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Pubbl. Lun, 6 Gen 2020

Lo stato della Città del Vaticano: configurazione e posizione nell´ordinamento internazionale

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Diano Francesco


Nella breve riflessione che di seguito si propone, cercheremo di delineare, a grandi linee, la natura dello Stato della Città del Vaticano, in riferimento alla sua posizione nell´ordinamento internazionale, sottolineando poi due specificità di questo peculiare ordinamento, l’una legata alla sovranità e l’altra alla figura del giudice.


Sommario: 1. Lo Stato della Citta del Vaticano; 2. L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano; 3. Lo Stato della Città del Vaticano nell’ordinamento internazionale; 4. Riflessione conclusiva.

1. Lo Stato della Città del Vaticano 

Lo Stato della Città del Vaticano è stato creato dall’art. 3 del Trattato dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929. Esso è il territorio sul quale, in base al suddetto Trattato, la Santa Sede esercita un potere sovrano. Nonostante la dottrina minoritaria, rappresentata dal Cecchini e dal Bracci, abbia negato il carattere statuale della Città del Vaticano, facendo leva sulla considerazione del fine particolare del nuovo ente, che è soltanto quello di assicurare l’indipendenza della Santa Sede, che non può, pertanto, configurarsi come fine autonomo statale, aggiungendo a ciò la mancanza di sovranità del presunto Stato, la dottrina prevalente riconosce, ormai quasi unanimemente, la natura di Stato vero e proprio alla Città del Vaticano. Infatti, siamo di fronte ad una società giuridicamente perfetta, ossia autonoma ed autosufficiente, in quanto non deriva la sua autorità da nessun altro ordinamento, organizzata come istituzione provvista di sovranità originaria e di capacità soggettiva sia di carattere pubblico che privato. Il Trattato Lateranense non si è limitato a riconoscere la sovranità della Santa Sede sul territorio costituente la Città del Vaticano, rendendolo libero da ogni vincolo con altri Stati ed in particolare con lo Stato italiano e da eventuali occupatori, ma ha anche riconosciuto come soggette alla sovranità della Santa Sede tutte le persone aventi stabile residenza nella Città del Vaticano, in modo che vi fosse per la stessa anche un altro degli elementi di uno Stato, e cioè il popolo. Il terzo elemento, ossia la sovranità o organizzazione indipendente, è implicito nel riconoscimento del territorio, dato che questo, venutosi a staccare dallo Stato italiano, è stato dichiarato sottoposto alla sovranità della Santa Sede. Su questi elementi si è, poi, organizzato lo Stato della Città del Vaticano con una serie di leggi che portano tutte la data del 7 giugno 1929. Successivamente, ne sono state emanate altre. In base a queste leggi, il Pontefice è dichiarato “Sovrano dello Stato della Città del Vaticano”, con pienezza “dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario” (legge n.1/29 art. 1), a lui spetta “la rappresentanza dello Stato” (art. 3 l. n. 1/29).  I Patti Lateranensi hanno, indubbiamente, creato un nuovo aggregato statuale, in quanto la Città del Vaticano presenta in maniera indiscutibile i tre elementi costitutivi di uno stato e cioè il territorio, il popolo e la sovranità, nonché possiede una personalità giuridica internazionale autonoma ed un fine tipico, che non è quello normale di molti stati moderni di soddisfare i bisogni del cittadino, ma quello di assicurare la libertà e l’assoluta e visibile indipendenza della Santa Sede nel governo pastorale della Chiesa universale[1]. La Città del Vaticano è stata definita uno “Stato-fine”, rilevando che non si tratta di un’anomalia, in quanto nel corso dei secoli sono esistiti ordinamenti statuali nati per la realizzazione di un fine religioso o, comunque, ideologico, che trascende i limiti degli interessi nazionali. Considerando analiticamente i tre elementi costitutivi dello Stato della Città del Vaticano, possiamo rilevare le seguenti caratteristiche:

