Appalti: anche gli ospedali classificati devono rispettare la disciplina italiana e UE
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Maria Avossa
Nota a sentenza Corte di Giustizia UE, 18 ottobre 2018, C-606/17. In tema di appalti pubblici, la Corte si pronuncia su un caso italiano di affidamento diretto di un appalto per la fornitura di farmaci a una struttura di diritto privato.
Sommario: 1. Introduzione. 2. Il caso. – 2.1 . La sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, 04.10.2017 n.4631. – 2.2. I punti del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE da parte del Consiglio di Stato e le questioni sottese. - 2.3. La prima questione pregiudiziale. - 2.4 . La seconda questione pregiudiziale. - 3. La sentenza della Corte di Giustizia UE, 18 ottobre 2018, C-606/17. – 4. Conclusioni. Note al testo.- Bibliografia.
1. Introduzione.
Con sentenza del 18 ottobre 2018 (causa C-606/17, IBA Molecular Italy)[1] la Corte di giustizia si è pronunciata, in via pregiudiziale, su domanda proposta dal Consiglio di Stato italiano, sulla direttiva 2004/18/CE[2] relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. Nel procedimento promosso dinanzi alla Corte di giustizia si contestava la possibilità di affidare direttamente l’appalto per la fornitura di un determinato farmaco a una struttura religiosa di diritto privato, ma inserita nel sistema pubblico della programmazione sanitaria della Regione Veneto.
La Corte di Giustizia U.E. chiarisce che l’attribuzione diretta ad un “ospedale classificato” di un finanziamento finalizzato alla fabbricazione di prodotti da fornire gratuitamente a diverse amministrazioni è da intendersi come “contratto a titolo oneroso” e, come tale sottoposto alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
2. Il caso.
La questione di base venne sollevata, in prime cure, con il ricorso proposto al Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, dalla società IBA Molecular Italy s.r.l. (“IBA”). L’“IBA” impugnava i provvedimenti e gli atti convenzionali con i quali una Unità Sanitaria Locale USLL n. 12 di Venezia e l’Ospedale dell’Angelo di Mestre (entrambe strutture sanitarie pubbliche) avevano affidato direttamente all’Ospedale Classificato Sacro Cuore di Negrar (ospedale “Sacro Cuore”) - senza il previo esperimento di una gara pubblica - la fornitura gratuita del radiofarmaco 18F-FDG – fluorodesossiglucosio - per la durata di tre anni, con il solo costo del trasporto del prodotto a carico delle amministrazioni destinatarie della fornitura. L’ospedale “Sacro Cuore” risulterebbe essere una struttura sanitaria di ispirazione religiosa, formalmente privata, anche se inserita nel sistema pubblico della programmazione sanitaria della Regione Veneto, sulla base di apposita convenzione (nella sua qualità di ospedale classificato equiparato) e riconosciuto Presidio Ospedaliero dell’Azienda ULSS di Bussolengo. La convenzione conclusa nel contesto dell’appalto di fornitura prevedeva che la Regione versasse all'istituto una sovvenzione di 700.000 euro destinata alla produzione del suddetto farmaco e che l'ospedale classificato fornisse il farmaco – gratuitamente- ai vari ospedali pubblici regionali, dietro rimborso di una somma per il trasporto del prodotto fissata forfettariamente a 180 euro per ciascun invio[3].
Il Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III quater, decideva con sentenza n. 4772/2016, resa tra le parti, con provvedimento di rigetto del ricorso. Il Tribunale Amministrativo del Lazio affermava, in primo luogo, che la fornitura contestata doveva qualificarsi come gratuita, non essendoci un nesso di diretta corrispettività tra il finanziamento e l'assegnazione dei prodotti ai singoli presidi ospedalieri pubblici ed, in secondo luogo non ravvisava un illegittimo affidamento diretto della fornitura ad un operatore economico, dal momento che il rapporto giuridico contestato riguarderebbe una particolare modalità organizzativa del servizio sanitario pubblico, attinente al fisiologico sviluppo delle relazioni istituzionali tra le amministrazioni regionali e gli Ospedali “classificati”(o equiparati) che, pur avendo natura formalmente privata, sono stabilmente inseriti nel sistema del servizio sanitario pubblico[4].
2.1. La sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 04.10.2017 n.4631.
L’impugnativa proposta da “IBA” consentiva di investire il Consiglio di Stato[5] della complessa vicenda e si estendeva, anche, ai connessi e presupposti provvedimenti adottati dalla Regione Veneto (delibere della Giunta Regionale del Veneto n. 286 del 10 marzo 2015; n. 2122 del 19 novembre 2013 e n. 1334 del 28 luglio 2014) e del Ministero della Salute (decreto 19 novembre 2003).
La ricorrente “IBA” proponeva una pluralità di censure, incentrate, fra l’altro, sulla violazione dell’art. 2 della Direttiva 2004/18/CE, degli artt. 49, 56, 105 ss. del Trattato UE, degli artt. 2 e 27 del d.lgs. n. 163/2006, dei principi di concorrenza, economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, nonché di tutti i principi generali in materia di evidenza pubblica.
In particolare, l’IBA impugnava la concessione di un finanziamento di funzione di 700.000 euro, erogato dalla Regione Veneto a Sacro Cuore, anche esso attribuito senza l’espletamento di una selezione pubblica, espressamente destinato a coprire il costo dell’impegno di fornire gratuitamente a tutte le aziende sanitarie venete interessate il radiofarmaco F18F-FDG, dietro rimborso, da parte dei singoli ospedali aderenti, delle sole ulteriori spese di trasporto del prodotto (€ 180 per singolo invio).
L’IBA censurava, anche, la convenzione tipo, predisposta dalla Regione, concernente la costituzione del rapporto di fornitura tra le singole strutture sanitarie pubbliche regionali e Sacro Cuore. I motivi di censura si estendevano, anche, ad altri atti regionali e statali riguardanti l’affidamento in contestazione e i presupposti per lo svolgimento della produzione e fornitura del radiofarmaco.
