Pubbl. Ven, 16 Ago 2019
Invalidità permanente risarcibile anche in assenza di accertamenti strumentali
Modifica paginaCon la sentenza n.10816 del 2019 la Cassazione, riaffermando la validità del percorso interpretativo sviluppatosi intorno all´art. 139 cod. ass., ribadisce la possibilità di risarcimento per le lesioni cd. micropermanenti derivanti da un sinistro stradale, accertate attraverso rigorosi criteri medico-legali non necessariamente tecnico-strumentali.
Sommario: 1. Premessa; 2. Politica del diritto e ragionevolezza normativa; 3. L’interpretazione innovativa della Suprema Corte; 4. La vicenda e le eccezioni preliminari; 5. Conferme esegetiche della sentenza della Cassazione n.10816 del 2019.
1. Premessa
Con la recente sentenza n. 10816/19, depositata il 18 aprile 2019, la Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato, riprendendo e meglio esplicitando quanto già statuito in passato, i criteri e le modalità che il giudice è chiamato a seguire ai fini dell’accertamento della sussistenza del danno, introducendo un altro tassello nella controversa tematica della risarcibilità delle lesioni di lieve entità. Tali lesioni vengono ricondotte nella più ampia categoria del cd. danno biologico, ovvero il danno alla persona, la cui definizione, in passato oggetto di plurime interpretazioni, è oggi cristallizzata dal legislatore nell’art. 139 comma 2 del Codice delle Assicurazioni private, consistendo dunque nella «lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito». La stessa norma prosegue, con l’intento restringere ulteriormente il perimetro del danno risarcibile, prevedendo un aggravio probatorio in capo al danneggiato laddove dispone che «le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale, obiettivo ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Occorre allora ripercorrere l’evoluzione normativa e la sua declinazione nel diritto vivente per verificare la concreta possibilità di risarcimento a seguito di una lesione cd. micro permanente.
2. Politica del diritto e ragionevolezza normativa
L’attuale formulazione dell’art. 139 del cod. assicurazioni è il risultato di diversi interventi riformatori del legislatore, che non sempre si distinguono per chiarezza espositiva. Il primo, deciso, intervento risale alla L. 27/2012, la quale nel convertire, con modificazioni, il Dl. 24 gennaio 2012, recante «Misure urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e infrastrutture», ha revisionato i criteri di accertamento del danno biologico prodotto in conseguenza di sinistri stradali. Obiettivo del legislatore è stato, per quanto ci riguarda, arginare il numero e la consistenza dei risarcimenti liquidati a seguito di incidenti stradali che trovano la loro giustificazione in microlesioni la cui permanenza dei postumi risulta difficilmente verificabile e la cui manifestazione si prestava, e si presta, a simulazioni da parte del danneggiato. Ci si riferisce, in particolare, al cd. colpo di frusta, conseguenza statisticamente più diffusa di un sinistro, per il quale l’accertamento medico-legale, particolarmente difficile in assenza di ausilio strumentale, si basa spesso sulla sintomatologia riferita dal paziente, finendo per vincolare, in fatto, il convincimento del giudice. Tale restrizione normativa è stata immediatamente oggetto di critiche. Se le compagnie assicurative hanno tratto sicuro beneficio, essendo esonerate dalla liquidazione di risarcimenti ogni qualvolta la lamentata lesione non sia assistita da idonei accertamenti tecnico strumentali, il tentativo di limitare il diffuso malcostume ha indubbiamente danneggiato il cittadino che, subìta realmente la lesione, non sia in grado di provarla secondo i novellati criteri. La novella, inoltre, seppur astrattamente condivisibile nella finalità perseguita, non è stata in grado di distinguersi per coerenza sistematica e chiarezza espositiva, finendo per essere all’origine di una serie di contrasti applicativi. Mentre infatti l’art. 32 comma 3 ter, in linea con le predette finalità, aggiunge al comma 2 dell’art. 139 cod. assicurazioni, di cui al d.lgs. n.209/2005, l’indicazione per cui «in ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente», il successivo art. 32 comma 3 quater, in assenza di coordinamento con il precedente, dispone che «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del codice delle assicurazioni private (…) è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione». I primi autorevoli commenti hanno tentato di ridurre all’apparenza le contraddizioni tra le norme citate sostenendo che, ferma restando la ratio del provvedimento, la lettura combinata delle stesse manifesta come «il legislatore abbia voluto ancorare la liquidazione del danno biologico sia temporaneo, sia permanente, in presenza di postumi micropermanenti o senza postumi, ad un rigoroso riscontro obiettivo», non essendo invece lecito spingersi nel trarre «conseguenze giuridicamente rilevanti dalla diversa espressione adottata nelle due norme per indicare l’obiettività del riscontro medico legale. L’accertamento clinico strumentale obiettivo di cui al comma 3 ter, infatti, non può essere nulla di diverso dal riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione»[1]. L’ambigua novella ha prodotto, come prevedibile, notevoli contrasti interpretativi, richiedendo in più occasioni interventi chiarificatori della giurisprudenza.
