Pubbl. Dom, 4 Ago 2019
Responsabilità e garanzia del venditore nella vendita di beni di consumo
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Camilla Della Giustina
A seguito dell´entrata in vigore del codice del consumo si analizzano gli istituti della responsabilità e della garanzia del venditore evidenziando le diverse posizioni della dottrina.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Obblighi del venditore; 3. Responsabilità del venditore: inadempimento o garanzia?; 4. Responsabilità del venditore: altre posizioni della dottrina; 5. Conclusione.
1. Introduzione
La disciplina relativa alla tutela del consumatore trova la sua fonte nella direttiva comunitaria n. 1999/44/CE e nel c.d. codice del consumo (Dlgs n. 206/2005, riassetto delle disposizioni vigenti in materia diritto dei consumatori)[1].
La ratio della tutela del consumatore deriva dall'esigenza di assicurare a questi soggetti ritenuti più deboli contrattualmente adeguate forme di protezione, qualora si trovino a stipulare rapporti contrattuali con soggetti operanti nell’ambito della propria attività professionale[2].
Per applicare la disciplina del Codice del consumo, è necessario che le parti assumano una determinata qualità.
In particolare, è richiesto che una di esse sia qualificata come consumatore e l’altra come professionista. Infatti, per consumatore[3] si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale o professionale eventualmente svolta (art. 3 lettera a.), mentre per professionista si fa riferimento alla persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale o artigianale o professionale ovvero un suo intermediario (art. 3 lettera c.).
Tuttavia, sono necessarie due osservazioni da svolgere a seguito di dette definizioni:
In primo luogo, il consumatore può essere solamente una persona fisica. In secondo luogo, la qualifica di consumatore o professionista deve essere valutata in relazione al contesto in cui viene conclusa l’attività negoziale, quindi un determinato soggetto può mutare la sua qualificazione relativamente all’attività posta in essere concretamente[4].
A seguito di questa breve introduzione, occorre segnalare una delle novità principali introdotte dalla disciplina in esame, in relazione alla quale vi sono state diverse ricostruzioni dottrinarie. Invero, è stato introdotto il concetto di conformità del bene al contratto di vendita[5]. Trattasi di un concetto che ha diviso la dottrina nel qualificare l’obbligazione del venditore-professionista come garanzia per vizi della cosa venduta (art. 1490 e ss c.c.) o come responsabilità contrattuale per inadempimento dell'obbligazione (art. 1218 c.c.).
2. Obblighi del venditore
L’art. 129 prevede che il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita: il concetto di conformità comprende al suo interno sia il vizio corporale della res, ossia il difetto della qualità della res medesima, sia il concetto di non idoneità all’uso della cosa. Pertanto, la definizione di bene conforme sembra essere maggiormente idonea alla tutela dell’acquirente rispetto al concetto di garanzia[6].
Il concetto di garanzia risulta essere diverso a seconda che si analizzi la direttiva 1999/44/CE o la nozione esistente nel nostro diritto nazionale. La garanzia, per il diritto comunitario, è da intendersi come qualsiasi impegno di un venditore o produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare o intervenire altrimenti sul bene di consumo qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia e nella relativa pubblicità (art. 1 lettera e).
Pertanto, il riferimento è quello alle garanzie convenzionali, ossia quelle garanzie aventi la loro fonte negli accordi specifici intercorsi tra un venditore e il consumatore.
Al contrario, l’ordinamento italiano comprende nel concetto di garanzia oltre la clausola introdotta nel contratto al fine di rafforzare la tutela legale riconosciuta al compratore, anche gli obblighi nascenti dalla stipulazione di una compravendita che fanno capo al venditore a prescindere dall’esistenza di apposite pattuizioni[7].
Successivamente, lo stesso articolo detta una serie di criteri da cui deriva la presunzione di conformità di un bene al contratto di vendita.
In particolare, si presume che i beni siano conformi al contratto di vendita concluso dalle parti quanto ricorrono le seguenti circostanze:
- Risultano essere idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo.