  • il territorio, è costituito dalla Piazza S. Pietro in Roma e dai circostanti palazzi del Vaticano per un’estensione 0,49 kmq (art. 4 Tratt.). Lo stato della Città del Vaticano ha anche giurisdizione su alcuni altri territori esterni ai confini dello Stato e che godono del diritto di “extraterritorialità”;
  • il popolo, è costituito, secondo gli artt. 9 e 21, 1° comma Tratt., e secondo la legge Vaticana sulla cittadinanza, da coloro che hanno nel Vaticano stabile residenza, per ragioni di dignità, carica, ufficio o d’impiego, quando tale residenza sia prescritta per legge o autorizzata dal Sommo Pontefice; dal coniuge, i figli, gli ascendenti e discendenti di cittadini vaticani, conviventi ed autorizzati a risiedere nel territorio dello Stato; dai Cardinali, anche se non residenti nella Città del Vaticano, ma in Roma; inoltre da tutti i  coloro che siano autorizzati a risiedere stabilmente nella Città del Vaticano, con concessione o conservazione della cittadinanza. La cittadinanza, quindi, non si basa sui normali criteri dello ius soli, ossia la nascita nel territorio dello Stato, dello ius sanguinis, ossia la nascita da genitori che abbiano diritto di cittadinanza, dello ius coniugi, ossia il matrimonio con un cittadino, ma sul rapporto di lavoro o sulla permanenza autorizzata nei confini dello Stato. Il suo acquisto non è mai automatico, ma è basato sulla concorde volontà della Santa Sede e dell’interessato;
  • la sovranità, ossia il potere supremo, originario, indipendente, di un ordinamento è attribuito dall’art. 3 del Tratt. al Sommo Pontefice, il quale riveste, contemporaneamente, il ruolo di capo temporale dello Stato Vaticano e di capo spirituale della Chiesa Cattolica.

Dal punto di vista strutturale, lo Stato del Vaticano è: una monarchia, che vede a capo il Sommo Pontefice, per tutta la durata della sua vita; elettiva, poiché il Pontefice è eletto dal Collegio dei Cardinali, riuniti in conclave; assoluta, poiché il Pontefice ha “pienezza di poteri legislativo, esecutivo, giudiziario” secondo la disposizione dell’art. 1 Legge fondamentale dello Stato Vaticano[2].

2. L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano

L’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano è disciplinato da sei leggi organiche, emanate da Papa Pio XI al momento dell’entrata in vigore dei Patti Lateranensi, il 7 giugno 1929. L’art. 1 della Legge fondamentale della Città del Vaticano - come suddetto - stabilisce che il Pontefice ha “pienezza di poteri legislativo, esecutivo e giudiziario”. Durante il periodo in cui il Pontefice, per qualunque motivo, è impossibilitato ad esercitare le sue funzioni, i suoi poteri vengono esercitati dal Collegio dei Cardinali, con alcune limitazioni.

La potestà legislativa[3] nella Chiesa è la potestà di proporre in modo vincolante, attraverso norme generali, ciò che è necessario o utile per conseguire il fine della Chiesa. Determina tale fine e indica i mezzi fondamentali da impiegare per conseguirlo. Il potere legislativo, quando non è esercitato direttamente dal Papa, viene da questi delegato al Governatore dello Stato o alla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, con indicazione di criteri e di limitazioni di materie. Sono fonti del diritto dello Stato della Città del Vaticano:

- il Codex Iuris Canonici (Codice di Diritto Canonico);

- le Costituzioni Apostoliche;

- le leggi emanate dal Sommo Pontefice o dagli organi da questi delegati;

- i regolamenti emessi in materia amministrativa dalle autorità competenti.

Le leggi vaticane, dopo la firma del Pontefice e l’apposizione del sigillo dello Stato, vengono depositate nell’Archivio delle Leggi dello Stato e vengono pubblicate in un supplemento degli Acta Apostolicae Sedis; entrano in vigore nel settimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che non sia diversamente disposto. Nelle materie non disciplinate dalle leggi vaticane, vigono, in via suppletiva, le norme giuridiche dello Stato italiano, purché esse non siano contrarie ai principi del diritto divino o canonico o ai Patti Lateranensi.