In ordine temporale, è la Corte Costituzionale che si fa carico di chiarire, in almeno due occasioni, i dubbi interpretativi della disciplina in esame, in particolare con riguardo agli artt. 2, 3, 24, 32 e 76 Cost. In un primo momento, nell’analisi del meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico, con la sentenza n. 235/2014 viene fissato il principio per cui «l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi» confermando, sia pure in un obiter dictum, la conformità al testo costituzionale del novellato art. 139 cod. assicurazioni; la Corte, inoltre, occupandosi di definire il regime intertemporale di applicazione, ritiene la disposizione da ultimo menzionata applicabile anche ai giudizi in corso «in quanto non attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto»[2]. Tali principi costituiscono, a breve distanza, il fondamento della successiva ordinanza della Corte Cost. n. 242/2015 che, proprio per tali argomentazioni ha «ritenuto non censurabile la prescrizione della (ulteriore e necessaria) diagnostica strumentale ai fini della ricollegabilità di un danno “permanente” alle microlesioni di che trattasi» sottolineando come «la limitazione imposta al correlativo accertamento (che sarebbe altrimenti sottoposto ad una discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati) è stata, infatti, già ritenuta rispondente a criteri di ragionevolezza, in termini di bilanciamento, in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata»[3]. La Consulta sembrava così aver chiarito come una limitazione imposta in materia di accertamento medico-legale, risponda a ragionevolezza se bilanciata con la necessità di salvaguardare la sostenibilità economica delle imprese assicuratrici, che esplicano funzione solidaristica, dall’eccessiva discrezionalità dell’accertamento stesso.
3. L’interpretazione innovativa della Suprema Corte
Superato il vaglio di legittimità costituzionale e sancita la corrispondenza dell’art. 139 cod. assicurazioni ai canoni di ragionevolezza del giudice delle leggi, l’applicazione pratica della norma non ha cessato di alimentare scontri esegetici. E ciò non deve stupire. È la stessa pluralità di interessi coinvolti, al pari della rilevanza economica del settore, a fare della liquidazione dei danni derivanti da lesioni micropermanenti terreno fertile non solo per lo scontro tra assicurazioni e parti lese, ma anche per il malcontento di tutte quelle categorie come avvocati, medici legali e periti che nel settore della Rca impegnano le loro competenze professionali[4]. È la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18773/2016 a riaprire il dibattito, ancora una volta in modo poco chiaro e dunque foriero a sua volta di interpretazioni discordanti. Se infatti la Suprema Corte, nel cassare con rinvio la sentenza impugnata, mostra di accogliere la distinzione, fatta salva dalla Corte Costituzionale, tra i commi 3-ter e 3-quater dell’art. 32 della L.27/2012, accedendo dunque all’orientamento secondo cui sarebbe la sola invalidità biologica temporanea ad essere suscettibile di accertamento visivo, mentre l’invalidità biologica permanente necessiterebbe di un più accurato accertamento strumentale, nell’argomentare la decisione, tuttavia, si spinge oltre. In una lettura correlata e sistematica delle norme in esame, la Cassazione cerca di ricostruire un sistema di regole utilizzabili per l’accertamento del danno biologico, osservando come «il citato art. 32, comma 3-quater, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel diritto vivente), che il danno biologico sia suscettibile di accertamento medico-legale, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una obiettività dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)»[5]. Una lettura innovativa questa che, seppur in contrasto con i precedenti approdi della Consulta, testimonia la possibilità per il giudice di legittimità di fornire ulteriori coordinate interpretative del dettato normativo, con l’unico limite di non applicare la norma secondo l’interpretazione eventualmente ritenuta non conforme al parametro costituzionale evocato e scrutinato dalla Corte costituzionale[6].
