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Pubbl. Mar, 17 Dic 2019

Introduzione alla figura del contratto autonomo di garanzia

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Luca Collura
AvvocatoUniversità commerciale Luigi Bocconi


le origini del Garantievertrag: la natura giuridica e la disciplina applicabile, il dibattito di dottrine e giurisprudenza.


Sommario: 1. Premessa: cenni storici ed economici del fenomeno – 2. Il problema della nozione di contratto autonomo di garanzia – 3. La conclusione del contratto autonomo di garanzia, la sua natura e i rapporti sussistenti tra le parti – 4. (Segue) In particolare: fattispecie ternarie e fattispecie binarie – 5. Confronto tra contratti autonomi di garanzia – nelle fattispecie ternarie e binarie – e delegazione, espromissione ed accollo – 6. I casi di controgaranzia: le fattispecie quadrangolari (o c.d. quaternarie) – 7. Il contratto autonomo di garanzia e differenza con l’istituto civilistico della fideiussione – 8. La struttura e le tipologie del contratto autonomo di garanzia – 9. Le assicurazioni fideiussorie – 10. Struttura e tipologia delle assicurazioni fideiussorie – 11. La dibattuta natura giuridica delle assicurazioni fideiussorie.

 

1. Premessa: cenni storici ed economici del fenomeno 

Nell’ambito dei rapporti obbligatori è sempre stato forte il bisogno di maggior sicurezza per i creditori, che naturalmente preferivano una situazione in cui la probabilità di ottenere il pagamento di quanto loro dovuto era maggiore, quasi una certezza, rispetto ad una in cui essa risultava essere inferiore. Proprio per questo motivo si sono nella prassi sviluppati delle species contrattuali che sono simili per funzionamento all’istituto civilistico della fideiussione ma che si differenziano non poco dalla medesima[1]. Tra tali contratti atipici, di notevolissima importanza risultano essere i contratti autonomi di garanzia, che, vista la diffusione oggi raggiunta, specie nella prassi bancaria e del settore assicurativo, possono dirsi tipici se non secundum legem quanto meno secundum usum[2].

Lo schema del “contratto autonomo di garanzia[3]“ come oggi delineatosi, tuttavia, non è da ritenersi un’invenzione della cultura giuridica tipica dei tempi moderni. Già il diritto d’età romana, infatti, non era estraneo a meccanismi atti a conferire al creditore una maggior sicurezza circa la probabilità di ottenere il pagamento di quanto dovutogli, ad opera o meno del debitore principale. Un classico esempio era l’istituto del receptum argentarii[4], per mezzo del quale si conferiva maggior sicurezza di pagamento al creditore in quanto un banchiere (argentarius) prometteva di compiere in favore del promissario, creditore in forza di un altro rapporto di obbligazione, una prestazione dovuta dal debitore anche indipendentemente dal comportamento di quest’ultimo: in tale circostanza, dunque, il creditore si trovava ad avere due soggetti a cui poter richiedere la prestazione, senza alcun riguardo a quelli che fossero poi i rapporti obbligatori tra loro sussistenti[5].

2. Il problema della nozione di contratto autonomo di garanzia

Della figura dei contratti autonomi di garanzia (figura di origine puramente pragmatica, figlia delle necessità cui doveva far fronte il commercio internazionale) si è tentato più volte di dare una sistemazione introducendo una categoria unitaria cui ricondurre tutte le ipotesi negoziali di garanzia personale non fideiussoria.

Malgrado essa potesse dirsi ormai metabolizzata anche nell’ambito giurisprudenziale, tale nozione non appare unanimemente condivisa, giacché non sono poche le voci, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, che hanno criticato la possibile individuazione di una categoria, perché le differenze esistenti tra le varie ipotesi considerate non permetterebbero di ricostruire il fenomeno dei contratti autonomi di garanzia in chiave unitaria. Per questo motivo è stato da molti suggerito un modus operandi che prevede l’individuazione caso per caso di una regola applicabile alla situazione concreta, tralasciando ogni tentativo di addivenire ad una disciplina unitaria del fenomeno, perché esso finirebbe per risultare, in ultima analisi, assolutamente velleitario[6].

Senza considerare quelli che sono i tentativi di dare del fenomeno una categoria con le finalità suddette, pare comunque possibile fornire una definizione generale dei contratti autonomi di garanzia che permetta quanto meno di riconoscerne i tratti tipici del modello più diffuso nella prassi (e che trova, in dottrina ed in giurisprudenza, autorevoli voci a suo sostegno), pur consapevoli delle differenze che poi, caso per caso, potrebbero concretamente presentarsi.

Potremmo alla fine definire la garanzia autonoma come il contratto con cui il garante si obbliga, a titolo di garanzia, nei confronti di un altro soggetto (detto “beneficiario”) a corrispondergli una certa somma di denaro nel caso in cui la prestazione del debitore principale resti ineseguita o sia eseguita in modo inesatto, secondo quanto dichiarato e comunicato dal beneficiario della garanzia (clausola “a prima richiesta”); in deroga al principio dell’accessorietà ed al regime delle eccezioni consentite al fideiussore di cui all’art. 1945 c.c., il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia senza poter opporre eccezioni che riguardino la validità, l’efficacia o comunque le vicende del rapporto principale o fondamentale (clausola “senza eccezioni”), e ciò nonostante le eventuali opposizioni al pagamento formulate dallo stesso debitore principale o l’esistenza di contestazioni (clausola “nonostante qualsiasi obiezione”)[7].

Occorre tuttavia sottolineare che la dicitura “contratto autonomo di garanzia” non indica un solo contratto ma ricomprende una categoria di contratti atipici, la cui caratteristica è la sicurezza che essi danno al creditore di vedersi corrispondere una somma di denaro quando il debitore, in un altro rapporto obbligatorio, non adempia la prestazione a cui è tenuto[8].

3. La conclusione del contratto autonomo di garanzia, la sua natura e i rapporti sussistenti tra le parti

Nella prassi commerciale avviene che il debitore principale, di fronte alla richiesta fattagli dal creditore di garantirgli la corretta esecuzione della sua prestazione, si trovi a dover procurare a quest’ultimo una garanzia autonoma.

Solitamente ciò che avviene è che il debitore dia incarico ad una banca o ad una compagnia di assicurazione di prestare nei confronti del beneficiario una garanzia a prima domanda, cioè da pagare a semplice richiesta di quest’ultimo. Il rapporto che viene così ad intercorrere tra il soggetto ordinante ed il soggetto garante può essere qualificato come un contratto di mandato senza rappresentanza[9], nel quale è fondamentale che il mandatario compia degli atti giuridici nell’interesse del mandante, senza che vi siano poi dubbi sul fatto che la prestazione della garanzia sia un atto al quale di certo il beneficiario è interessato nonché che questo vada anche a soddisfare un interesse proprio del debitore principale-mandante. La circostanza che il mandatario compia atti giuridici nell’interesse anche del creditore rende il mandato irrevocabile[10].

Secondo qualcuno, oltretutto, successivamente al pagamento da parte del garante al creditore principale, al fine di riottenere quanto sborsato sarebbe esperibile dal garante anche l’actio mandati contraria[11], ragion per cui si deve ritenere che il rapporto intercorrente tra debitore ordinante e garante-mandatario sia qualificabile anche come un mandato di credito.

Malgrado solitamente la stipula del contratto autonomo di garanzia avvenga su ordine del debitore principale rivolto a colui che farà poi da garante, ciò non toglie che possa anche aversi il caso di un contratto stipulato all’insaputa del debitore, senza dunque che vi sia, tra debitore e garante, alcun rapporto di mandato.

Dal punto di vista strutturale, la garanzia rilasciata dal mandatario al creditore-beneficiario è caratterizzata dal fatto che essa è indipendente dal rapporto che va a garantire, cioè viene meno il carattere dell’accessorietà – proprio della garanzia personale per antonomasia, id est la fideiussione – rispetto al rapporto principale sottostante. Non troveranno quindi applicazione gli artt. 1939, 1941, 1942, 1945 c.c., che sono proprio quelli che esprimono il carattere accessorio tipico della fideiussione[12]. A questo bisogna aggiungere che il contratto stipulato tra il garante ed il beneficiario della garanzia, proprio perché privo del suddetto rapporto di accessorietà con il negozio principale sottostante, comporta che il debito che il garante dovesse poi trovarsi a pagare una volta che intervenga la richiesta del creditore sia un debito che vari esponenti della dottrina hanno riconosciuto come proprio e non invece come altrui.

Quanto sinora detto ci porta ad avere una migliore e più completa visione dei rapporti che vengono ad intercorrere tra le parti in causa. In particolare, si possono scorgere tre distinti rapporti: a) un rapporto di debito-credito intercorrente tra il debitore principale ed il creditore – che trae normalmente origine da un contratto di vendita, di somministrazione, di appalto, ecc. – in virtù del quale il debitore viene richiesto dal creditore di procurare una garanzia a fronte della prestazione cui questi è tenuto verso il creditore; b) un rapporto (eventuale) di mandato irrevocabile senza rappresentanza che viene ad intercorrere tra il debitore principale-ordinante-mandante e il garante-mandatario (che, solitamente, sarà un istituto di credito o una compagnia assicurativa) in forza dell’incarico conferito dal primo al secondo di rilasciare in favore del beneficiario una garanzia a prima richiesta e senza eccezioni; c) il rapporto tra garante e beneficiario, che costituisce poi il contratto autonomo di garanzia, in forza del quale il primo si obbliga verso il secondo a corrispondergli, a semplice richiesta, senza la possibilità di sollevare eccezioni relative al rapporto sottostante e malgrado qualunque opposizione da parte del debitore principale, una somma di danaro che copra il danno subìto dal creditore a fronte del mancato od inesatto adempimento della propria obbligazione da parte del debitore principale[13].

Ultimo aspetto da porre in evidenza è quello della funzione c.d. indennitaria della garanzia autonoma. Difatti, visto che il garante si obbliga a pagare a prima richiesta del beneficiario, senza opporre eccezioni inerenti al rapporto sottostante e a prescindere da qualunque opposizione del debitore principale, anche a fronte di una semplice apparente inesattezza nell’esecuzione della propria prestazione da parte di quest’ultimo, il creditore avrà diritto ad ottenere un ristoro economico immediato, senza la necessità di attendere un’indagine nel merito circa la fondatezza della sua richiesta[14], che, al più, potrà avvenire successivamente e che, salvi casi di frode da parte del creditore e di negligenza da parte del garante, legittimerà un’azione di ripetizione dell’indebito (actio indebiti) da parte del solo debitore principale[15].

4. (Segue) In particolare: fattispecie ternarie e fattispecie binarie

Come precedentemente chiarito, l’impegno che il garante assume nei confronti del creditore può avere origine tanto da un ordine del debitore principale quanto da un rapporto esclusivo intervenuto ed intercorrente tra il garante stesso ed il creditore, senza che in questo rientri il debitore.

A seconda che ci si trovi nell’uno o nell’altro caso, si parlerà di fattispecie ternarie oppure binarie, facendo leva proprio sul numero di soggetti che, in un modo o nell’altro, sono parti, direttamente o indirettamente, del rapporto obbligatorio sussistente tra garante autonomo e creditore.

Le fattispecie che potremmo definire ternarie (perché vedono la partecipazione del debitore, del garante e del creditore) sono le seguenti: a) il garante[16], su ordine del cliente-(potenziale) debitore, può trovarsi ad assumere nei confronti del (potenziale) creditore un impegno ad indennizzarlo qualora il rapporto obbligatorio con il cliente non venga poi ad esistenza[17]; b) il garante può, per incarico del futuro debitore, stipulare un contratto di garanzia con il creditore con il quale assume l’impegno di corrispondergli una somma di danaro anche qualora le trattative contrattuali non abbiano un esito positivo o l’affare non riesca o l’obbligazione che dovrebbe sorgere rimanga inesistente[18]; c) il garante, sempre su invito del debitore, conclude un contratto autonomo di garanzia con il creditore a fronte di un’obbligazione che sembra sorta, ma – dopo il fatto o l’atto genetico – risulta che il fatto, lecito o illecito che sia, non è imputabile al debitore o che la prestazione è impossibile o che il contratto da cui l’obbligazione principale ha avuto origine è invalido[19] o addirittura inesistente[20],[21].

