del correo si estrinseca su un piano meramente psicologico, conducendo a una sorta di paradosso giuridico, per il quale colui che non vuole perseguire il reato che si verifica, risponde per dolo di un atteggiamento colposo.

Tale impostazione può apparire, prima facie, in contrasto con la disciplina dell’elemento psicologico di cui all’art. 42 c.p., per il quale un soggetto riceve una pena che tenga conto, in concreto, del grado della sua volontà di delinquere. In realtà, il Legislatore ed altresì la Giurisprudenza, più volte, hanno ricondotto la necessità di punire a titolo di dolo anche il correo che non persegue l’evento che si verifica, alla possibilità per lo stesso, di prevedere la realizzazione di un reato diverso da quello in origine ideato (Cfr. C.Cost. 42/1965). In altri termini, colui che prende le distanze dal reato commesso, per andare esente da pena, deve dar prova di essersi realmente discostato dal proposito messo in atto, adottando regole di diligenza e di prudenza volte a rendere palese e concreto il suo diverso intento; al contempo, non deve aver confidato in modo incondizionato sull’esecuzione altrui in quanto, ciò, astrattamente, conduce inevitabilmente a dedurre che egli fosse propenso e disposto a qualsivoglia conclusione delittuosa (Cfr. Cass. 44359/2015).

L’evento non voluto si identifica quale propaggine dell’evento voluto, logicamente e concretamente prevedibile dal correo che se ne discosta. Inoltre, ciò che accade – al fine di essere inquadrato nella disciplina del concorso anomalo – deve rispondere a due condizioni negative: non deve essere voluto neppure a titolo di dolo indiretto e non deve dipendere da fattori eccezionali che possano rendere l’evento del tutto atipico rispetto all’evento auspicato.

La connessione psichica tra i due eventi e la conseguente prevedibilità dei possibili accadimenti, differenzia sensibilmente l’istituto del concorso anomalo da quello dell’aberratio di cui agli artt. 82 e 83 c.p.

L’ipotesi dell’aberratio si verifica quando, per un errore di fatto – nell’esecuzione del delitto preventivato – si offende una persona diversa da quella cui l’azione era idealmente indirizzata, nel caso dell’aberrato ictus di cui all’art. 82 c.p., oppure si dà luogo ad un evento diverso da quello cui l’azione mirava, nel caso dell’aberratio delicti di cui all’art. 83 c.p. Pertanto, nell’aberratio ictus, ciò che muta è semplicemente il soggetto o la cosa (c.d. bene materiale) sul quale viene a spiegare il suo effetto la condotta dell’agente, non verificandosi un mutamento di natura tra gli eventi; alle stregua di ciò, il reo risponde a titolo di dolo, come se avesse posto in essere il suo iniziale proposito criminoso: il mutamento dell’oggetto materiale non fa venir meno, infatti, la gravità dell’offesa. Nell’aberratio delicti, invece, vi è una sostanziale variazione della natura giuridica, tra l’evento voluto e l’evento verificatosi; per tale ragione il reo è chiamato a rispondere a titolo di colpa se l’evento non voluto è previsto dalla legge quale delitto colposo.

Alla base dell’aberratio delicti – su cui è necessario prestare maggiore attenzione ai fini della presente disamina giuridica - vi è un errore che comporta un evento diverso, non legato logicamente a quello voluto; qualora, invece, il primo si sostanzi quale progressione naturale e prevedibile del secondo, non può configurarsi un’ipotesi di aberratio ed il soggetto agente risponde per dolo, anche se esso si palesi come alternativo o eventuale (Cfr. Cass. 54015/18). Essa può presentarsi come monolesiva, nel caso del verificarsi dell’evento non voluto, o plurilesiva, nel caso si verifichino sia l’evento non voluto sia quello voluto.

3. Ulteriori precisazioni sui due istituti

I due istituti possiedono un campo di operatività comune, consistente nella realizzazione di una situazione, fattuale e giuridica, diversa da quella prospettata nella mente dell’agente o dei correi. In entrambe le ipotesi si ha inizialmente una determinata idea dell’azione dal compiere e del risultato da raggiungere e, tuttavia, nell’iter esecutivo la stessa non viene attuata o viene compiuta in modo diverso.

L’aberratio delicti è incentrata sul un delitto commesso da un solo soggetto, sebbene in realtà possa essere senza dubbio estesa anche a casi in cui vi siano più concorrenti qualora l’esecutore materiale o gli esecutori materiali commettano un errore nell’utilizzo dei mezzi predisposti, realizzando un evento che non era stato concordato. Alcuni soggetti possono, invero, confidare nell’altrui dominio esecutivo il quale, tuttavia, per errore, finisce per modificare o oltrepassare i limiti programmati.

Al contrario, il concorso anomalo non implica un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione, bensì un vero e proprio sviamento – da parte di taluno – rispetto al progetto iniziale.

