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Pubbl. Mer, 20 Feb 2019

Cosa sono le obbligazioni e le obbligazioni naturali

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Angela Cuofano


Le obbligazioni naturali, disciplinate dall´art. 2034 c.c., rappresentano uno degli istituti più vari del diritto civile. Da sempre si è discusso circa la possibilità che le vicende successorie o modificativo-estintive dell´obbligazione civile potessero applicarsi anche a questa ipotesi.


Al fine di analizzare se le vicende successorie e modificative di un rapporto obbligatorio riguardino anche le obbligazioni naturali, occorre preliminarmente discorrere circa gli elementi essenziali delle prime.

La nozione di obbligazione non è prevista espressamente dal codice civile, ma si può desumere dall'art. 1173 c.c. che ne individua le fonti. Per tale si intende il rapporto giuridico per il quale un soggetto (cd. debitore) è obbligato a tenere un determinato comportamento al fine di soddisfare l'interesse di un altro (cd. creditore). Quindi, per poter parlare di vincolo giuridico devono esserci innanzitutto due o più portatori di interessi contrapposti che, di regola, sono determinati già al momento della nascita. 

Non si tratta, però, di un principio inderogabile, visto che si possono considerare almeno due ipotesi in cui i soggetti siano indeterminati: la prima riguarda quelle in cui il soggetto sia determinabile per relationem, come avviene ad esempio nelle obbligazioni propter rem e nel caso di titoli al portatore; la seconda involge la possibilità che il soggetto sia determinabile in un secondo momento. In questo caso, si potrà parlare delle cd. obbligazioni in incertam personam di cui costituiscono esempi gli artt. 631, 778 e 1405 cc.

Così chiarito l’elemento soggettivo dell’obbligazione, occorre indagare il profilo oggettivo delle stesse.

Dall'intero sistema normativo si deduce che sono previsti la funzionalizzazione dell’interesse creditorio, il rispetto della buona fede, della correttezza, ed infine, che la modalità di estinzione fisiologica della stessa sia l’adempimento (artt. 1174, 1175 e 1176 cc). Quindi,  l’obbligazione deve  avere il requisito della patrimonialità (connesso alla tendenziale immodificabilità del vincolo ed alla sua coercibilità). Inoltre, l’obbligazione, poi, oltre a poter avere ad oggetto una prestazione a contenuto positivo (fare o dare) o negativo (non fare), deve essere possibile, lecita e determinabile. Dall’analisi svolta emerge, dunque, che gli elementi costitutivi dell’obbligazione, pur nell’assenza di un’apposita norma definitoria, sono: le parti, la prestazione, l’oggetto ed il vincolo giuridico. Quest’ultimo come legame in base al quale il debitore è obbligato ad eseguire la prestazione consente di distinguere tra obbligazioni “civili” e naturali. Prima di vagliare tale ultimo aspetto occorre precisare che, nonostante la modalità classica di estinzione dell’obbligazione sia l’adempimento, il legislatore si occupa di disciplinare altre modalità estintive.

Gli artt. 1230 e ss. cc. differenziano tra modi di estinzione satisfattivi e non. Nei primi vanno ricondotti la datio in solutum, la compensazione, la confusione; mentre nei secondi la novazione, la remissione del debito e l’impossibilità sopravvenuta. Si parla, invece, di modificazione, o meglio, successione nel rapporto obbligatorio con riguardo alla cessione del credito, alla delegazione, all’espromissione ed all’accollo. Taluni distinguono, ancora, tali strumenti a seconda che si verifichi una modificazione stricto sensu intesa, a carattere novativo o meno, o il mero subentro di un soggetto nella posizione originaria di un altro ( cd. vicende successorie). Così descritte le vicende successorie e modificative, si pone il problema di comprendere se la relativa disciplina sia applicabile non solo alle obbligazioni cd. civili, ma anche a quelle naturali. Per poter effettuare tale verifica non può che principiarsi da un inquadramento di quest’ultime.