Nelle fattispecie ternarie, il garante potrà rivolgersi al debitore e rivalersi tanto per l’incarico ricevuto quanto per la completa attuazione di questo da parte sua (tanto che questa sia avvenuta con un pagamento quanto che sia stata posta in essere con una diversa modalità di esecuzione della prestazione). Egli dunque avrà diritto al compenso da parte del debitore nonché al rimborso delle spese sostenute (art. 1720 c.c.), salvo, naturalmente, il diritto riconosciuto al debitore di rivalersi a sua volta nei confronti del creditore.

Nelle fattispecie binarie il garante stipula il contratto di garanzia con il creditore senza aver preventivamente ricevuto all’uopo alcun incarico da parte del debitore principale. Le fattispecie binarie possono ricorrere negli stessi casi in cui possiamo trovarci dinanzi ad un esempio di fattispecie ternarie, con la sola differenza che, in tal caso: 1) al ricorrere delle circostanze sub a) e b) dell’elenco precedente, la posizione del garante sarà ancora più grave che nei casi di fattispecie ternarie summenzionati, in quanto egli sarà tenuto a corrispondere quanto dovuto al creditore anche se la di questi obbligazione con il previsto debitore non dovesse mai venire ad esistenza e non avrà nemmeno diritto di rivalsa nei confronti del debitore, che non gli aveva conferito alcun incarico; 2) al ricorrere della circostanza sub c), il creditore potrà chiedere al garante il pagamento immediato, forte del fatto che a questi sarà permesso di sollevare solo eccezioni derivanti dallo stesso contratto autonomo e non anche quelle nascenti dal rapporto di obbligazione garantito, salvo che questo non sia stato estinto e che dunque nulla vi sia più da garantire[22].

5. Confronto tra contratti autonomi di garanzia – nelle fattispecie ternarie e binarie – e delegazione, espromissione ed accollo

Al fine di comprendere quali rapporti sorgano tra le parti del contratto autonomo di garanzia e dunque quale sia la loro natura e quali siano i rimedi esperibili dal garante dopo il pagamento al creditore per recuperare quanto pagato dal debitore, è necessario un ulteriore chiarimento, specialmente con riferimento alle fattispecie ternarie, che molto spesso sono state ricondotte ad altri istituti conosciuti dal nostro ordinamento, ma dai quali si discostano spesso non poco, tanto che è ormai improponibile una loro classificazione ricorrendo a tali figure giuridiche.

Nelle fattispecie c.d. ternarie, il debitore, delegante, dà incarico, mediante un mandato, ad un soggetto estraneo al rapporto giuridico intercorrente tra sé ed il creditore di stipulare una garanzia (in particolare, un contratto autonomo di garanzia) con il creditore (potenziale o attuale che esso sia, poco importa). Il debitore, naturalmente, non ha bisogno all’uopo di alcuna autorizzazione da parte del creditore e neppure può pretendere che il creditore sia sottoposto ad obblighi tipici del mandatario e debba dunque accettare la garanzia. In fondo il nostro ordinamento non prevede per il creditore un obbligo ad autorizzare il debitore affinché questi incarichi un terzo di adempiere la sua obbligazione in sua vece[23]; al contrario, l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo soggetto anche contro la sua volontà ed egli non può rifiutare l’adempimento, salvo che abbia interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione (art. 1180, c. 1, c.c.), anche se egli potrebbe comunque consentire all’esecuzione di una prestazione diversa da quella dovutagli (ad esempio, quando si tratta di prestazione infungibile ed il terzo ne offra una diversa; art. 1197, c. 1, c.c.). Il terzo, dunque, può adempiere anche senza alcuna autorizzazione del creditore o del debitore e addirittura a sua completa insaputa ed il creditore, oltre che nel caso già citato di cui all’art. 1180, c. 1, c.c., può rifiutare un simile adempimento anche qualora lo stesso debitore gli renda manifesta la sua opposizione (art. 1180, c. 2, c.c.).

Tali considerazioni possono venire estese anche alla delegazione di pagamento, di cui all’art. 1269 c.c. In particolare il problema sorge con riguardo alla delegazione cumulativa (art. 1268 c.c.) ed è importate sin da subito chiarire che il contratto autonomo di garanzia, malgrado le sue somiglianze con l’istituto della delegazione di pagamento, non è di questa un’estrinsecazione.

Il creditore che viene garantito da un terzo a ciò appositamente incaricato dal debitore è (o comunque può essere) col debitore stesso in un rapporto di obbligazione, così come lo è già (attualmente, non potenzialmente o in futuro) il delegante (debitore) col delegatario (creditore). L’incarico, conferibile con un mandato, al delegato[24] o al garante, non coincide né tanto meno risulta collegato con altro mandato al creditore o al delegatario: l’uno o l’altro restano infatti perfettamente liberi di accettare o meno l’offerta, del delegato o di colui che si offre di prestare una garanzia personale, di adempiere alla scadenza la prestazione dovuta[25]. Il creditore, dunque, è libero di concludere il contratto col delegato come è libero di farlo con l’offerente la garanzia autonoma, ma, mentre nella delegazione egli è successivamente tenuto a chiedere il pagamento prima al delegato e dopo al delegante, nel caso del contatto di garanzia autonoma egli non ha l’obbligo di chiedere a suo tempo aut al garante aut al debitore, potendo rivolgersi indifferentemente a ciascuno dei due.

Tra la figura del contratto autonomo di garanzia e quella delle delegazione passiva, sono indubbie le somiglianze: la delegazione consiste nell’operazione negoziale con cui il debitore (delegante) incarica un terzo (delegato) ad obbligarsi nei confronti del creditore (delegatario) e contro quest’ultimo il delegato non potrà di regola sollevare alcuna eccezione relativa al rapporto di provvista (sussistente tra lui ed il delegante) o a quello di valuta (intercorrente tra delegante e delegatario) (art. 1271 c.c.). In ambedue le figure, dunque, vi sono tre rapporti negoziali, ma ciò non fa venir meno le differenze che tra le due sussistono, giacché, laddove la delegazione vuole creare un nuovo debitore che assuma la veste di quello principale o che addirittura ad esso si sostituisca tout court, il contratto autonomo di garanzia fornisce al creditore maggior sicurezza di ottenere quanto dovutogli, attribuendogli la mera facoltà di scegliere se rivolgersi per il pagamento direttamente al debitore principale o al garante, senza alcun onere di escutere prima il secondo per poter richiedere la prestazione al primo. La delegazione produce dunque una vicenda successoria o novativa che non ha assolutamente nulla a che vedere con il negozio di garanzia[26].

La differenza coi contratti autonomi di garanzia va tracciata anche nei confronti degli istituti dell’espromissione e dell’accollo.

In caso di espromissione, così come avviene nelle fattispecie binarie di cui sopra, un espromittente può trovarsi ad assumere verso il creditore l’impegno ad adempiere un obbligo altrui completamente sua sponte, senza alcun incarico e, magari, anche insciente[27] o prohibente debitore. La volontà del debitore, infatti, resta, nell’ambito di tale istituto, del tutto irrilevante, tant’è che questi non potrebbe impedire al creditore di accettare l’espromissione e, a tempo debito, la prestazione; al massimo, il creditore potrebbe rifiutare l’espromissione, qualora il debitore palesasse la sua contrarietà (argomento ex art. 1180, cpv., c.c.) o laddove il creditore stesso avesse un interesse a che sia il debitore personalmente ad eseguire la prestazione (e.g., nel caso di obbligazione infungibile; argomento ex art. 1180, c. 1, c.c.).

A differenza di quanto accade utilizzando lo schema del contratto autonomo di garanzia, con l’espromissione si viene a creare un nuovo debitore e il debitore originario potrebbe opporre contro al creditore l’esistenza dell’onere di rivolgersi preventivamente al suddetto, qualora fosse venuto (o già fosse ab initio) a conoscenza dell’avvenuta espromissione. È da ritenere che la normativa dettata dal nostro codice civile per la delegazione (in particolare, l’art. 1268, c. 2) possa essere applicata per analogia anche all’istituto dell’espromissione.

Al ricorrere di una fattispecie binaria di contratto autonomo di garanzia, invece, il creditore potrebbe rivolgersi indifferentemente al garante autonomo quanto al debitore originario, se esistente. Qualora il rapporto obbligatorio con il (potenziale) debitore fosse stato solo previsto ma non venuto ad esistenza, il creditore avrebbe la facoltà di rivolgersi soltanto al garante (ammesso che la garanzia si estendesse anche all’eventualità che un determinato fatto costitutivo dell’obbligazione non avvenisse), non essendovi assolutamente alcun debitore al quale notificare domanda di pagamento.

Proprio nelle fattispecie binarie, ad ogni modo, è molto accentuata la similitudine tra il contratto autonomo di garanzia e l’istituto civilistico dell’espromissione. In tali circostanze, infatti, la garanzia è prestata dal garante autonomo di sua propria iniziativa, senza alcun invito specifico da parte del debitore. La garanzia, in tal caso, mirerà a rassicurare[28] il creditore circa il fatto che un determinato rapporto obbligatorio avrà gli effetti che questi si auspica (o nel senso che questo, laddove solo progettato, venga ad esistenza o in quello che i fatti da lui desiderati si verifichino). Ad ogni modo deve ivi richiamarsi la differenza tracciata due capoversi prima, per chiarire che nemmeno nelle fattispecie binarie il contratto autonomo di garanzia può essere classificato come un tipo di espromissione, viste le profonde diversità esistenti tra i due istituti sotto un profilo effettuale[29].

Anche con riguardo all’istituto dell’accollo vale la pena richiamare alcune differenze fondamentali con i contratti autonomi di garanzia.

Esso è il contratto con il quale un terzo si impegna con un debitore (originario) ad adempiere la prestazione da questo dovuta ad un altro soggetto. Fintantoché non interviene anche un accordo tra l’accollante (il terzo) ed il creditore, la fattispecie ivi descritta conserva un carattere che, richiamando la nomenclatura utilizzata per le fattispecie dei contratti di garanzia, possiamo definire binario. Il codice civile, suo malgrado, si riferisce alla fattispecie con carattere ternario, prevedendo espressamente l’adesione del creditore che renda irrevocabile la stipulazione fatta a suo favore (art. 1273, c. 1, c.c.) e parlando solo dell’accollo ad efficacia esterna – al quale adatta la terminologia del contratto a favore di terzo (artt. 1411 ss.)[30] –, benché l’ipotesi binaria non sia ovviamente preclusa all’autonomia privata, rimanendo dunque affatto possibile stipulare un accollo i cui effetti siano limitati all’ambito puramente interno.

Confrontando l’accollo con i contratti autonomi di garanzia, si perviene alle stesse conclusioni raggiunte a proposito della delegazione e dell’espromissione, malgrado, questa volta, a parti rovesciate. A seguito di un accollo ad efficacia puramente interna, il creditore è vincolato solamente nel momento in cui avvenga l’adempimento da parte dell’accollante (nei limiti di cui supra derivanti dall’art. 1180 c.c.). Se, invece, si ha un accollo ad efficacia esterna, il creditore aderente (accollatario, utilizzando il linguaggio del codice civile) sarà tenuto, a tempo debito, ad accettare l’adempimento dell’accollante (essendo precedentemente intervenuta la sua adesione che ha reso irrevocabile la stipulazione a suo favore) e, all’atto della richiesta del pagamento, avrà l’onere di rivolgersi preventivamente all’accollante e solo dopo al debitore originario.

