ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Sab, 21 Dic 2019

Concorso nel reato proprio esclusivo e la responsabilità penale dell´extraneus

Maria Erica Gangi
Avvocato


In caso di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, ai fini dell´estensione al concorrente extraneus della responsabilità a titolo di reato proprio, ai sensi dell´art. 117 c.p. è necessaria la conoscibilità della qualifica soggettiva del concorrente intraneus.


Sommario: 1. Requisiti del concorso di persone nel reato; 2. Il reato proprio esclusivo e non esclusivo; 3. Può l’extraneus partecipare al reato proprio esclusivo? 4. Il difficile matrimonio tra concorso di persone nel reato proprio esclusivo e istituto della responsabilità oggettiva; 5. Il Supremo Consesso interviene e sconfessa l’attribuzione oggettiva di responsabilità in capo all’extraneus.

Sommario: 1. Requisiti del concorso di persone nel reato; 2. Il reato proprio esclusivo e non esclusivo; 3. Può l’extraneus partecipare al reato proprio esclusivo? 4. Il difficile matrimonio tra concorso di persone nel reato proprio esclusivo e istituto della responsabilità oggettiva; 5. Il Supremo Consesso interviene e sconfessa l’attribuzione oggettiva di responsabilità in capo all’extraneus.

1. Requisiti del concorso di persone nel reato

L'Art. 110 c.p. recita: “Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”

L’analisi della traccia posta all’odierna attenzione postula un imprescindibile principio: attenzionare il dato normativo che, nel nostro Ordinamento, regola il concorso di persone nel reato per poi entrare nel merito della questione e considerare il distinguo tra reato proprio esclusivo e non esclusivo.

Quattro i requisiti richiesti perché si abbia “concorso di persone”: la pluralità dei soggetti – più di due – che converga il proprio agire al perseguimento di un fine comune; la realizzazione di un fatto di reato, elemento importante da puntualizzare atteso che è ammesso il concorso nel delitto tentato e non anche la forma inversa ossia il tentativo di concorso; l’elemento psicologico, ossia il c.d. dolo o colpa di concorrere – dunque partecipare – alla realizzazione del fatto di reato; il contributo concorsuale.

Requisito, quest’ultimo, oggetto di apposita specifica grazie alla Sentenza Mannino del 2015 in occasione della quale le Sezioni Unite hanno puntualizzato come affinché una data condotta venga punita a titolo di reato è necessario che essa apporti un contributo causale valido e fondante alla realizzazione del fatto di reato.

Ne discende un rilevante corollario: non ogni condotta di mera partecipazione assurge a dolo/colpa di concorso ma unicamente quella (partecipazione) che sia espressione di un consapevole, voluto e ricercato coadiuvamento alla messa in atto del progetto criminoso.

2. Il reato proprio esclusivo e non esclusivo.

Precisata la struttura che antecede la disciplina del concorso di persone è opportuno analizzare un distinguo di non poco conto.

Ovvero: quando si ha concorso nel reato proprio esclusivo e quando il reato sia non esclusivo.

Sul punto è di interesse dare atto della bipartizione esistente tra reato proprio e reato comune.

Appartiene alla prima categoria il fatto antigiuridico che, per essere oggetto di risposta sanzionatoria da parte dell’Ordinamento, venga commesso da un soggetto che rivesta e abbia la qualifica soggettiva di Pubblico Ufficiale o di Incaricato di Pubblico Servizio o che, comunque, abbia il titolo per poter commettere il fatto di reato.

Rientrano in detto novero parte dei reati contro la Pubblica Amministrazione con specifico riguardo a quelli commessi da soggetti che abbiano la qualifica sopra detta.

        È, diversamente, reato comune, quel fatto che per essere punito non cerca né richiede la qualifica soggettiva necessitando unicamente che esso venga realizzato in conformità alla fattispecie astratta, che sia lesivo del bene giuridico tutelato dall’Ordinamento e, pertanto, necessitante adeguata risposta punitiva dallo stesso posta in essere.

Sono annoverabili e compresi in detto ambito buona parte delle fattispecie delittuose previste dal codice penale che si rivolgono – genericamente – ad un soggetto astratto “chiunque”.

        Ciò detto il quadro appare più completo tanto da poter distinguere un’ulteriore sotto – categoria: reato proprio esclusivo e non esclusivo.