Le obbligazioni naturali, già conosciute nel diritto romano con riguardo ai debiti contratti dai filii familias o dal liberto nei confronti del patrono, si distinguono dalle donazioni remuneratorie ( art. 770 cc) principalmente per l’assenza dell’animus donandi e dalle liberalità d’uso vista la rilevanza economica della prestazione. A norma dell’art. 2034 cc. le obbligazioni naturali consistono in doveri morali o sociali che non presentano il carattere della giuridicità; per tale motivo sono incoercibili ed una volta eseguite non si può ripetere quanto spontaneamente prestato ( cd. soluti retentio). L’adempimento, dunque, a differenza di quanto visto nella disciplina ordinaria, non èun atto dovuto presupponendo la spontaneità, oltre che la proporzionalità (a differenza della donazione remuneratoria) della prestazione. Con riguardo, poi, alla capacità del solvens ci si chiede se debba essere richiesta la capacità naturale o di agire, quest’ultima appare preferibile accedendo alla teoria dell’adempimento come atto di natura negoziale. Ciò premesso, le obbligazioni naturali possono essere tipiche, (ad esempio, artt. 627, 1933 e 2940 cc) o atipiche. Si differenziano  a seconda che presuppongano un dovere morale ( avvertito a livello personale) o sociale ( “sentito" dalla collettività). Tuttavia, reale punctum dolens delle stesse attiene alla loro natura giuridica. Sul punto si sono registrate diverse ricostruzioni: teoria dell’obbligazione imperfetta, in quanto senza sanzione in caso di inadempimento, estraneità dall’ordinamento giuridico (non perseguibile visto il riferimento esplicito del codice nell’art 2034 cc. ), obbligazione giuridica potenziale o speciale (in quanto spontanea) ed atto giuridico in senso stretto. In assenza di una chiara risposta si può, però, sostenere che le ricostruzioni preferibili siano la prima e l’ultima in quanto più accreditate. Però, indipendentemente dall’impostazione accolta la mancanza a monte di un vincolo giuridico stricto sensu inteso porta alla dubbia applicabilità delle norme sulle vicende successorie e modificative previste per le obbligazioni civili. Partendo dall’assunto che per opinione dominante l’adempimento dell’obbligazione naturale deve essere considerato quale atto negoziale solutorio, taluni negano il dialogo delle stesse con le vicende modificative, in senso oggettivo e soggettivo, ed estintive delle obbligazioni civili. Altri, invece, ammettono l’applicazione delle norme in parola con delle precisazioni: non vi sarebbe spazio per le vicende modificative e successorie, mentre sarebbe ipotizzabile il dialogo con le norme sulle modalità estintive del rapporto obbligatorio. Anche per questa ricostruzione, però, le modalità estintive autonome, ex lege, non potrebbero estendersi alle obbligazioni naturali. Data la presenza di opposte ricostruzioni, dunque, appare opportuno procedere ad un’analisi delle singole vicende per vagliarne i rapporti con le obbligazioni naturali.

Iniziando dalle modificazioni soggettive dal lato passivo per la delegazione l’espromissione e l’accollo, la risposta è tendenzialmente negativa, perchè l’ammissibilità delle stesse condurrebbe ad una giuridicizzazione del vincolo naturale. Tuttavia, opposta ricostruzione, valorizzando la causa in concreto (“l’obbligarsi”), non esclude la possibilità di ammettere la trasformazione del vincolo naturale in giuridico. È più certa la soluzione negativa, invece, per la trasmissibilità iure hereditatis; per la possibilità di garantire l’obbligazione naturale con pegno, ipoteca e fideiussione; per la remissione del debito (vista la mancanza di un potere da esigere), per la confusione e per l’impossibilità sopravvenuta, dato che si tratta di strumenti disposti direttamente ex lege. Discussi sono, di contro, i rapporti tra obbligazione naturale, compensazione e novazione. Con riguardo a quest’ultima taluni negano l’esistenza di un rapporto con l’obbligazione naturale vista l’insussistenza a monte del vincolo, mentre altri lo ammettono nel caso in cui il soggetto voglia attribuire giuridicità al “nuovo” debito. Per la compensazione, che può essere legale, giudiziale e volontaria, si ammette solo quest’ultima , mentre altri la ritengono, anche in questa accezione, inutile per la mancanza coercibilità a monte dell’obbligazione. Più pacifica è, invece, la compatibilità delle norme sull’adempimento del terzo, data la sopracitata natura solutoria dello stesso, della cd. datio in solutum, laddove vi sia il consenso del creditore, e della cessione del credito. Tale apertura, non unanimamente condivisa, è ancorata alla possibilità della cessione del credito futuro ed è connessa anche al riconoscimento giurisprudenziale della cedibilità del danno non patrimoniale. La stessa sarebbe, inoltre, espressione dell’autonomia negoziale ed ammissibile portando ad una modifica sostanziale della situazione ceduta e non presupponendo, come visto, l’esistenza del credito a differenza della compensazione.

Così chiarito e nell’incertezza ricostruttiva vista non può sottacersi che, anche per le vicende modificative e successorie astrattamente compatibili con le obbligazioni naturali, il dialogo con quest’ultime comporti notevoli forzature e difficoltà ermeneutiche. Alla luce di ciò, forse, sarebbe meno foriero di incertezze escludere a monte, come fatto da parte della dottrina, l’applicabilità delle disposizioni sulle vicende in parola alle obbligazioni naturali.