"L'OPG è un'istituzione totale. L'attributo di totalità definisce le procedure che sostengono istituzioni capaci di negare, ridurre, annientare i soggetti, i singoli, gli individui. L'istituzione è totale in quanto apparato che produce meccanismi, anche sottilissimi ed infiniti, capaci di rubare senso al sentire singolare, al tempo proprio, perfino di "sottrarre il potere" sul proprio stesso corpo".
(Peppe Dell'Acqua - Strutture, piccole e ordinate, per i veramente pericolsi, 2012)
Con queste parole lo psichiatra triestino, allievo di Franco Basaglia, definisce l'OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario): una istituzione totale messa a nudo grazie all'intervento della Commissione di inchiesta presieduta dall'ex senatore Ignazio Marino.
L'OPG appartiene al novero delle misure di sicurezza personali previste dal nostro codice penale (art. 222 c.p.) ed attualmente ospita diverse tipologie di pazienti con diverse posizioni giuridiche:
-
prosciolti per vizio totale di mente (art. 222 c.p.), dichiarati socialmente pericolosi;
-
condannati (giudicati cioè in grado di intendere e di volere al momento del reato) che durante l'esecuzione della pena sono colpiti da infermità psichica (art. 148 c.p.);
-
condannati, ma con vizio parziale di mente (art. 219 c.p.) dichiarati socialmente pericolosi, che devono eseguire un periodo di Casa di Cura e Custodia, eventualmente in aggiunta alla pena detentiva;
-
imputati, detenuti in ogni grado del giudizio e condannati che vengono sottoposti ad osservazione psichiatrica a norma dell'art. 99 DPR 431/76 per un periodo non superiore a 30 giorni;
-
imputati ai quali sia stata applicata una misura di sicurezza provvisoria (art. 206 c.p., 312 c.p.p.), in considerazione della loro presunta pericolosità sociale, ed in attesa di un giudizio definitivo;
-
imputati sottoposti a perizia psichiatrica (raramente in quanto essa dovrebbe essere svolta in carcere);
-
imputati colpiti durante il giudizio da malattia mentale tale che essi non siano più in grado di attendere utilmente al procedimento (categoria peraltro virtualmente non più presente in quanto il ricovero e trattamento di tali soggetti compete al Servizio Psichiatrico Pubblico come previsto dall'art. 70 del c.p.p.).
Sul territorio italiano sono presenti attualmente sei strutture adibite ad Ospedale Psichiatrico Giudiziario, le quali si trovano a Castiglione delle Stiviere (MN), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (FI), Napoli, Aversa (CE), Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Pur essendo istituti deputati al trattamento di soggetti autori di reato affetti da malattia mentale questi sono gestiti (ad eccezione di Castiglione delle Stiviere) dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e non dal servizio sanitario. Il personale è quindi composto da guardie penitenziarie, per la maggior parte e da personale medico, risultando tuttavia quest'ultimo in numero insufficiente rispetto alle esigenze presentate.
Solo grazie al dibattito politico e mediatico suscitato dal video reso pubblico dalla Commissione di inchiesta nel 2010 sono intervenute riforme legislative di apparente ampio respiro volte a porre fine a questo inferno dimenticato. Malati di mente legati mani e piedi a un letto provvisto di un foro per far defluire feci ed urine in una pozza sottostante, pochi e fatiscenti servizi igienici, bottiglie d'acqua conservate nel wc per mantenerle fresche. Queste sono solo alcune delle situazioni limite rilevate dai membri della Commissione.
La chiusura definitiva degli OPG è fissata al 1° aprile 2015 (l. 30 marzo 2014, n. 81), data dalla quale dovrebbe intervenire, salvo nuove proroghe, la presa in carico dei pazienti internati da parte del SSN. Le nuove strutture nelle quali saranno indirizzati i pazienti ritenuti non dimissibili sono state denominate REMS (acronimo di Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza) e saranno dislocate in ogni regione italiana in modo tale da poter permettere l'avvicinamento del paziente al territorio di residenza.
La dott.ssa Nadia Compostella, psichiatra presso l'OPG di Castiglione delle Stiviere, ha affermato che per poter arrivare ad un definitivo superamento dell'istituzione totale occorrerebbe, in primis da parte della comunità, una maggiore presa di coscienza del fenomeno. Non si tratta solo di autori di reato riconosciuti socialmente pericolosi ma di persone, molte delle quali hanno alle spalle vissuti spaventosi di violenze, abusi ed emarginazione. Per questi soggetti, nella maggior parte dei casi, la commissione del reato costituisce una rivolta verso un sistema che non riconoscono come proprio. La difficoltà di ritrovare solidi legami con le famiglie, quasi sempre non disposte a riaccoglierli una volta cessata la pericolosità, costituisce una tra le prime cause di infinite proroga, le quali hanno portato al conio dell'appellativo "ergastolo bianco".
A seguito della difficoltà di individuare percorsi alternativi all'internamento tout court si sono innescati circoli viziosi per i quali gli rei, magari dopo dieci/ venti anni di internamento e temendo il reinserimento in società, sono dimessi dalla struttura ed una volta inseriti nella compagine sociale mostrano ulteriori segni di cedimento mentale, i quali portano ad una nuova valutazione di pericolosità sociale.
Il problema di fondo risulta essere costituito non tanto dalla necessità di una chiusura formale delle strutture denominate OPG in favore di nuove, ridotte, istituzioni che prenderanno il nome di REMS. Ci troveremmo davanti all'ennesima truffa delle etichette confezionata dal nostro Legislatore. Occorre che il superamento dell'OPG sia inteso come possibilità di revisione di una trama normativa oramai troppo datata, basti notare come il nostro codice penale preveda ancora l'internamento in OPG fra le misure di sicurezza personali, nonostante il percorso di questo istituto debba sostanzialmente dirsi concluso.
L'auspicio è che possa essere (finalmente) colta occasione per una ridefinizione del dettato normativo codicistico, senza la quale non è possibile prevedere un'effettiva fine ad una situazione oramai divenuta insostenibile. Questo però deve essere accompagnato dall'instaurazione di rapporti più stretti fra strutture destinate al trattamento di soggetti ritenuti "guilty but insane" e servizi sociali esterni, i quali debbono riconoscere la propria responsabilità sul tema, prevedendo programmi territoriali specifici per il reinserimento graduale in società di soggetti non più dimenticati.