        La linea di demarcazione tra le due aree sopra tracciate è importante stante la possibilità di ricorrere al c.d. mutamento del titolo di reato ex art. 117 c.p. nel secondo caso – reato non esclusivo – e non anche nel primo – reato esclusivo, certamente più stringente e normativamente vincolato alla qualifica soggettiva non soltanto per la punibilità ma giustappunto per la configurazione del medesimo.

        Ai fini dell’indagine giuridica che si vuole compiere è d’uopo dare atto che in ambito dottrinario è frequente – nonché assodato – il distinguo tra reato Proprio esclusivo e Proprio non esclusivo.

La prima ipotesi ricorre nel caso in cui l’ordinamento preveda come reato unicamente la fattispecie commessa dal soggetto agente provvisto della specifica qualità: a titolo esemplificativo l’incesto può essere commesso solo dalle persone provviste del particolare vincolo di parentela richiesto dall’art. 564 c.p.; ancora, l’omissione di soccorso si qualifica esclusivamente in capo al soggetto gravato dall’onere di soccorrere la vittima o il soggetto che versi in difficoltà.

Diversamente si configura il reato proprio non esclusivo quando la presenza o meno della particolare qualità determina solo il mutamento del titolo del reato: ad esempio se ad appropriarsi di un oggetto non proprio ma di altro soggetto non è un privato qualsiasi ma un soggetto “qualificato” si configura il reato di peculato di cui all’art. 314 c.p. diversamente se commessa da un privato, costituisce, appunto, appropriazione indebita ex art. 646 c.p.

La differenza è rilevante, perché solo nell’ipotesi di Proprio non esclusivo è configurabile l’operatività dell’art. 117 c.p. (mutamento del titolo di reato per taluno dei concorrenti).

3. Può l’extraneus partecipare al reato proprio esclusivo?

        Alla luce delle considerazioni sopra esposte si è in possesso della strumentazione adeguata per analizzare una questione di rilievo che molto ha occupato sia gli ambienti di studio che quelli Pretori, ovvero se possa configurarsi il concorso nel reato proprio esclusivo da parte dell’extraneus ossia di quel soggetto mancante delle qualità soggettive richieste – imprescindibilmente - in capo all’autore materiale della condotta.

        Il problema sotteso alla presente analisi è se debba essere sempre l’intraneus a configurare e realizzare il fatto di reato.

        Sul punto, invero, non può darsi risposta univoca.

        Certamente la qualifica soggettiva è richiesta per la punibilità del fatto di reato, ad esempio, nell’incesto: ipotesi delittuosa - questa - la cui punibilità presuppone immancabilmente il rapporto parentale tra i soggetti che compongono il fatto antigiuridico.

        Dissertazioni differenti vanno compiute con riguardo ai reati cc.dd. non di mano propria, dunque quelli passibili di “mutamento del titolo”.

        Tre le tesi sul tappeto:

Secondo un formante prevalente il fatto tipico può essere commesso anche dall’extraneus.

È un orientamento radicato sulla convinzione secondo cui sarebbe ammissibile un’esecuzione frazionata nel senso che l’intraneus parteciperebbe con la qualifica normativamente prevista il c.d. soggetto estraneo realizzerebbe la condotta materiale che, integrandosi con la qualifica già esistente in capo al primo darebbe vita al reato proprio.

Corollario pratico di detta tesi è l’estensione della qualifica da colui che la possiede a colui che ne è privo affinché entrambi siano assoggettabili alla pena prevista e punita in concorso ex art. 110 c.p.

Una tesi intermedia sostiene che l’intraneus può anche non essere l’autore materiale della condotta ma deve, ad ogni buon conto, mantenere il controllo, il dominio della situazione.

Ne discende che a poco rilevi “chi” fattivamente ha realizzato la condotta materiale, ciò che l’Ordinamento richiederebbe è che il compimento del fatto venisse realizzato sotto il vigile controllo del soggetto qualificato così da poter “attrarre” sotto la di lui competenza qualificata l’intero fatto antigiuridico e punibile.

Da ultimo va annoverata una tesi minoritaria che esclude qualsivoglia responsabilità dell’estraneus.

Il reato proprio esclusivo deve essere compiuto assolutamente dal soggetto dotato della qualifica – ossia l’intraneus -; è sotto la di lui competenza che dovrà e potrà realizzarsi il fatto tipico.