Punto di fondamentale importanza è, pertanto, la causa che dà vita ad un crimine diverso da quello ideato. L’aberratio delicti è frutto di un errore, che merita sanzione in quanto avrebbe potuto essere evitato utilizzando maggiore prudenza e che, per tale motivo, può essere punito solo a titolo di colpa; non sussiste alcuna volontarietà rispetto all’evento diverso realizzatosi. Il concorso anomalo, ben diversamente, non presuppone un errore ma la concreta volontà di uno o più correi di commettere un delitto non programmato. Tutti i concorrenti, in tal caso, rispondono dell’evento commesso – anche se non voluto – per due ragioni: il delitto poteva essere prospettato nella mente di tutti – ancor prima della commissione – come eventualità possibile; lo stesso appare come conseguenza logica e non estranea al proposito criminoso iniziale. Il soggetto che sostiene di non aver voluto nè immaginato l’evento verificatosi, deve dar prova di essersi effettivamente premurato di discostarsi da quella eventualità e di essersi attivato in tal senso, al fine di realizzare esclusivamente quello che costituiva il suo reale proposito.

4. Puntualizzazioni sulla distinzione tra aberratio delicti plurilesiva e deviazione individuale dal piano concordato

La Suprema Corte si è di recente pronunciata – con la sentenza 39075/18 – in merito alla possibilità di applicare la disciplina di cui all’art. 83 co. 2°, relativa all’aberratio delicti plurilesiva, all’ipotesi in cui, all’interno di un progetto criminoso concordato, uno o più soggetti si discostino da quel proposito per realizzarne uno differente.

La pronuncia trae origine dalla richiesta di annullamento di una sentenza, per non aver considerato uno dei motivi oggetto di gravame. La Corte, tuttavia, afferma l’assoluta infondatezza del suddetto motivo. Esso, infatti, si incentrava sulla richiesta di applicazione dell’istituto dell’aberratio delicti plurilesiva. A tal riguardo, il ricorrente sosteneva di aver procurato lesioni alla vittima, mediante calci, ma di non essersi accorto che i suoi correi procedevano altresì a sottrarle la borsa nè di aver, tantomeno, preventivato questa ulteriore azione.

La Suprema Corte ha negato l’ipotesi di applicare la disciplina più favorevole di cui all’art. 83 co.2, in quanto la sottrazione della borsa appare come progressione naturale e logica rispetto all’idea iniziale dei correi, consistente nel dare semplicemente fastidio alla vittima transessuale.

L’applicazione del co 2° comporterebbe senza dubbio delle conseguenze più favorevoli per i soggetti imputati, in quanto essi risponderebbero – secondo la disciplina del concorso dei reati – a titolo di colpa con aumento della pena prevista per il reato più grave (si fa riferimento, a tal proposito, agli artt. 81 e 586 c.p.).

La Cassazione, con tale pronuncia, rimarca le differenze – da sempre esistenti – tra gli istituti dell’aberratio e del concorso anomalo, affermando la netta impossibilità di favorire coloro i quali si affidino alla volontà altrui, senza mettere in conto che questa possa condurre a qualsiasi tipo di fattispecie delittuosa, conseguente all’accordo iniziale (Cfr. ex multis, Cass.19293/2015). La norma disciplinante l’aberratio trova fondamento solo qualora l’evento non voluto sia obiettivamente diverso rispetto a quello concordato e non vi sia stato affidamento sulle altrui decisioni che, come già detto, potrebbero condurre a qualsiasi progressione criminosa, la quale non può – secondo le regole di prudenza e di diligenza – non essere quantomeno ipotizzabile da parte degli altri compartecipi.

Il concorso anomalo e l’eventualità di una deviazione individuale del programma concordato possono, pertanto, essere disciplinati solo alla stregua dell’art. 116 c.p., laddove non si prospetti l’elemento psicologico del dolo, anche solo eventuale, che condurrebbe all’applicazione dell’art. 110 c.p.

Nel caso di specie, in base alla ricostruzione della vicenda ed alle dichiarazioni della vittima, si accertava la contestualità delle due azioni criminose da parte di tutti e quattro i correi, compreso dunque il ricorrente. Non rileva, pertanto, un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione, quanto piuttosto una progressione prevedibile del reato voluto. Inoltre, il ricorrente ha assunto un ruolo pregnante, partecipando in modo attivo e diretto all’esecuzione criminosa, senza mostrare alcuna desistenza rispetto all’evoluzione del crimine.

Note e riferimenti bibliografici

1. F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, 2003.

2. G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, 2019.

3. MARGARETH HELFER, Il concorso di più persone nel reato. Problemi aperti del sistema unitario italiano, Giappichelli, 2013.

4. C.Cost, sent. 42 del 31 maggio 1965.

5. Cass. pen., sent. 44359 del 18 marzo 2015.

6. Cass. pen., sent. 54015 del 3 dicembre 2018.

7. Cass. pen. sent. 10961 del 14 novembre 1988.

8. Cass. pen., sent. 8887 del 11 ottobre 1985.

9. Cass. pen., sent. 39075 del 28 agosto 2018.

10. Cass. pen. sent. 19293 del 3 febbraio 2015.