La potestà esecutiva o amministrativa[4] è la potestà che, dentro i limiti della legge, promuove il bene pubblico, sia applicando le norme e, se occorre, interpretando, supplendo o specificando le disposizioni, sia dirimendo le controversie in forma disciplinare o amministrativa.

Il potere esecutivo viene esercitato dal Governatore dello Stato, nominato e revocato dal Pontefice. Egli ha alle sue dipendenze la Gendarmeria pontificia, i funzionari e gli altri impiegati dello Stato. Però questa carica, anche se formalmente esistente, è da tempo vacante e le sue funzioni sono esercitate dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, composta da Cardinali e membri laici, tutti nominati dal Papa. Esistono anche organi consultivi, sempre di nomina pontificia, come il Consigliere Generale per lo Stato della Città del Vaticano e la Consulta Generale per lo Stato della Città del Vaticano.

La funzione giurisdizionale consiste nell’attività svolta dall’autorità pubblica per mezzo di organi indipendenti ed imparziali, diretta a garantire l’attuazione in concreto del diritto oggettivo e a dirimere le questioni relative a casi di diritto controversi o incerti che sono portati innanzi ai Tribunali ecclesiastici[5]. Il potere giudiziario viene esercitato, in nome del Pontefice, da una serie di organi previsti dall’ordinamento giudiziario, entrato in vigore il 1°dicembre 1946.  Essi sono: 

- il Giudice Unico, avente competenza in materia civile e penale per le cause di minore importanza; - il Tribunale di prima istanza, organo collegiale con competenza di primo grado in materia civile e penale per le cause che non sono di competenza del giudice unico e di secondo grado per l’impugnazione di provvedimenti del giudice unico; esso ha competenza esclusiva anche in materia di stato civile e tributaria;

- la Corte d’Appello, composta dal Decano della Rota Romana e da due Uditori, la quale decide sulle impugnazioni di provvedimenti del Tribunale di prima istanza ed è competente per i giudizi di delibazione dei provvedimenti giudiziari stranieri;

- la Corte di Cassazione, costituita dal Cardinale Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e da altri due cardinali componenti tale tribunale, ha competenza per le impugnazioni contro i provvedimenti di tutti gli organi sopra indicati, per motivi di sola legittimità.

Il Papa provvede alla nomina ed alla revoca dei giudici e può avocare a sé qualsiasi causa civile o penale. In materia penale, l’art. 22 del Tratt. prevede che, a richiesta della Santa Sede, l’Italia provvederà a giudicare, secondo il diritto interno italiano, coloro che abbiano commesso reati nel territorio della Città del Vaticano. La Santa Sede, a sua volta, si impegna a consegnare alle autorità italiane persone imputate di reati che siano tali anche per la legge vaticana e che si siano rifugiati nel territorio del Vaticano. Per i delitti commessi nel territorio della Città del Vaticano, la Santa Sede può chiedere alle autorità giudiziarie italiane di procedere, applicando il diritto penale italiano[6].

La Città del Vaticano non riconosce i poteri della Corte internazionale di giustizia. Se un reato viene commesso in territorio vaticano e il suo autore fugge in Italia, la competenza passa alla giustizia italiana come stabilito dai Patti Lateranensi. La concessione di amnistie, indulti e condoni spetta al papa. La pena di morte è rimasta in vigore fino al 1969 ma non è stata mai applicata. Era prevista solo nel caso di assassinio del papa e fu abolita definitivamente nel 2001. Stando alle statistiche, un processo penale in Vaticano dura mediamente un anno. I procedimenti riguardano quasi sempre illeciti commessi dai 18 milioni di turisti che annualmente visitano lo Stato.