- Si tratta di beni conformi alla descrizione offerta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello.
- Si tratta di beni che presentano le qualità e le prestazioni abituali di un bene appartenente allo stesso tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi avuto a riguardo alla natura del bene, e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche del bene fatte dal venditore, produttore o dal suo agente o rappresentante.
- Risultano essere idonei all’uso particolare voluto dal consumatore a condizione che questo lo abbia esternato e fatto conoscere al venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore lo abbia accettato anche per fatti concludenti.
Questi criteri sono funzionali a illustrare una serie di situazioni che qualora esistenti esonerano il consumatore dall’onere di provare la non conformità del bene.
Si tratta di un’elencazione delle ipotesi di difetto di conformità che possono essere dedotte a contrario rispetto a quelle elencate dal legislatore[8]. Le presunzioni indicate sono relative[9] quindi il consumatore potrà provare l’esistenza del difetto di conformità anche se il bene risulta essere conforme in base ai criteri dettati dall’art. 129, di conseguenza il venditore potrà provare la conformità del bene medesimo nonostante l’assenza dei requisiti indicati.
Il concetto di conformità del bene comprende sicuramente i vizi della cosa venduta e la mancanza delle qualità della medesima, ma non appare così certa la possibilità di ricomprendervi anche le ipotesi dei vizi giuridici e dell’aliud pro alio[10].
Infatti, i vizi giuridici non sono compresi nelle ipotesi di difetto di conformità. Tale assunto si può ricavare dai lavori preparatori. Più precisamente, si può far riferimento alla nozione di difetto di conformità contenuta nella proposta di direttiva 23/8/1996 nella quale si deduce la necessità di adottare tale concetto in relazione ai vizi materiali.
Affrontando la seconda problematica, si deve evidenziare come parte della dottrina sostiene che la consegna di cosa diversa integrerebbe sicuramente le ipotesi di non conformità di consegna sulla base del fatto che la disciplina dettata dal Codice del consumo è stata aggiunta a quella relativa al contratto di compravendita. Pertanto, vi sarebbe stato come risultato quello di integrazione tra la disciplina consumeristica e di diritto comune.
Al contrario, altra parte dell dottrina rileva la distinzione tra disciplina consumeristica e quella relativa all’inadempimento di fonte contrattuale e di conseguenza, nascerebbe una alternativa tra i rimedi previsti dalla disciplina del Codice del consumo e quelli dettati dalla disciplina dell’inadempimento[11].
3. Responsabilità del venditore: inadempimento o garanzia?
A seguito della nuova disciplina a tutela dei consumatori è sorto il problema relativo alla natura della responsabilità del venditore. Dato che la mancata attuazione del risultato traslativo configura la mancata esecuzione o l'inesatta esecuzione della prestazione dovuta e integra pertanto un inadempimento dell'obbligazione, la dottrina si è interrogata sulla qualificazione giuridica da attribuire a questo inadempimento. Le ricostruzioni prospettate riguardano, da una parte, la possibilità di configurare i vizi del bene come uno speciale regime di responsabilità, dall'altra, come una sorta di responsabilità oggettiva che deriva dalla concezione dell'obbligazione del venditore come una sorta di "garanzia".
Il tutto nasce dalla presenza di due articoli del Codice del consumo che, da una parte, indicano come oggetto di disciplina le garanzie nella vendita di beni di consumo (art. 129 comma 1), dall’altra fanno riferimento all’obbligo di consegnare beni conformi al contratto di vendita al consumatore (art. 130 comma 1).
Secondo una prima ricostruzione, definita dottrina della responsabilità, l’impegno del venditore di consegnare beni conformi avrebbe natura obbligatoria e, di conseguenza, i mezzi di tutela apprestati dal Codice del consumo verrebbero qualificati come azioni di adempimento, oltre a questo la responsabilità del venditore nascerebbe dall’inadempimento di quella obbligazione.
