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Pubbl. Dom, 18 Ago 2019

Il consenso informato, la libertà di autodeterminazione ed il rilievo da attribuire agli esiti di un intervento medico

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Samuele Miedico


La Corte di Cassazione, con sentenza dell´aprile 2019, ha ribadito il pregnante rilievo da attribuire alla libertà di autodeterminazione ed alla informazione preventiva nel caso di sottoposizione ad interventi medici.


Sommario: 1. Premessa; 2. I fatti di causa; 3. La mancanza di informazione preventiva; 4. La decisione della Corte di Cassazione; 5. Riflessioni conclusive.

1. Premessa.

La controversia in oggetto investe una questione piuttosto delicata e dibattuta, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Si tratta del fondamentale rilievo che assumono la libertà di autodeterminazione degli individui[1] ed il principio del consenso informato[2], nonché il legame che si instaura tra essi ed il carattere necessario ovvero risolutorio di un intervento medico-chirurgico. La questione può essere riassunta con un interrogativo, a cui si cercherà di fornire una risposta nel prosieguo della trattazione: a fronte della necessarietà di una operazione chirurgica, avuto riguardo della condizione concreta del paziente, si può legittimamente prescindere dal rispetto del principio del consenso informato?

Posto così l’interrogativo di fondo, è necessario procedere con ordine. Saranno esposti, anzitutto, seppur succintamente, i fatti di causa, in modo da fornire una cornice fattuale tale da consentire una migliore comprensione della pronuncia della Corte di Cassazione. In un momento successivo si procederà con l’esposizione delle motivazioni poste a sostegno del ricorso, così da poter, infine, valutare i principi enunciati con la sentenza n. 10423 del 15 aprile 2019 in punto di risarcimento del danno derivante da lesione del principio di autodeterminazione e del diritto, proprio di ciascun soggetto che si sottopone ad intervento medico-chirurgico, ad esprimere un consenso realmente informato alle cure.

2. I fatti di causa.

Un soggetto, dopo essere stato sottoposto ad un intervento medico, ha lamentato, in sostanza, di non aver ricevuto alcuna preventiva informazione in ordine all’operazione effettivamente eseguita, al possibile sopravvenire di complicanze (che, di fatto, si sono verificate) ed alla terapia in concreto praticata.

A seguito di detto intervento, peraltro, il paziente ha accusato fortissimi dolori toracici e addominali, che hanno richiesto un ulteriore ricovero ospedaliero ed una nuova operazione.

Il paziente, a fronte di ciò, ha ritenuto sussistessero i presupposti per chiedere il risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, per violazione, nello specifico, della propria libertà di autodeterminazione e del diritto ad esprimere un valido consenso.

La controversia ha avuto, in primo e secondo grado, esiti diametralmente opposti: mentre il Tribunale ha accolto, seppur parzialmente, la domanda attorea, il giudice di seconde cure, all’opposto, ha optato per il rigetto della domanda di risarcimento del danno.

È sulla base di queste premesse che la controversia è giunta di fronte alla Corte di Cassazione, che si è pronuncia, sul punto, con sentenza n. 10423 del 15 aprile 2019, oggetto del presente commento.

3. La mancanza di informazione preventiva.

Prima di procedere con l’analisi della decisione assunta dalla Corte di Cassazione, è opportuno verificare i motivi posti dal ricorrente a fondamento della propria iniziativa.

Si tratta, nello specifico, di tre motivi, di cui assume particolare rilievo, ai fini che più interessano la presente trattazione, il primo. Con esso, infatti, è stata censurata la sentenza emessa dalla Corte di Appello per aver rigettato la domanda di risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto proprio di ogni paziente ad essere preventivamente informato. E ciò, da un lato, sul presupposto dell'erroneità della sentenza impugnata, per aver essa circoscritto la portata dell’obbligo informativo alle sole alternative rispetto all’intervento chirurgico praticato, non avendo tenuto dunque in debita considerazione le informazioni che il medico avrebbe, invece, dovuto fornire in relazione al diverso intervento chirurgico concretamente eseguito e sulle possibile ed eventuali complicanze, poi, peraltro, verificatesi. Dall’altro lato, inoltre, sul rilievo della non condivisibilità della sentenza del giudice di seconde cure nella parte in cui è stata ritenuta irrilevante e scusabile la mancanza di una preventiva informazione in ragione del fatto che l’intervento chirurgico praticato avrebbe costituito, oggettivamente, date le condizioni del paziente, la tecnica operatoria da preferirsi.

