Pubbl. Lun, 17 Dic 2018
Credito prescritto per ritardata notifica della cartella? Equitalia deve risarcire i danni
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Matteo Bottino
La Corte di Cassazione rileva la responsabilità del concessionario che - non compiendo diligentemente e tempestivamente il proprio mandato - si renda responsabile della perdita del credito nei confronti del contribuente, a causa del decorso dei termini di prescrizione.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La vicenda; 3. Il ricorso in Cassazione; 4. La controversia con Equitalia; 5. Conclusioni.
1. Introduzione
Con la sentenza n. 27218 del 26 ottobre 2018, la sezione Lavoro della Suprema Corte, stabilisce il principio secondo il quale se la prescrizione dei crediti affidati all'Agente della Riscossione è dovuta alla mancata notifica della cartella esattoriale o dei successivi atti interrutivi, Equitalia è tenuta al risarcimento del danno subito dal creditore, in quanto il rapporto intercorrente è assimilabile a quello del mandato.
2. La vicenda
La sezione lavoro del Tribunale di Roma accoglieva la domanda del contribuente che richiedeva l'accertamento dell'intervenuta prescrizione dei crediti vantati nei suoi confronti dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, relativi alla contribuzione minima dovuta per legge.
La Corte di Appello di Roma respingeva il successivo gravame proposto dalla Cassa e, affermando preliminarmente la giurisdizione ordinaria in luogo di quella della Corte di Conti, disattendeva altresì la domanda formulata nei confronti di Equitalia da parte dell'ente previdenziale, volta al conseguimento del risarcimento del danno nel caso in cui fosse stato accertato la presenza di ritardi o irregolarità nell'azione esattoriale. La Corte, infatti, nel respingere la richiesta di risarcimento, rilevava come l'interruzione della prescrizione fosse onere esclusiva del creditore e - quindi - non imputabile alla società di riscossione.
3. Il ricorso in Cassazione
Avverso la sentenza della Corte territoriale, la Cassa Forense proponeva gravame relativamente alla controversia con il contribuente, sia in riferimento alle statuizioni concernenti l'assenza di responsabilità in capo ad Equitalia.
Per quanto concerne la controversia previdenziale, il ricorso veniva affidato a due motivi, entrambi rubricati come violazione e falsa applicazione di legge1:
1. Con il primo motivo, viene dedotta la violazione dell'art. 26 D.P.R. 602/1973 e dell'art. 139 c.p.c., in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente valutato la validità della notifica della cartella esattoriale.
2. Con il secondo motivo, si afferma - relativamente alla contribuzione di un solo anno - la violazione dell'art. 19 L. 576/1980, il quale prevede che la prescrizione decorrerebbe esclusivamente dalla presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista.
Entrambi i motivi venivano respinti.
In riferimento alla prima doglianza, la Corte rilevava l'inammissibilità del motivo dedotto per assenza di interesse. La validità della notifica delle cartelle esattoriali, infatti, è risultata nel corso del processo del tutto inconferente. Invero, al momento dell'invio al contribuente del sollecito di pagamento da parte di Equitalia - intervenuto solo nel 2009 - il termine prescrizionale quinquennale era già trascorso, posto che l'ultimo atto interruttivo intercorso risaliva al 2003.
Alla luce delle circostanze riportate, la Cassazione rileva come i Giudici di merito abbiano risolto la controversia mediante l'analisi della c.d. "questione più liquida" ed omettendo quindi di esaminare circostanze irrilevanti quali la validità della notifica, posto che la regolarità della stessa non avrebbe comunque modificato l'esito della lite, essendo il credito ormai estinto a causa dell'intervenuta prescrizione A seguito della nota pronuncia Cass. SS.UU. 17 novembre 2016, n. 23397 - infatti - alla notifica della cartella esattoriale non consegue più l'applicazione del termine ordinario decennale, ma continua ad applicarsi il termine breve quinquennale.
"La scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato" (Cass. SS.UU. 17 novembre 2016, n. 23397)
Il secondo motivo di gravame - seppur ammissibile - viene ritenuto dalla Suprema Corte del tutto infondato, non potendo trovare applicazione nel caso di specie l'art. 19 della L. 576/19802, in quanto l'omesso versamento di cui si discute si riferisce alla contribuzione minima. La deroga alla regola generale di cui all'art. 2935 c.c. operata dal sopra citato articolo, trova invero il proprio fondamento nel fatto che le contribuzioni ulteriori rispetto ai minimi prefissati per legge - quantificate mediante l'applicazione di un'alliquota all'imponibile dichiarato - possono essere calcolate solo nel momento in cui viene presentata la dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che solo da tale momento il diritto alla riscossione può essere esercitato.
Nel caso dei contributi minimi, al contrario, gli importi sono dovuti in misura predeterminata e - quindi - l'ente previdenziale può pretenderli coevemente all'iscrizione dell'assicurato alla Cassa, fissando il dies a quo rilevante ai fini della prescrizione nella medesima data.
