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Pubbl. Sab, 12 Ott 2019

Affidamento minori: nessun genitore può essere obbligato a sottoporsi a trattamenti terapeutici

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Lavinia Cibardo


Con ordinanza del 5 luglio 2019 n. 18222, la Corte di Cassazione ha statuito che il giudice non può obbligare i genitori a intraprendere un percorso psicoterapeutico per superare la criticità nel rapporto con i figli, senza il loro consenso.


Sommario : 1. Premessa; 2. L'affidamento condiviso ex artt. 337 ter e quater del codice civile; 3. Il sostegno alla genitorialità; 4. L'ordinanza della Cassazione n. 18222/2019; 5. Conclusioni

1. Premessa. 

Nella società moderna sono sempre più frequenti i casi di separazione e divorzio che, inevitabilmente, creano una trasformazione nei rapporti familiari, non solo sul piano coniugale,ma anche sul piano genitoriale e spesso portano a nuovi riassetti familiari dai quali emergono non poche problematiche. 

2. L'affidamento condiviso ex artt. 337 ter e quater c.c.

Per evitare o risolvere eventuali relazioni conflittuali tra i coniugi ( o ex coniugi), la vigente normativa, introdotta dalla legge n. 54 del 2006 sull'affidamento condiviso, regola l'esercizio del diritto alla bigenitorialità, intesa come responsabilità genitoriale riconosciuta a entrambi i genitori che comporta una partecipazione attiva di entrambi alla vita dei figli, alla loro educazione ed al loro mantenimento. 

Il diritto alla bigenitorialità include, altresì, la necessità che i genitori prendano insieme le decisioni più importanti riguardanti i minori, come quelle relative alla salute, all'istruzione e all'educazione.[1] Tuttavia, viene riconosciuta la possibilità per ciascun genitore di prendere in maniera autonoma e separata le decisioni di ordinaria amministrazione, cioè quelle relative alla quotidianità.[2]

E' da rilevare come questo tipo di affidamento, che ha rimpiazzato il cosiddetto affido congiunto[3] , oggi rappresenti la regola da applicare, salvo casi specifici, in caso di cessazione della relazione affettiva.

Invero, l'art. 337 ter c.c. prescrive che il giudice deve valutare "prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori", al fine di "mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi".

Tuttavia, laddove l'interesse esclusivo e predominante dei minori lo richieda, il giudice può decidere di concedere l'affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, indipendentemente dalle ragioni che hanno portato alla separazione, atteso che l'affidamento può essere attribuito anche al coniuge al quale viene imputato l'addebito.[4]

3. Il sostegno alla genitorialità.

Com'è facilmente deducibile da quanto detto finora molto spesso nella riorganizzazione dei rapporti familiari, tanto a livello coniugale quanto genitoriale, emergono problematiche non indifferenti[5] . Con riferimento, in particolare, all'esercizio della genitorialità è indubbio che una separazione coniugale, specie se connotatata da aspri conflitti tra i coniugi, diventi di frequente fonte di stress e di tensione per i figli che si trovano coinvolti in traumatiche e complicate dinamiche. 

Proprio per venire incontro agli interessi principali dei minori e allentare le tensioni che possono derivare da una separazione, in un caso specifico il  Tribunale di Roma  aveva onerato le parti di proseguire il percorso di sostegno alla genitorialità già intrapreso sotto la direzione ed il monitoraggio dei competenti servizi sociali per quelle questioni che riguardavano l'affidamento della prole[6].

Più precisamente, i giudici capitolini, discostandosi da quanto affermato in precedenza dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 13506/2015, escludevano che la prescrizione di un percorso psicoterapeutico potesse tradursi in una violazione della libertà personale delle parti.

In primo luogo, il sostegno alla genitorialità veniva configurato come un onere, ovverosia una facoltà che essendo condizionata a un adempimento non è mai, essendo prevista nell’interesse dello stesso soggetto onerato, obbligatoria tanto è vero che è priva di conseguenze sanzionatorie personali nel caso in cui rimanga inattuata, ricadendone semmai gli effetti sul regime di affido applicabile.