In breve, l’accollo con efficacia interna non è comparabile con un contratto autonomo di garanzia, giacché questo si perfeziona esclusivamente con accordi intercorrenti tra il garante ed il creditore; gli incarichi che fossero conferiti dal debitore (anche se solo potenziale) darebbero luogo ad un rapporto solamente con questo e rientrerebbero nella figura di un mandato a compiere un’operazione futura.

L’accollo ad efficacia esterna è invece paragonabile ad un contratto autonomo di garanzia a fattispecie ternaria, dato il vincolo che esiste tra accollante e creditore, e i risultati del confronto non differiscono molto da quelli che si raggiungono con quello effettuato rispetto alla delegazione cumulativa[31].

6. I casi di controgaranzia: le fattispecie quadrangolari (o c.d. quaternarie)

Nei traffici internazionali, il fatto che una banca del paese dell’ordinante dia ad un’altra banca, localizzata nel paese del beneficiario, l’incarico di garantire quest’ultimo rappresenta pressoché la normalità. In tali casi, ciò che ricorre è un’ipotesi di controgaranzia, nella quale la seconda banca svolge il ruolo di controgarante, venendosi quindi a creare una fattispecie quadrangolare, anche detta quaternaria[32], nella quale abbiamo un ulteriore soggetto che assume, su incarico della prima banca, la veste di garante.

La circostanza che la seconda banca non sia esonerata, dinanzi alla richiesta di pagamento da parte del beneficiario, da un dovere di controllo e che debba, laddove se ne profili la possibilità, resistervi, è senz’altro fuori da ogni dubbio. Il vero problema, semmai, è se essa sia tenuta nei confronti della banca primo garante che le ha conferito l’incarico oppure del debitore ordinante, che, però, ha dato incarico alla prima banca e non, invece, alla seconda. L’opinione in merito più diffusa è quella per cui tanto il ricorrere del carattere astratto della garanzia quanto quello del conferimento dell’incarico alla seconda banca ad opera della prima e non invece dell’ordinante renderebbero il contratto autonomo di garanzia stipulato dalla seconda banca col beneficiario res inter alios acta. Come di solito accade, dopotutto, la prima banca si presenta alla seconda e le conferisce l’incarico non già presentandosi come rappresentante del debitore-ordinante, ma agendo completamente in proprio nome. Non possono dunque aversi dubbi circa il fatto che la seconda banca sia obbligata, in veste di mandataria, direttamente nei confronti della prima, e non invece dell’ordinante, ad adempiere secondo la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 c.c.), per cui il pagamento effettuato al beneficiario a seguito di una domanda che sia palesemente fraudolenta integra gli estremi di un comportamento gravemente negligente[33].

Ciò che conta, ad ogni modo, è quanto suddetto riguardo ai rapporti tra seconda banca, prima banca e ordinante: la seconda sarebbe legata direttamente alla prima da un contratto di mandato, senza alcun diritto avere la possibilità di vantare nei confronti dell’ordinante, che con essa non è mai entrato in alcun rapporto giuridicamente vincolante.

7. Il contratto autonomo di garanzia e differenza con l’istituto civilistico della fideiussione

Di estrema importanza per raggiungere i fini che il presente scritto si propone, è segnalare la differenza che esiste tra il contratto autonomo di garanzia e l’istituto di cui all’art. 1936 ss. c.c., cioè la garanzia personale per eccellenza, la fideiussione.

Sotto il profilo strutturale, l’aspetto che maggiormente contraddistingue il contratto di garanzia autonoma è senz’altro l’indipendenza del rapporto di garanzia rispetto a quello garantito, cioè la mancanza del carattere accessorio[34], proprio della fideiussione, rispetto al rapporto sottostante garantito: ad esso non saranno quindi applicabili gli articoli 1939, 1941, 1942 e 1945 c.c., che di tale carattere accessorio sono una tipica espressione. Con la stipula del negozio fideiussorio ex art. 1936 c.c., il fideiussore assume l’impegno a garantire l’adempimento di un debito altrui e, quindi, il soggetto garante si impegna ad eseguire, almeno in linea di principio, la stessa identica prestazione a cui è tenuto il debitore principale (solitamente, una prestazione di tipo pecuniario). Questo principio trova un più che evidente riflesso nel disposto dell’art. 1941 c.c., a mente del quale la fideiussione non può mai eccedere quanto è dovuto dal debitore principale né può essere prestata a condizioni più onerose[35] rispetto all’obbligazione principale, e nell’art. 1942 c.c., che dispone che la fideiussione si estenda anche agli accessori del debito principale.

A differenza di quanto avviene nella fideiussione, nella garanzia autonoma di regola il soggetto garante non assicura al beneficiario di adempiere la stessa prestazione dell’obbligazione principale ma si obbliga a versare prontamente un indennizzo al beneficiario nell’ipotesi di una mancata o di una non corretta esecuzione della prestazione principale da parte del debitore[36]. La prestazione oggetto dell’obbligazione del garante, dunque, non è, di solito, identica né tanto meno omogenea a quella del debitore principale (il che sarà ben evidente, ad esempio, nel caso di un contratto di appalto, a fronte del quale il garante si impegna a pagare una somma di denaro in caso di inadempimento del debitore principale e non invece ad eseguire la stessa prestazione cui quest’ultimo risulta tenuto in forza dell’obbligazione principale[37]). Proprio per la suddetta circostanza il garante si impegnerebbe ad adempiere nei confronti del creditore non già un debito altrui quanto invece un debito proprio, per il fatto che la sua obbligazione può concepirsi come autonoma e non come accessoria rispetto all’obbligazione principale. Anche per questo motivo il garante si impegna ad eseguire la prestazione cui risulta tenuto senza possibilità, entro determinati limiti, di opporre eccezioni che spettano al debitore[38] e che attengono alla validità, all’efficacia ed in genere alla vicende del rapporto principale, in deroga alla regola, essenziale nell’ambito della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.[39]

Oltre a quello dell’accessorietà vi è però un altro aspetto che contribuisce grandemente ad una migliore identificazione della fattispecie del contratto autonomo di garanzia e, allo stesso tempo, a differenziarla con il tipo fideiussorio. Esso si sostanzia nel carattere squisitamente indennitario proprio della garanzia autonoma. In particolare, mentre il fideiussore esegue una prestazione che è oggettivamente identica, sotto il profilo economico, con quella che è dovuta dal debitore principale, il garante si impegna a corrispondere al creditore un’indennità che ne ristori la mancata percezione della prestazione del debitore principale[40].

Da quanto detto finora deriva la funzione riparatoria assolta dalla prestazione del garante autonomo rispetto al pregiudizio che può subire il creditore a causa dell’inadempimento del debitore principale, laddove, se si avesse una fideiussione, il creditore eviterebbe invece tout court quel danno, perché potrebbe rivolgersi indifferentemente al debitore o al fideiussore per ottenere la prestazione oggetto dell’obbligazione principale. Pare dunque che si possa affermare che la finalità indennitaria (o riparatoria) propria del contratto autonomo di garanzia, escludendo la solidarietà tipica del negozio fideiussorio (art. 1944 c.c.), non solo rende (di regola) eterogenea la prestazione del garante rispetto a quella del debitore principale, ma anche configura la prima come un corrispettivo per equivalente, generalmente predeterminato all’atto di stipulazione del contratto[41].

Tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta del secolo scorso, poi, parte della dottrina ha tentato un accostamento tra la figura del contratto autonomo di garanzia e quella della fideiussione omnibus. Questa architettura giuridica aveva le proprie basi nell’assunto per cui la fedeiussio omnibus non sarebbe stata riconducibile alla fattispecie tipica di fideiussione come delineata dal codice civile, perché deficiente di un effettivo collegamento con l’obbligazione garantita, per cui essa era stata identificata come una vera e propria garanzia autonoma. Stando a questa tesi, non vi sarebbe alcuna differenza tra la figura del contratto autonomo di garanzia e quella della fideiussione omnibus, giacché in ambedue è del tutto venuto a mancare quel vincolo di accessorietà rispetto all’obbligazione principale che è invece caratteristico della fideiussione[42] (v. supra).

A tale opinione, tuttavia, si è subito controbattuto che la clausola “a prima richiesta”, anche laddove fosse stata inserita in una fideiussione omnibus, non sarebbe di per sé idonea a configurare una garanzia autonoma, perché questa non comporta assolutamente una rinuncia da parte del fideiussore a sollevare al creditore eccezioni derivanti dal rapporto garantito e, in particolare, non è tale da impedire al fideiussore di eccepire l’avvenuto adempimento dell’obbligazione da parte del debitore principale ma rappresenta solo una modalità di esecuzione della propria prestazione da parte del fideiussore. Per questo la fideiussione omnibus rimane perfettamente legata all’obbligazione principale garantita da un rapporto di accessorietà e viene meno lo strumento tecnico col quale si perfeziona l’autonomia della garanzia[43].

8. La struttura e le tipologie del contratto autonomo di garanzia

Nell’ambito della prassi commerciale ai rapporti tra il garante autonomo ed il beneficiario della garanzia sono state date una molteplicità di forme che hanno dato vita a schemi diversi che sono poi andati distinguendosi sia sotto il profilo strutturale che da un punto di vista funzionale[44].

Le garanzie autonome più frequentemente utilizzate nella prassi commerciale (con particolare riguardo a quella internazionale) possono essere ricondotte, in base al loro oggetto, a tre tipi fondamentali[45]: a) la garanzia di mantenimento dell’offerta (bid bond); b) la garanzia di buona esecuzione (performance bond); c) la garanzia di rimborso (repayment bond o advance payment bond).

Con il primo di tali tipi di contratto[46] autonomo di garanzia (definito anche garantie de soumission, Bietungsgarantie) un appaltatore formula una garanzia di sottoscrizione che viene allegata all’offerta di aggiudicazione della gara d’appalto (e molto spesso la presenza della garanzia rappresenta anche uno dei requisiti per la partecipazione alla gara stessa). Con la prestazione della garanzia il soggetto appaltatore si impegna a stipulare il contratto definitivo di appalto alle condizioni previste al momento dell’aggiudicazione della gara e a rispettare tutti gli obblighi che dall’appalto nascessero, ivi compreso quello di assicurarsi una nuova garanzia. A fronte del mancato rispetto di tali obblighi, l’ente appaltante, beneficiario della garanzia in parola, potrà rivolgersi direttamente al garante che, adempiendo all’obbligo precedentemente assunto con l’ente appaltante, gli corrisponderà o una somma preventivamente stabilita od una pari alla differenza tra il prezzo dell’offerta e quello di aggiudicazione.

Il performance bond (definito anche garantie de bonne execution, Leistungs- o Lieferungsgarantie) si distingue dalla garanzia di mantenimento dell’offerta poiché interviene in un momento successivo: dopo che è avvenuta l’aggiudicazione della gara da parte dell’appaltatore. In buona sostanza, in tal caso il garante sarà tenuto a pagare una somma pattuita nell’eventualità che l’appaltatore non esegua l’opera secondo le regole dell’arte ovvero sia irrispettoso dei termini di consegna pattuiti. Tale somma, di regola, varia tra il 5% ed il 10% del valore del contratto[47]. Tale tipo di garanzia, poi, può essere impostata in maniera tale da essere automatica (performance bond on demand) oppure condizionale (performance bond on default): mentre nel primo caso essa esplicherà i propri effetti a prescindere dalla prova dell’inadempimento del debitore principale, nel secondo caso sarà necessario che preventivamente venga accertato che l’impresa aggiudicataria della gara sia effettivamente risultata inadempiente ai propri obblighi.