Fattivamente, ove il P.U. lasci aperto il caveau della Banca consentendo così ad altri la sottrazione dei beni in esso contenuti, non risponderà di peculato – perché materialmente non è l’autore del fatto di reato; diversamente risponderà di concorso in furto.

A sostegno di detta Tesi gli ambienti dottrinari evocano il principio di legalità ex art. 25 Cost. e ribadendo che ove il Legislatore abbia inteso punire un fatto anche se realizzato per interposta persona lo ha espressamente specificato.

In mancanza non può estendersi l’alveo punitivo da un soggetto qualificato ad uno mancante del c.d. requisito soggettivo.

Le tesi così messe sul tappeto sottendono un aspetto pratico di non poco conto.

L’aspetto dogmatico di maggiore rilievo si pone con riferimento al concorso nel reato proprio ove l'extraneus ignori le qualità personali dell'intraneus. Nel caso in cui l'azione commessa integri l'elemento materiale di un reato proprio esclusivo, infatti, l'extraneus andrà esente da pena in quanto, in difetto di consapevolezza delle qualità personali che determinano il disvalore penale del fatto, egli ritiene di compiere un'azione lecita o, in egual misura, ritenga di non compiere alcun illecito.

Nel caso in cui, invece, la condotta concorrente posta in essere, in difetto delle qualità personali dell'intraneus, integrerebbe, comunque, l'elemento materiale di un diverso fatto di reato, s'applica l'art. 117 c.p (c.d. mutatio titoli) che stabilisce: "Se, per le condizioni o le qualita' personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo e' piu' grave, il giudice puo', rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualita' o i rapporti predetti, diminuire la pena."

L'art. 117 c.p. prevede, dunque, che, in caso di concorso nel reato proprio non esclusivo, tutti i concorrenti rispondano del reato proprio anche in difetto di cognizione e/o consapevolezza delle qualità dell'intraneus determinanti l'incriminazione a tale titolo. Ove, tuttavia, il reato proprio sia più grave del corrispondente reato comune, il soggetto che sia privo di consapevolezza sulle qualità dell'intraneus potrà ottenere una diminuzione di pena (tale diminuente è applicata facoltativamente dal giudice al contrario di quella di cui all'art. 116 c.p.).

Uno studio compiuto in maniera simmetrica tra i diversi studiosi consente di riportare il seguente assunto secondo cui:  (…)la punibilità, ex art. 117 c.p., dell'extraneus per un reato più grave rispetto a quello volontariamente commesso, posta la mancanza di consapevolezza sulle qualità personali dell'intraneus, introduce una forma di responsabilità oggettiva a carico dell'extraneus(…)**.

Principio, questo, che può ritenersi apripista di un tema alquanto delicato: la combinazione e/o convivenza tra l’istituto del concorso nel reato proprio esclusivo e le ipotesi – tralatizie – di responsabilità oggettiva che, ancora, permangono nel nostro sistema.

4. Il difficile matrimonio tra concorso di persone nel reato proprio esclusivo e istituto della responsabilità oggettiva.

È di tutta evidenza l’importanza e la centralità della questione oggetto dell’odierna analisi non foss’altro per gli innesti nevralgici cui essa dà seguito.

Invero, ad entrare nel focus normo – giuridico, è la disciplina del concorso di persone nel reato, unitamente al delicato tema della responsabilità oggettiva e del conseguente percorso che la nostra Giurisprudenza ha posto in essere –già dal lontano 1988 – per espugnare dal nostro codice qualsivoglia espressione normativa che imponga la punibilità di un soggetto per il solo nesso causale esistente tra la di lui condotta e il fatto di reato posto in essere non indagando, finanche, il c.d. elemento soggettivo, ossia la volontà di realizzare il fatto di reato e, dunque, la componente psicologica di partecipazione allo stesso.

Gli effetti di detto tema sono rilevanti: può punirsi un c.d. extraneus sol perché partecipi al fatto tipico e antigiuridico?

Sovverrebbe la prima tesi che invoca la c.d. esecuzione frazionata; parimenti, troppo flessibile appare la tesi minoritaria secondo cui – invocando il principio di legalità – giammai l’estraneus sarebbe punibile.

Ancora una volta il nostro corredo normo – giuridico pone i riflettori su una questione di spicco rimettendo la decisione finale ai canoni ermeneutici delle Corti di Merito: unicamente gli Operatori Giudiziari possono disporre e riconoscere la punibilità dell'extraneus invocando - verosimilmrnte - la tesi della c.d. condotta frazionata che ne ammette la punibilità purché si discuta di condotta consapevole e integrante con quella dell'intraneus. 