In secondo luogo, tale prescrizione veniva considerata insuscettibile di esecuzione coattiva, essendo esclusivamente una condizione posta dal giudice per il raggiungimento della pienezza dei paritetici poteri genitoriali nei confronti dei figli introdotta dalla novella 54/2006.

Infine, tale onere veniva configurato come strumento attraverso il quale si pongono le condizioni per una crescita il più possibile equilibrata e serena della prole in ragione della tutela del superiore interesse del minore che il giudice della famiglia è chiamato in prima istanza a salvaguardare.

Con la stessa statuizione, il Tribunale capitolino aveva stabilito il principio per cui eventuali conflitti esistenti tra i coniugi non avrebbero dovuto rappresentare un ostacolo all'affidamento condiviso, in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l'esercizio della genitorialità non dovesse essere precluso dalle tensioni tra i coniugi.[7]

Del resto, seguendo il ragionamento logico - giuridico che ha portato alle pronunce di cui sopra, se si dovesse escludere l'affido condiviso ogni qual volta si presenti un rapporto conflittuale tra i coniugi, sarebbero quasi inesistenti le fattispecie di applicazione del regime sull'affidamento dei minori previsto dall'art. 337 ter c.c. 

Sennonché, una buona parte della giurisprudenza di merito, in passato, si è schierata a favore di quest'ultimo orientamento, nel senso di escludere l'affidamento condiviso ogni qualvolta si presentassero conflitti o tensioni nelle relazioni coniugali o genitoriali[8].

Il Tribunale di Roma, aderendo invece alla giurisprudenza prevalente e contraria al detto orientamento, ha ritenuto oppportuno prevedere la possibilità, in capo al giudice della famiglia di suggerire un percorso terapeutico genitoriale, allo scopo di dirimiere i contrasti tra coniugi, nell'esclusivo interesse superiore della prole, non ritenendolo un obbligo da sottoporre in maniera coercitiva, ma un onere volto all'agevolazione dell'affido condiviso.

Infatti, nella sentenza si legge che" è proprio in ragione di tale immanente principio che il giudice, ove si consideri che la conflittualità genitoriale non può di per sé costituire ostacolo, secondo quanto ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, all’adozione del modello prioritario di affido vuoi perché si svuoterebbe la previsione normativa del suo significato essendo il conflitto la ricorrente condizione della coppia richiedente in via giudiziaria il mutamento di status, vuoi perché l’esclusione della pari responsabilità genitoriale, in quanto finalizzata a tutelare il superiore interesse della prole, deve avere quale causa diretta una patologia nel rapporto tra il genitore escluso dall’affido ed il figlio, ovverosia l’incapacità del primo ad entrare in relazione diretta con il minore, e non già all’interno della coppia, la prescrizione terapeutica si traduce necessariamente nell’unico strumento disponibile da parte del giudice per il superamento della conflittualità tra i due genitori affinché possa essere garantita l’equilibrata crescita del minore, nel rispetto del concorrente diritto alla bi – genitorialità in capo a quest’ultimo."

4.  L'ordinanza n. 18222/2019

In conformità con il principio che era già stato enunciato con la sentenza n. 13506/2015, la Suprema Corte di Cassazione, volendo fare chiarezza in materia, ha emanato l'ordinanza n.18222 del 5 luglio 2019, con la quale ha stabilito che il Giudice non può prescrivere ai genitori o anche a uno solo di essi di intraprendere un percorso di psicoterapia per superare le criticità nel rapporto coi propri figli, stante che siffatta prescrizione comporterebbe una violazione degli artt. 13 e 32, comma 2, della Costituzione, ledendo il diritto dei coniugi all'autodeterminazione[9].

In particolare, nell'ordinanza de qua si legge che “la prescrizione ai genitori di sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione , se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari”. 

Pertanto, secondo i Giudici di legittimità, sebbene il giudice possa servirsi, in extremis, di una simile prescrizione al fine di aiutare i coniugi (o ex coniugi) a raggiungere l'idoneità come genitori, tuttavia potrebbe farlo solo a titolo di trattamento sanitario obbligatorio e questo contrasterebbe con quanto sancito dall'art. 32 della Costituzione. Peraltro, la finalità di un simile percorso terapeutico, che rimarrebbe comunque estraneo al giudizio, sarebbe quella della maturazione personale e crescita dei coniugi, che può e deve essere rimessa esclusivamente alla loro libera autodeterminazione.