Rispetto al bid bond, è ivi più ampio il contenuto della garanzia, che può riguardare non soltanto l’opera oggetto del contratto d’appalto ma anche tutti i rapporti obbligatori dipendenti dal contratto di appalto che l’appaltatore abbia assunto verso i terzi[48]. Inoltre, l’ambito di applicazione di tale tipo di garanzia è più ampio, potendosi avere anche per rapporti diversi da quelli relativi all’esecuzione di un appalto (e.g., un contratto di somministrazione).

9. Le assicurazioni fideiussorie

Le esigenze di celerità nelle transazioni, nelle circolazione dei beni e nel loro scambio, ormai sempre più avvertite da tutti gli operatori economici che si trovano ad agire nel settore del credito, si concretizzano, nella prassi dei diversi paesi, nella necessità di contemperare quelli che sono i bisogni del mercato con forme di garanzia adeguata. Il ricorso ai sistemi tradizionali di tutela del credito fondati su garanzia di tipo reale non risulta più sempre soddisfacente, dati gli “effetti collaterali” che esso presenta (effetti che, alla fine, creano più disagi che vantaggi all’esatto svolgimento delle varie operazioni economiche). In particolare bisogna notare che lo strumento della cauzione, un istituto giuridico che ha avuto grandissima diffusione in passato, rappresentando praticamente la regola di sicurezza dell’operazione, ha via via palesato una sempre maggiore inadeguatezza quando messo di fronte alle nuove pretese ed alle nuove esigenze di cui la prassi commerciale era portatrice e che erano sempre più incentrate non soltanto sul bisogno di sicurezza ma anche, e, forse, soprattutto, sulla celerità dei traffici e sulla massima disponibilità di capitali in vista della massimizzazione del profitto.

Da questo quadro può desumersi che lo schema della cauzione (che, nelle sue diverse forme, la dottrina ha ritenuto di inquadrare nello schema del pegno irregolare[51]) – giacché altro non è se non la dazione, da parte del debitore, di una somma di danaro o altra cosa mobile – costringe quest’ultimo ad una immobilizzazione di capitali che si rileva non soltanto onerosa ma, specie nelle operazioni di più vasta portata e maggior durata, fortemente infruttuosa, dato che i beni immobilizzati sarebbero potuti essere stati investiti diversamente in altre operazioni produttive. Non può allora stupire, date le premesse, che il sistema delle garanzie reali sia stato lentamente e progressivamente abbandonato, per lasciar spazio a sempre più flessibili forma di garanzia. In particolare, si è assistito ad un sempre maggior dirottamento verso le garanzie di tipo personale, le quali permettono di raggiungere i medesimi risultati ottenibili col ricorso alle garanzie reali, in primis l’immediata soddisfazione del creditore, senza che sia però necessario un infruttuoso ed oneroso immobilizzo di capitali[52].

Tutto ciò è divenuto possibile tramite la creazione di nuove forme di garanzia, che si presentano sotto le spoglie di figure contrattuali del tutto nuove. Tra esse si collocano in una posizione preminente, data la grande frequenza del ricorso che nella prassi commerciale ad esse si fa, le assicurazioni fideiussorie (altrimenti dette anche polizze fideiussorie o assicurazioni cauzionali). Tale tipo di negozio permette ad un soggetto di prestare una garanzia non già versando ed immobilizzando somme di denaro o titoli di credito o, ancora, delle merci, ma attraverso la stipulazione di un «contratto con il quale una impresa di assicurazione, dietro versamento di un premio, garantisce in favore del creditore l’adempimento delle obbligazioni gravanti sul contraente in dipendenza di un obbligo di legge o di un contratto»[53]. Il corrispettivo che il debitore del contratto principale versa all’impresa di assicurazione, bisogna notare, è solo impropriamente detto “premio”[54].

La diversa nomenclatura che alle assicurazioni fideiussorie si dà nella prassi, vale a dire polizze fideiussorie o fideiussioni cauzionali, dipendente dal fatto che esse fossero rilasciate da una impresa di assicurazioni o da una banca, ha ormai perso notevole rilevanza giuridica e rimane utile soltanto da un punto di vista descrittivo, specie dopo che alcuni interventi legislativi hanno esteso l’ambito di operatività del settore bancario, ammettendo che anche gli operatori di questo settore potessero compiere attività proprie di quello assicurativo in senso stretto. Ciò ha portato ad affermare che sotto la diversa denominazione di polizza fideiussoria e fideiussione cauzionale si celi in realtà un solo ed unico fenomeno giuridico che si estrinseca nello svolgimento di una funzione cauzionale per mezzo di strumenti non reali, come potrebbe essere la dazione di somme di denaro, ma personali, al fine di evitare immobilizzazioni di capitale del tutto improduttive[55].

10. Struttura e tipologia delle assicurazioni fideiussorie

Dal punto di vista strutturale, l’assicurazione fideiussoria può avere due tipi di configurazione. Nel primo caso il contratto viene stipulato personalmente dall’istituto garante con il beneficiario, creditore nel rapporto principale; nel secondo caso, invece, il contratto è stipulato dal garante col debitore principale, in favore del creditore del rapporto principale, secondo lo schema del contratto in favore di terzo[56].

Nella prima delle due configurazioni, di gran lunga la più rara da riscontrare nella prassi commerciale, la fattispecie in parola si articola in due negozi collegati: il primo è riconducibile alla fattispecie del mandato, giacché il debitore conferisce al garante l’incarico di prestare una garanzia in favore di un terzo soggetto; il secondo, da parte sua, si perfeziona attraverso la stipulazione tra il garante incaricato ed il terzo soggetto beneficiario.

Alcuni hanno anche ritenuto che il primo negozio, ricondotto di regola allo schema del mandato, integri un contratto preliminare a favore di terzo[57], il cui oggetto sarebbe una fideiussione[58], di cui il secondo negozio rappresenterebbe invece il contratto definitivo.

Tuttavia bisogna guardarsi da erronee generalizzazioni. Non sarebbe corretto infatti pensare che sempre il secondo contratto avrebbe natura fideiussoria mentre il primo presenti sempre natura assicurativa, considerando il fatto che unica è l’operazione economica nella quale vanno poi ad inserirsi i due collegati rapporti ed unico è anche il rischio considerato, per cui la loro qualificazione non può non essere soggetta a variazioni a seconda di quali siano in concreto le finalità che le parti intendono perseguire.

La seconda delle due configurazioni summenzionate è assai più ricorrente nella prassi. Al ricorrere di questa, il creditore rimane del tutto estraneo alla stipulazione, che ha invece luogo nei rapporti tra futuro garante e debitore principale. In questo caso la tendenza della dottrina e di buona parte della giurisprudenza è di ricondurre la fattispecie nell’alveo del contratto a favore di terzo (artt. 1411 ss., c.c.)[59], a fronte del quale il promittente garante si obbliga a pagare, laddove intervenga un inadempimento da parte dello stipulante debitore principale, il debito da questi contratto con il terzo creditore beneficiario. Ai fini del perfezionamento del contratto, naturalmente, risulta sufficiente l’incontro delle volontà del promittente e dello stipulante, in quanto l’accettazione del creditore costituisce solo una dichiarazione della volontà di profittare della stipulazione avvenuta in suo favore (come previsto dall’art. 1411, c. 2, c.c.)[60].

Questo approccio, però, pare presupporre – quasi costituisca un assioma indiscutibile – una configurazione unitaria dell’assicurazione fideiussoria e non tiene di certo conto del fatto che un connotato che potremmo quasi definire naturale dei contratti a struttura trilaterale è proprio quello per cui l’assetto delle singole posizioni soggettive presenta una forte tendenza alla variazione qualora mutino le finalità che le parti in concreto perseguono e, conseguentemente, gli oneri che contrattualmente vengono posti a carico di ognuna di esse[61].

La tendenza della dottrina continentale, si sa, è quella di fissare in schemi anche gli sviluppi della prassi, nel tentativo di dare una maggior sistemazione e permettere una maggior facilità nell’individuazione delle disposizioni di legge applicabili. Per questo motivo le varie modalità con cui le assicurazioni fideiussorie si presentano nelle prassi sono state ricondotte a tre diverse categorie[62]: a) le polizze accessorie; b) le polizze a prima richiesta; c) le polizze condizionali.

Le caratteristica delle polizze accessorie è il vincolo di dipendenza che viene a crearsi tra l’obbligazione del garante e quella del debitore principale. Ciò comporta che il garante sia legittimato ad opporre al creditore beneficiario tutte le eccezioni attinenti al rapporto sottostante. In questa ipotesi, secondo la dottrina, la garanzia opera come una vera e propria fideiussione, differenziandosi dal contratto autonomo di garanzia perché, anche laddove sia pattiziamente convenuto il divieto per il garante di richiedere che sia preventivamente escusso il debitore, ciò non gli preclude di sollevare le eccezioni che spetterebbero proprio al debitore principale[63].

Le polizze a prima richiesta sono invece caratterizzate dal fatto che l’obbligazione di cui il garante è soggetto passivo è del tutto svincolata dal rapporto sottostante. Questa separazione è resa più evidente dalla presenza all’interno del testo del contratto di clausole di pagamento “a prima richiesta” o “a prima domanda” o “a semplice richiesta” o “a semplice domanda” o, ancora, “senza eccezioni”, le quali sono espressione della formale indipendenza che sussiste tra l’obbligo del garante e quello del debitore principale. Questo vale anche ad accentuare ulteriormente l’ “autonomia” del contratto nei confronti della fattispecie precedentemente descritta e, su un piano più generale, dal genus fideiussorio.

Infine la dottrina ha ricondotto alcune assicurazioni fideiussorie alla species delle polizze condizionali, le quali vanno a collocarsi in una posizione intermedia tra le polizze accessorie e quelle c.d. autonome. Nel loro caso, di fatti, l’operatività dell’intera garanzia è appunto condizionata dalla presentazione, che deve avvenire ad opera del beneficiario, di alcuni documenti, di regola analiticamente richiamati nel testo del contratto, che siano idonei a dimostrare la presenza di determinati fatti attinenti al rapporto principale[64].

11. La dibattuta natura giuridica delle polizze o assicurazioni fideiussorie

Come si è fatto fino ad esso nel corso della trattazione, anche con riguardo alle polizze fideiussorie[65] si rende necessario un chiarimento circa quale sia la natura giuridica del contratto, al fine di comprendere quale disciplina giuridica sia ad esse applicabile e come debbano quindi, in caso di disputa, decidersi le sorti dei rapporti che vengono a sorgere tra le loro varie parti.

La legislazione vigente, malgrado costituisca un dato molto importante ai fini del riconoscimento della fattispecie sotto un profilo più strettamente giuridico che pratico, poco o nulla dice in merito alla natura del negozio ed alla disciplina ad esso applicabile, più che altro rimessa alle pattuizioni concrete[66]. Né, naturalmente, può affermarsi che la presenza di una legge (o anche solo di una sua disposizione) che faccia menzione della polizza fideiussoria sia idonea a rendere “tipico” il contratto, giacché, affinché ciò avvenga, non è sufficiente un mero richiamo dell’istituto in una legge ma si rende necessaria l’emanazione da parte del conditor legis di una (quanto più) completa disciplina normativa[67].

