Pubbl. Mer, 28 Nov 2018
Parti con domicilio in nazioni diverse: le Sezioni Unite di nuovo sulla giurisdizione per i danni da illecito civile
Modifica paginaCon la recente sentenza n. 27164 del 26/10/2018, la Corte di Cassazione civile a Sezioni Unite ha confermato che, al fine di individuare la giurisdizione su casi di responsabilità da delitto o quasi delitto (ossia da illecito civile doloso o colposo), è necessario tenere conto del luogo in cui si è verificata la lesione del diritto della vittima, a nulla rilevando il luogo ove si sono verificate o potranno verificarsi delle conseguenze dannose indirette. Ciò, in applicazione del Regolamento CE n. 44/2001 art. 5 n. 3, nonché del medesimo articolo della Convenzione di Bruxelles del 27/09/1968.
Sommario: I. Il Fatto; II. La decisione della Corte; III. Analisi; IV. Conclusioni.
I. Il Fatto
L'arresto in esame riguarda il caso di una stazione radio, con sede a Trieste, che aveva ottenuto dal giudice italiano la condanna per le illegittime interferenze da parte del segnale di un'altra stazione, la quale trasmetteva legittimamente dalla Slovenia; quest'ultima, ricorrendo per cassazione, aveva denunciato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Secondo la ricorrente, infatti, il giudice del nostro Paese si era pronunciato nei confronti di una società straniera al di fuori dei casi previsti dalla legge. Pertanto, ai sensi degli artt. 2 comma 1 e 5 n. 3 del Regolamento CE n. 44 del 2001 (sostituiti ora dagli artt. 4 comma 1 e 7 n. 2 del Regolamento UE n. 1215/2012) nonché dell’art. 21 c.p.c., il foro competente avrebbe dovuto essere quello di Tinjan, in Slovenia, con riferimento al luogo ove era avvenuto il fatto denunciato con l’azione possessoria e di danno temuto.
II. La decisione della Corte
la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha invece ritenuto corretta la giurisdizione italiana, in virtù del fatto che "l'illiceità di quella trasmissione si è realizzata in Italia, a causa della sua interferenza con il segnale di irradiazione di onde elettromagnetiche dall'impianto italiano legittimamente appartenente [alla stazione triestina]".[1]
Argomentano gli ermellini che l’art. 5 n. 3 del Regolamento CE n. 44/2001 individua come luogo dell’“evento dannoso”, da cui far discendere la giurisdizione, quello ove si sia verificata la “lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo ove si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future di tale lesione.”[2]
Pertanto, non essendo possibile rinvenire nel foro di parte ricorrente né il luogo dove si è verificata la lesione del diritto né quello dove è avvenuto il “danno iniziale”, la giurisdizione dovrà correttamente essere radicata in Italia.
III. Analisi
Si premette che le disposizioni del Regolamento CE n. 44/2001 sono da intendersi intercambiabili con quelle della Convenzione di Bruxelles del 27.09.1968, avendo pressoché identica formulazione[3].
Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite reiterano l’orientamento espresso in altre occasioni in tema di giurisdizione sui danni da delitto o quasi delitto, inteso come illecito civile doloso o colposo[4]: esso è incentrato sulla distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza. Al primo corrispondono le definizioni di luogo del compimento dell’azione dannosa e luogo del danno iniziale; queste ultime – come vedremo – possono essere coincidenti o meno a seconda del caso concreto.
Come detto, la materia in esame non è nuova alla Corte di Cassazione e alle sue Sezioni Unite.
