Pubbl. Gio, 28 Mag 2015
Child grooming e adescamento dei minori in internet: ultime dalla Cassazione
Modifica paginaSi propone qui di seguito il commento ad una recentissima pronuncia (16616/2015) in tema di pedofilia online ed adescamento dei minori sul web, cd. child grooming.
La rete internet si avvia poco a poco a diventare una sorta di cyberspazio senza limiti e controlli. Da strumento di comunicazione, infatti, talora essa è strumento di abuso, canale privilegiato per coloro che, con atteggiamento perverso, adescano minori sul web.
La Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza di poche settimane fa, torna a ribadire con forza un concetto che oramai sembra essere consolidato in giurisprudenza: “nonostante non avvenga un contatto fisico tra il pedofilo e le minori, vittime di abusi, non può escludersi la sussistenza della violenza sessuale- anche se virtuale- da parte dell’autore del reato”.
Accadeva a Napoli che un uomo, con condotte reiterate ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, compiva atti sessuali, con minori di anni 18; nella specie, il reato di cui all’articolo 609 quater c.p. - atti sessuali con minorenne - si realizzava anche con minori di anni 14, essendo integrato da pratiche erotiche compiute davanti alla webcam alla presenza di bambine, invitate a fare altrettanto. Altresì, il reo compiva atti sessuali espliciti alla presenza di minori di anni 9 ed 11 al fine di render gli stessi spettatori (reato previsto dall’art. 609 quinquies c.p). Infine, ad una minore di anni 15 richiedeva l'invio di materiale pornografico, dietro compenso di ricariche telefoniche, condotta punita dall’articolo 609 bis e ter c.p.
Il GUP, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava tale soggetto colpevole per i reati sopra citati, condannandolo ad una pena di 12 anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’interdizione legale per la durata della pena e l’interdizione perpetua da ogni incarico nelle scuole nonché da ogni ufficio o istituzione frequentate da minori.
Ricorrendo in Cassazione i difensori del condannato in primo grado evidenziavano, nelle rispettive memorie difensive, principalmente la erronea qualificazione giuridica dei fatti de quibus che rientrerebbero nell’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 609 undecies c.p.; che la condotta con la quale il ricorrente invitava le minori a mandargli foto osè fosse da inquadrare nell’ipotesi meno grave del secondo comma dell’articolo 609 bis con la conseguente rimodulazione della pena, e che l’assenza della congiunzione carnale fosse idonea, considerando la compressione della libertà sessuale del minore, ad integrare l’attenuante di cui all’ult.co. dell’articolo 609 bis c.p.
La Suprema Corte ha ritenuto che i motivi di doglianza sollevati dai difensori fossero infondati, ad eccezione del punto c, limitatamente all’ipotesi di una diversa qualificazione giuridica del fatto e conseguente rimodulazione della pena sulla base del secondo comma dell’articolo 609 bis.
Gli Ermellini hanno affermato che la Corte di merito non sia incorsa in nessuna violazione di legge, apparendo escluso il reato di cui al 609 undecies e realizzatosi quelli di cui agli artt. 609 ter e quater c.p. E’ importante sottolineare la non configurabilità come scriminante del consenso eventualmente prestato dalle minori in quanto le persona offese, per la giovine età, sono considerate immature e incapaci di disporre consapevolmente del proprio corpo.
Sembra chiara infatti la ratio del 609 quater, che è quella di tutelare la intangibilità sessuale delle minori a prescindere da qualunque consenso prestato. Il bene giuridico del reato di atti sessuali con minorenne non è la libertà di autodeterminazione dello stesso, non potendo egli esprimere alcun consenso, ma l'integrità psico-fisica del medesimo nella prospettiva di un corretto sviluppo della propria sessualità.
Altresì, sottolineano i giudici, i delitti contestati, si cristallizzano ogniqualvolta si compia un atto che involga la sfera di sessualità del minore a prescindere da qualsiasi contatto fisico (rectius carnale) con la vittima, tanto più considerando tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato, quali la ripetitività delle condotte, escalation di perversione e le blandizie per mezzo delle quali il consenso della vittima era stato acquisito. Non casualmente il testo dell’articolo 609 ter, come novellato dalla legge 38/2006, ha sostituito il temine sfruttare con quello di utilizzare in modo da ampliare la portata applicativa della norma e non lasciare spazio all’azione di chi commetta simili reati.
Il rilievo con il quale i reati che riguardano minori si stanno diffondendo sul web è stato evidenziato più volte anche dalla Cassazione, che in altre sentenze (19033/2013) ha sottolineato che “il mezzo informatico e le comunicazioni mediante chat o social network rendono particolarmente agevole l’approccio anche con soggetti con i quali il contatto diretto o attraverso altri mezzi di comunicazione sarebbe più difficoltoso non essendo necessario disporre, ai fini di tale contatto, di dati personali e potendo raggiungere l’interlocutore anche attraverso una semplice ricerca”.
Il nostro ordinamento ha predisposto, a partire dalla ratifica della Convenzione di Lanzarote contro l’abuso e la violenza sui minori l.172/2012, adeguati strumenti di lotta contro questo dilagante fenomeno.
Naturalmente, oltre agli strumenti normativi, sarà necessario educare i bambini alla legalità informatica, istruendoli a non conversare con sconosciuti via web, a non mandare foto e diffidare da qualunque cosa possano intravedere nel mondo telematico.
Internet è uno strumento essenziale per la nostra vita quotidiana ma dobbiamo comprendere che non ogni elemento e/o identità che si scorge sui social networks è autentico perché spesso possono celarsi figure subdole e perverse che possono carpire la fiducia dei minori che navigano su internet (c.d. child grooming). I dati parlano chiaro, nel 2009 sono stati individuati 49.393 siti pedofili in trentacinque Paesi sulla base di stime riportate da telefono Arcobaleno. Il pedobusiness, dall'analisi sopra riportata, sfrutta bambini sempre più piccoli in un mercato che non ha nulla di virtuale utilizzando immagini e abusi realmente commessi in danno di minori spesso inconsapevoli.