Molto più utile, ai nostri fini, può allora risultare una ricerca basata sulle manifestazioni pratiche del negozio, cioè che guarda alle fonti convenzionali che emergono dalla prassi del commercio nazionale ed internazionale: a) in primis bisogna ricordare la polizze sostitutive che vengono rilasciate in occasione di gara d’appalto e che vanno a garantire l’adempimento delle obbligazioni nascenti in capo all’appaltatore[68]. In tal modo si riescono ad evitare sia i costi necessari al reperimento delle somme da depositare a titolo di cauzione quanto il loro deposito infruttuoso o comunque a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato; b) in secondo luogo la prassi ha posto in evidenza l’esistenza di polizze rilasciate a fronte di mutui ipotecari a garanzia delle obbligazioni esistenti verso l’ente mutuante, che quindi disporrà, anche dopo l’espropriazione e la vendita all’incanto del bene ipotecato, di una garanzia personale che rafforzerà ulteriormente le sue probabilità di ottenere piena e completa soddisfazione; c) per finire, nella prassi si possono trovare le c.d. polizze per controgaranzie di fideiussioni bancarie. In tal caso le polizze sono rilasciate in guisa di garanzie di secondo grado, in quanto la loro funzione è quella di mallevare il beneficiario di una fideiussione bancaria che sia stata emessa a garanzia dell’esecuzione di una gara d’appalto[69]. Con tale espediente, lo stesso istituto di credito scarica su un altro soggetto (di norma, un’impresa di assicurazione) il rischio che a lui deriva dalla concessione della fideiussione[70].

Come visto finora, le parti hanno nella prassi ampie possibilità di modellare a loro piacimento e secondo la modalità che più risponde ai loro bisogni concreti il negozio in parola. Proprio per questo motivo, e per il fatto che non vi sia una normativa che rende tipico il contratto, molto dibattuta, da sempre, è stata la natura giuridica delle assicurazioni fideiussorie, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

Il dibattito sulla natura giuridica dell’istituto di cui trattasi è stato contraddistinto, almeno alle sue origini, dalla contrapposizione della tesi secondo la quale questo si configurerebbe come un contratto di assicurazione con quella che, da parte sua, era sostenuta da quanti ritenevano di poter intravedere nell’assicurazione fideiussoria un sottotipo innominato di fideiussione.

Tra gli assunti sui quali la tesi assicurativa fonda le proprie basi vi è quello che ravvisa nell’assicurazione fideiussoria una species di contratto aleatorio[71]. Secondo tale tesi, l’assicuratore, con la stipula del contratto, non sta in realtà subentrando nella posizione del contraente in guisa di obbligato di pari grado, visto che l’obbligo nascente dalla polizza non è quello di garantire l’esecuzione del contratto sottostante ma, semmai, di risarcire il danno che l’inadempimento potrà eventualmente cagionare. L’assicurazione fideiussoria, in questa prospettiva, andrebbe a fronteggiare un rischio in senso tecnico, rappresentato dal rischio di inadempimento e perfettamente assicurabile[72]. Altri dati, di carattere formale, sui quali tale tesi si basa sono rappresentati dal nomen iuris del contratto, dalla natura delle parti che alla sua stipulazione concretamente addivengono, dal nomen del documento che emerge dalla stipulazione e dalla natura del corrispettivo. A ben vedere, infatti, l’assicurazione fideiussoria rientrerebbe in uno specifico ramo di servizio delle imprese di assicurazione, ha come parte stipulante una compagnia assicuratrice, viene incorporata in un documento denominato polizza e a fronte di questa viene versato un corrispettivo indicato come premio[73]. È stato obiettato, però, che tutto ciò abbia davvero scarsa rilevanza: atteso che il termine “polizza” non allude necessariamente ad un contratto di assicurazione, nulla impedisce che essa assuma la natura del negozio fideiussorio[74]. Dopotutto, l’assicurazione fideiussoria ha come fine ultimo quello di garantire al suo beneficiario l’adempimento di un’obbligazione di tipo pecuniario che, quando non corrisponde a quella originariamente assunta dallo stesso contraente della polizza, traduce in termini monetari il risarcimento cui questi sarebbe tenuto in caso di suo mancato o inesatto adempimento degli obblighi nascenti dal contratto di base: in ambedue i casi, dunque, la polizza va a garantire un obbligo altrui affiancando al primo debitore un secondo debitore di pari grado[75].

Viste le molte opposizioni incontrate dalla tesi che individua nella polizza fideiussoria un contratto di assicurazione, si è allora pensato di poter intravedere in essa quanto meno i caratteri tipici del negozio di assicurazione del credito. Ciò è stato possibile partendo dal presupposto che, a seguito del rilascio della polizza, il garante assume personalmente l’alea tipica del negozio assicurativo, per cui il rischio che grava su di lui sarebbe quello proprio dell’assicurazione del credito, essendo strettamente connesso all’insolvenza del debitore[76].

Alla tesi summenzionata, in entrambe le sue declinazioni, si contrappone quella che invece scorge in essa un sottotipo innominato di fideiussione.

Tale tesi si basa sulla presenza, nel negozio in esame, di elementi peculiari propri dell’istituto di cui all’art. 1936 ss. c.c., specie per quanto riguarda l’aspetto funzionale. Proprio ponendo particolare attenzione alla funzione concretamente svolta dall’assicurazione fideiussoria, dottrina e giurisprudenza dominanti hanno consolidato la loro opinione circa il fatto che il negozio partecipi, più che ai caratteri dell’assicurazione, a quelli del genus fideiussorio[77]. Esse prendono le mosse dalle profonde divergenze che sussistono tra polizza fideiussoria ed assicurazione del credito. Quest’ultima, come detto pocanzi, ha per oggetto il trasferimento sull’assicuratore del rischio connesso all’insolvenza del debitore. Nel caso delle polizze fideiussore, tuttavia, il garante si obbliga a corrispondere una somma di denaro al beneficiario in caso di inadempimento o inesatto adempimento da parte del debitore principale, per cui non può dirsi, in simili ipotesi, che vi sia un rischio, dato che il garante è tenuto ad eseguire la prestazione per il solo fatto che l’obbligazione non sia adempiuta (in toto o parzialmente) dal debitore e prima che si verifichi la definitiva impossibilità per questi di soddisfare il proprio creditore.

Data la deficienza del trasferimento del rischio, si è giunti ad affermare che non è possibile individuare nelle assicurazioni fideiussorie la funzione economico-sociale (id est, la causa) tipica dell’assicurazione, e ad ammettere, specularmente, che la loro funzione è quella di garanzia personale per l’adempimento di un obbligo altrui. Ne deriva, sul piano della disciplina concreta, che andranno ad applicarsi le regole proprie del negozio fideiussorio, salvo che le parti vi deroghino espressamente, ad esempio facendo esplicito riferimento alla regole tipiche dell’assicurazione[78].

Anche se molto chiara da un punto di vista tecnico, la distinzione può risultare poco evidente e difficile da tracciare nelle situazioni concrete.

Si capisce quindi il motivo per cui parte della dottrina e della stessa giurisprudenza abbia provato a superare l’esigenza stessa della distinzione, proponendo invece una vera e propria compenetrazione tra aspetto fideiussorio e carattere assicurativo, ritenendo che l’assicurazione fideiussoria non sarebbe un comune contratto di fideiussione, ma che in esso, per volontà delle parti, confluiscono anche molti elementi propri del contratto di assicurazione, per cui, anche se la causa risulta essere quella della fideiussione, la garanzia viene però stipulata nella forma di un’assicurazione. Conseguentemente ricorrerebbe un negozio indiretto, giacché lo schema assicurativo sarebbe utilizzato solo come mezzo puramente formale con lo scopo di raggiungere le finalità proprie della fideiussione[79].

La principale obiezione a questa tesi è stata quella per cui parrebbe quanto meno impropria la qualificazione delle polizze come negozio indiretto, non potendosi negare che la finalità di garanzia propria della fideiussione è perseguita direttamente dalle parti, che, di regola, inseriscono nel testo del contratto clausole tipiche della fideiussione. Più in generale, si è affermata la grandissima difficoltà che si riscontra nel voler distinguere all’interno del negozio il profilo formale da quello funzionale, essendo forma e funzione in costante rapporto dialogico.

Date tutte le suddette critiche, è facilmente comprensibile il motivo per cui, più che la tesi del negozio indiretto, abbia registrato maggiori adesioni quella che ha intravisto nella polizza fideiussoria una fusione delle tipologie strutturali fideiussorie ed assicurative. Sotto tale ottica, la polizza riceve la qualificazione di contratto misto[80], nel quale si fondono assieme aspetti della fideiussione e dell’assicurazione.

In sostanza, però, risultando gli elementi della fideiussione qualitativamente e quantitativamente prevalenti su quelli dell’assicurazione, risulterà anche in questo caso applicabile la disciplina del negozio fideiussorio[81].

Dall’esame delle varie tesi sostenute dalla dottrina e dalla giurisprudenza sin qui riportate si ricava un andamento affatto ondivago e, se vogliamo, contraddittorio tanto della dottrina quanto della giurisprudenza, anche di Cassazione. Ciò, probabilmente, è anche figlio dal fatto che ogni tentativo di individuare la natura giuridica delle polizze fideiussorie (ed il plurale non è qui usato a caso) è sempre stato caratterizzato da velleitarie finalità generalizzanti, quasi si potessero ricondurre tutte le manifestazioni che questo negozio ha nella prassi ad un unico schema tipico di riferimento.

Procedendo in questo modo si pone in essere non soltanto una forzatura ermeneutica ma si va anche a svilire la portata dello stesso concetto di atipicità, quasi che l’autonomia negoziale, espressamente riconosciuta alle parti dalla legge, non possa condurre alla creazione di forme contrattuali nelle quali si riscontrino elementi di più modelli tipici[82]. La giurisprudenza è arrivata dunque a proporre l’applicazione del cd. metodo “tipologico”, che permetterebbe di rintracciare, nella trama del contratto de quo, delle sotto-strutture negoziali differenti mediante un’opera di destrutturazione del contratto che offra all’interprete l’opportunità di individuare diverse caratteristiche tipologiche che successivamente verranno utilizzate per addivenire al mix disciplinare che meglio risponde all’esigenza di regolare il rapporto[83].

È senz’altro scevro da qualunque dubbio il fatto che il dato in comune a tutte le forme negoziali che possono essere ricondotte alla fattispecie “assicurazione fideiussoria” sia costituito dal progressivo indebolimento del vincolo che lega l’impegno assunto con esse dal garante a quello assunto dal debitore del rapporto sottostante. Proprio su tali basi, dopotutto, parte della dottrina più attenta ha tentato una classificazione della figura, distinguendo tre categorie principali: a) nella prima di esse andrebbero fatte rientrare quelle in cui l’obbligo del garante dipende in toto dall’esistenza di quello del debitore principale, dimostrando l’esistenza di un forte vincolo di dipendenza ed accessorietà, come del resto avviene nella fideiussione codicistica; b) nella seconda troviamo le polizze fideiussorie in cui il beneficiario deve provare, attraverso la produzione di documenti all’uopo indicati nel testo del contratto, che ricorrono dei precisi presupposti per l’esercizio del suo diritto all’escussione del garante. Tale tipo di polizze non sarebbe accessorio ma di esse non può nemmeno predicarsi la totale indipendenza dal rapporto principale; c) nell’ultima delle tre categorie troverebbero allocazione le garanzie c.d. automatiche, vale a dire quelle in cui l’inserimento della clausola “a prima richiesta” (o altra equipollente) varrebbe a conferire all’impegno in questi termini assunto dal garante il massimo grado di astrattezza nei confronti dell’obbligazione principale[84].

Mentre per la prima dovrebbero trovare senz’altro applicazione le norme sulla fideiussione, nel caso delle altre bisognerà invece indagare caso per caso quale sia l’assetto che le parti hanno voluto dare ai loro interessi e se siano esplicitamente richiamate disposizioni riguardanti lo schema di un contratto tipico[85]. La Suprema Corte ha in merito ritenuto che, ove nel corpus del contratto siano inserite le clausola “a prima richiesta” o “senza eccezioni”, si sarebbe senz’altro dinanzi ad un contratto autonomo di garanzia[86].