Nella ricostruzione cronologica che si sta svolgendo si deve inoltre segnalare che il legislatore, con l'art. 1 comma 19 della L. 24/2017, da un lato ha apportato alcune modifiche al testo dell'art. 139, mentre all' art. 1 comma 30 lettera b) della stessa legge ha abrogato il comma 3 quater della L. n. 27/2012. Quel comma 3-quater che, senza apportare modifiche ad altri testi normativi, ha prodotto infiniti contrasti esegetici sulla risarcibilità delle lesioni cd. micro permanenti.
Nel 2018 la Cassazione, con sentenza n.1272, prosegue sulla stessa linea, andando a rafforzare la costruzione esegetica avviata dalla stessa giurisprudenza di legittimità appena due anni prima. Viene esplicitata la ratio dell’intervento normativo del 2012, cui viene attribuita una finalità quasi esortativa, avendo come «obiettivo quello di sollecitare tutti gli operatori del settore (magistrati, avvocati e consulenti tecnici) ad un rigoroso accertamento della effettiva esistenza delle patologie di modesta entità»; l’intento è chiaro: il malcostume, staticamente diffuso, della simulazione di lesioni difficilmente accertabili deve essere arginato, «il legislatore, cioè, ha voluto dettare una norma che, in considerazione dei possibili margini di aggiramento della prova rigorosa dell'effettiva sussistenza della lesione, imponga viceversa una prova sicura». Tuttavia la novella, rigidamente applicata, comporterebbe un eccessivo onere probatorio per la parte lesa e probabilmente un’accentuata compressione del libero convincimento del giudice vincolato all’esito delle sole verifiche strumentali; invero, «il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere (…) non può essere inteso, come pure alcuni hanno sostenuto, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l'accertamento clinico strumentale» ma «è sempre e soltanto l'accertamento medico legale svolto in conformità alle leges artis a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale sia ad essa ricollegabile». In tal modo la Suprema Corte si pone in continuità con il precedente arresto giurisprudenziale, ponendo al centro dell’argomentazione il ruolo dell’accertamento medico legale, che non esaurisce le modalità di indagine nel cd. riscontro strumentale, nel tentativo di dare coerenza al sistema. Se le pronunce citate non sono state in grado di fugare ogni dubbio sull’iniquità dell’equazione “no lastre/no risarcimento”, la sentenza in esame si esprime in modo ancora più netto.
4. La vicenda e le eccezioni preliminari
Nel caso di cui ci si occupa, a seguito di un incidente stradale la parte lesa D.D., con atto di citazione notificato il 21 dicembre 2012, conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di pace di Rimini, B.E. in qualità di proprietario e conducente del veicolo che aveva tamponato il suo nonché la Società R.M. di Assicurazione, assicuratrice “RCA” del veicolo tamponante, al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale da fermo tecnico della sua vettura e del danno non patrimoniale da lesioni cd. micro permanenti, riportate in conseguenza del sinistro. Costituitasi in giudizio, la Società R.M. di Assicurazioni (nella contumacia di B.E.) non ha contestato la dinamica in sé del sinistro, ma ha negato la sussistenza della lesione al rachide cervicale lamentata dall'attore, evidenziando la mancanza di un accertamento "clinico strumentale obiettivo" della stessa. Il Giudice, accolte le domande dell’attore ha condannato in solido il B. E. e la Società R.M. di Assicurazioni a risarcire, oltre al danno da fermo tecnico del veicolo incidentato, il danno biologico subìto dal D.D. per invalidità temporanea e per invalidità permanente, oltre al danno morale, fondando il suo prudente apprezzamento sulle risultanze della CTU medico-legale, la quale attestava come, in conseguenza del sinistro il D.D. avesse subito una lesione permanente, stimando i postumi invalidanti nella misura del 2%. Proposto appello avverso tale pronuncia, lo stesso veniva accolto dal Tribunale di Rimini, con sentenza n. 257/2016 in relazione al solo danno patrimoniale da fermo tecnico del veicolo incidentato e confermata nel resto.