L’IBA sosteneva, innanzitutto, di essere un’azienda specializzata nella produzione di radiofarmaci e concessionaria esclusiva per l’Italia, così come, anche, di essere fornitrice del prodotto destinato a numerose strutture sanitarie pubbliche nell’ambito della Regione Veneto, all’esito di regolari gare pubbliche, svolte in conformità alla normativa europea e nazionale in materia di appalti di servizi e forniture. Quindi, nella sua qualità di soggetto operatore economico del mercato di riferimento, motivava con un preciso e attuale interesse all’annullamento del contestato affidamento diretto a Sacro Cuore, nonché degli altri provvedimenti regionali e statali connessi, il conseguente “interesse allo svolgimento di una selezione pubblica del fornitore del prodotto”, secondo le regole imposte dalla direttiva n. 18 del 2004 e della disciplina nazionale di cui al codice dei contratti pubblici all’epoca vigenti.
Le ragioni di diritto non si fondavano, soltanto, sulla natura degli “enti classificati”, ma anche sull’ “onerosità del contratto”. L’IBA aggiungeva, infatti, (in subordine) che anche l’asserita natura gratuita della fornitura non avrebbe consentito, in ogni caso, di procedere mediante il censurato affidamento diretto, considerando gli indubbi vantaggi in termini di immagine e pubblicitari conseguibili dal fornitore del radiofarmaco.
Pertanto, in base alle ragioni espresse, l’“IBA” deduceva che la combinazione degli atti adottati dalle amministrazioni intimate si configurava, nella sua sostanza economica, come un illegittimo affidamento diretto oneroso di una fornitura ad un soggetto privato (Sacro Cuore), poiché era evidente il collegamento tra il disposto finanziamento regionale e la produzione del radiofarmaco. Inoltre, a rafforzare il prospettato carattere oneroso del rapporto, sottolineava che le strutture sanitarie destinatarie della fornitura erano comunque tenute al pagamento, in favore di Sacro Cuore, delle spese di trasporto del prodotto (€ 180 per singolo invio).
L’appello interposto dalla società IBA Molecular Italy s.r.l., è culminato nella sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato del 04.10.2017 n.4631, con la quale si respingevano alcuni motivi aventi esclusiva attinenza alla normativa nazionale. Al contempo, esaminava la tematica di rilievo euro-unitario, attinente alla sussistenza dei presupposti per procedere ad un affidamento diretto, senza lo svolgimento di procedura di evidenza pubblica, del complesso rapporto scaturente dalla combinazione degli atti fatti oggetto di Impugnazione ed i motivi della rimessione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.
2.2. I punti del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E da parte del Consiglio di Stato e le questioni sottese.
La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha affrontato in pronuncia non definitiva del 4 ottobre 2017 n. 4631 l’elaborazione di due problematiche specifiche da sottoporre quali questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia U.E..
La prima delle due riguarda la valutazione della legittimità dell'affidamento diretto e della sua compatibilità dello stesso con la normativa europea. La seconda questione affrontata riguarda la natura giuridica degli ospedali privati classificati.”
La prima questione pregiudiziale è: “se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli artt. 1 e 2 della Direttiva 2004/18/CE[6], comprenda nel proprio ambito applicativo anche le operazioni complesse mediante le quali un’amministrazione pubblica aggiudicatrice intenda attribuire direttamente ad un determinato operatore economico un finanziamento di scopo, interamente finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore; se, di conseguenza, la citata normativa europea osti ad una disciplina nazionale che consenta l’affidamento diretto di un finanziamento di scopo finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore.”
La seconda è: “se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli artt. 1 e 2 della Direttiva 2004/18/CE, e gli artt. 49, 56, 105 ss. del Trattato UE, ostino ad una normativa nazionale che, equiparando gli ospedali privati « classificati » a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, in assenza dei requisiti per il riconoscimento dell’organismo di diritto pubblico e dei presupposti dell’affidamento diretto, secondo il modello dell’in house providing, li sottrae alla disciplina nazionale ed europea dei contratti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di realizzare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, ricevendo contestualmente un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione di tali forniture.”
2.3. La prima questione pregiudiziale.
L’iter della Corte coinvolge il concetto di onerosità della fornitura nella prima questione. Il Collegio remittente appare non condividere quanto contenuto nella sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio in merito alla nozione di contratto a titolo oneroso. In pronuncia, il Consiglio di Stato si sofferma sulla comprensione della circostanza se la concessione del finanziamento funzionale fosse doverosamente da essere assoggettata -nel caso di specie oggetto della controversia- alla procedura ad evidenza pubblica propria dei pubblici appalti.
Ai fini di un ordine espositivo dei termini della questione rimessa dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia UE, si evidenzia che la prima questione:
a) è relativa alla configurabilità, attraverso una considerazione unitaria dei più atti fatti oggetto d’impugnazione giurisdizionale, della fattispecie in esame come contratto a “titolo oneroso”, con conseguente applicabilità delle regole di evidenza pubblica proprie degli appalti pubblici.
b) è impostata sulla normativa applicabile, ratione temporis, prendendo a riferimento la disciplina europea di cui all’art. 1, par. 2, lett. a) della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004. A tale previsione corrisponde, nella normativa interna, l’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, di tenore similare.
c) va letta – anche se non concerne il giudizio dinanzi a Consiglio di Stato rimettente - per poter avere i termini di attualizzazione della vicenda, in relazione alle evoluzioni normative facenti capo alla sopravvenuta disciplina europea di cui alla direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 che prevede, all’art. 2, par. 1, n. 5 una definizione non dissimile da quella della precedente direttiva del 2004.
I punti nodali sono riconducibili a due aspetti essenziali.
Il primo aspetto.