La Corte di Appello, sul punto, aveva di fatti rigettato la domanda di risarcimento del danno riscontrando l’assenza di prova circa il fatto che il paziente, in presenza di tempestiva ed idonea informazione, non si sarebbe ugualmente sottoposto all’intervento e attribuendosi rilevanza assorbente al carattere necessario ed imprescindibile dell’intervento eseguito.

4. La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto dunque di accogliere il ricorso presentato dal paziente, riconoscendo il diritto dello stesso ad ottenere il risarcimento del danno subito. In particolare, dalla lettura della pronuncia in commento si evince che le due circostanze valorizzate dalla sentenza emessa in grado di appello, delle quali si è appena dato conto, non sono state ritenute sufficienti dalla Corte regolatrice ad escludere la responsabilità del medico e della struttura sanitaria di riferimento.

Il ricorrente a ben vedere, infatti, aveva proposto azione di risarcimento del danno per ottenere il ristoro, oltre che del danno alla salute conseguente alla mancata informazione, anche di quello determinato dalla “lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica in sé considerato, rispetto al quale il carattere necessitato dell’intervento e la sua corretta esecuzione restano circostanze prive di rilievo[3].

D’altronde, la Cassazione ha avuto più volte occasione di sottolineare che, “in tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all'esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, ex ante, necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, ex post, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell'informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all'espletamento dell'atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall'esito favorevole dell'intervento[4].

Con la sentenza in rassegna dunque è stato ribadito il principio secondo il quale il consenso informato del paziente[5] si pone come condizione essenziale per la liceità dell’intervento chirurgico[6] e deve essere inteso come espressione, da parte del paziente, “della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico[7]. Esso, inoltre, “si configura quale vero e proprio diritto della persona[8], trovando il proprio “fondamento nei principi espressi nell'art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»[9].

La giurisprudenza ha, peraltro, sottolineato anche in altre occasioni che il diritto al consenso informato rappresenti, al tempo stesso, “una forma di rispetto per la libertà dell’individuo ed un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi, che si sostanzia non solo nella facoltà di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma altresì di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla[10].

Il  consenso informato si pone, dunque, quale situazione giuridico-soggettiva che merita un'estesa tutela, in quanto diritto irretrattabile della persona[11], tanto da rendere irrilevante il fatto che l’intervento medico sia stato eseguito in modo tecnicamente ed oggettivamente corretto; e ciò per la ragione che, a causa della mancata informazione preventiva, il paziente non è posto in condizione di assentire ovvero di dissentire al trattamento medesimo.

Sulla scorta di questi assunti la Corte di Cassazione, come già detto, ha ritenuto di accogliere il ricorso e di cassare la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello dello scrutinio della domanda di risarcimento del danno per lesione del diritto all’autodeterminazione.

5. Riflessioni conclusive.

È possibile, a questo punto, sviluppare qualche riflessione conclusiva.

La pronuncia in oggetto afferma chiaramente che il carattere necessario o risolutorio di un intervento chirurgico non assume rilevanza in maniera assoluta: nonostante la necessità sul piano terapeutico, se il consenso informato del paziente non è stato correttamente e legittimamente acquisito, si determina infatti la lesione della libertà di autodeterminazione di quest’ultimo, che è e resta libero di scegliere se sottoporsi al trattamento ovvero, perfino, rifiutare le cure. Il pregiudizio che viene altrimenti arrecato al paziente non può essere ritenuto compensato dall’eventuale e successivo esito favorevole dell’intervento.

In sostanza, il medico può somministrare al paziente un trattamento sanitario solo nella misura in cui il paziente stesso sia stato preventivamente posto nella condizione di conoscere e comprendere la terapia praticata e le complicanze che ne possono eventualmente derivare.