3. Lo Stato della Città del Vaticano nell’ordinamento internazionale

Lo Stato della Città del Vaticano è riconosciuto dalla comunità internazionale. Tale riconoscimento è stato diretto ed esplicito da parte dell’Italia, con gli artt. 3 e 26, 2° comma del Trattato, indiretto ed internazionalmente vincolante da parte degli altri Stati, che mantenevano rapporti diplomatici con la Santa Sede prima della costituzione della Città del Vaticano quale Stato sovrano e indipendente, e che furono informati in maniera ufficiale, attraverso i normali canali diplomatici, dell’intenzione della Santa Sede di sottoscrivere con l’Italia un Trattato, che dava vita al nuovo Stato. La Città del Vaticano si presenta nell’ambito del diritto internazionale come vero e proprio Stato, inteso quale ente sovrano ed indipendente, capace di stringere atti internazionalmente rilevanti con altri Paesi. Si può, pertanto, concludere, alla luce di queste affermazioni, che esiste una doppia, distinta personalità della Città del Vaticano e della Santa Sede nella sfera del diritto internazionale, in quanto quest’ultima godeva già di una personalità riconosciuta, essendo organo della Chiesa cattolica. La Santa Sede opera presso le Nazioni Unite con lo status di Osservatore Permanente di Stato non membro. In questa veste può partecipare attivamente alle conferenze organizzate dall’ONU e far sentire la propria voce durante i lavori.

Infine, si tratta di uno Stato neutralizzato, come la Confederazione svizzera e la Repubblica di San Marino. Esso, cioè, si trova in quella condizione giuridica permanente per la quale ha il diritto di non essere offeso da operazioni belliche di altri Stati e il dovere di non porne in essere. Il tutto si evince dall’art. 24 del Trattato, dove, letteralmente, si legge: “La Santa Sede, in relazione alla sovranità che Le compete anche nel campo internazionale, dichiara che Essa vuole rimanere e rimarrà estranea alle competizioni temporali fra gli altri Stati ed ai Congressi Internazionali indetti per tale oggetto, a meno che le parti contendenti facciano concorde appello alla sua missione di pace, riservandosi in ogni caso di far valere la sua potestà morale e spirituale. In conseguenza di ciò, la Città del Vaticano sarà sempre ed in ogni caso considerata territorio neutrale e inviolabile”. 

4. Riflessione conclusiva

Al termine di questa breve analisi nella quale abbiamo cercato di delineare, a grandi linee, la natura dello Stato della Città del Vaticano e la struttura del suo ordinamento con un cenno alla sua posizione nell’ordinamento internazionale, possiamo ancora sottolineare due aspetti, l’uno legato alla sovranità e l’altro alla figura del giudice, aspetti di unicità di questo peculiare ordinamento.

Per quanto concerne la sovranità, in dottrina è stato molto dibattuto il problema della mancanza di un’autonoma sovranità della Città del Vaticano, in quanto il nuovo Stato deriva la sua origine da un’autorità posta da un diverso ordinamento. Ma si può affermare, senza ombra di dubbio, che lo stato Pontificio non ha al di sopra di sé alcuna organizzazione politica o alcuno Stato. Secondo altri studiosi, invece, la vera sovranità spetterebbe alla Santa Sede, che ha sovranità sullo Stato della Città del Vaticano. Secondo questa prospettiva lo Stato della Città del Vaticano ha una funzione limitata, tesa a sostenere la missione della Santa Sede[7]. Tuttavia, abbiamo evidenziato come la Città del Vaticano presenti tutte le caratteristiche di Stato indipendente e sovrano (sovranità, popolo, territorio)

ed è altrettanto evidente lo stretto collegamento con l’ordinamento della Chiesa Cattolica. A definire la situazione giuridica della Santa Sede, dibattuta a lungo in Italia, soprattutto in riferimento allo Stato della Città del Vaticano, ha pensato la Corte di Cassazione con una sentenza del 1979, stabilendo che in essa si concentra la rappresentanza della Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano.

Le funzioni e le attività di questo piccolo Stato, infatti, si ripercuotono ben oltre i suoi confini territoriali, raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo, su cui esercita una sovranità di tipo spirituale. Per certi versi, si potrebbe dire che tutta la Chiesa Cattolica è uno “Stato senza territorio”, con l’obiettivo di “fare di tutte le nazioni un solo popolo nuovo che ha come fine il regno (di Dio), come condizione la libertà dei figli, come statuto il precetto dell'amore” (Prefazio VII del Tempo Ordinario). Non sarebbe possibile, infatti, comprendere lo Stato della Città del Vaticano prescindendo dalla sua essenziale, strutturale e determinante connotazione religiosa.