"In tema di previdenza forense, la prescrizione della contribuzione minima decorre in concomitanza con le singole annualità di iscrizione alla cassa, in applicazione dell'art. 2935 c.c., trattandosi di onere dovuto a prescindere dal reddito, per il quale non è applicabile l'art. 19 della l. n. 576 del 1980 che fissa, invece, la decorrenza della prescrizione dalla trasmissione della dichiarazione dei redditi." (Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 26/10/2018, n. 27218 (rv. 651172-01))
Con il rigetto di entrambi i motivi di ricorso riferiti alla lite pendente tra il contribuente e la Cassa previdenziale, la Corte dichiara la definitiva composizione del giudizio fra le parti citate.
4. La controversia con Equitalia
Il terzo motivo di ricorso si riferisce, invece, al mancato accoglimento della richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla Cassa nei confronti dell'Agente della Riscossione, per aver determinato quest'ultimo la prescrizione dei crediti affidati.
La Suprema Corte preliminarmente risolve la doglianza relativa alla giurisdizione, sollevata da Equitalia nelle proprie difese e nelle quali lamenta che la controversia dovrebbe essere trattata presso la Corte dei Conti. La Cassazione rileva come tale eccezione sia stata sollevata per la prima volta in appello e come la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente la giurisdizione ordinaria. Equitalia non ha però proposto ricorso in Cassazione avverso tale statuizione e - non essendo idonea la mera riproposizione dell'eccezione negli scritti difensivi a evitare che sul punto si formi il giudicato esterno - la pronuncia in merito alla giurisdizione non può essere oggetto di revisione.
"Allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione" (Cass. civ. Sez. Unite Ord., 28/01/2011, n. 2067 (rv. 616102))
Conclusa la preliminare valutazione dell'eccezione di giurisdizione sollevata da Equitalia, la Suprema Corte esamina il merito della questione rilevando come l'affidamento in riscossione, ai sensi di legge e secondo le modalità previste dalla normativa di riferimento per le imposte dirette3, ha due principali conseguenze. La prima determina la preposizione del concessionario quale "adiectus solutionis causa"4 ai sensi dell'art. 1188 c.c., mentre la seconda determina che il conferimento della legittimazione a riscuotere il credito, assume i contenuti del mandato con rappresentanza ex lege a compiere tutto quanto necessario al soddisfacimento degli interessi del mandante.
In forza delle sopra esposte conseguenze, l'Agente della Riscossione deve quindi compiere il proprio incarico secondo la diligenza imposta dall'art. 1710 c.c.5, tra cui certamente rientra l'obbligo di porre in essere tutti gli atti necessari alla riscossione della somma dovuta, nonchè - a fortiori - per preservare l'esistenza stessa del credito affidato. Pertanto non può essere esclusa a priori la responsabilità di Equitalia, assumendo che il solo legittimato e onerato ad interrompere il termine di prescrizione sia il titolare del credito. Ed anzi la responsabilità sarà addebitabile a quest'ultima, la quale potrà eventualmente dedurre elementi di colpa concorrente ai sensi dell'art. 1227 c.c.6 - ove esistente - al fine di veder ridotta l'entità del risarcimento del danno.
5. Conclusioni
La soluzione adottata dalla Suprema Corte pare coerente sia con gli istituti giuridici richiamati, sia con la ratio sottesa all'affidamento ad Equitalia dei crediti contributivi o erariali.
In primo luogo si evidenzia come in effetti si crei un vero e proprio rapporto di mandato tra il creditore e l'Agente della Riscossione, con il quale il primo affida al secondo il compito di incassare l'importo dovuto dal debitore- E' evidente come il mandatario si debba preoccupare di agire tempestivante e - ove questo non sia stato possibile o comunque non sia avvenuto - debba porre in essere tutte quelle precauzioni utili alla tutela del credito, al fine di non danneggiare gli interessi del mandante. In caso contrario è del tutto logico ravvisare un obbligo risarcitorio in capo a colui che ha determinato il danno per la propria negligenza o noncuranza.
In secondo luogo, l'affidamento dei crediti insoluti da parte degli Enti previdenziali ad Equitalia, viene effettuato al fine di delegare l'intera attività di riscossione e alleggerire il carico di lavoro degli uffici amministrativi, onde permettergli di svolgere le mansioni proprie dell'ente stesso. Dal momento dell'affidamento, dunque, Equitalia dovrà farsi carico di riscuotere e - eventualmente - interrompere il decorso della prescrizione, con la conseguenza che in mancanza dovrà rispondere dei danni cagionati dalla propria condotta omissiva.
Note e riferimenti bibliografici
1. Art. 360 co. I n.3) c.p.c.
2. Art. 19: "La prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa e di ogni relativo accessorio si compie con il decorso di dieci anni. Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli articoli 17 e 23."
3. Art. 18 co. VI, L. 576/1980 in relazione al D.P.R. 602/1973 ("La Cassa può provvedere alla riscossione dei contributi insoluti e, in genere delle somme e degli interessi di cui al presente articolo e all’articolo 17, a mezzo di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall’intendenza di finanza competente e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette.")
4. Brocardo latino con il quale viene definito il soggetto legittimato dal creditore a ricevere il pagamento al suo posto. Secondo il codice civile, l'adempimento fatto nei confronti di questo soggetto è idoneo ad estinguere il debito.
5. (Art. 1710 c.c.) - "Il mandatario e' tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato e' gratuito, la responsabilita' per colpa e' valutata con minor rigore. Il mandatario e' tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato."
6. (Art. 1227 c.c.) - "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento e' diminuito secondo la gravita' della colpa e l'entita' delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non e' dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza."