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Pubbl. Mar, 8 Gen 2019

La riforma del processo civile: l´eliminazione dell´atto di citazione dagli atti introduttivi del processo

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Vito Russoniello


Il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha recentemente annunciato la riforma del processo civile, che sarà varata entro l’autunno. Tra le novità più attese si segnala l’eliminazione dell’atto di citazione per l’introduzione del giudizio e la sua sostituzione con il ricorso.


Il Guardasigilli, nel corso dell’audizione presso le commissioni Giustizia di Senato e Camera dei deputati, ha così dichiarato: “L'idea di semplificazione normativa che intendo portare avanti, è ben rappresentata dall'immagine di interventi chirurgici, volti ad 'asciugare' l'attuale rito esistente senza, dunque, stravolgimenti inconsulti, forieri di periodi di lunga e controversa interpretazione giurisprudenziale e dottrinale”, sottolineando che “un esempio di intervento assolutamente concreto in grado di ridurre, con certezza, i tempi del processo e di semplificare la vita di tutti gli addetti ai lavori, è la cancellazione dell’atto di citazione come atto introduttivo, facendo rimanere soltanto il modello del ricorso”.

Occorre innanzitutto premettere che, ad oggi, non ci sono ancora certezze circa il contenuto di questa proposta di riforma in quanto la stessa è ancora in fase di bozza. Tuttavia, la sua pubblicazione è stata annunciata per i prossimi giorni e, quindi, non ci resta che attendere per avere un quadro di insieme maggiormente preciso circa l’effettiva portata della novella legislativa.

Prima di descrivere, più nel dettaglio, la riforma annunciata dal Ministro Buonafede è utile accennare brevemente le differenze che intercorrono tra l’atto di citazione ed il ricorso.

L’atto di citazione e il ricorso rappresentano le due possibili forme della domanda introduttiva del giudizio, con questa intendendosi la richiesta di tutela giurisdizionale, il potere di ottenere la tutela di un proprio diritto che si assume essere stato leso da qualcuno.

La citazione (almeno fino a quando non entrerà in vigore la riforma) rappresenta il modello standard della domanda giudiziale, salvo che la legge disponga che uno specifico processo debba essere introdotto mediante ricorso. Ciò non vuol dire tuttavia che questo rappresenti un modello meramente residuale, in quanto molti processi vengono oggi introdotti con ricorso (si pensi, solo per fare qualche esempio, al procedimento del lavoro o al procedimento monitorio).

Ciò posto, ai sensi dell’art. 163 c.p.c. “la domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa”.

Quindi, l’atto di citazione contiene innanzitutto la fissazione, ad opera dell’attore, della prima udienza: la c.d. “vocatio in ius”, ovvero l’invito rivolto al convenuto a comparire in una certa data dinanzi ad un determinato giudice.

Redatto l’atto di citazione questo deve essere portato a conoscenza del convenuto mediante la sua notificazione, assicurandosi che tra il giorno della notificazione e quello della prima udienza intercorrano termini liberi non minori di 90 giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di 150 giorni se si trova all’estero (art. 163-bis, c.p.c.).

Assolto tale incombente, la citazione deve essere poi depositata nella cancelleria del giudice presso il quale è incardinato il giudizio.

Con il ricorso invece non viene determinata unilateralmente la data dell’udienza ad opera del ricorrente, ma sarà lo stesso giudice a provvedervi. Inoltre, a differenza della citazione, il ricorso viene direttamente portato a conoscenza del giudice e solo successivamente alla controparte.

In altre parole, redatto il ricorso, questo viene dapprima depositato nella cancelleria del giudice, il quale fisserà la data dell’udienza di comparizione mediante apposito provvedimento che prende la forma del decreto.

Solo a questo punto l’attore notificherà il ricorso - integrato dal decreto di fissazione dell’udienza - alla controparte, che da quel momento verrà messo in condizione di potersi difendere.

Descritte a grandi linee le caratteristiche che generalmente differenziano l’atto di citazione dal ricorso, la bozza di riforma in commento prevede, nello specifico, che il ricorso dovrà contenere innanzitutto l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell'udienza con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine comporterà le decadenze di cui all'articolo 38 e all'articolo 163 del codice di procedura civile.

Inoltre, andranno immediatamente indicati in maniera specifica, a pena di decadenza, i mezzi di prova di cui la parte intende avvalersi e i documenti che si offrono in comunicazione.

Depositato il ricorso il giudice entro 5 giorni fisserà l’udienza di comparizione della parti davanti a sé. (Sappiamo però che tale termine non è perentorio, perché i termini per il giudice non sono mai perentori, ma lo sono solo per le parti).

Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di comparizione non devono trascorrere più di 120 giorni. Ricorso e pedissequo decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati al convenuto, a cura dell’attore, almeno 60 giorni prima della data prevista per la sua costituzione.

Ricevuta la notifica del ricorso e del decreto il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta nella quale deve, a pena di decadenza, proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio, nonché indicare specificamente i mezzi di prova di cui intende avvalersi ed i documenti che offre in comunicazione.

Inoltre, al convenuto, sempre nella comparsa di risposta, è imposto l’onere di proporre tutte le sue difese e prendere precisa posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della propria domanda, nonché formulare le conclusioni.

Pertanto, lo scopo della riforma pare a prima vista quello di abbreviare i tempi del processo riducendo al minimo il numero di udienze necessarie per giungere alla decisione, imponendo alle parti sin dall’inizio l’onere di presentare le proprie domande, eccezioni e difese nonché articolare i mezzi istruttori di cui intendono avvalersi, definendo sin da subito il thema probandum e il thema decidendum; in questo modo differenziandolo, almeno sulla carta, dal processo introdotto mediante citazione, dove le preclusioni sono senz’altro meno rigide.

In conclusione il procedimento, così come sommariamente descritto, sembra ricalcare (almeno per quanto riguarda la fase di introduzione della causa) il modello del rito del lavoro attualmente vigente, il quale – nelle intenzioni del legislatore del tempo – avrebbe dovuto avere come scopo la concentrazione del processo in una sola udienza, abbreviandone così i termini di conclusione ma che, nonostante le buone intenzioni, non ha avuto nella sua concerta applicazione il risultato sperato.