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Pubbl. Mar, 2 Giu 2015

Una volta provocato un incidente da ubriaco, operano le polizze RC auto? Riflessione su ord. Cass. 9448/2015

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Giuseppe La Corte


Avvenuto uno scontro automobilistico e accertato che il conducente alla guida del motoveicolo fosse ubriaco, le polizze rc auto non operano in virtù dell’art. 1900 c.c. a dispetto delle memorie difensive del ricorrente che ritenevano vessatorie le predette clausole.


Con ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 9448, depositata l'11.05.2015, il Supremo Collegio si è occupato di stabilire se l’inoperatività della polizza RC auto in caso di ubriachezza del conducente fosse da considerarsi una clausola valida o, al contrario, vessatoria.

I giudici di merito, nel primo e nel secondo grado, hanno riconosciuto la non applicabilità della polizza assicurativa in relazione alle gravissime lesioni subite dall’attore in un incidente stradale.
Questa valutazione è emersa considerando che il tasso alcolemico del guidatore era sei volte superiore a quello consentito e che gli esami tossicologici dimostravano, altresì, l’assunzione di droga (cocaina e cannabinoidi); che le clausole contrattuali con le quali l’assicuratore aveva negato l’indennizzo non erano vessatorie e che il principio di cui all’articolo 1900 c.c., secondo il quale l’assicurazione non si estende ai rischi causati da dolo o colpa grave, opera anche quando il conducente, in maniera imprudente e imperita, non ha potuto effettuare alcuna manovra di emergenza per lo stato alterato in cui versa.

Avverso la sentenza della Corte d’appello, si adiva la Corte di Cassazione. La Suprema Corte, confermando le considerazioni espresse nei due precedenti gradi di giudizio, rilevava la non vessatorietà della clausola, che escludeva la garanzia assicurativa, perchè in conformità ad una previsione di legge, nella specie l’articolo 1900 c.c..
Il predetto articolo, infatti, trova applicazione anche quando la condotta dell'assicurato, caratterizzato da dolo o colpa grave, non sia stata causa unica del verificarsi dell'evento dannoso.

Porsi in guida in uno stato tale da far venir meno quella lucidità necessaria per gestire le manovre di un'autovettura, non solo sarebbe pericoloso per l'incolumità del conducente, che quasi accetterebbe il pericolo derivante dalla sua condizione, ma soprattutto metterebbe a rischio l'integrità fisica di altri automobilisti. In questo caso, gestire un motoveicolo in totale stato di ubriachezza e con l'assunzione di sostanze stupefacenti è indice non solo di disprezzo alla legge (rectius il Codice della Strada) ma soprattutto di imprudenza e negligenza grave.

Alla luce di ciò, pertanto, la sottoscrizione delle predette clausole non necessita di alcuna forma speciale, in quanto si tratta di una riproposizione di un dettato di legge.

E’ definita come vessatoria la clausola contrattuale che provoca un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci e in questo squilibrio rileverebbe la mala fede del professionista che ha predisposto la clausola.

Lo squilibrio del quale qui si parla non è lo squilibrio economico fra le prestazioni contrattuali. La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi ma attiene solo all’equilibrio normativo dei diritti e dei doveri che dal contratto derivano a favore dell’una o dell’altra parte.

Si parla di clausole vessatorie e/o abusive soprattutto nei cosiddetti contratti di adesione, quali quelli che si stipulano con banche, assicurazioni o società di telecomunicazioni, nei quali l'imprenditore offre i propri servizi a condizioni predeterminate e il consumatore si limita semplicemente ad aderire con la sua sottoscrizione. 
La disciplina sulle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti stabilisce che tali condizioni sono efficaci nei confronti dell'altro, solo se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza (art. 1341 c.c.).

In ogni caso, le clausole vessatorie non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto.

La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende. 

In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore.  

La clausola considerata vessatoria è inefficace e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. 

Sono comunque sempre inefficaci le clausole che, sebbene oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di: escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Il ricorso, alla luce delle superiori considerazioni, trattato in Camera di Consiglio, veniva rigettato.