Il Collegio si sofferma sul concetto di onerosità prendendo a riferimento la disciplina europea di cui all’art. 1, par. 2, lett. a) della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, a mente del quale di cui all'art. 1, paragrafo 2, lettera a), concernente il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, applicabile[7]. La riflessione che, porta il Collegio a propendere per l’onerosità del contratto tra più operatori economici prende in considerazioni distinte impostazioni, ossia, una di taglio letterale, l’altra di taglio logico-sistematica. Accedendo alla prima- cioè ad una interpretazione letterale della disposizione mista al contenuto stesso del contratto stipulato dall'amministrazione aggiudicatrice con l'operatore economico- in questa logica ne deriverebbe che l'affidamento sarebbe di natura gratuita. Se, invece, si aderisse alla seconda modalità di lettura della norma, allora, l'onerosità sarebbe configurabile, anche nei casi in cui l'esecutore della fornitura riceva un significativo vantaggio economico da parte di un'altra amministrazione pubblica, allorché sia ragionevole ritenere, che detto finanziamento sia finalizzato proprio alla realizzazione del servizio o della fornitura in favore di altre amministrazioni pubbliche[8]. La seconda impostazione è condivisa dal Consiglio di Stato, con ciò motivando la sussistenza dell'“onerosità” del rapporto giuridico de quo.
Un’altra riflessione può essere svolta, parallelamente, prima di esaminare il punto di contrasto con la normativa europea generatrice della questione deferita alla Corte di Giustizia U.E.. La sopravvenuta disciplina europea di cui alla direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 (estranea alla questione posta all’esame del C.d.S. In controversia) contiene, all’art. 2, par. 1, n. 5[9] una definizione non diversa da quella della precedente direttiva del 2004, così come anche la nozione della disciplina interna di recepimento non è mutata[10]. Al pari, l’art. 3, comma 1, lett. ii) del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che sono “appalti pubblici”, i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi. Chiarito ciò, in termini di attualità della normativa si ritorna all’indagine circa l’accennato secondo aspetto alla base del motivo della prima questione pregiudiziale.
Il secondo aspetto.
Premesso che il Consiglio di Stato ritiene sussistere l'onerosità del rapporto giuridico in questione si tratta di vedere in che modo questi la prospetti alla Corte U.E. Anche, qui, è d’uopo un inciso. in termini generici, attualmente, l’onerosità è desumibile dal codice dei contratti pubblici in vigore, ossia la disciplina di cui all’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016[11]. La disposizione è ritenuta lo specchio di un quadro normativo e giurisprudenziale già pienamente formato, anche alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea, cosicchè dovrebbe essere applicabile anche alla vicenda in analisi al vaglio del Consiglio di Stato prima, e della Corte di Giustizia U.E., poi. A ben guardare il Collegio riconosce la natura di appalto del contratto stipulato anche laddove l'onerosità dello stesso resti limitata anche ad un mero rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio, posto che nel diritto dell'Unione europea, infatti, non è possibile per due o più pubbliche amministrazioni stipulare, senza prima aver esperito una gara di appalto, alcun contratto attraverso cui esse instaurino un rapporto di cooperazione, salvo il caso in cui sia possibile rinvenire la sussistenza di determinati requisiti –assenti nel caso di specie- coniati della Corte di Giustizia. Detto ciò il Consiglio di Stato rileva che potrebbe, in ogni caso, comunque, configurarsi un contrasto con la formulazione letterale della direttiva e pone, quindi, questione pregiudiziale interpretativa ex art. 267 TFUE[12] alla Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine al primo dei due quesiti deferiti.
2.4 . La seconda questione pregiudiziale.
Come anticipato, la seconda questione affrontata riguarda la natura giuridica degli ospedali privati classificati” ed, in specie, alla possibile inapplicabilità della direttiva n. 2004/18/CE ai rapporti tra amministrazioni pubbliche aggiudicatrici, in presenza di un contratto mirante ad istituire una cooperazione finalizzata al solo adempimento di una funzione di servizio pubblico comune alle due amministrazioni.
Se si guarda all’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 sopra citato[13], escludente l'ambito di applicazione del codice degli appalti quando un accordo sia intercorso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici nelle ipotesi in cui (a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune. (b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico (c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione, è dato notare che:
a) Nel caso di specie in esame al Consiglio di Stato, ricorrono tutte e tre le condizioni di cui al citato art. 5, comma 6;
b) il problema -che resta - è quello di poter applicare la disposizione di cui all’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche, nei casi in cui in cui l’accordo intercorra tra soggetti pacificamente qualificabili come amministrazioni “aggiudicatrici” (ULSS e ospedali pubblici[14]), da una parte, e, dall’altro, un Ospedale classificato o equiparato[15], di cui è discussa e controversa la natura giuridica, tanto in sede di diritto nazionale, quanto di diritto dell’Unione europea.
Seguendo il ragionamento condotto dal T.a.r. Lazio in pronuncia n. 4772/2016 di primo grado, condivisa dalla Sezione terza del Consiglio di Stato in pronuncia di secondo grado - relativo alla natura giuridica degli enti classificati - l'“Ospedale Classificato” andrebbe ad equipararsi integralmente ad una amministrazione pubblica aggiudicatrice, pur essendo pacifico che tale soggetto sia privo dei requisiti propri di un organismo di diritto pubblico[16] e, men che meno possa essere qualificato come soggetto operante in regime di in house providing[17]. Nel sostenere questa impostazione si richiama la normativa interna che adotta una nozione ampia di “ospedale pubblico”, all'interno della quale convergono anche alcune strutture formalmente private, ma individuate secondo rigorose procedure di “classificazione”. Gli ospedali Classificati, fanno parte della rete regionale di assistenza sanitaria e contestualizzati nell'ambito della programmazione pubblica dei servizi resi all'utenza. Ne conseguirebbe, dunque, una natura sostanzialmente pubblica dei medesimi e - per ciò che concerne i rapporti tra tali enti e gli altri soggetti pubblici inseriti nell'ambito del servizio sanitario nazionale- la sussistenza di relazioni di carattere pubblicistico, che dunque impedirebbero l'applicazione delle regole in materia di affidamento di contratti pubblici[18]. Tuttavia, la tesi interpretativa proposta inciderebbe sulla portata delle direttive del 2004 e, quindi, la Terza Sezione del consiglio di Stato ha rilevato che questa soluzione interpretativa potrebbe porsi in contrasto con la disciplina di rango europeo, che definisce la nozione di amministrazione aggiudicatrice e le figure soggettive sottoposte alla disciplina delle direttive in materia di contratti pubblici secondo parametri più stringenti, difficilmente compatibili con interpretazioni analogiche od estensive, con ciò rendendosi necessario un intervento chiarificatore della Corte di giustizia dell’Unione europea.