Si veda infatti Cass. Civ., Sez. Un., Ord. n. 8571 del 28/04/2015, la quale interpreta l’art. 5 della succitata Convenzione di Bruxelles nel senso che “il luogo dell’evento dannoso coincide sia con il luogo ove l’azione è stata compiuta, sia con il luogo del c.d. danno iniziale; con simmetrica esclusione, invece, ai soli fini della giurisdizione, della rilevanza del c.d. danni conseguenza.”[5]
Ancora, Cass. Sez. Un. Ord. n. 876 del 22.05.2012 fornisce un chiaro esempio di distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza. Nel caso di alcune società che avevano subìto un depauperamento in seguito all’acquisto di alcuni titoli sulla base di un rating completamente errato, la Suprema Corte ha ritenuto che il luogo in cui l’evento dannoso era avvenuto fosse quello dove erano stati acquistati i titoli “ad un valore superiore all'effettivo (valore desumibile, appunto, dal rating fissato dalle società intimate), senza che al riguardo assuma alcun rilievo né il luogo in cui ha sede la banca depositaria dei titoli stessi […], né quello in cui il rating è emesso.”[6]
L’impostazione seguita dal giudice di legittimità è coerente con quanto a più riprese stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
In Primis, si veda la Sentenza del 30/11/1976 causa C-21/76, che ha gettato le fondamenta per l’applicazione del principio in parola, chiarendo che qualora il luogo in cui è stata compiuta l’azione generatrice di danno non corrisponda a quello in cui il danno è sorto, è data possibilità all’attore di scegliere se proporre citazione tanto presso il foro del primo luogo quanto del secondo.
Infatti,[7] la responsabilità in materia di delitti o quasi delitti può esistere solo qualora sia accertabile un nesso causale tra condotta e danno: il luogo del fatto generatore di danno, pertanto, può essere un valido collegamento non meno del luogo in cui il danno è sorto. Argomenta il giudice europeo che ciascuno dei due criteri summenzionati può essere utile dal punto divista della prova e del processo; e che un’interpretazione che legittimi solo uno dei due potrebbe ingenerare “possibile confusione, in un ragguardevole numero di casi, fra le competenze rispettivamente contemplate dagli artt. 2 e 5, 3°, della convenzione [di Bruxelles del 27.09.68], di guisa che quest'ultima disposizione risulterebbe priva di ogni effetto utile.”[8]
Ancora, si veda la Sentenza 11/1/1990, C-220/88, nella quale la Corte di Lussemburgo ha rappresentato che la Convenzione di Bruxelles del 27.09.1968, all’art. 2, stabilisce come regola generale la competenza dei giudici del domicilio del convenuto, salvo poi prevedere - alla sezione II del titolo 2 - una serie di attribuzioni speciali di competenze: tra di esse, relativamente ai casi di delitto o quasi delitto, figura anche quella del “luogo ove l’evento dannoso è avvenuto”, ai sensi dell’art. 5 n. 3.
L’esercizio di queste competenze speciali, continua il giudice europeo, non può prescindere da una interpretazione del dato normativo che escluda il rischio di moltiplicazione dei fori competenti. Ugualmente, la Convenzione in esame non potrà essere interpretata in modo tale da riconoscere la giurisdizione nel foro di parte attrice, salvo appunto i casi tassativamente previsti dal medesimo dettato normativo.[9]
Giurisprudenza comunitaria più recente si muove in continuità con quanto detto e fornisce esempi di individuazione del luogo dell’evento dannoso.
Ad esempio, nelle Conclusioni dell’Avvocato Generale Philippe Léger del 15/01/2004 alla causa C-168/02, si afferma che “l'espressione ‘luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto’ non comprende il domicilio dell'attore in cui sarebbe ubicato il suo "centro patrimoniale" e in cui egli afferma di avere subito un danno finanziario che avrebbe inciso sul suo patrimonio complessivo, a causa della perdita di taluni elementi di quest'ultimo avvenuta e da lui subita in un altro Stato contraente”[10]
Ciò in quanto uno degli obiettivi della Convenzione di Bruxelles del 1968 è l’attribuzione di competenze certe e prevedibili: ricollegare il luogo di verificazione del danno al “centro patrimoniale” della parte lesa significa tradire questo scopo essenziale, visto che il domicilio o il “centro patrimoniale” potrebbero variare a discrezione dell’attore. Siffatta interpretazione potrebbe incoraggiare l’osteggiata pratica del forum shopping, consentendo a parte lesa di scegliere il foro ad essa più conveniente spostando il proprio domicilio o “centro patrimoniale”.
Ancora, la Sentenza n. 16/07/2009, C-189/08 effettua una chiara analisi della differenza tra “luogo dell’azione generatrice di danno” e “luogo dove è sorto il danno”, qualora essi non siano coincidenti.