Contro tale pronuncia ricorrono per Cassazione, racchiudendo le proprie difese in tre motivi, la Società R.M. di Assicurazioni in persona del legale rappresentante volontario Società V. di Assicurazioni, quest'ultima, tra l'altro, assicuratrice "RCA" del veicolo di D.D . Resiste con controricorso il D.D., chiedendo il rigetto dell'avversaria impugnazione e svolgendo una serie di eccezioni preliminari su cui occorre brevemente soffermarsi. Tralasciando infatti la lamentata inammissibilità del ricorso per essersi la sentenza impugnata uniformata ai principi già enunciati, in materia, dalla stessa Corte di Cassazione, per il quale sommessamente i giudici di legittimità fanno notare che, al momento del deposito della pronuncia impugnata e dello stesso ricorso il principio cui il resistente si rifà, non era ancora stato enunciato in quanto espresso dalla successiva Cass. n.18773 del 26 settembre 2016, ci si deve concentrare su altri due aspetti:
- l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire in capo alla Società di Assicurazioni, sulla considerazione che eventuali accordi interassicurativi di ripartizione degli oneri risarcitori operano unicamente nei rapporti interni alle parti e non sarebbero opponibili ai terzi danneggiati
- l’inammissibilità del ricorso derivante dalla nullità dei mandati, in quanto essendo le Società di Assicurazioni rispettivamente, gli assicuratori l'una del responsabile civile e l'altra del danneggiato ed essendo assistite dal medesimo difensore, si troverebbero in conflitto di interessi.
Quanto al primo punto la Suprema Corte, rilevando che non essendo stata mossa analoga censura sul punto dinanzi al giudice dell’appello sullo stesso deve ritenersi formato un giudicato implicito, ricorda come già in precedenza la giurisprudenza della stessa corte abbia ritenuto «ammissibile la costituzione in giudizio dell'assicuratore del danneggiato, in posizione antagonista con il medesimo, affermando, più in generale, l’ammissibilità del cd. "mandato card" o "di rappresentanza", in forza del quale l'assicuratore del danneggiato può operare come mandatario di quello del responsabile del sinistro»[7].
Quanto al supposto conflitto di interessi si evidenzia la necessità di valutare la correlazione tra la potenzialità del conflitto e «il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione»[8]. Nel caso di specie è proprio il concreto rapporto esistente tra le parti, consistente in un cd. mandato card e, come appena precisato, perfettamente ammissibile, ad escludere una situazione, anche solo potenziale, di conflitto.
Tornando ai motivi di ricorso, è il rigetto del primo motivo, con cui si ipotizza la falsa applicazione dell'art. 139, comma 2, cod. assicurazioni, come modificato dall'art. 32, commi 3- ter e 3-quater, della L. 24 marzo 2012, n. 27, a consentire ancora una volta l’intervento della Suprema Corte sulla risarcibilità del danno da lesioni micro permanenti. Parte ricorrente, ripercorrendo gli arresti della giurisprudenza costituzionale in materia (come esplicitati nel paragrafo 2) ravvisa l’errore in cui, a suo parere, sarebbe incorso in giudice di merito nel ritenere, pur individuando correttamente la normativa di riferimento, non necessario l’accertamento tecnico strumentale ai fini della risarcibilità di un danno biologico cd. micropermanente derivante da un sinistro stradale. Tale conclusione, viene sostenuto, contrasterebbe irrimediabilmente con la ratio del testo normativo, «visto che lo scopo del d.l. n. 1 del 2012 - nell'operare un intervento di liberalizzazione nel settore di mercato dell'assicurazione "RCA" - sarebbe stato quello "di garantire un accesso alle coperture obbligatorie a condizioni di premio sostenibili". Obiettivo perseguito, infatti, attraverso interventi diretti "non solo a stimolare una più libera concorrenza tra le imprese ma anche ad abbattere direttamente taluni fattori impropri di costo che da tempo impattano negativamente sulla (dis)economia del sistema assicurativo", quali, in particolare, le frodi assicurative».