3. La sentenza della Corte di giustizia U.E 18 ottobre 2018, C-606/17.
L’ottava sezione della Corte di Giustizia U.E. chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale dal Consiglio di Stato Sez. III -a mezzo di sentenza non definitiva del 4 ottobre 2017 n. 4631[19] - sulle questioni su esposte risolve le due problematiche specifiche.
Per ciò che concerne la prima delle due – relativa alla valutazione della legittimità dell'affidamento diretto e della sua compatibilità con la normativa europea - l’iter della Corte coinvolge il concetto di onerosità della fornitura ponendo l’attenzione sull’esistenza del carattere oneroso del contratto, ricadente nella nozione dell'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18. Il ragionamento della Corte è lapidario ed articolabile in tre punti essenziali. Il primo concerne la conclusione del contratto. la Regione Veneto e il Sacro Cuore hanno concluso un contratto col quale tale istituto si impegna alla produzione ed alla distribuzione gratuita del farmaco agli ospedali pubblici regionali, verso correspettivo da parte di questi ultimi, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio. Dall’altro lato, la Regione Veneto è impegnata a versare al Sacro Cuore una sovvenzione di 700.000 euro interamente destinata alla produzione del farmaco stesso. Qui è evidente per la Corte il carattere oneroso di un contratto concluso. Il secondo punto focale del costrutto della pronuncia della Corte di Giustizia risiede nel senso giuridico abituale dell’espressione “a titolo oneroso”, la quale individua un contratto mediante il quale ciascuna delle parti s’impegna ad effettuare una prestazione quale corrispettivo di un’altra prestazione, nei termini appena esposti. Il terzo punto è conseguenziale ai primi due. Un contratto come qui descritto (a titolo oneroso) comporta che una delle parti sia qualificabile come operatore economico che si impegna a fabbricare e a fornire un prodotto a diverse amministrazioni quale corrispettivo di un finanziamento interamente finalizzato alla realizzazione di tale obiettivo. Come tale il contratto oggetto del contenzioso rientrerebbe nella nozione di contratto «a titolo oneroso», in ossequio dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, a nulla ostando la circostanza che i costi relativi di fabbricazione e di distribuzione del prodotto non siano interamente compensati dalla sovvenzione ovvero dalle spese di trasporto che possono essere fatturate alle amministrazioni stesse.
La seconda questione affrontata riguarda la natura giuridica degli ospedali privati classificati. Anche qui, la pronuncia della Corte di Giustizia si dipana in una rete argomentazioni elaborate e prodromiche alla decisione espressa in pronuncia. Il comun denominatore da cui si ripartiscono è rappresentato , nuovamente, dalla norma dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, in ragione della quale la costituzione di un appalto pubblico - e dunque l’applicazione della normativa dell’Unione in materia- comporta che il contratto concluso a titolo oneroso debba essere stato stipulato tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici, regola per cui si sottraggono due tipi di contratti -non rientranti nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione- conclusi da entità pubbliche. Il primo tipo di contratto è quello c.d. “in house providing”. Nell’ambito della revisione della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici - con le Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE E 2014/25/UE58[20]– la nozione comunitaria dell’in house - di derivazione pretoria - è stata sancita a livello legislativo[21]. I contratti riconducibili al modello dell’in house sono conclusi tra un’entità pubblica qualificata come «amministrazione aggiudicatrice» e un soggetto giuridicamente distinto dall’entità suddetta. Quest’ultima esercita su quel soggetto un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e questo soggetto realizzi la parte essenziale delle proprie attività con l’entità o le entità che la detengono. La constatazione delle indicazioni del giudice del rinvio rendono, però, evidente come né la Regione Veneto, né le altre amministrazioni aggiudicatrici coinvolte nella vicenda in esame esercitino un controllo sul Sacro Cuore analogo a quello che esse esercitano sui propri servizi[22] , di tal che si esclude la sussistenza di una tipologia contrattuale riconducibile al modello dell’in house. Si può , pero, illustrare un secondo tipo di contratto a titolo oneroso concluso da entità pubbliche che non rientra nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione in materia di appalti: si ha quando questi istituiscono una cooperazione tra entità pubbliche finalizzata a garantire l'adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a queste ultime, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra entità pubbliche, senza la partecipazione di una parte privata, e che nessun operatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti ed, allorquando la cooperazione istituita da detti contratti sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico[23]. Il contratto pubblico per essere sottratto dalla disciplina appalti deve -in considerazione di ciò- poter soddisfare tutti gli illustrati criteri. Il primo di questi è che questa specifica forma di cooperazione sia realizzata tra entità pubbliche. Ma. Nell’ipotesi di ospedali «classificati», - come è il Sacro Cuore nel caso in esame-, si è in presenza di persone giuridiche la cui gestione resta interamente privata, sia sotto l’aspetto del finanziamento e della nomina degli amministratori, sia per il profilo delle regole di funzionamento interno.
