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Pubbl. Gio, 26 Mar 2015

Usufrutto successivo e sostituzione fedecommissaria: fino a che punto sono correlati?

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Emilia Senatore


Da sempre l´usufrutto successivo e la sostituzione fedecommissaria sono visti come istituti legati fra loro. Facciamo chiarezza sulla loro storia e la loro attuale regolamentazione.


L’usufrutto[1] successivo è disciplinato ai sensi dell’art 698 del c.c. e trova la sua collocazione, tradizionalmente, nella disciplina dettata in materia di sostituzione fedecommissaria.

Detto anche improprio, consiste nell’attribuzione a favore di una pluralità di soggetti di altrettanti diritti, in modo che ciascuno possa godere di un determinato bene successivamente all'estinzione del diritto di chi lo precede, secondo un ordine prestabilito[2].

L’ordinamento considera l’usufrutto successivo in due diverse disposizioni: l’una (art. 698 c.c.) relativa al testamento, l’altra (art. 796 c.c.) alla donazione.

L'articolo 698 c.c. riproduce in maniera pressoché letterale la disposizione contenuta nell'articolo 901 del codice del 1865, che a sua volta si rifaceva ai corrispondenti articoli del Codice Albertino e delle Costituzioni Piemontesi del 1770, ove per la prima volta il legislatore ha regolato l'istituto . Anche l'articolo 796 c.c. ripropone sostanzialmente il contenuto dell'articolo 1074 del codice previgente, che a sua volta richiamava l'articolo 90 delle leggi sarde, poi confluite nell'articolo 1149 del Codice Albertino. Le disposizioni citate denotano un chiaro sfavore in ordine alla costituzione dell’usufrutto successivo per atto di ultima volontà e per donazione; manca invece una disciplina normativa per gli altri atti tra vivi. L'orientamento tradizionale, probabilmente tuttora prevalente, considera il divieto di usufrutto successivo quale applicazione del divieto di sostituzione fedecommissaria, riconoscendo ai due istituti un fondamento comune, consistente nella necessità di evitare la perpetuazione della separazione delle facoltà di godimento dal diritto di proprietà, al fine di assicurare il migliore e più razionale sfruttamento e la libera circolazione dei beni[3].

Alcuni autori avvicinano i due istituti tra loro per diverse ragioni:

- per il fatto di condividere il comune fondamento di impedire una prolungata dissociazione tra proprietà e godimento in forma reale, con pregiudizio per la libera circolazione ed il miglior impiego dei beni;

- per l'affinità del risultato pratico consistente nel prestabilire un ordine successivo di godimento;

- nonché per il rischio che attraverso la costituzione di usufrutti successivi si eluda l'applicazione del divieto del fedecommesso.

L'inquadramento del divieto dell'usufrutto successivo nell'ambito della sostituzione fedecommissaria induce i commentatori a concludere che la regola di disciplina contenuta nell'articolo 698 c.c. trovi applicazione anche per  l'articolo 795 c.c., relativo  alle donazioni[4].

Tuttavia la fattispecie vietata, ex art. 698 c.c., ha una struttura radicalmente diversa dalla sostituzione fedecommissaria. Manca in essa l’obbligo di conservare per restituire, poiché l’ usufrutto è un diritto che si estingue alla morte del titolare. Il legislatore pone un divieto in relazione al diritto di usufrutto successivo. Pur volendo ammettere, per ipotesi, l’ usufrutto successivo, non si potrebbe mai parlare di successione nel medesimo diritto di un soggetto ad un altro, quanto piuttosto di costituzione di un nuovo diritto in capo ai successivi chiamati.[5]

L’usufrutto successivo tende a realizzare, come dice lo stesso termine, l’ attribuzione del diritto di godimento ad una determinata persona, e alla morte di questa, ad un’ altra o a più persone contemporaneamente. Per comprendere la portata di tale divieto, bisogna tener presente che nell’intenzione del de cuius, il secondo o gli altri usufruttuari acquisteranno il diritto di godimento dal de cuius, e non per successione dal precedente usufruttuario, perché, ai sensi dell’ art 979, l’usufrutto si estingue alla morte dell’usufruttuario[6].

Un ulteriore orientamento, che si è diffuso nella dottrina più recente, sostiene che l'accostamento tradizionale tra usufrutto successivo e sostituzione fedecommissaria, si è creato solo per ragioni storiche e non in base ad un reale fondamento comune.

Di struttura diversa è l’usufrutto congiuntivo, consentito e talvolta espressamente previsto dall’ordinamento (art 324 c.c.); mentre nell’usufrutto successivo si ha un usufruttuario uno dopo l’altro, in quello congiuntivo tutti sono contemporaneamente titolari del diritto di godimento, e il nudo proprietario non potrà giovarsi della morte dei singoli usufruttuari, fino a quando resterà un solo usufruttuario superstite. Il divieto di usufrutto successivo si estende anche ai casi di donazione sia mortis causa a titolo oneroso che inter vivos.

Nell’usufrutto congiuntivo vi sarebbe un interesse unitario e attuale, ancorché appartenente a più soggetti, idoneo a giustificare la separazione[7].

L’usufrutto successivo vietato è quello disposto alla morte dei singoli chiamati; se invece sono lasciati successivamente tanti usufrutti a termine iniziale e finale, la disposizione è valida, sempre che i chiamati siano capaci di succedere[8]. Sotto questo profilo può realizzarsi un collegamento con il fedecommesso quando la sostituzione sia disposta per il tempo della morte dell’ istituito.

L’istituto della sostituzione fedecommissaria viene disciplinato dagli artt. 692 - 699 del codice civile. La denominazione dell’istituto in analisi  conserva l’originaria denominazione del medesimo di origine romana, in base al quale il de cuius affidava alla fede dell’erede, nominato nel testamento, di trasmettere i beni ricevuti, dopo averli goduti in vita, ad un’altra persona designata dall’originario testatore. Essa viene definita anche sostituzione indiretta od obliqua[9].

Con il termine fedecommesso o sostituzione fedecommissaria si indica la disposizione con la quale il testatore impone all'erede o al legatario (istituito) l’obbligo di conservare i beni ricevuti per restituirli, alla sua morte, ad un'altra persona (sostituito) designata dal testatore medesimo. Esso rappresenta uno strumento assai efficace per mantenere integro il patrimonio ereditario e trasmetterlo di generazione in generazione.

Oggi l’istituto del fedecommesso, seppur ammesso nel nostro ordinamento giuridico, persegue finalità diverse da quelle perseguite in passato.
È la Legge n. 151 del 1975 di riforma del diritto di famiglia che ha, infatti, modificato profondamente l'istituto fedecommissario, incidendo non solo sugli elementi strutturali, ma anche sul suo contenuto, alterandone, quindi, la ratio. Possiamo definirlo come una sorta di premio per chi ha avuto cura di una persona in stato di interdizione, poiché gli assicura un vantaggio ereditario derivante da una successione testamentaria apertasi a favore dell’ incapace[10].

Gli elementi costitutivi della fattispecie sono sostanzialmente - considerati anche come presupposti di validità della fattispecie-:

  • duplice chiamata;
  • l’ ordine successivo;
  • l’obbligo dell’ istituito di conservare per restituire;
  • la cura dell’ incapace[11].

Dal punto di vista dell’istituito, sono previsti ulteriori requisiti: egli deve essere il figlio ed interdetto, discendente in linea diretta o coniuge del testatore (determinando in questo  modo la finalità assistenziale)[12].

Ciò detto, l’usufrutto successivo è valido solo nei confronti di coloro che si trovano primi chiamati a goderne. La norma viene interpretata nel senso che la disposizione ha effetto nei confronti di chi può adire di fatto il lascito, anche se non è di fatto il primo chiamato, si pensi ad esempio, al legato chiamato a seguito della premorienza o rinuncia del precedente chiamato testamentario.

Vi è un orientamento dottrinale che afferma che la tesi del divieto di usufrutto successivo riguardi gli incapaci ex art. 462 bis e sarebbe, poi, valida la disposizione successiva del diritto in favore di più soggetti, purché capaci a succedere.

Tuttavia, questo orientamento non è condiviso per diverse ragioni. In primis non sembra che la legge preveda tale ricostruzione ed interpretazione della norma ed in secundis in tale ottica non si comprenderebbe l’ utilità della norma, la quale sarebbe una semplice ripetizione dell’art. 462 del c.c. In effetti la diatriba dottrinale si crea per la difficoltà di comprendere perché il legislatore ammetta la piena validità dell’ usufrutto congiuntivo (che comporta il distacco della nuda proprietà dall’usufrutto per un tempo pari alla vita del più longevo dei cousuffruttuari) mentre sancisce la nullità dell’usufrutto successivo disposto in favore di più soggetti capaci di succedere al testatore, la cui durata della separazione dalla nuda proprietà è assolutamente identica alla prima.[13]

La sostituzione fedecommissaria è vietata perché impone vincoli alla proprietà fondiaria, alla libera circolazione dei beni ed alla libertà di alienare e di testare, rimanendo a tal fine irrilevante il fatto che il primo chiamato sia erede e l’ altro debba ricevere un determinato bene[14]. Il rispetto della volontà del testatore non può, pertanto, estendersi sino al punto di sottrarre alla sanzione di nullità una disposizione contra legem[15].

In presenza di una norma proibitiva è necessario individuare la sua ratio, in modo tale da percepire se il legislatore abbia voluto impedire un determinato risultato economico ovvero colpire lo strumento giuridico idoneo a conseguirlo.

Lo scopo economico cui è rivolta la sostituzione fedecommissaria, in effetti, può essere soddisfatto anche tramite una disposizione testamentaria che attribuisce separatamente l'usufrutto vitalizio e la nuda proprietà. Occorre, semplicemente, distinguere se si sia in presenza di lasciti separati di usufrutto e nuda proprietà sullo stesso bene.

Solo il fedecommesso comporta l’obbligo della cura dell’istituito - interdetto e può avere ad oggetto beni che costituiscono la legittima.

L’attribuzione separata dell’usufrutto e della nuda proprietà sono due disposizioni dirette e simultanee e non in ordine successivo. I chiamati infatti succedono entrambi al testatore; la consolidazione dell’usufrutto alla morte del beneficiario di tale diritto non è un effetto della successione ma della vis espansiva della proprietà.

Infatti in sede di interpretazione del testamento per stabilire se ci troviamo in presenza di un’attribuzione separata e simultanea a soggetti diversi della nuda proprietà e dell’usufrutto dei beni ereditari oppure, al contrario, se è stata configurata una sostituzione fedecommissaria di colui che sia stato designato erede universale sempre in virtù di una chiamata duplice secondo un ordine successivo, non bisogna limitarsi all’interpretazione della formula “vita natural durante”[16].

Una attribuzione ad una persona “vita natural durante” e successivamente ad altri di un determinato bene, per il principio ex art. 1367 c.c. di conservazione, dovrà considerarsi come una attribuzione separata dell’usufrutto e della nuda proprietà per potersi  considerare valida.

In questo modo si realizza lo stesso risultato del fedecommesso, configurando la c.d. « doppia vocazione » vietata, ma senza violare il divieto del comma 5 del 692 c.c.

Il fondamento del divieto della sostituzione fedecommissaria, colpita da nullità, è costituito dall'esigenza di mobilità della ricchezza che vuole la libera circolazione dei beni[17].

Il divieto dell’usufrutto successivo  si collega a quello della sostituzione fedecommissaria ed è di ordine pubblico. Si ispira anch'esso all’esigenza di evitare che siano frapposti ostacoli alla libera circolazione dei beni, mediante l’imposizione di vincoli di durata molto lunghi o, addirittura, indeterminata[18]. Secondo la dottrina dominante l’usufrutto successivo e la sostituzione fedecommissaria portano ad un’eccessiva compressione della proprietà nel tempo ed ad una incommerciabilità  di fatto dei beni.

Note e riferimenti bibliografici

[1] L’usufrutto è un diritto reale che permette all’ usufruttuario di godere della cosa e di trarne qualsiasi altra utilità, rispettandone la destinazione economica. Art 981 c.c.. Si tratta di un diritto reale che limita quasi totalmente le facoltà del proprietario.  Può avere oggetto beni mobili, titoli di credito (come le azioni), ma anche aziende, universalità prodotti dell'ingegno oltre a, ovviamente, ai beni immobili.

In genere tale diritto ha ad oggetto beni inconsumabili, ma può esserci usufrutto anche su beni consumabili (art. 995 c.c.). 
In questo caso l'usufruttuario non potrà certo restituire la stessa cosa ricevuta ( pensiamo che oggetto dell'usufrutto siano delle caramelle) ma un'altra di uguale quantità o qualità o pagare il valore del bene. 
Si parla in questi casi di "quasi usufrutto" e si discute se questo possa esistere da solo o riguardi beni che sono compresi in un più vasto usufrutto di beni inconsumabili (primo comma dell'art. 995 c.c.). La dottrina è in prevalenza per la prima ipotesi. Cfr Alberto Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, CEDAM, 2009.

[2] Lorenzo Stucchi, L’usufrutto successivo negli atti tra vivi, Riv. Not., fasc 1, 2011, p.81.

[3] Lorenzo Stucchi, L’usufrutto successivo negli atti tra vivi, Riv. Not., fasc 1, 2011, p.81.

[4] Lorenzo Stucchi, L’usufrutto successivo negli atti tra vivi, Riv. Not., fasc 1, 2011, p.81.

[5] Pietro Rescigno, Successioni e Donazioni, vol. I, CEDAM, 1994, p. 1175.

[6] Vincenzo Carbone, DIGESTO delle Discipline Privatistiche-Sezione Civile- Editrice Torinese, 1998, Torino.

[7] Lorenzo Stucchi, L’usufrutto successivo negli atti tra vivi, Riv. Not., fasc 1, 2011, p.81.

[8] Pietro Rescigno, Successioni e Donazioni, op. cit., CEDAM, 1994, p.1174. L’A. ritiene che sia irrazionale non ammettere la validità di tale lascito quando è pacificamente ritenuto lecito il legato di proprietà a termine.

[9] Vincenzo Carbone, DIGESTO delle Discipline Privatistiche – Sezione Civile – Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1998, p. 633.

[10] Luisa Zangrando, Il fedecommesso assistenziale, Tutela Patrimoniale e legale, in Mobilità n.28, anno 5, 13 marzo 2014.

[11] G. Chinè, M. Frattini, A. Zoppini, op. cit., Roma 2014, p,492, richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione, che espressamente va ad elencare gli elementi costitutivi la fattispecie: Cass., 20 dicembre 1969, n. 4016; Cass. 18 settembre 1998 n.9320; Cass. 12 febbraio 2000, n.1573; Cass. 18 luglio 2005 n.1513. 

[12] È proprio la finalità assistenziale che deroga il principio di intangibilità della legittima ex art 692 c.c.:il fedecommesso è valido anche per i beni che costituiscono la quota di legittima. Tuttavia si discute in dottrina se la posizione soggettiva dell’ istituito possa essere rivestita non soltanto da un soggetto che sia interdetto ma anche nel caso di amministrazione di sostegno ex art 404 e ss c.c..  La dottrina maggioritaria esclude l’applicazione automatica della sostituzione fedecommissaria in caso di amministrazione di sostegno, salvo che il giudice tutelare abbia provveduto ai sensi dell’ art 411, ultimo comma, c.c. Cfr. G. Chinè, M. Frattini, A. Zoppini, Manuale di diritto civile. Op. cit., Nel Diritto Editore, Roma, 2014.

[13] Pietro Rescigno, Successioni e Donazioni, op. cit., CEDAM, 1994, p.1174.

[14] Sentenza della Corte di Cassazione, 7 giugno 1954, n. 1857.

[15] Sentenza della Corte di Cassazione, 27 ottobre 1973 n.2797, in Foro it., 1974, fasc 1, 2771.

[16] Sentenza della Corte di Cassazione 18 -7- 2005, n. 15130, rv. 581664.

[17] Valerio Moscatelli, Attribuzione simultanea dell’ usufrutto successivo e della nuda proprietà sugli stessi beni relitti. Rassegna di Giurisprudenza. Simoutaneus assignement of the use of the same in Inheritance. Report of Italian Case law, in Giust. Civ., fasc 3-4, 2013, p. 121.

[18] Sentenza della Suprema Corte di Cassazione, 14 maggio 1962, n. 1024, in Foro It., 1962, I, 874. Cfr Cass. 21 gennaio 1985, n.207.