Nel caso concreto, un’impresa produttrice di fertilizzanti aveva acquistato un materiale rivelatosi poi contaminato. Ne era risultato un fertilizzante inutilizzabile che aveva provocato un danno alla azienda produttrice. Le parti non avevano contestato che il fatto generatore di danno fosse avvenuto nel luogo dove il materiale fallato era stato prodotto. Ma, non vi era concordia su quale fosse il luogo in cui era sorto il danno.
Il giudice territoriale aveva decretato che anche quest’ultimo corrispondesse al luogo di produzione del materiale, ritenendo infatti che l’elemento decisivo fosse il presunto comportamento colposo dell’impresa che lo aveva prodotto.
La Corte di Giustizia ha invece rinvenuto che dovesse radicarsi la giurisdizione nel luogo del danno iniziale “in ragione del normale utilizzo del prodotto ai fini cui esso è destinato”[11], ossia nel luogo ove era stato prodotto il fertilizzante impiegando l’elemento difettoso.
Ancora, nelle Conclusioni dell’Avvocato Generale Michal Bobek del 8/5/2018 alla causa C-304/17,[12] viene ribadito che il luogo in cui si è concretizzato il danno è quello in cui si è verificato il pregiudizio diretto agli interessi giuridicamente tutelati di un soggetto. Risultano perciò esclusi i pregiudizi indiretti e derivanti dal danno iniziale.
Coerentemente con questo principio, l’Avv. Generale conclude che: “Nel caso di un’azione concernente un atto illecito consistente nel rendere false dichiarazioni mediante pubblicazione di un prospetto asseritamente lacunoso, relativo a certificati rappresentativi di titoli al portatore che possono essere acquistati su uno specifico mercato secondario nazionale e che comportano una perdita da investimento, la nozione di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretata nel senso che esso si colloca nello Stato membro, del quale copre l’intero territorio, in cui detti certificati hanno potuto essere validamente sottoscritti, nonché come il luogo in cui un investitore sul mercato secondario, quale la ricorrente, ha assunto, sulla base di un prospetto asseritamente lacunoso, un’obbligazione giuridicamente vincolante ed esecutiva a investire.”[13]
Analizzando la giurisprudenza di Corte di Giustizia, è pertanto possibile determinare alcuni aspetti fondanti della questione in esame.
- In primo luogo, non è possibile interpretare la Convenzione di Bruxelles o il Regolamento in esame in modo da radicare la giurisdizione presso il foro di un luogo dove siano avvenute conseguenze dannose indirette.
- In secondo luogo, Come esplicitato da numerose pronunce[14], l’elemento centrale nonché la ragione stessa delle competenze speciali ex capo 2 sezione II del Regolamento CE n. 44/01 (ovvero della Convenzione di Bruxelles 27/09/1968), è “l'esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra una data controversia e giudici diversi da quelli dello stato del domicilio del convenuto, che giustifica un'attribuzione di competenza a detti giudici ai fini della buona amministrazione della giustizia e dell'economia processuale.”[15]
- Inoltre, in materia di illecito civile doloso o colposo (c.d. delitti o quasi delitti) “il giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire è in genere il più idoneo a pronunciarsi, in particolare per motivi di prossimità alla controversia e di facilità nell’assunzione delle prove.”[16]
- Ancora, vista la natura eccezionale delle suddette deroghe, esse dovranno venire interpretate in modo autonomo e restrittivo, affinché sia esclusa una interpretazione che ecceda dalle ipotesi previste dal Regolamento ovvero dalla Convenzione in parola.[17] Implicando che vadano evitate individuazioni del luogo della lesione che consentano all’offeso di praticare il c.d. forum shopping. Lo scopo delle norme in esame è infatti quello di garantire attribuzioni di competenza certe e prevedibili.