4. Conclusioni.
Le posizioni sopra esposte fanno da filo conduttore alla pronuncia della Corte di giustizia U.E 18 ottobre 2018, C-606/17. L’oggetto centrale della controversia analizzata da Consiglio di Stato, come anche delle due questioni deferita alla Corte di Giustizia UE., consiste nello stabilire, se sia legittima la procedura di affidamento diretto della fornitura seguita dalla Regione Veneto e dalle altre strutture sanitarie pubbliche interessate. La Corte europea chiarisce, in risposta alla prima questione sottopostale, che il carattere di «contratto a titolo oneroso» sia attribuibile al contratto del caso di specie, in conformità dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, poiché rientrante nella nozione (relativa agli appalti pubblici) di contratto concluso tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici.
Quanto al secondo quesito, la sentenza chiarisce che la direttiva 2004/18 -articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 2 – “devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti[24]”.
Detto ciò, per concludere in estrema sintesi, si può osservare che giudici della Corte di Giustizia bocciano la normativa italiana nella parte in cui equipara gli ospedali pubblici classificati a quelli privati, sottraendoli alla disciplina nazionale ed europea di appalti pubblici, anche nei casi come quello oggetto di commento. Trattandosi di una attribuzione diretta -ad un ospedale classificato- di un finanziamento finalizzato alla fabbricazione di prodotti da fornire gratuitamente a diverse amministrazioni, il contratto concluso integrerebbe, comunque, gli estremi un contratto a titolo oneroso e, come tale, resta sottoposto alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ed alla relativa disciplina.
Note e riferimenti bibliografici
[1] la Corte di giustizia, sentenza del 18 ottobre 2018 (causa C-606/17, IBA Molecular Italy) . Il testo della pronuncia è reperibile in Il Diritto dell’Unione Europea, Appalti pubblici: la Corte si pronuncia su un caso italiano di affidamento diretto di un appalto per la fornitura di farmaci a una struttura di diritto privato,in http://www.dirittounioneeuropea.eu. Si veda anche per il testo integrale della pronuncia www.senato.it - Atti del giorno Doc. XIX, n. 16 - URL
[2] Direttiva Comunità Economica 31/3/2004 n. 2004/18/CE- Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi in GUCE 30/4/2004 n. 134.
[3] Cfr Consiglio di Stato, sez. III, 04.10.2018, n.4631 (cfr nota 4 successiva)
[4] Si legga in sentenza Consiglio di Stato, sez. III, 04.10.2018, n.4631 Il nucleo essenziale della motivazione della sentenza T.A.R. del Lazio, sede di Roma, Sezione III quater n. 4772/2016è incentrato sulla seguente affermazione: “L’inserimento funzionale dell’Ospedale Sacro Cuore di Negrar nella rete pubblica del S.S.R (Servizio Sanitario Regionale). vale a collocare tale struttura, per quanto qui interessa, al di fuori del sistema concorrenziale tra aziende private accreditate nonché dalle regole e dagli interessi che lo connotano, assegnandole invece un ruolo di autoproduzione e fornitura non onerosa del radiofarmaco, coerente con la funzione sovra provinciale assegnata in sede di programmazione regionale, del tutto interno al sistema sanitario pubblico e in un rapporto di sostanziale equiordinazione esclusivamente con le altre strutture aventi analoga natura. … Proprio per tale ragione, nessun vantaggio, neppure indiretto, l’Ospedale Sacro Cuore potrebbe ritrarre dall’attività di fornitura in questione, non potendo questo procedere, anche per quanto si dirà dopo, alla commercializzazione del farmaco e, comunque, al suo collocamento sul mercato o, comunque, all’esterno del sistema pubblico con criteri di economicità e di remunerazione.”
[5] sul ricorso in appello al Consiglio di Stato iscritto al numero di registro generale 6767 del 2016.
[6] Segue il testo artt. 1 e 2 della Direttiva Comunità Economica del 31/3/2004, n. 2004/18/CE Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi:
TITOLO I
DEFINIZIONI E PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni di cui ai paragrafi da 2 a 15.
2. -a) Gli "appalti pubblici" sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. -b) Gli "appalti pubblici di lavori" sono appalti pubblici aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione e l'esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all'allegato I o di un'opera, oppure l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice. Per "opera" si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. - c) Gli "appalti pubblici di forniture" sono appalti pubblici diversi da quelli di cui alla lettera b)aventi per oggetto l'acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l'acquisto a riscatto, con o senza opzione per l'acquisto, di prodotti. Un appalto pubblico avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione è considerato un "appalto pubblico di forniture". - d) Gli "appalti pubblici di servizi" sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II. Un appalto pubblico avente per oggetto tanto dei prodotti quanto dei servizi di cui all'allegato II è considerato un "appalto pubblico di servizi" quando il valore dei servizi in questione supera quello dei prodotti oggetto dell'appalto. Un appalto pubblico avente per oggetto dei servizi di cui all'allegato II e che preveda attività ai sensi dell'allegato I solo a titolo accessorio rispetto all'oggetto principale dell'appalto è considerato un appalto pubblico di servizi.
3. La "concessione di lavori pubblici" è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
4. La "concessione di servizi" è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
5. Un "accordo quadro" è un accordo concluso tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.
6. Un "sistema dinamico di acquisizione" è un processo di acquisizione interamente elettronico, per acquisti di uso corrente, le cui caratteristiche generalmente disponibili sul mercato soddisfano le esigenze dell'amministrazione aggiudicatrice, limitato nel tempo ed aperto per tutta la sua durata a qualsivoglia operatore economico che soddisfi i criteri di selezione e che abbia presentato un'offerta indicativa conforme al capitolato d'oneri.
7. Un'"asta elettronica" è un processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi, modificati al ribasso, e/o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte permettendo che la loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico. Di conseguenza appalti di servizi e di lavori che hanno per oggetto prestazioni intellettuali, come la progettazione di lavori, non possono essere oggetto di aste elettroniche.
8. I termini "imprenditore", "fornitore" e "prestatore di servizi" designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi. Il termine "operatore economico" comprende l'imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi. È utilizzato unicamente per semplificare il testo. L'operatore economico che ha presentato un'offerta è designato con il termine di"offerente". Chi ha sollecitato un invito a partecipare a una procedura ristretta o negoziata o a un dialogo competitivo è designato con il termine di "candidato".
9. Si considerano "amministrazioni aggiudicatrici": lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.Per "organismo di diritto pubblico" s'intende qualsiasi organismo: -a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale,; -b) dotato di personalità giuridica, e - c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. Gli elenchi, non limitativi, degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico che soddisfano i criteri di cui al secondo comma, lettere a), b), e c), figurano nell'allegato III. Gli Stati membri notificano periodicamente alla Commissione le modificazioni intervenute nei loro elenchi.
10. Una "centrale di committenza" è un'amministrazione aggiudicatrice che: - acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici, o - aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici.
11. -a) Le "procedure aperte" sono le procedure in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta. -b) Le "procedure ristrette" sono le procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui soltanto gli operatori economici invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici possono presentare un'offerta.; -c) Il "dialogo competitivo" è una procedura alla quale qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare e nella quale l'amministrazione aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte. Ai fini del ricorso alla procedura di cui al primo comma, un appalto pubblico è considerato "particolarmente complesso" quando l'amministrazione aggiudicatrice - non è oggettivamente in grado di definire, conformemente all'articolo 23, paragrafo 3, lettere b), c) o d), i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi, e/o - non è oggettivamente in grado di specificare l'impostazione giuridica e/o finanziaria di un progetto. -d) Le "procedure negoziate" sono le procedure in cui le amministrazioni aggiudicatrici consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto. -e) I "concorsi di progettazione" sono le procedure intese a fornire all'amministrazione aggiudicatrice, soprattutto nel settore della pianificazione territoriale, dell'urbanistica, dell'architettura, dell'ingegneria o dell'elaborazione di dati, un piano o un progetto, selezionato da una commissione giudicatrice in base ad una gara, con o senza assegnazione di premi.
12. I termini "scritto" o "per iscritto" designano un insieme di parole o cifre che può essere letto, riprodotto e poi comunicato. Tale insieme può includere informazioni trasmesse e archiviate con mezzi elettronici.
13. Un "mezzo elettronico" è un mezzo che utilizza apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione numerica) e di archiviazione dei dati e che utilizza la diffusione, la trasmissione e la ricezione via filo, via radio, attraverso mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici.
14. Il "Vocabolario comune per gli appalti", in appresso CPV ("Common Procurement Vocabulary"), designa la nomenclatura di riferimento per gli appalti pubblici adottata dal regolamento (CE) n. 2195/2002, assicurando nel contempo la corrispondenza con le altre nomenclature esistenti. Nel caso di interpretazioni divergenti riguardo al campo di applicazione della presente direttiva derivanti da eventuali discrepanze tra la nomenclatura CPV e la nomenclatura NACE di cui all'allegato I o tra la nomenclatura CPV e la nomenclatura CPC (versione provvisoria) di cui all'allegato II, avrà la prevalenza rispettivamente la nomenclatura NACE o la nomenclatura CPC.
15. Ai fini dell'articolo 13, dell'articolo 57, lettera a) e dell'articolo 68, lettera b), valgono le seguenti definizioni: a) "rete pubblica di telecomunicazioni": l'infrastruttura pubblica di telecomunicazioni che consente la trasmissione di segnali tra punti terminali definiti della rete per mezzo di fili, onde hertziane, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici; b) "punto terminale della rete": l'insieme dei collegamenti fisici e delle specifiche tecniche di accesso che fanno parte della rete pubblica di telecomunicazioni e sono necessari per avere accesso a tale rete pubblica e comunicare efficacemente per mezzo di essa; c) "servizi pubblici di telecomunicazioni": i servizi di telecomunicazioni della cui offerta gli Stati membri hanno specificatamente affidato l'offerta, in particolare ad uno o più enti di telecomunicazioni; d) "servizi di telecomunicazioni": i servizi che consistono, totalmente o parzialmente, nella trasmissione e nell'instradamento di segnali su una rete pubblica di telecomunicazioni mediante procedimenti di telecomunicazioni, ad eccezione della radiodiffusione e della televisione.
TITOLO I
DEFINIZIONI E PRINCIPI GENERALI
Articolo 2
Principi di aggiudicazione degli appalti
Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza.
[7] L’art. 1, par. 2, lett. a) della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, a mente del quale “gli «appalti pubblici» sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva”. Si tenga in considerazione che la disciplina interna coeva ai fatti di causa l’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, di tenore pressoché analogo. Si genera così corrispondenza con la normativa interna. ( Art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006 tanto recita “gli «appalti pubblici» sono i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi come definiti dal presente codice”). Uile per il raffronto tra la vecchia e la nuova disciplina europea e nazionale degli appalti DE NICTOLIS R., I nuovi appaltipubblici, Bologna, Zanichelli, 2017
[8] in tal senso si veda Martiello P., Le regole degli appalti pubblici anche per i c.d.Ospedali classificati?: la parola alla CGUE, in l’amministrativista.it, fasc., 20 NOVEMBRE 2018, dove l’autore fa notare, in un passaggio molto interessante per un utile raffronto normativo, che : “In termini generali in punto di onerosità, è sottolineato che il vigente codice dei contratti pubblici dispone all'art. 5, comma 6, che “Un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice, quando a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.” La disposizione è ritenuta ricognitiva di un quadro normativo e giurisprudenziale già pienamente consolidato, anche alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea e pertanto dovrebbe essere applicabile anche alla presente vicenda”. L’Autore aggiunge che : “ La disposizione è ritenuta ricognitiva di un quadro normativo e giurisprudenziale già pienamente consolidato, anche alla luce della costante giurisprudenza della Corte europea e pertanto dovrebbe essere applicabile anche alla presente vicenda.”