5. Conferme esegetiche della sentenza della Cassazione n.10816 del 2019
Le motivazioni della Corte di Cassazione rappresentano chiara espressione dei principi già enunciati nelle note pronunce del 2016 e del 2018 esaminate in precedenza (paragrafo 3), i quali confluiscono nella netta affermazione che «ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico-legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell'invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell'invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale»[9]. La determinazione di questo quadro di riferimento consente dunque di valutare positivamente l’operato del giudice di merito che, nel caso sottoposto alla sua attenzione, ha ritenuto possibile risarcire postumi cd. micropermanenti (2%), non suscettibili di riscontro strumentale, certamente verificati «sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico- legale». Si riconferma in tal senso che, negando riconoscimento a qualunque tipo di automatismo, il “modus operandi” richiesto dalla giurisprudenza si fonda su un accertamento particolarmente rigoroso, tale da escludere simulazioni o enfatizzazioni da parte dei danneggiati, condotto attraverso i criteri della scienza medico-legale (visivo-clinico-strumentale) non gerarchicamente ordinati, ma opportunamente valorizzati secondo le leges artis, senza esigere che la prova della lesione sia limitata al solo accertamento clinico-strumentale. Tanto in ragione dell’impossibilità di imbrigliare l’accertamento medico in un vincolo probatorio che, incidendo direttamente sul diritto alla salute (art. 32 Cost.) esporrebbe a non manifestamente infondati dubbi di costituzionalità la norma che effettivamente lo disponesse[10]. La decisione in commento, ultimo arresto del percorso di graduale superamento in via interpretativa di una disciplina ambigua nella formulazione quanto iniqua nella ricaduta sociale, lascia avvertire più che mai l’urgenza di un nuovo intervento normativo che, recependo le soluzioni generate dal diritto vivente, produca una disciplina di equilibrio tra le ragioni delle assicurazioni e di conseguenza, per le ricadute sui premi, della collettività e la tutela piena del diritto alla salute, incluso il risarcimento in caso di lesione, che nel frettoloso tentativo di debellare le frodi rischia di essere frequentemente sacrificato. L’art. 1 comma 19 della L. 124/2017, intervenendo sull’art.139, comma 2, cod. assicurazioni con la previsione della possibilità di risarcimento non solo in presenza di accertamento clinico-strumentale, ma anche solo di accertamento “visivo” limitatamente «alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni», poco è in grado di aggiungere alle precedenti riflessioni.
Note e riferimenti bibliografici
[1] M. Rossetti, Le nuove regole sull’accertamento del danno da lesione di lieve entità. Profili giuridici.
[2] Cfr. Corte Cost. sentenza n.235 del 16 ottobre 2014.
[3] Cfr. Corte Cost. ordinanza n. 242 del 21 ottobre 2015.
[4] Cfr. S. Argine, La storia infinita del danno da microlesioni, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.2, 1 febbraio 2019, pag. 460.
[5] Cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza n° 18773 del 26 settembre 2016.
[6] Cfr. P. Ziviz, Accertamento medico-legale delle micropermanenti: la Cassazione dice la sua - Cass. civ. 26 settembre 2016, n. 18773, su personaedanno.it, 5 dicembre 2016; Trib. Padova sentenza n. 2892 del 20 ottobre 2016.
[7] cfr. Cass. sez. 3, sentenza n. 20408 dell’11 ottobre 2016; Cass. Sez. 6-3, ordinanza n.20803 del 10 agosto 2018.
[8] Cass. Sez. 2, sentenza n. 20950 dell’8 settembre 2017.
[9] Cass. Sez. 6-3, ordinanza n. 22066 dell’11 settembre 2018.
[10] Cfr. Cass. Sez. 6-3, ordinanza n.17444 del 4 luglio 2018; cfr. Cass. Sez. 3 sentenza n.10816 del 18 aprile 2019.