Tanto detto, si tenga poi presente che le polizze fideiussorie possono essere stipulate secondo due modalità: nella prima la banca o la compagnia assicuratrice, su incarico del debitore principale, stipula un contratto di garanzia con il creditore, e potrà ricorrere tanto una fideiussione quanto un Garantievertrag, a secondo delle clausole inserite nel medesimo; nella seconda il debitore principale e il garante stipulano il contratto di garanzia “a favore” del creditore, nel qual caso si può facilmente rinvenire in tale convenzione lo schema del contratto a favore del terzo[87] (nello specifico, una fideiussione o un contratto autonomo di garanzia, a secondo delle clausole in concreto volute dalle parti).

Nulla quaestio ove il contratto sia in concreto qualificabile come una fideiussione tipica, perché, ricorrendone i presupposti, ad esso si applicherà la disciplina dettata in materia dal Codice civile.

Ove, invece, la convenzione intervenuta tra le parti non sia sussumibile nella fattispecie delineata dalle disposizioni codicistiche in tema di fideiussione e vada invece qualificata come contratto autonomo di garanzia, potranno ripetersi le considerazioni già svolte in merito nel corso del presente lavoro: al negozio saranno applicabili le disposizioni in tema di mandato, con l’ulteriore precisazione che occorrerà distinguere tra mandato in forza del quale il garante successivamente stipula la garanzia con il creditore e mandato di contratto autonomo di garanzia a favore del terzo, nel qual caso la genesi del Garantievertrag andrà rinvenuta nell’accordo tra debitore principale e garante, senza la necessità di un’ulteriore convenzione tra quest’ultimo ed il creditore.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, in I contratti di garanzia, a cura di F. Mastropaolo, in Trattato dei contratti diretto da P. Rescigno ed E. Gabrielli, Torino, 2006, 522: «nella più generale categoria delle garanzie e nella più particolare “specie” dei contratti, che le costituiscono per conferire sicurezza ai creditori nei rapporti obbligatori, si sono sviluppati contratti atipici, di carattere personale come la fideiussione, ma da questa non poco diversi».

[2] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 522 e 523.

[3] Il primo ad usare questa nomenclatura per indicare la fattispecie in esame in Italia è stato Portale, nella sua opera Fideiussione e Garantievertrag nella prassi bancaria, in Le operazioni bancarie, II, Milano, 1978, 1043.

[4] Sotto Giustiniano si assistette ad un assorbimento dell’istituto del receptum argentarii nel constitutum debiti alieni ma l’imperatore fu contrario all’autonomia dell’obbligazione del garante rispetto alla sorte di quella principale.

[5] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 523.

[6] F. MACARIO, Il contratto autonomo di garanzia, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, I singoli contratti, vol. 10, Garanzie personali, Torino, 2009, 411.

[7] Cfr. G. STELLA, Le garanzie del credito, vol. 1, Fideiussione e garanzie autonome, in Trattato di diritto privato Iudica e Zatti, Milano, 2010, 778. Così anche F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 532 ss.; F. BONELLI, Le garanzie bancarie a prima domanda nel commercio internazionale, Milano, 1991, 44 ss.; G. BOZZI, Le garanzie atipiche, Milano, 1999, 49; G. B. PORTALE, I contratti autonomi di garanzia, Torino, 1989, 104 ss.; S. MACCARONE, Contratto autonomo di garanzia, in Dizionario del diritto privato a cura di Irti, Milano, 1981, 403 ss.; P. CORRIAS, Garanzia pura e contratti di rischio, Milano, 2006, passim; A. GIUSTI, Il contratto autonomo di garanzia, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, vol. XVIII, tomo 3, La fideiussione e il mandato di credito, Milano, 1998, 315; M VIALE, La fideiussione e il contratto autonomo di garanzia, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, diretto da F. Galgano, Torino, 1995, 771 ss.

[8] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 539.

[9] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 783. Vedi anche G. B. PORTALE, Nuovi sviluppi del contratto autonomo di garanzia, in Banca borsa e titoli di credito, 1985, pt. I, 171; F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, 2a ed., Torino, 1995, 224.

[10] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 225.

[11] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 388.

[12] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 790. Secondo L. PONTIROLI, Le garanzie autonome ed il rischio del creditore, Padova, 1992, 35 e 36, l’accessorietà è da intendere come dipendenza di un’obbligazione da un’altra, tanto dal punto di vista dell’esistenza quanto sotto il profilo del contenuto. Richiamando il parallelo con la fideiussione, è facile notare che l’obbligazione fideiussoria esiste e può dirsi valida solo in quanto sussiste un’obbligazione principale da garantire; i contratti autonomi di garanzia, per loro natura, invece, non presuppongono una valida obbligazione altrui e, anche se fossero strettamente correlati ad un’obbligazione di cui è titolare un terzo, non porterebbero ad ogni modo alla genesi di un’obbligazione identica sotto l’aspetto contenutistico.

[13] V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, in I nuovi contratti, a cura di E. Napolillo, Piacenza, 2002, 290 e 291.

[14] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 788. Vedi anche V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit.,  281.

[15] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 842.

[16] Vale la pena ricordare che solitamente il garante è una banca oppure una compagnia di assicurazione che, almeno nelle fattispecie ternarie che stanno per essere descritte e che rappresentano la normalità nell’ambito dei contratti autonomi di garanzia, riceve dal cliente, debitore in forza di un altro rapporto obbligatorio, una lettera nella quale questi richiede di rilasciare una garanzia ad un determinato soggetto. A fronte della garanzia rilasciata, il garante sarà poi ricompensato e il pagamento del compenso avviene tramite sottrazione, da parte del garante stesso, di quanto dovutogli direttamente dal conto del cliente (giacché tra garante-banca e debitore esiste quasi sempre un precedente rapporto di conto corrente).

[17] Tale obbligo del garante viene quindi ad esistenza prima che sorga un’obbligazione tra il creditore ed il debitore. Qualora poi il cliente non entri in rapporto con il creditore, questi non potrà pretendere nulla da lui ma potrà agire contro il garante autonomo per ottenere l’indennizzo e lasciare a costui l’onere di rivalersi sul (mancato) debitore per l’attività svolta in forza dell’incarico da questi conferitogli.

[18] In tal caso, al contratto autonomo potrà attribuirsi la natura giuridica di: b1) contratto avente per il creditore natura assicurativa, per cui potrà essere concluso solo qualora la controparte garante sia un soggetto a ciò autorizzato da una disposizione di legge (art. 1833 c.c.); b2) scommessa, che non viene tutelata dal nostro ordinamento (art. 1933 c.c.); b3) mandato senza rappresentanza da parte del debitore (art. 1705 c.c.).

[19] Il garante autonomo non è, in genere, autorizzato a sollevare eccezioni attinenti al rapporto principale garantito al fine di evitare il pagamento di quanto dovuto al creditore, salvo che queste siano state ricomprese nel rapporto obbligatorio intercorrente tra questi ed il creditore. Su tale punto si riscontra una certa convergenza di opinioni in dottrina ed in giurisprudenza (V. fra gli altri, in dottrina, G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 795 ss.; F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 612 ss.; V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 300 ss. In giurisprudenza vedansi Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947, e Cass.,13 maggio 2008, n. 11890). Si ammette tuttavia che il garante autonomo possa opporre al creditore un’eccezione derivante dal contratto principale laddove essa sorga dal fatto che questo risulta illecito, perché, in tale ultimo caso, deve ritenersi che l’invalidità (nella forma della nullità) del contratto di base si comunichi a quello di garanzia, rendendolo nullo per illiceità della causa, in quanto non può essere ammesso che l’ordinamento giuridico tuteli, sia pure indirettamente, un contratto avente oggetto illecito, consentendo al creditore, per mezzo della garanzia, di perseguire il risultato vietato dall’ordinamento in quanto contra legem (in tal senso G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 844 ss.; F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 612 ss.; in giurisprudenza Cass., 10 gennaio 2018, n. 371). Naturalmente va soggiunto che «se il Garantievertrag è stipulato in occasione di un affare tra due imprese nazionali, è rilevante qualunque ragione di illiceità. Viceversa, qualora il contratto di garanzia sia transnazionale, può essere fatta valere solo l’illiceità per violazione dell’ordine pubblico internazionale» (A. GIUSTI, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 342).

[20] In giurisprudenza non sono pochi quelli che ammettono che il garante possa eccepire al creditore l’inesistenza dell’obbligazione principale al fine di evitare il pagamento laddove questo gli venga richiesto (per tutti, Cass., 10 maggio 2002, n. 6728). In caso di nullità dell’obbligazione principale (e, deve ritenersi, anche in caso di sua inesistenza), la Cassazione ha ritenuto che, essendo la finalità della garanzia quella di coprire il rischio di inadempimento del debitore principale che grava sul creditore, il contratto autonomo sia nullo in quanto privo di causa, non configurandosi ab origine il rischio di inadempimento (Cass., 6 ottobre 1989, n. 4006). In dottrina, di grande importanza è la ricostruzione di F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 612 ss.

[21] In casi come questo, il garante è tenuto a corrispondere quanto dovuto al creditore: la sua promessa, difatti, si estende fino a coprire l’eventualità che l’obbligazione garantita derivi da un titolo che per l’ordinamento non è valido. Egli, infatti, non è legittimato ad opporre eccezioni attinenti al rapporto obbligatorio garantito. La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ammettono che il garante possa, dinanzi ad una richiesta di pagamento evidentemente abusiva del creditore, sollevare eccezioni palesemente derivanti dal contratto principale al fine di evitare di eseguire il pagamento. In tal caso ci troviamo dinanzi alla c.d. exceptio doli generalis. Il principio dell’autonomia della garanzia, infatti, deve essere contemperato con i principi generali dell’autonomia privata, tra i quali quello di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.). In virtù di tale principio, al beneficiario della garanzia non può essere concesso di abusare della clausola “senza eccezioni”, per cui questi potrà escutere la garanzia solo laddove la sua richiesta risulti legittima, poiché generata, ad esempio, dall’inadempimento del debitore o da un suo rifiuto ad adempiere palesato prima del termine per farlo. Di fronte a comportamenti dolosi o fraudolenti del creditore, dunque, il garante potrà rifiutare il pagamento formulando l’exceptio doli generalis. La richiesta del beneficiario risulterà abusiva, ad esempio, quando egli richieda il pagamento al garante per un inadempimento del debitore malgrado non sia ancora scaduto il termine concesso a questi per adempiere oppure nel caso di una richiesta di pagamento notificata al garante malgrado il debitore abbia già perfettamente adempiuto la sua prestazione (e tale circostanza venga dunque taciuta dal beneficiario della garanzia). In questi termini pare porsi anche la dottrina d’oltralpe, la quale sostiene che “la fraude du bénéficiaire résulte en effet de l’absence manifeste de droit au titre du contrat commercial couvert” (A. PRÜM, Application de l’adage “fraus omnia corrumpit” à propos des garanties à prèmiere demande, in Droit et pratique du commerce international, Lussemburgo, 1987, 126). Per evitare il pagamento, in ogni caso, il garante, a pena di un’eccessiva frustrazione delle esigenze di celerità e speditezza cui deve rispondere il contratto autonomo, dovrà essere in grado di indicare circostanze certe ed inequivocabili dalle quali risulta l’abuso. Traducendo il tutto in termini più squisitamente processuali, ciò significa che si devono possedere delle prove liquide (liquide Beweise) sulle quali fondare l’exceptio doli. Per prove liquide si intende prove documentali e precostituite dalle quali risulti in modo certo ed inequivocabile l’abuso che sta commettendo il beneficiario richiedendo il pagamento della garanzia (in tal senso V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 300 ss. Vedi anche G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 831 ss.; G. B. PORTALE, Le garanzie bancarie internazionali, in Quaderni di Banca, borsa e titoli di credito, Milano, 1989, 78 ss.). Al ricorrere di uno dei casi sopra prospettati, ci troveremmo dinanzi ad una situazione di superamento (Durchgriff, volendo riprendere il termine usato da eminente dottrina tedesca) dell’astrattezza dell’obbligazione rispetto al rapporto principale ad essa sottostante. Secondo alcuni, per ammettere ciò in Italia basterebbe un generico richiamo alle norme che positivizzano il concetto di buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.), ricordando anche che gli artt. 21 l. camb., 25 l. ass. e 1993, c. 2, c.c., prevedono espressamente l’exceptio doli. Per superare l’astrattezza del contratto autonomo di garanzia, ad ogni modo, è stato richiamato l’insegnamento di Karl Larenz, che ha avuto molti echi anche nel nostro paese, sui “contratti con efficacia di protezione per i terzi” (Verträge mit Schutzwirkungen für Dritte), secondo cui, laddove l’attuazione di un rapporto obbligatorio comporti il coinvolgimento non solo della sfera giuridica delle parti del rapporto stesso ma anche di terzi, a loro volta legati ad una delle parti in causa da un rapporto di qualunque natura, i doveri di protezione che, in forza del principio di buona fede oggettiva completano il contenuto del rapporto, non sorgono soltanto per la tutela delle parti del negozio in parola, ma si estendono, tanto da ricomprendere anche la protezione della sfera giuridica di quei terzi (così F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 399 e 400).

