Pubbl. Gio, 10 Ott 2019
L´applicabilità dello stato di necessità in tema di sanzioni amministrative per violazioni al Codice della Strada
Modifica paginaIn base al disposto dell’art 4 della Legge 680/1981 l’esimente dello stato di necessità può sussistere anche nel caso di accertamento della responsabilità amministrativa, con le medesime caratteristiche che qualificano l’esimente nella responsabilità penale e che sono elencate dall’art 54 del codice penale
Sommario: 1. L’applicabilità dello “stato di necessita” alle sanzioni per violazione del C.d.S. – 2. Lo stato di necessità putativo – 3. La prova dello stato di necessità
1. L’applicabilità dello “stato di necessità” alle sanzioni per violazione del C.d.S.
Le cause di esclusione della responsabilità previste dal Codice Penale risultano applicabili anche alle violazioni amministrative. Nello specifico l’art. 4 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 prevede che non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere, nell’esercizio di una facoltà legittima, in stato di necessità o per legittima difesa.
La Giurisprudenza ha più volte ribadito che, ai fini della sussistenza o meno delle cause di esclusione della responsabilità, previste dalla succitata legge, occorre in assenza di ulteriori precisazioni fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituiti nel diritto penale e segnatamente agli articolo 51, 52 e 54 del codice penale ([1]).
Nello specifico l’art. 54 c.p. definisce lo "stato di necessità" come quello in cui versa chi si trova costretto a dover salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (pericolo non causato volontariamente, né altrimenti evitabile).
Con specifico riguardo all’esimente dello “stato di necessità”, dunque, è necessario ai fini della sua configurabilità che, in applicazione dei principi fissati dagli articoli 54 e 59 del codice penale, ricorra effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona ([2]), non altrimenti evitabile se non con la commissione dell’illecito ([3]).
Pertanto tale esimente non sussiste in presenza di un evento prevedibile, o della possibilità, di sottrarsi al pericolo, o ancora quando il danno temuto non sia grave ([4]). Allo stesso modo la necessità di provvedere alla propria sussistenza o di tutelare interessi propri non costituisce una causa di non punibilità.
2. Lo "stato di necessità" putativo
La giurisprudenza nel confermare l’estensione all’ambito sanzionatorio amministrativo degli anzidetti istituti, ha ritenuto che nella disciplina delle violazioni amministrative per cui è richiesto un elemento psicologico, operano le esimenti anche nella forma putativa.
In tali ipotesi la rilevanza dell’errore sulla causa scriminante va ritenuta sussistente in applicazione analogica dell’art. 3, comma 2, della Legge n. 689/1981, il quale esclude la responsabilità nel caso di “errore sul fatto” non determinato da colpa, configurandosi tale tipo di errore quando l’agente supponga di trovarsi in una situazione concreta che, ove esistesse realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità ([5]).
Quindi ai fini dell’esclusione della responsabilità del trasgressore per l’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità, di cui all’art. 4 della l. 24 novembre 1981, n. 689, è necessario che essa si concretizzi in un incolpevole errore sul fatto, e cioè su una percezione o in una ricognizione della percezione incolpevolmente difettosa che, cadendo su un elemento materiale della violazione amministrativa, la rende non punibile a norma dell’art. 3, secondo comma, della citata legge 689/1981 ([6]).
In ogni caso, l’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato ([7]).
3. La prova dello stato di necessità
Con riferimento al modello penale, sul quale si fondano i principi della citata legge n. 689/81, quando l’interessato deduce una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di una esimente reale o putativa è su di lui che grava l’onere di provarne la sussistenza, non essendo sufficiente a riguardo una mera asserzione sfornita di qualsiasi supporto probatorio ([8]) posto che, in generale, non possibile desumere la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 54 c.p. dalla sola dichiarazione del trasgressore.
Pertanto, in materia di violazioni al codice della strada, l’esclusione di responsabilità derivante dallo “stato di necessità”, postula l’allegazione e la prova da parte del trasgressore della necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale ed immediato di un danno grave alla persona con l’unico mezzo della commissione dell’illecito.
Qualora venga dedotta una situazione di fatto a sostegno dell’operatività di una esimente putativa, l’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non su in mero criterio soggettivo (riferito al solo stato d’animo dell’agente), ma su dati di fatto concreti idonei a giustificare l’erroneo convincimento da parte del ricorrente di trovarsi in tale stato.
Note e riferimenti bibliografici
([1]) In tal senso ex multis Cass., 20 novembre 1985, n. 5710; Cass., 2 ottobre 1989, n. 3961; Cass., 12 maggio 1999, n. 4710; Cass., 12 luglio 2000, n. 9254; Cass., 5 marzo 2003, n. 3254).
([2]) Cass., civ., sez. I, 30 agosto 2005, n. 17479; Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2005, n. 18099
([3]) Cass., pen., sez. III, 16 maggio 2014, n. 20425 secondo cui "ai fini dell'esimente dello stato di necessità, prevista dall'art. 54 c.p., pur dovendo ritenersi che il danno grave alla persona non sia solo quello alla vita ed all'integrità fisica, ma anche quello minacciato ai beni attinenti alla personalità (onore, pudore, libertà), bisogna considerare che il pericolo, che comporta la costrizione a violare la legge, viene a mancare tutte le volte in cui con altri mezzi si possa ottenere quanto è indispensabile per evitare il danno. Di conseguenza, accanto alla sussistenza del pericolo attuale del danno grave, è necessario che non vi sia altra concreta possibilità di salvezza priva di disvalore penale"
([4]) Cass., civ., sez. II, 14 aprile 2009, n. 8887
([5]) Cass., civ, 26 settembre 1990, n. 9756
([6]) Cass. 19 gennaio 2000, n. 537; Cass. 29 aprile 2010, n. 10366
([7]) Trib. Di Modena, 23 marzo 2018, n. 543
([8]) Sul punto Cass., 26 marzo 2007, n. 7357, nella quale la Corte ha escluso lo stato di necessità, in relazione alla violazione di cui all’art. 176 C.d.S., non ritenendolo documentato dato che il ricorrente aveva prodotto un certificato medico risalente ad un anno prima, attestante una forma di ipoacusia neurosensoriale bilaterale.