Pertanto, la vendita di beni di consumo costituirebbe una obbligazione specifica avente come oggetto il modo di essere, ossia conforme, del bene dovuto, quindi la conformità non è nient’altro che il modello che il debitore deve adottare al fine di eseguire in modo esatto la prestazione dovuta.
I rimedi apprestati in presenza del difetto di conformità, a favore del consumatore, esplicherebbero una specificazione dell’azione di esatto adempimento[12]: il diritto al ripristino, il diritto a ottenere la conformità del bene mediante riparazione o sostituzione del medesimo avrebbero lo scopo di sanare l’obbligazione del contratto di vendita, contratto che non era stato eseguito esattamente.
Tuttavia, questa interpretazione incontra dei limiti e delle conseguenti critiche.
In primo luogo, il concetto di obbligazione ha come presupposto la possibilità per il debitore di raggiungere il risultato oggetto della sua prestazione. Infatti, lo stesso art 1218 c.c. prevede che il debitore non è tenuto a risarcire il danno derivante dall’inesatto adempimento della prestazione da lui dovuta solo nell’ipotesi in cui riesca a provare che l’inadempimento o ritardo della prestazione dovuta deriva da un’impossibilità non riconducibile ad una causa imputabile al debitore stesso.
A questa osservazione, altra parte della dottrina[13], ha obiettato che la disciplina consumeristica, in particolar modo quella relativa alla vendita di beni di consumo, rappresenterebbe una figura di responsabilità oggettiva e assoluta[14]. Infatti, l’art. 130 prevede che sul venditore grava il rischio del caso fortuito, nonché la sopportazione del rischio del difetto di conformità o di perimento del bene derivanti da causa non imputabile a egli.
Si tratta di una ricostruzione che ha ricevuto diverse critiche che hanno messo in evidenza come la responsabilità presuppone un dovere violato e che il caso fortuito è per sua stessa natura incompatibile con il concetto di obbligazione non potendo di conseguenza costituire la fonte di una responsabilità[15].
Ulteriore limite incontrato dalla dottrina della responsabilità, riguarda il fatto che è difficile sostenere, in quanto illogico, che oggetto di un’obbligazione possa essere la qualità di una res[16]. Infatti, non è possibile imputare il vizio o l’assenza di qualità del bene alla condotta del venditore quando risulta che egli non abbia preso parte al processo di realizzazione della res o non vi abbia potuto influire.
Una successiva considerazione concerne l’istituto della vendita secondo il diritto italiano. Invero, la compravendita è classificata come contratti ad effetti reali, ossia in virtù del consenso legittimamente manifestato dalle parti si ha il trasferimento della proprietà della cosa[17]. Oltre a questo, l’art 1477 c.c. prevede che la cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita, di conseguenza l’obbligo di consegna del bene venduto, nell’ordinamento italiano[18], allude a un obbligo di dare avente ad oggetto un bene specifico che è già stato trasferito dal venditore all’acquirente in forza del principio consensualistico.
Infine, adottando la ricostruzione personalistica dell’obbligazione, ossia quella adottata dal legislatore italiano, si deve ricordare che al fine di comprendere la ratio posta alla base della tutela del compratore in relazione ai “vizi” della cosa oggetto del contratto di compravendita non è funzionale l’operazione di dilatare eccessivamente il concetto di obbligazione al punto da snaturarne la natura giuridica[19].
Nonostante sia ampiamente criticabile questa ricostruzione teorica, risulta obbligatorio segnalare come sia l’opinione accolta comunemente in dottrina nonostante sia modellata in modo conforme al modello pandettistico il quale ha al suo centro il binomio Schuld und Haftung e contrario al regime della disciplina della compravendita secondo l’ordinamento italiano ex art. 1490 e ss c.c[20].
A questa ricostruzione teorica si contrappone la dottrina della garanzia, secondo la quale in capo al venditore graverebbe un dovere di garanzia, oggetto del quale è la consegna di beni conformi. Dato che il Codice del consumo non collega la condotta del venditore a un profilo soggettivo di dolo o di colpa, questa ricostruzione teorica sostiene l’assenza di un vincolo obbligatorio.