Il consenso informato si pone, dunque, come tendenzialmente[12] assoluto e inderogabile.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Con riguardo al tema relativo alla libertà di autodeterminazione in campo medico è possibile individuare numerosi contributi dottrinali. Si veda, ad esempio: V. Sellaroli, Autodeterminazione, libertà di cura, libertà di coscienza e consenso informato, in “Minori giustizia”, n. 2 (2005), pp. 147-160; M. Pelissero, Intervento medico e libertà di autodeterminazione del paziente, in “Diritto penale e processo”, n. 4 (2009), pp. 447-468; M.C. Reale, Il diritto di non curarsi. Ancora uno scontro tra doveri medici e libertà di autodeterminazione, in “Sociologia del diritto”, n. 2 (2012), pp. 159-168; A. Palma, Libertà di autodeterminazione del paziente e rilevanza penale del trattamento medico arbitrario nella giurisprudenza, in “La giustizia penale”, n. 8-9 (2015), pp. 484-504.

[2] Sul punto vedi, ex multis: N. Callipari, Il consenso informato nel contratto di assistenza sanitaria, Giuffrè, Milano, 2012; G. Casciaro, P. Santese, Il consenso informato, Giuffrè, Milano, 2012; C. Faralli (a cura di), Consenso informato in medicina: aspetti etici e giuridici, Franco Angeli, Milano, XXX, 2012; M.F. Lo Moro, Mancato consenso informato e responsabilità del medico, in “Danno e responsabilità”, n. 11 (2013), pp. 1119-1132; S. Cacace, Il consenso informato del paziente al trattamento sanitario, in “Danno e responsabilità”, n. 2 (2017), pp. 238-244; F.C. Rampulla, Aspetti critici del consenso informato nei trattamenti terapeutici, in “Sanità pubblica e privata”, n. 1 (2019), pp. 5-12; I. Rapisarda, Consenso informato e autodeterminazione terapeutica, in “Le nuove leggi civili commentate”, n. 1 (2019), pp. 43-66.

[3] Così, testualmente, si è espressa la sentenza n. 10423 del 15 aprile 2019.

[4] Corte di Cass., Sez. III, 12 giugno 2015, n. 12205; Corte di Cass., Sez. III, 5 luglio 2017, n. 16503; Corte di Cass., Sez. III, 15 maggio 2018, n. 11749. 

[5] Oltre alle norme nazionali, il diritto al consenso informato è preso altresì in considerazione da diverse norme sovranazionali. Si veda, ad esempio, l'art. 5 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997 (ratificata dall'Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145), nonché l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000. Sul punto, vedi: F. De Angelis, Consenso libero ed informato: la Convenzione di Oviedo nell'articolato contesto storico e giuridico delle fonti, in “Medicina e morale”, n. 1 (2016), pp. 57-67.

[6] Corte di Cass., Sez. III, 12 giugno 1982, n. 3604.

[7] Corte. Cost., 23 dicembre 2008, n. 438. Vedi anche: R. Balduzzi, Corte costituzionale e consenso informato tra diritti fondamentali e ripartizione delle competenze legislative, in “Giurisprudenza costituzionale”, n. 6 (2008), pp. 4653-4970; C. Coraggio, Il Consenso informato: alla ricerca dei principi fondamentali della legislazione statale, in “Giurisprudenza costituzionale”, n. 6 (2008), pp. 4981-4994; D. Morana, A proposito del fondamento costituzionale per il «consenso informato» ai trattamenti sanitari: considerazioni a margine della sent. n. 438 del 2008 della Corte costituzionale, in “Giurisprudenza costituzionale”, n. 6 (2008), pp. 4970-4981.

[8] Corte. Cost., 23 dicembre 2008, n. 438.

[9] Corte. Cost., 23 dicembre 2008, n. 438.

[10] Corte di Cass., Sez. III, 15 settembre 2008, n. 23676.

[11] Corte di Cass., 28 luglio 2011, n. 16543.

[12] Vi sono ipotesi, quali la sottoposizione a trattamento sanitario obbligatorio o il ricorrere di una situazione di urgenza, che giustificano la lesione del diritto al consenso informato. Sul punto, vedi: Corte di Cass., Sez. IV, 18 aprile 2018, n. 31628.