[22] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 540 ss..

[23] La verità di tale assunto è dimostrabile tramite il ricorso dell’argomento a contrario nell’interpretazione di alcune disposizioni del nostro codice civile che richiedono per questo una specifica autorizzazione da parte del creditore. A titolo di esempio può richiamarsi l’art. 1594, c. 2, a mente del quale la sublocazione di una cosa mobile può aversi solo su autorizzazione del locatore, mentre per le cose immobili, lo stesso art., al c. 1, ammette una generale facoltà del conduttore di sublocare, salvo che esista un patto contrario. Nondimeno può essere ulteriormente richiamato l’art. 1656: “l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente” (Cfr. D. RUBINO, L’appalto, con note di Moscati, in Trattato di diritto civile Vassalli, 4a ed., Torino, 1980, 112 ss.).

[24] C. M. BIANCA, Diritto civile, 4, cit., 639 ss. e 676.

[25] La differenza rimane comunque enorme: mentre con la delegazione, qualora venga accettata, si crea ex novo un altro debitore che va a precedere il debitore principale, nascendo in capo al delegatario l’onere di richiedere il pagamento prima al delegato e solo dopo al delegante (art. 1268, c. 2, c.c.) (e per di più, se il creditore dichiara di voler liberare il delegante, il delegato si sostituisce definitivamente ed in via esclusiva al debitore originario [art. 1268, c. 1, c.c.]), nelle fattispecie ternarie di contratto autonomo di garanzia il creditore ha semplicemente la facoltà di rivolgersi indifferentemente al garante autonomo o al debitore, così come accadrebbe se l’obbligazione fosse ab origine solidale dal lato passivo del rapporto (art. 1296 c.c.).

[26] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 554 ss.

[27] E. BETTI, Differenza fra expromissio e delegatio con riguardo alla responsabilità del delegante per insolvenza del  delegato, in Ann. dir. comp., 1931, spec. 584; Cass., 21 novembre 1983, n. 3935.

[28] La sicurezza del creditore circa l’avvenimento di un fatto o la riuscita di un affare, ecc., ben può essere la causa di un contratto atipico di garanzia, ragion per cui essa renderà il contratto meritevole di tutela agli occhi dell’ordinamento giuridico, così come richiesto dall’art. 1322, c. 2, c.c.

[29]F.  MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 563 ss.

[30] P. RESCIGNO, Studi sull’accollo, Milano, 1958, 42; ID., voce «Accollo», in Digesto, Sez. civ., I, Torino, 1987, 40 ss. Contra C. M. BIANCA, Diritto civile, 4, cit., 683.

[31] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 565 e 566.

[32] F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 566.

[33] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 393.

[34] «Poiché la differenza tra il contratto autonomo di garanzia e il contratto di fidejussione va individuata – al di là delle espressione letterali utilizzate dalle parti che, seppur non trascurabili, non risultano decisive – nella relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale rispetto a quella accessoria, sussiste il contratto autonomo di garanzia laddove manchi il riferimento all’elemento dell’accessorietà della garanzia» (App. Milano, 5 febbraio 2003, in Gius – Rassegna di giurisprudenza civile annotata, 2003, 21, 2460); «A differenza della fideiussione, la garanzia a prima richiesta consiste in un’obbligazione autonoma dal rapporto sottostante» (Trib. Casale Monferrato, 3 febbraio 1998, in Il foro padano, 1998, I, 415, con nota di B. Meneghini). Così si è espressa la giurisprudenza di merito. In dottrina V. CICALA, Sul contratto autonomo di garanzia, in Riv. dir. civ., 1991, 143 ss.; A. CALDERALE, Fideiussione e contratto autonomo di garanzia, Bari, 1989, 229 ss.

[35] Questa disposizione è un’evidente applicazione del principio di accessorietà del negozio fideiussorio: poiché la sua funzione è quella di garantire l’adempimento dell’obbligazione principale, l’obbligazione del fideiussore deve avere tendenzialmente lo stesso contenuto e lo stesso oggetto di quella del debitore (Cfr. Cass., 9 dicembre 1997, n. 12456), altrimenti essa, se fissata in misura eccedente l’obbligazione del debitore, sarebbe sostanzialmente priva della causa. Naturalmente, tale aspetto deve rimanere immutato per tutta la durata del rapporto di garanzia e non sussistere soltanto all’origine di esso: ciò comporta principalmente che ogni modificazione subita dall’obbligazione principale successivamente alla stipulazione del negozio di garanzia e che importi una riduzione della stessa va a modificare, nello stesso modo, anche quella del garante. Al contempo, saranno assolutamente irrilevanti per il fideiussore le eventuali modificazioni in peius dell’obbligazione principale intervenute successivamente al rilascio della garanzia (così G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 299 ss.).

[36] Finalità del contratto autonomo di garanzia non è tanto quella di assicurare l’adempimento dell’obbligazione principale sottostante quanto quella di far si che il rischio della sua mancata o non corretta esecuzione da parte del debitore principale sia riversato sul garante (banca o compagnia si assicurazione che sia) (così Cass., 6 ottobre 1989, n. 4006).

[37] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 790 ss. Vedi anche V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 280 ss.

[38] Elemento caratterizzante della garanzia autonoma è l’impegno del garante a pagare illico et immediate, senza che questi abbia la facoltà di opporre al beneficiario della garanzia eccezioni relative ai rapporti di valuta e di provvista, in deroga a quanto previsto dagli artt. 1936, 1941 e 1945 c.c., che, di converso, caratterizzano la garanzia fideiussoria (così Cass., 5 marzo 2009, n. 5326).

[39] G. STELLA, Le garanzie del credito, cit., 794 e 795. Se con qualche pronuncia più risalente la nostra giurisprudenza di legittimità aveva negato che la clausola di deroga all’art. 1945 c.c. fosse indice dell’autonomia della garanzia sostenendo in particolare che «un patto di rinunzia del fideiussore a far valere subito determinate eccezioni non altererebbe, peraltro, il tipo contrattuale, […] non è in contrasto con l’aspetto essenziale del contratto di fideiussione, aspetto rappresentato dall’accessorietà» e che la volontà delle parti circa la natura della garanzia deve essere indagata nell’ambito del complesso dell’operazione (Cass., 29 marzo 1996, n. 2909), con quale pronuncia più recente si è assistito ad un deciso revirement. In particolare, secondo Cass., 31 luglio 2015, n. 16213, il carattere distintivo del contratto autonomo di garanzia è costituito dall'assenza dell'elemento di accessorietà della garanzia, derivante dalla esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, nonché dal fondamentale carattere di autonomia del rapporto rispetto a quello garantito, in deroga a quanto disposto dall'art. 1945 c.c. in tema di fideiussione, e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni generate dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante dopo che da quest'ultimo abbia effettuato, e per Cass., 19 febbraio 2019, n. 4717, l’inserimento in una fideiussione bancaria di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” trasforma il negozio in un contratto autonomo di garanzia, con rinunzia implicita del garante ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all’invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva.

[40] Molto autorevolmente G. B. PORTALE, I contratti autonomi di garanzia, cit., 211 ss., che fa notare che, in realtà, l’aspetto indennitario della fattispecie in parola non è sempre fondamentale per le finalità distintive che ivi ci si propone, potendosi benissimo avere il caso in cui l’indennità corrisposta dal garante al beneficiario sia omogenea alla prestazione pecuniaria cui è ab origine tenuto il debitore.

[41] V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 281 e 282. Vedi anche F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, Torino, 1980, 86 ss.; F. BONELLI, Le garanzie bancarie a prima domanda nel commercio internazionale, Milano, 1991, 143 ss.; F. BENATTI, Il contratto autonomo di garanzia, in Banca borsa e titoli di credito, I, 1982, 171 ss.

[42] G. B. PORTALE, Fideiussione e Garantievertrag nella prassi bancaria, cit., 1045 ss.

[43] V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 282 e 283.

[44] V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 291.

[45] A. GIUSTI, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 336.Dalla classificazione e dall’analisi seguente è preferibile, per il momento, tenere fuori le c.d. assicurazioni fideiussorie (altrimenti note anche come polizze fideiussorie o fideiussioni cauzionali), che, per l’autonomia dei tratti distintivi che presentano, sono meritevoli di una trattazione separata.

[46] Si veda in proposito G. TRAVAGLINO, Natura giuridica della polizza fideiussoria stipulata dall’appaltatore a garanzia delle obbligazioni verso la p.a., in Il corriere del merito, 2010, 516 ss., il quale ricostruisce la storia di tutte le posizioni giurisprudenziali in materia precedenti a Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947.

[47] Nei paesi anglosassoni, tuttavia, è possibile che sia prevista, in alternativa al pagamento della somma di danaro, una garanzia in natura che procuri al soggetto appaltante l’esecuzione integrale della prestazione dovuta dal debitore principale.

[48] Contra Trib. Milano, 19 luglio 2002, in Foro padano, 2002, I, 381, per il quale «la garanzia a prima richiesta per l’adempimento delle obbligazioni dell’appaltatore non comprende tutte le obbligazioni derivanti dallo stesso contratto di appalto ma solamente l’obbligazione di esecuzione dei lavori […]».

[49] «Il contratto di garanzia c.d. advance payement bond, volto ad assicurare, nella prassi commerciale internazionale, la restituzione da parte dell’ordinante delle somme versategli in anticipo […] si caratterizza, al pari di quello c.d. performance bond, per l’assenza dell’elemento dell’accessorietà, onde il garante […] si impegna a pagare il beneficiario, che escuta la garanzia, senza opporre eccezioni in ordine alla validità, all’efficacia ed alle vicende del rapporto principale […]» (Trib. Bologna, 20 gennaio 2003, in  Foro italiano, Rep., 2005, voce «Contratto in genere», n. 382).

[50] V. DE BONIS, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 291 ss. V. anche STELLA, Le garanzie del credito, cit., 797 ss.; F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia personale, cit., 553 ss; A. GIUSTI, Il contratto autonomo di garanzia, cit., 336 e 337.

[51] F. MARTORANO, voce «Cauzione», in Enciclopedia del diritto, IV, Milano, 1960, 652 ss.

[52] In merito all’esigenza di modelli alternativi di garanzia che permettano di perseguire il duplice obiettivo di garantire al beneficiario la sicurezza propria delle garanzie reali mantenendo, allo stesso tempo, anche tutti i pregi delle garanzie personali, molto esaustiva è la ricostruzione di C. BOTTA, Le polizze fideiussorie, in Il diritto privato oggi serie a cura di P. Cendon, Milano, 1999, 58 ss.