Oltre a questo, la disciplina consumeristica prevede che l’azione esercitabile dal consumatore abbia come limite quello dell’eccessiva onerosità (art. 130 comma 3), limite che non è proprio dell’azione di esatto adempimento. Infatti, quest’ultima ha come limite quello rappresentato dall’oggettiva impossibilità della prestazione dovuta.
Alla luce di tutto questo, la riparazione e la sostituzione del bene viziato dovrebbero essere ricomprese tra i rimedi volti a ripristinare il sinallagma violato dalla consegna di un bene non conforme[21]. Si ritiene che il concetto di garanzia abbracci tutte quelle situazioni contrattuali nelle quali l’aspettativa del creditore è diretta ad una utilità che non si può sussumere né in un contegno controllabile ad una stregua diligenza e nemmeno nel risultato utile di un operare[22].
Tuttavia, si deve considerare la concezione sottesa al contratto di compravendita. E' chiaro che una delle obbligazioni del venditore è quella di far acquistare la proprietà al compratore, ma è altresì evidente come l’adempimento del venditore non può definirsi esatto nel caso in cui non sia trasferita la proprietà della res oppure la res risulti essere viziata o mancante delle qualità essenziali. Infatti, in queste ipotesi il venditore ha violato l’impegno che aveva assunto mediante la conclusione del contratto traslativo[23].
La ricostruzione della responsabilità del venditore-professionista come garanzia possiede quale caratteristica tipica quella della promessa di un soggetto, appunto il venditore-professionista, avente ad oggetto il raggiungimento di un determinato risultato a favore di un altro soggetto, ossia il consumatore-compratore. La caratteristica peculiare di questa garanzia è data dal fatto che il venditore professionista non è completamente parte attiva del procedimento necessario per raggiungere l’obiettivo finale.
4. Responsabilità del venditore: altre posizioni della dottrina
Dopo aver prospettato il principale dibattito che anima la dottrina in relazione alla qualificazione della responsabilità del venditore nella vendita dei beni di consumo, è doveroso indicare altre due teorie della dottrina.
Più precisamente, la dottrina secondo la quale l’obbligazione gravante sul venditore potrebbe essere qualificata come obbligazione di conformità del bene al contratto e l’altra secondo la quale l’obbligazione dovrebbe ritenersi di consegna di beni conformi al contratto.
La prima teoria[24] menzionata ritiene che i rimedi esperibili dal consumatore[25] quale la riparazione e la sostituzione del bene possano essere definite come azioni di esatto adempimento. Infatti, qualora il consumatore dovesse agire nei confronti del produttore chiedendo a quest’ultimo la riparazione o sostituzione del bene viziato ci si troverebbe di fronte a un primo contratto avente una prestazione, definita come principale, che è stata eseguita in modo non esatto.
Pertanto, la riparazione o la sostituzione del bene sarebbero aggiuntive rispetto alla prestazione principale in quanto verrebbero richieste dal consumatore per modificare o cambiare la prestazione principale. Di conseguenza, la differenza intercorrente tra la prestazione principale e quella secondaria sarebbe che la prima incontra come limite quello dell’impossibilità, mentre la seconda quella dell’oggettività impossibilità o dell’eccessiva onerosità per il venditore.
La seconda teoria[26], ossia quella che qualifica l’obbligazione del venditore come obbligo di consegnare beni conformi al contratto, distingue a seconda che la difformità si verifichi prima o dopo il trasferimento della proprietà.
Nel primo caso l’acquisto del consumatore avrebbe come oggetto un bene difettoso e di conseguenza non si potrebbe discutere di obbligo di conformità a carico del venditore. Nella seconda ipotesi, invece, il venditore risponde anche dei vizi successivi al trasferimento della proprietà. Pertanto, è necessario che il bene oggetto di contratto di compravendita possieda tutte le qualità pattuite o richieste dalla legge al momento della consegna[27].
Alla luce di questa ricostruzione emerge come l’obbligo del venditore sia quello di consegnare beni conformi al contratto e non genericamente il bene o i beni oggetto del contratto.
5. Conclusione
Nonostante le diverse ricostruzioni della dottrina relativamente alla qualificazione della “responsabilità” del venditore nel caso in cui il bene oggetto del contratto non risulti essere conforme secondo la definizione data dal Codice del consumo, l’elemento univoco è che quello rappresentato dalla oggettiva responsabilità del venditore.
Altresì, si noti come la disciplina consumeristica deroghi al principio res perit domino ex art. 1465 c.c. in quanto all’interno del concetto di difetto di conformità rientrano tanto i vizi esistenti prima della conclusione del contratto quanto quelli sopravvenuti alla conclusione del contratto.
Note e riferimenti bibliografici
[1] La direttiva è stata attuata con Dlgs. n. 24/2002 il quale ha introdotto nel codice civile il paragrafo n. 1-bis (art. 1519-bis – 1519-nonies), attualmente la disciplina si trova nel Codice del consumo mediante il provvedimento n. 206/2005.
[2] Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, CEDAM, 2018, pag. 1179-1180.
[3] Una parte della dottrina ha definito il consumatore come uomo senza qualità e non la parte debole del contratto. Rinaldi F., Il consumatore: da uomo senza qualità a soggetto debole? In Diritto e giurisprudenza, 2001, pag. 102.
[4] Torrente A., Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2015, pag. 703-705.
[5] Nonostante si faccia riferimento al contratto di compravendita il Codice del consumo equipara ai contratti di vendita il contratto di somministrazione, permuta, appalto e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre (art. 128 comma 1).
[6] Calvo R., Vendita e responsabilità per vizi materiali (II Il regime delle garanzie nelle vendite di consumo) , Edizioni scientifiche italiane, 2007, pag. 7.
La garanzia per vizi è disciplinata nell’art. 1490 c.c. il quale prevede che il venditore è tenuto a garantire che la cosa sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o che ne diminuiscano il valore in modo apprezzabile.
[7] Luminoso A., Voce Vendita, in Enciclopedia Treccani, 2012.
[8] Fadda R., La riparazione e la sostituzione del bene difettoso nella vendita, Jovene, 2007.
[9] Si tratta di una species delle presunzioni legali, le presunzioni semplici ammettono la prova contraria rispetto a ciò che si presume. Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, CEDAM, 2018, pag. 236.
[10] Ricorre quando la cosa venduta non sia semplicemente difettosa o imperfetta ma risulti essere completamente diversa da quella dedotta in contratto e risulti essere appartenente a un genere merceologico differente (Cassazione n. 1038/1998). Nelle pronunce può recenti la Suprema Corte ha ampliato l’istituto dell’aliud pro alio ricorrendo al concetto di funzione e riferendosi quindi alle ipotesi della presenza di difetti relativi alle particolari qualità che risultano necessarie per assolvere alla sua funzione economico-sociale o alla funzione che le parti hanno assunto come essenziale (Cassazione n. 5844/1979).
[11] Alessi R., La vendita di beni di consumo, Giuffrè, 2005, pag. 31 e Bianca C. M., Consegna di aliud pro alio e decadenza dai rimedi per omessa denunzia nella direttiva 1999/44/CE, in Contratto e impresa/Europa, 2001, pag. 99.
[12] Si tratta dell’azione prevista dall’art. 1453 c.c. mediante la quale si chiede con domanda giudiziale l’adempimento. Presupposto dell’esperimento di questa azione l’inadempimento da parte di uno dei contraenti delle sue obbligazioni.
[13] De Cristofaro G., I contratti dei consumatori, a cura di Gabrielli E., Minervini E., 2005, pag. 994.