[9] La direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 all’art. 2, par. 1, n. 5 :“: contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi”.
[10] l’art. 3, comma 1, lett. ii) del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che sono “, i contratti a titolo oneroso,stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi”. Si noti, però che la disciplina di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 contenga, invero, innovative previsioni che interferiscono con il tema generale della onerosità dei contratti. Un esempio è dato dall’art. 20, in tema di “opera pubblica realizzata a spese del privato”, nonché l’art. 24, commi 8 – 8 ter, come modificati dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, in tema di servizi di architettura e ingegneria con sottrazione alle ordinarie regole di evidenza pubblica e sottoposizione ad assai più circoscritta disciplina (ad es. deve essere rispettato l’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016); su tale istituto si rinvia, per maggiori cenni, alla lettura di F. MERUSI, Una disciplina peculiare (e forse inapplicabile) in G.F. FERRARI e G. MORBIDELLI; Codice dei contratti pubblici, Piacenza, 2017, p.147;.
[11] 5, comma 6, che “Un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice, quando a) l'accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi.
sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.”
[12] Art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione. Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile.
[13] Si veda precedente nota 10.
[14] l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.La disposizione menziona, nell’elenco, l’“ente pubblico non economico”, senza però fornire alcun criterio definitorio ulteriore per la sua esatta individuazione. E poiché nell’ordinamento manca una nozione generale fissa e immutevole di “ente pubblico”, sorge il problema della sua delimitazione.
[15] La distinzione esistente tra ospedali classificati (secondo la terminologia usata nella L. n. 132 del 1968) le strutture pubbliche del SSN trova il suo referente normativo nella L. n. 833 del 1978 , istitutiva del SSN, oltre che nella normativa introdotta a mezzo del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche, con la quale si è espressamente esclusa qualsiasi innovazione per la disciplina relativa agli ospedali classificati (di cui all'art. 41 della L. n. 833 del 1978).
Di recente il D.L. n. 112 del 2008, convertito in legge. n. 133 del 2008 conferma il distinguo tra strutture sanitarie pubbliche ed ospedali classificati, ove si consideri che, all'art. 79, dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del SSN sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992.
[16] Ai fini della distinzione di categorie giuridiche si veda Consiglio di Stato, sez. VI N. 03043/2016REG.PROV.COLL, in www.giustiziaamministrativa.it la quale precisa : “la previsione di cui all’art. 4 della legge 20 marzo 1970, n. 75, … prevede espressamente che “nessun nuovo ente pubblico possa essere istituito se non per legge””. In questa pronuncia il C.DS parafrasa altra sentenza del Consiglio di Stato sezione IV 26 maggio 2015, n. 2660 e la richiama sottolineando che : “sul piano dei principi l’individuazione dell’ente pubblico debba avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, ma “dinamici” e “funzionali”.Ciò implica che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato. La nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può, dunque, ritenersi fissa ed immutevole. Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera automatica la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione. Al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione “funzionale” e “cangiante” di ente pubblico. Si ammette senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica. Giova precisare che la c.d. nozione funzionale di ente pubblico che qui si accoglie non contrasta con la previsione contenuta nell’art. 4 della legge n. 70 del 1975, in base alla quale….., “nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”. La nozione “funzionale” e “dinamica” non predica, infatti, che un soggetto possa essere qualificato come “pubblico” a prescindere dall’esistenza di una base legislativa che sottoponga quel soggetto ad un regime pubblicistico. Al contrario, alla base della qualificazione funzionale di ente pubblico ci deve essere sempre un fondamento normativo da cui derivano, per quell’ente, obblighi e doveri, oppure prerogative e poteri, di natura pubblicistica.. Nel settore degli appalti pubblici, ad esempio, ciò che fa dell’organismo di diritto pubblico (ad onta della veste formale che può essere privatistica) un soggetto equiparato alla pubblica amministrazione (e, quindi, sostanzialmente e funzionalmente un ente pubblico) è proprio la disciplina legislativa che espressamente lo sottopone al regime dell’evidenza pubblica.Con la conseguenza che l’organismo di diritto pubblico diviene pubblica amministrazione non sempre e comunque (in maniera fissa e immutevole), ma solo nello svolgimento di quel tratto di attività esplicitamente sottoposto ad una disciplina di diritto amministrativo. Il che, peraltro, consente di giustificare, anche sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo che non avrebbe spazio se dovesse predicarsi la natura privatistica dell’organismo di diritto pubblico, perché si avrebbe una controversia tra due soggetti (il partecipante alla gara e la stazione appaltante) entrambi privati. L’equiparabilità dell’organismo di diritto pubblico alla pubblica amministrazione rappresenta ormai un risultato interpretativo assodato, eppure non vi è alcuna norma legislativa che espressamente istituisca (ove si aderisse a un’interpretazione formalistica dell’art. 4 legge n. 70 del 1975) l’organismo di diritto pubblico come ente pubblico. Al fine di predicare l’equiparazione si ritiene sufficiente l’esistenza di una norma che (in questo caso espressamente) lo rende destinatario di obblighi di diritto amministrativo. Parimenti, è altrettanto pacifico che la sottoposizione dell’organismo di diritto pubblico alla disciplina dell’ente pubblico non valga sempre e comunque, qualsiasi attività esso svolta. Si tratta al contrario, di una equiparazione settoriale, funzionale e dinamica, perché strettamente legata all’affidamento dei contratti. Quando