L’altra peculiarità sarebbe legata alla sfera giurisdizionale, cioè allo specifico modo di svolgere l’attività giurisdizionale all’interno di questo Stato, che è tipico della Chiesa cattolica. Come ricordavano i Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II, il Giudice ecclesiastico «deve sentire e compiere la sua missione con animo sacerdotale, acquistando insieme con la scienza (giuridica, teologica, psicologica, sociale, ecc.), una grande ed abituale padronanza di sé, con uno studio riflesso di crescere nella virtù. Sarà così, anche nel pronunziare il giudizio, un sacerdote ed un pastore di anime»[8]. Consapevole della sua singolare dignità e del suo essere associato alla potestà di Cristo e della Chiesa, il Giudice ecclesiastico è animato dall’adempimento del suo munus di servitore della giustizia[9] di Dio per la “salvezza delle anime” (cfr. can. 1752 del Codice di Diritto Canonico) che rimane, anche per il Giudice ecclesiastico, la suprema legge della Chiesa[10]. Dunque, al giudice ecclesiastico, diversamente da quanto accade per altri ordinamenti, sono richiesti requisiti non soltanto scientifici, come precisava Papa Francesco durante la sua prima Allocuzione al Tribunale Apostolico della Rota Romana (29 gennaio 2014): «L’attività giudiziaria ecclesiale, che si configura come servizio alla verità nella giustizia, ha infatti una connotazione profondamente pastorale, perché finalizzata al perseguimento del bene dei fedeli e alla edificazione della comunità cristiana. Ne consegue che l’ufficio giudiziario è una vera diaconia, cioè un servizio al Popolo di Dio»[11].

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. Art. 26 Trattato Patti Lateranensi.

[2] La nuova Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano del 26 novembre 2000, in sostituzione della precedente - la prima - emanata il 7 giugno 1929 dal Papa Pio XI di v.m., è entrata in vigore il 22 febbraio 2001, Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.

[3] 2 Cfr. F. J. Ramos - D. Moral carvajal, Diritto processuale canonico. Terza edizione aggiornata e ampliata, vol. I, Angelicum University Press, Roma 2013, 29.

[4] Ivi, 30

[5] M. J. Arroba Conde, Diritto Processuale Canonico, Ediurcla, Roma 2012, 177.

[6] In materia di esecuzione in Italia delle sentenze emanate dai Tribunali del Vaticano, si applicano le norme del diritto internazionale, in base all’art. 23, 1° comma del Trattato, oltre alle norme comuni interne italiane; in particolare per la materia penale si applicano gli artt. 12 Codice penale e gli artt. 730-745 del cod. proc. pen. (c.p.c.) e per la materia civile, si applicano gli artt. 64-71 della legge n. 218 del 31 maggio 1995. Tuttavia, rimangono in vigore gli artt. 796-805 c.p.c., in quanto espressamente richiamati dall’art. 8, lett. B del Protocollo Addizionale degli Accordi di Villa Madama. Inoltre, il 2° comma dell’art. 23 del Trattato dispone letteralmente “avranno, invece, senz’altro piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche od ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali e disciplinari”. 

[7] E. Menietti, Come funziona il Vaticano, in URL: www.ilpost.it.

[8] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione alla Rota Romana, 17 febbraio 1979, in AAS, 71 (1979), 424. 

[9] Il Giudice ha il dovere fondamentale di amministrare la giustizia rispondendo alla domanda essenziale di verità postagli dai fedeli.

[10] Cfr. P. Fedele, La responsabilità del Giudice, in Ephemerides Iuris Canonici, (1979), 197-222. 

[11] FRANCESCO PP., Allocuzione alla Rota Romana, 24 gennaio 2014, in AAS, 106 (2014), 89-90.