Com'è ovvio, l'orientamento di cui sopra ha sollevato un dibattito tra coloro che concordano con quanto statuito dalla Suprema Corte, secondo la qulae un programma di sostegno comporterebbe comunque un condizionamento nella capacità di autodeterminazione dei coniugi, e chi, invece, ritiene che la prescrizione di un percorso psicoterapeutico non costituirebbe un obbligo che verrebbe a ledere la libertà personale dei genitori, ma rappresenterebbe un onere, o meglio uno strumento, messo a disposizione dal giudice in favore dei coniugi per permettergli di superare le loro conflittualità.

Ormai da diversi anni, è prassi consolidata dei tribunali quella di prevedere percorsi di recupero della capacità genitoriale, al fine di stabilire un rapporto "cordiale" con l'ex coniuge, con modalità apparentemente non coattive, ma che, di fatto, risultano coercitive. 

Molti operatori del diritto ritengono che questo tipo di prescrizione, anche alla luce del citato art. 32 Cost., rappresenterebbe un trattamento sanitario obbligatorio vero e proprio che non può e non deve essere imposto alle parti di un giudizio, non essendoci una espressa previsione legislativa che lo preveda.

Proprio per porre fine a una tale consuetudine dalla dubbia costituzionalità, è intervenuta la Corte di Cassazione, che con l'ordinanza n.18222/2019 ha stabilito che la prescrizione congiunta ai genitori di seguire un percorso psicoterapeutico individuale e di un sostegno alla genitorialità, comporta sempre anche se si tratta di un invito giudiziale, un condizionamento, per cui è in contrasto con gli artt. 13 e 32 Cost., comma 2.

Soprattutto perché quella prescrizione è caratterizzata dalla finalità, estranea al giudizio, di realizzare la maturazione personale delle parti e tale finalità è rimessa esclusivamente al loro diritto di autodeterminazione.

Inoltre, secondo il parrere di alcuni operatori giuridici, tale maturazione personale non sarebbe accertabile nè in ambito psichiatrico nè in ambito psicoterapeutico, ma solo valutabile in un contesto giuridico[10].

5. Conclusioni

Per concludere, con l'ordinanza de qua, la Suprema Corte ha voluto ribadire che, non basta trincerarsi dietro la non obbligatorietà del percorso psicoterapeutico per giustificare una prassi anticostituzionale, atteso che secondo la Cassazione, promuovere o prescrivere programmi di sostegno per i genitori comporterebbe comunque un condizionamento nella loro libertà di autodeterminazione e nella loro idoneità all'essere genitori.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] cfr: Trib. Roma, 19/10/2016.

[2] Cfr. art. 337 ter, comma 3, del codice civile.

[3] L'affidamento condiviso si distingue dal precedente istituto dell'affido congiunto in quanto nel primo caso, sussiste tra i genitori una ripartizione dei compiti e della cura dei minori, senza che sia necessaria nè la dualità della residenza nè una parità di permanenza dei figli con ciascuno dei genitori; nel caso, invece, dell'affidamento congiunto, i genitori esercitano insieme, a mani unite il loro ruolo.

[4] Recita l'art. 337 quater , comma 1, c.c. " Il Giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore".

[5] cfr. Avv. Sabrina Caporale, Quando il giudice prescrive un programma di sostegno genitoriale, su Responsabile civile.

[6] cfr. Trib. Roma, sent. n. 23857/2015, dep. il 13/11/2015.

[7] Si vedano, sul punto, Corte di Appello di Catania, sez. Famiglia, decreto 9 giugno 2008; Corte di Appello di Potenza, 14 novembre 2006; Trib. Messina, 13 dicembre 2006.

[8] cfr. App. Ancona, decreto 23.11.2006, App. Milano, decreto 30.03.2006, App. Bari, 19.01.2007, in Fam Dir., 2008, 300.

[9] Art. 13 Cost.: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa  forma alcuna di detenzione, ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.  L'art. 32, comma 2, così recita: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge".

[10] cfr. Studio Legale Fiorin, CTU nell'affidamento dei figli: di nuovo illegittimi i "percorsi di sostegno" alla genitorialità.