5. Il Supremo Consesso interviene e sconfessa l’attribuzione oggettiva di responsabilità in capo all’extraneus

Obiter Dictum statuito dagli Ermellini è il seguente: “In caso di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, ai fini dell'estensione al concorrente extraneus della responsabilità a titolo di reato proprio, ai sensi dell'art. 117 c.p.77 è necessaria la conoscibilità della qualifica soggettiva del concorrente intraneus.”

   Nevralgico è, certamente, l’art. 117 c.p. – sopra ampiamente analizzato – atteso che quando l’extraneus è consapevole della qualità dell’intraneus egli risponde del reato proprio, anche se la sua condotta di per sé non costituirebbe reato.

Dunque, per tale ipotesi, nulla quaestio.

        Maggiormente problematica è l’ipotesi inversa di colui che manca della qualifica soggettiva e ignora – per mera colpa  e non anche per dolo – l’esistenza di detto titolo in capo al proprio compartecipe.

Sul punto la Cassazione, uniformandosi anche ad un percorso argomentativo atavico e radicato nella Giurisprudenza Costituzionale, ha ritenuto di non punire per pura estensione l’extraneus sol perché fattivamente abbia partecipato alla realizzazione del fatto di reato, piuttosto nell’ipotesi della non conoscenza di tale qualifica soggettiva, perché possa addebitarsi il reato più grave all’extraneus è necessario, “in un’ottica costituzionalmente orientata tale da garantire il rispetto del principio di colpevolezza, che quest’ultimo abbia ignorata la qualifica “colposamente”, perché cioè tale qualifica avrebbe dovuto essere concretamente “conoscibile” alla stregua di un parametro di giudizio analogo a quello adottato in materia di colpa”.

        Ritorna, indi, in tutta la sua dirompenza il principio che trova origine nel lontano 1988 quando la Consulta, nel limare e volere introdurre il principio di colpevolezza nel nostro Ordinamento ha statuito – ai fini della punibilità – insufficiente il puro e semplice nesso di causalità dovendo sempre accertarsi l’esistenza del c.d. elemento psicologico, se non nella forma del dolo, almeno in quella della colpa, seppur lieve, ma quantomeno espressione di una partecipazione consapevole, dunque perseguibile e punibile.

        Di rilievo la Sentenza ivi commentata nella misura in cui consente agli operatori di disporre di un trait d’union tra le diverse Pronunce – di Legittimità e Costituzionali – che, ancora una volta, consegnano l’immagine – e si auspica corrisponda a realtà – di un sistema ordinamentale garantista e non anche agevolmente accusatore.

Note e riferimenti Bibliografici

  1. R. Garofoli; Manuale di Diritto Penale; Nel Diritto editore – XIV Edizione;
  2. A. Pagliaro; Principi di diritto penale parte generale; Ed. Giuffré 2016;
  3. M. Di Pirro; Compendio di Diritto Penale; Ed. La Tribuna 2015;
  4. G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta; Manuale di diritto Penale parte Generale; Giuffré 2019;
  5. R. Garofoli; Manuale di Diritto Penale; Nel Diritto editore – XIV Edizione;
  6. R. Giovagnoli; Manuale di diritto penale; Ita Edizioni – 2019.
  7. Sezioni Unite Mannino n. 33748/2015 sul contributo concorsuale;
  8. Corte Cost. Sent. 364/1988;
  9. Corte Cost. Sent. N. 1085/1988;
  10. Note 8 e 9 funzionali a ricostruire il percorso logico – argomentativo che la Consulta ha compiuto per debellare le ipotesi di responsabilità oggettiva previste nel ns Ordinamento.;
  11. Contributo Diritto Penale Contemporaneo;
  12. Codice Commentato di Diritto Penale; Edizioni Giuffrè – 2006 – per una ricostruzione dell’art. 117 c.p.
  13. Codice Commentato di Diritto Penale; Edizioni Giuffrè – 2017;
  14. Corte Cass. Pen. Sent. n. 25390/2019;
  15. ** il principio di diritto ivi citato è il frutto di lezioni in materia di “Corso di Diritto Penale” tenuto dal Cons. Giovagnoli in seno alla Scuola Justfoyou A. 2018/2019; Lezione: “Il concorso di persone nel reato”.