[53] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, in I contratti di garanzia a cura di F. Mastropaolo, in Trattato dei contratti Rescigno e Gabrielli, Torino, 2006, 851. V. anche G. ARCELLA, La polizza fideiussoria: natura giuridica e disciplina applicabile, in Giustizia civile, 1996, 1, 3. A dire il vero, tuttavia, il contratto può essere stipulato tanto con una compagnia di assicurazioni quanto con una banca, specie dopo che lo stesso conditor legis, con la L. 10 giugno 1982, n. 348 (rubricata “Costituzione di cauzioni con polizze fideiussorie a garanzia di obbligazioni verso lo Stato ed altri enti pubblici”), ha parificato le imprese assicurative e quelle bancarie in punto di legittimazione alla prestazione di garanzie fideiussorie. Tale previsione legislativa ha tuttavia, va ricordato, suscitato parecchie perplessità, in quanto profonde differenze sussistono sotto l’aspetto dei controlli pubblicistici ai quali sono sottoposte le une e le altre (il punto è stato sollevato da M. FRAGALI, Recenti indirizzi sulla natura dell’assicurazione fideiussoria, in Banca borsa e titoli di credito, 1972, I, 518).Cfr. anche con Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947, e Cass., 18 maggio 2001, n. 6823. Per una ricostruzione circa l’ampio e acceso dibattito che si è sviluppato attorno alla natura ed alla struttura delle assicurazioni fideiussorie, si vedano, tra gli altri, M. LIPARI, La natura giuridica dell’assicurazione fideiussoria, in Giustizia civile, 1986, I, 143 ss.; M. SESTA, Polizze fideiussorie e cauzionali, in Digesto, Sez. comm., XI, Torino, 1995, 173 ss.

[54] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit.,  201.

[55] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, in I nuovi contratti a cura di E. Napolillo, Piacenza, 2002,  317 ss.

[56] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit.,  204.

[57] L’ammissibilità di un contratto preliminare in favore di terzo non è del tutto pacifica in dottrina. Sulla sua ammissibilità molto autorevole risulta però la ricostruzione fornitaci da E. GABRIELLI, Il contratto preliminare, Milano, 1970, 344 ss. Circa la sua ammissibilità vedasi, in giurisprudenza, Cass., 28 aprile 1989, n. 1993.

[58] Anche la possibilità di ammettere la configurabilità di un contratto preliminare di fideiussione risulta dibattuta. In merito si veda la ricostruzione, favorevole alla sua ammissibilità, offertaci da L. COVIELLO, Contratto preliminare, in Enc. giur., III, 2, 74. Contra U. SALVESTRONI, Fideiussioni speciali atipiche o miste e solidarietà “attenuata”, in Banca borsa e titoli di credito, 1982, I, 1086.

[59] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, cit., 858.

[60] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 324 ss. V. anche F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 204 ss.

[61] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, cit., 859.

[62] Tale tipo di classificazione è richiamata anche in Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947. V. anche F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 206.

[63] In questo termini si è espressa Cass., 2 aprile 2002, n. 4637.

[64] Una simile ipotesi ricorre, ad esempio, nelle garanzie per il mantenimento dell’offerta (note nella prassi del commercio internazionale come bid bonds), per assicurarsi l’operatività delle quali il beneficiario deve produrre un documento dal quale risulti la sua dichiarazione di voler concludere il contratto ed il conseguente rifiuto dell’altra parte.V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 325 e 326.

[65] Per un’interessante rassegna delle teorie circa la natura giuridica delle polizze fideiussorie e la legge loro conseguentemente applicabile: G. ARCELLA, La polizza fideiussoria: natura giuridica e disciplina applicabile, cit., 3 ss.; V. MONTANI, Fideiussione e contratto autonomo di garanzia: tertium non datur, in Obblig.e contr., 2011, 89 ss.; M. ROSSETTI, Ei fe’ silenzio, ed arbitro s’assise in mezzo a lor, ovvero fine dei contrasti sulla natura dell’assicurazione fideiussoria, in Assic., 2010, 482 ss.; E. BRIGANTI, Polizza fideiussoria, in Notariato, 2010, 364 ss.; G. PASCIUSSO, Polizze fideiussorie e un’occasione di riflessione sulle clausole di pagamento “a prima richiesta”, in Giust. civ., 2010, 2488 ss.

[66] Questa circostanza è puntualmente chiarita da G. PARTESOTTI, Polizze fideiussorie e note di credito, in Banca borsa e titoli di credito, 1979, I, 203.

[67] In questa direzione si è molto autorevolmente espresso M. SESTA, Le garanzie atipiche, Padova, 1988, 537.

[68] Per gli strumenti a disposizione del garante per evitare il pagamento al creditore quando questo si appalesi non dovuto v. M. RUGGI e G. SETTANNI, polizza fideiussoria, Garantievertrag e tutele per il garante, in I contratti, 2012, 813 ss.

[69] G. BOZZI, Le garanzie atipiche, Milano, 1999, 64.

[70] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 323 e 324.

[71] Vedi, per tutti, B. PAGLIARA, Alcuni cenni sulle tipologie e relativi confini delle polizze fideiussorie, in Dir. ed econ. assicuraz., 1994, 297.

[72] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, cit., 860.

[73] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 327 e 328.

[74] Così Cass., 22 maggio 1978, n. 2548.

[75] Cfr. Cass., 17 novembre 1982, n. 6165.

[76] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 329.

[77] Sul punto vedi, fra gli altri, A. DONATI, Natura della cosiddette polizze fideiussorie, in Banca borsa e titoli di credito, 1957, 75; M. FRAGALI, Fideiussione e assicurazione, in Banca borsa e titoli di credito, 1956, I, 135.

[78] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 330 ss. Sull’applicabilità della disciplina civilistica della fideiussione, salva espressa deroga convenzionale ad opera delle parti, numerose sono le voci, specialmente giurisprudenziali. Molto autorevoli sono, fra le altre: Cass., 6 aprile 1998, n. 3552, in Giurisprudenza italiana, 1999, 502, con nota di Barbieri; Cass., 18 maggio 2001, n. 6823, in Foro italiano, Rep., 2001, voce “Fideiussione e mandato di credito”, n. 15, con nota di P. Pardolesi; Cass., 21 febbraio 2008, n. 4446.

[79] F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., 210 e 211. V. anche V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 333 e 334. 

[80] Sul contratto misto si veda, per tutti, la molto autorevole voce di C. M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 1984, 450. 

[81] V. DE BONIS, Le polizze fideiussorie, cit., 334 e 335. In giurisprudenza, vedi, invece, in particolare, Cass., 25 ottobre 1984, n. 5450, la quale ritiene applicabili le norme sulla fideiussione, che considera come rapporto tipico prevalente.

[82] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, cit., 866 e 867.

[83] Cfr. Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947.

[84] C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, cit., 867.

[85] Tuttavia, occorrerà tenere bene a mente che della polizza fideiussoria la giurisprudenza «esclude […] la configurabilità in termini di fideiussione laddove essa sia prestata a garanzia dell’obbligazione dell’appaltatore: in tal caso, la convenzione integrerebbe gli estremi della garanzia atipica in quanto, non potendo surrogare l’adempimento “specifico” di detta obbligazione (connotata dal carattere dell’insostituibilità), ha la funzione di assicurare, sic et simpliciter, il soddisfacimento dell’interesse economico del beneficiario, compromesso dall’inadempimento» (così Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947). Una critica alla sentenza in parola circa l’inadeguatezza della decisione almeno con riguardo al settore assicurativo è stata mossa da C. F. GALANTINI, Le Sezioni Unite della Cassazione e le polizze fideiussorie: una decisione discutibile e inadatta al settore assicurativo, in Dir. econ. assicurazione, 2011, 1, 275, a detta del quale non solo non sarebbero affatto decisivi gli argomenti addotti dalla Suprema Corte al fine di espungere la polizza fideiussoria dal genus della fideiussione tipica per farla rientrare in quello della fideiussio indemnitatis, ma sarebbe erronea anche la classificazione della fideiussio indemnitatis stessa come contratto autonomo di garanzia, giacchè la Cassazione avrebbe compiuto un errore nel ritenere come di per sé derogatorie della disciplina tipica della fideiussione clausole come quella “a prima richiesta” o equipollenti. In particolare, l’Autore conclude dicendo: «a) nell'ipotesi di stipulazione di polizze fideiussorie regolate da condizioni conformi a quelle generalmente praticate nel mercato, dovrà riscontrarsi per usare le espressioni usate dalle Sezioni Unite quella "patente, irrimediabile discrasia con l'intero contenuto "altro" della convenzione negoziale" e, quindi, optarsi per il carattere accessorio della garanzia in concreto prestata; b) a ciò non osta il fatto che nella materia dell'appalto la garanzia sia conformata sullo schema di un particolare tipo di fidejussio indemnitatis, che, in base alla formulazione letterale del contratto, abbia ad oggetto la garanzia dell'adempimento dell'obbligazione secondaria dell'appaltatore, consistente nell'obbligo al risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, giacché simile schema non è affatto incompatibile con quello della fideiussione codicistica; c) le polizze fideiussorie prestate da imprese assicuratrici, salvo espresse deroghe che comportino una reale astrattezza della garanzia, debbono essere qualificate come fidejussioni atipiche connotate dalla clausola del solve et repete, proprio come ebbe a precisare la pregevole sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione nel lontano 1987 (Cass., SS. UU., 1 ottobre 1987, n. 7341, in Foro italiano, 1988, I, 103 ss.) le cui statuizioni cardine non sembra possano considerarsi superate dai passaggi argomentativi esposti nella motivazione della sentenza in commento».

[86] Cass., SS. UU., 18 febbraio 2010, n. 3947: «[…] la clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” dovrebbe di per sé orientare l’interprete verso l’approdo alla autonoma fattispecie del Garantievertrag, salva evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto “altro” della convenzione negoziale»; Cass., 28 ottobre 2010, n. 22107, per cui la polizza che contiene la clausola “a prima richiesta”, nonostante sia chiamata anche “fideiussoria”, non è soggetta alla disciplina ricavabile dagli artt. 1941 e 1945 c.c. ma costituisce un contratto autonomo di garanzia. Di conseguenza, il termine per l’escussione della garanzia, fissato dall’art. 1957 c.c., non si applica; Cass., 5 aprile 2012, n. 5526; Cass., 19 febbraio 2019, n. 4717; Trib. Roma, 15 novembre 1996, in Banca borsa e titoli di credito, 1998, 197. L’arresto delle Sezioni Unite ha però avuto alterne fortune, non essendo stato ritenuto sempre condivisibile dalla dottrina (in merito G.B. BARILLÀ, Le sezioni unite e il Garantiervertrag un quarto di secolo dopo: una pronuncia “storica” fa chiarezza sui differenti modelli di garanzie bancarie autonome, in Banca borsa e titoli di credito, 2010, II, 257; D. CERINI, Le sezioni unite sulle polizze fideiussorie: un’occasione per una riflessione, in Dir. ed eco. assicurazione, 2011, 227; F. ROLFI, Garantievertrag e polizza fideiussoria: il grand arrêt delle sezioni unite tra massime ed obiter dicta, in Corr. giur., 2010, 1022 ss.; G. TRAVAGLINO, Natura giuridica della polizza fideiussoria stipulata dall’appaltatore a garanzia delle obbligazioni verso la p.a., in Corr. merito, 2010, 516 ss.; C. PUPPO, La polizza fideiussoria al vaglio delle sezioni unite. Tra autonomia e accessorietà della garanzia, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 904 ss.).

[87] F. ROCCHIO, La promessa con funzione di garanzia, Napoli, 2009, 128 e 129. In giurisprudenza, Cass., 17 giugno 1957, n. 2259; Cass., 24 dicembre 1992, n. 13661.