svolge altre attività, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato. Esso è, quindi, un ente pubblico dinamico, funzionale e cangiante. Questa connotazione funzionale non caratterizza soltanto l’organismo di diritto pubblico, ma rappresenta ormai un connotato di molti altri soggetti. Sempre più di frequente il legislatore sottopone certi soggetti, prescindendo dalla veste formale che essi possono avere, ad obblighi di natura amministrativa o attribuisce loro poteri di natura amministrativa. Si pensi, solo per fare qualche esempio: al gestore del servizio pubblico rispetto alla disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi (art. 23 legge 7 agosto 1990, n. 241); alle società strumentali o titolari di funzioni amministrative esternalizzate, sottoposte alle norme procedimento amministrativo ex art. 29 della legge n. 241 del 1990 (se si tratta di società con totale o prevalente capitale pubblico) o ai soli principi ex art. 1, comma 1, ter legge n. 241 del 1990 negli altri casi; alle società a controllo pubblico rispetto all’obbligo di reclutare il personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (secondo quanto previsto dall’art. 19 dello schema di decreto legislativo recante il “Testo unico delle società a partecipazione pubblica” che nella sostanza ribadisce quanto già previsto, a legislazione vigente, dall’art. 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).Quando un ente viene dalla legge sottoposto a regole di diritto pubblico, quell’ente, limitatamente allo svolgimento di quell’attività procedimentalizzata, diviene, di regola, “ente pubblico” a prescindere dalla sua veste formale. Deve essere ribadito che lo diviene non in maniera statica ed immutevole, ma dinamica e mutevole, perché dismette quella veste quando svolge altre attività non procedimentalizzate. Si tratta di una conclusione che trova riscontro (e un fondamento normativo generale) nell’art. 7, comma 2, del Codice del processo amministrativo, il quale, recependo a sua volta una nozione funzionale e cangiante di pubblica amministrazione, statuisce espressamente che “per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto del principio del procedimento amministrativo”. Il che implica che, come regola generale, la giurisdizione amministrativa segue la procedimentalizzazione dell’attività e prescindere dalla veste formale del soggetto la cui attività è procedimentalizzata. Sotto tale profilo, può leggersi come un’eccezione che conferma la regola, senza, però, contraddirla nella sua valenza di principio, la previsione contenuta nell’art. 19, comma 4, ultimo periodo, del già menzionato schema di decreto legislativo recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, approvato dal Consiglio dei Ministri in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124, che, pur procedimentalizzando le procedure di reclutamento del personale delle società a controllo pubblico, dispone, in deroga a quanto previsto dall’art.7, comma 2, Cod. proc. Amm. che “Resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale”, risolvendo così, per tabulas, un dibattito giurisprudenziale che aveva visto su posizioni contrapposte, in punto di giurisdizione, il Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 23 novembre 2010, n. 5379; Sez. VI, ordinanza 20 dicembre 2010, n. 5808 ) e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Cass.Sez. Un. Ord. 22 dicembre 2011, n. 28329). In tutti gli esempi richiamati la qualificazione pubblicistica, seppur dinamica e funzionale, avviene comunque sulla base di un dato normativo che sottopone il soggetto ad obblighi pubblicistici, in ossequio, quindi, a quanto previsto dall’art. 4 della legge n. 70 del 1975. Non sempre, tuttavia, il campo di applicazione soggettivo dei regimi pubblicistici previsti dal legislatore è puntualmente delineato. In alcuni casi, infatti, il legislatore, anziché indicare analiticamente i soggetti sottoposti al campo di applicazione della relativa disciplina, fa rinvio ad una nozione generale di pubblica amministrazione.
[17] Si rinvia per ogni riferimento sull’in house providing a Corte di giustizia UE, sez. IV, 8 dicembre 2016, C -553/15,Undis;
[18] si veda sopra espresso in Martiello P., Le regole degli appalti pubblici anche per i c.d.Ospedali classificati?: la parola alla CGUE, in l’amministrativista.it, fasc., 20 NOVEMBRE 2018 . L’autrice rileva anche che : Secondo tale orientamento l'Ospedale parteciperebbe all'erogazione delle prestazioni offerte direttamente dal servizio sanitario in posizione di vantaggio, non essendo soggetto al regime dell'accreditamento e, in particolare, il medesimo potrebbe prendere parte alle attività strumentali e a quelle convenzionate. Tale attività rientrerebbe, infatti nell'ambito “interno” al servizio sanitario regionale e, pertanto, il suo affidamento non apporterebbe un vantaggio concorrenziale per l'Ospedale stesso.
[19]Consiglio di Stato, sez. III, 04.10.2018, n.4631 (— Pres. Lipari — Est. Realfonso — I.B.A. (avv. Cadeddu, Turrini) c.Azienda ULSS n. 3 Veneziana e altro (avv. Cacciavillani), Regione Veneto (avv. Zampieri, Zanon, Manzi), Ministero salute (Avv. Stato) ed altri (n.c.), sentenza non definitiva - rimessione alla Corte di giustizia Ue. ), in Foro Amm.2017,1989.
[20] Cfr. Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE E 2014/25/UE, in www.eur-lex.europa.eu.
[21] ci si intende riferire a quanto previsto dall’art. 12, della Direttiva 2014/24/UE, secondo cui “ un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice. Per approfondimento del riferimento riportato si veda Rossi P., Le “nuove” società in house nella riforma Madia, tra perdurante specialità e transizione al diritto comune. in Riv. Amministrazione in cammino, 2018.
[22] per approfondimenti si veda www.giustizia-amministrativa.it , osservatorio ufficio studi , 2018 Per la Corte di giustizia UE l’attribuzione ad ospedale classificato di finanziamento per prodotti da fornire gratuitamente alle p.a. è contratto a titolo oneroso sottoposto a gara- Corte giust. comm. ue, sez. VIII, sentenza 18 ottobre 2018, C - 606/17.
[23] per approfondimenti si veda www.giustizia-amministrativa.it , osservatorio ufficio studi , cfr. nota 22.
[24] Così in dispositivo sentenza Corte di giustizia, del 18 ottobre 2018 (causa C-606/17, IBA Molecular Italy.
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