- Infine, l’individuazione del luogo in cui avviene l’evento dannoso - nelle sue due coniugazioni - richiederà intuitivamente un’analisi del fatto concreto da parte del giudice: l’interprete sarà chiamato ad effettuare una scansione di avvenimenti conseguenziali che spaziano tra più nazioni, al fine di valutare se vi sia effettivamente la possibilità di applicare la deroga e se la giurisdizione sia stata radicata sulla base dell’evento (dunque del luogo) corretto nonché nel rispetto delle regole di elaborazione giurisprudenziale appena viste.
IV. Conclusioni.
Tornando alla sentenza della Suprema Corte oggetto del nostro articolo, i giudici hanno in questo caso ritenuto che il Paese da cui provenivano le onde radio fosse irrilevante al fine di determinare la corretta applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27/09/1968 e delle identiche norme europee. Correttamente, il giudicante ha considerato applicabile la deroga ex art. 5 n.3 Regolamento CE n. 44/2001 alla regola generale del foro del convenuto: il “luogo dove l’azione è stata compiuta” è stato infatti ricondotto al luogo dove è avvenuta l’interferenza, piuttosto che a quello di provenienza del segnale (oltretutto trasmesso legittimamente) o a quello dov’era avvenuto il fatto denunciato con l’azione possessoria. A ciò si unisce, come logica conseguenza, che in questo caso anche il “danno iniziale” sia sorto nel medesimo luogo.
Al contrario, nessuna delle due accezioni del “luogo dell’evento dannoso” può comportare un radicamento della legislazione nel Paese della ricorrente.
A ciò si unisca – come ha fatto notare la Corte nel suo giudizio[18] – che la soluzione adottata è coerente con l'art. 6 del Regolamento CE n. 864 dell’11/07/2007 che, in tema di concorrenza sleale, individua come legge applicabile quella del “paese sui cui territorio sono pregiudicati, o rischiano di esserlo, i rapporti di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori”. Ugualmente, l’interpretazione degli ermellini si pone in continuità con l'art. 51, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 219, secondo il quale il possesso dei beni mobili e immobili è regolato dalla legge dello Stato in cui il bene si trova: pertanto il foro competente risulterebbe l’Italia anche in relazione alla tutela possessoria.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cass. Civ. Sez. Un. Sent. n. 27164 del 26/10/2018, para 1.1.
[2] Vedi nota 1.
[3] Cfr. Corte di Giustizia Europea, Sent. n. 16/07/2009, C-189/08, para. 19; Cass. Civ. Sez. Un. Ord. n. 23593 del 22/11/2010, “in diritto”.
[4] Cass. Civ. Sez. Un. Ord. n. 876 del 22/05/2012, “Considerato in diritto”.
[5] Cass. Civ., Sez. Un., Ord. n. 8571 del 28/04/2015, “Motivi della decisione”.
[6] Cass. Civ., Sez. Un., Ord. n. 876 del 22/05/2012, “Considerato in diritto”.
[7] Corte UE, Sent. n. 30/11/1976, C-21/76, parr. 15-19.
[8] Corte UE, Sent. n. 30/11/1976, C-21/76, para 20.
[9] Corte UE, Sez. VI, Sent. n. 11/01/1990, C-220/88, parr. 18-19.
[10] Corte UE, Sez II, Conclusioni dell’Avv. Gen P. Léger del 15/01/2004, C-168/02, para. 52.
[11] Corte UE, Sez. I, Sent. n. 16/07/2009, C-189/08, parr. 32,33,38.
[12] Corte UE, Sez. I Conclusioni dell’Avv. Gen. M. Bobek del 08/05/2018, C-304/17, para. 69.
[13] Corte UE, Sez. I, Conclusioni dell’Avv. Gen. M. Bobek del 8/5/2018, C-304/17, para. 82
[14] Cfr., ex multis, Sent. n. 5/6/2014, C-360/12; Sent. n. 10/09/2015, C-47/14; Sent. n. 21/05/2015, C-352/13; Sent. n. 16/06/2016, C-12/15.
[15] Corte UE, Sez. VI, Sent. n. 11/1/1990, C-220/88, para. 17.
[16] Corte UE, Sez. II, Sent. n. 16/06/2016, C-12/15, para. 27.
[17] Corte UE, Sez. II, Sent. n. 16/06/2016, C-12/15, para. 25.
[18] Vedi nota 1.