[14] Si tratta di ipotesi nelle quali l’autore risponde dell’evento dannoso anche in assenza di dolo o di colpa. Si tratta di casi (responsabilità per danni nucleari, per vizi di costruzione di veicoli senza guida di rotaie, per rovina di edificio dovuta a vizio di costruzione, responsabilità di padroni e committenti, per danni da prodotti difettosi) in relazione ai quali il legislatore ha valutato che determinate attività possiedono una intrinseca potenzialità dannosa non limitabile e non eliminabile mediante l’adozione di misure preventive e cautelari. Torrente A., Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2015, pag. 920-923.
[15] Mengoni L., Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi (Studio critico), in Rivista di diritto commerciale, 1945, pag. 202.
[16] Ulpiano avrebbe rilevato che non ha senso promettere che lo schiavo venduto è sano, non è ladro, ecc: dato che la volontà non può proiettarsi nel presente ma solo nel futuro. Nicolussi A., Diritto europeo della vendita dei beni di consumo e categorie dogmatiche, in Europa e diritto privato, 2003, pag. 534 e ss.
[17] In alcune situazioni si parla di effetti obbligatori della vendita: la propria non si trasmette immediatamente ma dal contratto nasce l’obbligazione a carico del venditore di procurare l’acquisto a favore del compratore. Si rinviene questa vendita ad effetti obbligatori nelle ipotesi di: vendita di cosa generica, vendita alternativa, vendita di cosa futura e di cosa altrui. Torrente A., Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2015, pag. 730.
[18] Nel diritto tedesco la vendita è un contratto obbligatorio dal quale nasce l’obbligo per il venditore di procurare al compratore la proprietà di un bene. Mengoni L., Voce Disposizione (atto di) , in Enciclopedia del diritto, XIII, 1964, pag. 190.
[19] Nicolussi A., Il diritto europeo della vendita dei beni di consumo e categorie dogmatiche, in Europa e diritto privato, 2003, pag. 534.
[20] Pelloso C., Il deterioramento e il perimento ante traditionem del bene compravenduto: rimedi consumeristici e di diritto comune, in Tutele rimediali in tema di rapporti obbligatori, archetipi romani e modelli attuali, a cura di Garofalo L., Giappicchelli, 2015, pag. 110-111.
Si deve segnalare come il modello italiano relativo al contratto di compravendita si riferisce allo schema della garanzia per i vizi. A proposito risulta necessario indicare come la garanzia ha una costruzione giuridica diversa rispetto a quella dell’obbligazione ma oltre a questo assicura una maggiore tutela in quanto predisponendo una garanzia la legge o le parti fanno gravare in capo al garante tutta una serie di conseguenze sfavorevoli, conseguenze che non sarebbero proprie della applicazione ordinaria della disciplina dei contratti e delle obbligazioni. Corrias P., Garanzia pura e contratti di rischio, Giuffrè, 2006, pag. 34 e ss.
[21] Mazzamuto S., Il contratto di diritto europeo, Giappichelli, 2015, pag. 1109.
[22] Betti E., Teoria generale delle obbligazioni, I, Prolegomeni, 1953.
[23] Bianca C.M., La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile, II, 1993, pag. 708.
[24] Amadio G., La conformità nel contratto tra garanzia e responsabilità, in Contratto e imprese/Europa, 2010, pag. 10 e ss.
[25] Ai sensi dell’art. 130 comma 2 il consumatore, qualora dovesse esservi un difetto di conformità del bene, può ottenere il ripristino della conformità mediante sostituzione o riparazione, o la riduzione adeguata del prezzo o infine la risoluzione del contratto.
[26] Moscati E., Commento all’art. 1519-quater, Note introduttive, in Commentario alla disciplina della vendita di beni di consumo, coordinato da L. Garofalo, 2003, pag. 298.
[27] Si noti come nel contratto di compravendita “ordinaria” l’art. 1465 c.c. prevede che nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, il perimento della cosa per causa non imputabile al venditore non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorchè la cosa non gli sia stata consegnata.