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Pubbl. Dom, 14 Ott 2018

Per contestare l´autenticità del testamento non occorre la querela di falso

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Federica Prato
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Napoli Federico II


La Cassazione ha stabilito che la contestazione del testamento olografo non può avvenire né con querela di falso e né con il semplice disconoscimento dell’atto, essendo necessaria una richiesta di accertamento negativo dinanzi al giudice, con onere della prova a carico di colui che contesta l´autenticità del testamento.


Sommario: 1. Successio ex testamento – 2. Testamento olografo – 3. Le teorie sulla contestazione del testamento olografo – 4. La soluzione fornita dalla Cassazione. 

1. Successio ex testamento

Nell’ambito della successione mortis causa, il negozio che ha assunto maggiore rilevanza è il testamento (nonostante i vari tentativi della dottrina di ricercare strumenti alternativi) nelle sue varie forme e tipologie, essendo questo lo strumento adibito a “definire l’assetto dei rapporti patrimoniali del de cuius per il tempo in cui questi avrà cessato di vivere.”[1]

Quanto detto è espressamente indicato nell’art. 587 c.c.[2], il quale ci sottolinea la possibilità di revocare tale negozio mortis causa nelle forme e modi ex art. 679 ss. c.c. per tutelare la libertà testamentaria; la revocabilità, però non è l’unica caratteristica del negozio in questione in quanto risulta essere: in primis, a struttura unilaterale e non recettizia, nel senso che ciò che si andrà ad accettare o meno sarà l’eredità e non il testamento, rientra nell’ambito degli atti tipici essendo – come indicato sopra – espressamente previsto dal codice civile, è un atto solenne (o formale) in virtù della previsione di determinate forme pena nullità (art. 601 ss. c.c.), a tal proposito è importante una precisazione a seguito dell’adesione da parte dell’Italia alla Convenzione internazionale di Washington del 26 ottobre 1973 - con L. 387/1990 - grazie alla quale viene introdotta la figura del testamento internazionale e dunque risulta valido anche un testamento conforme alle disposizioni di detta Convenzione anche se privo dei requisiti richiesti dal nostro codice civile, in ultimo, non bisogna dimenticare, che è il testamento è definito un atto personalissimo ed unipersonale non essendo consentita alcuna forma di rappresentanza o sostituzione e dovendo contenere le volontà unicamente del testatore.

Come detto in apertura, sono contemplate diverse forme di testamento che differiscono principalmente per le modalità di redazione; in breve si distinguono due macrocategorie, da un lato i testamenti ordinari e dall’altro i testamenti speciali.

Nella prima categoria rientrano i testamenti per atto del notaio (il testamento pubblico e quello segreto) e il testamento olografo e si distinguono da quelli rientranti nel novero dei testamenti speciali redatti in casi eccezionali e caratterizzati da particolari regole sulla loro efficacia, ovvero risultano consentiti al verificarsi di particolari situazioni come calamità naturali, epidemie, periodi di guerra e altre circostanze simili e hanno un’efficacia limitata nel tempo (v. art. 610 c.c.[3]) consentendo al testatore, di redigere un testamento ordinario una volta cessate le circostanze eccezionali, non essendoci più quindi l'esigenza di conservare gli effetti del testamento speciale.

2. Testamento olografo

Nel novero delle forme ordinarie di testamento, quello più utilizzato, per motivi di economicità e segretezza (non prevede spese notarili e ne risulta a conoscenza unicamente il testatore che l’ha redatto, salvo che egli stesso non abbia informato qualcuno), è il testamento olografo.

Disciplinato dall’art. 602 c.c. il quale recita:

“Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.

La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento”.

Dunque, tale tipologia di negozio mortis causa è caratterizzata dal fatto che il testatore, di proprio pugno e senza obbligo di un particolare rigore formale, redige interamente il testamento[4], senza omettere data o indicazione dell'esatto momento cronologico (es. Pasqua 2018) in cui è stato redatto e sottoscrizione rigorosamente olografa, è importante precisare che la sottoscrizione non per forza deve contenere l’indicazione del nome e del cognome del testatore, ma può essere costituita anche da uno pseudonimo, da una sigla o da un soprannome, purché sia riconducibile in via certa all’autore dell’atto; quindi si può riassumere dicendo che le caratteristiche di questa forma testamentaria sono tre: autografia, sottoscrizione e data, si noti bene però che, in assenza di sottoscrizione e autografia il testamento risulta nullo[5] (art. 606 c.c.), diversamente, in caso di omissione di data o in presenza di data non autografa il testamento risulta annullabile entro cinque anni dal giorno in cui si è dato esecuzione allo stesso, da parte di chiunque ne abbia interesse. 

Come indica l’art. 602 c.c., al momento della morte del testatore, il testamento olografo deve essere consegnato – da chiunque lo trovi o ne sia in possesso - ad un notaio che provvederà alla pubblicazione per portare tale atto a conoscenza dei terzi, redigendo un verbale (con la presenza di almeno due testimoni) nel quale verranno tradotte in termini giuridici le volontà del de cuius; “avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione”.

Nonostante i vantaggi legati alla gratuità e alla segretezza che offre la scelta di questa tipologia di testamento e nonostante il fatto che sia molto in uso, risulta essere “una forma testamentaria precaria”[6] in virtù delle difficoltà che possono sorgere nell’interpretazione delle disposizioni testamentarie, a seguito magari di una grafia poco chiara del testatore o dell’utilizzazione di un linguaggio poco corretto che potrebbero rendere difficoltose le attività di comprensione della volontà del de cuius, in un momento nel quale egli non potrebbe più fornire delucidazioni; inoltre nei casi in cui il testamento olografo non fosse stato depositato presso un notaio sarebbe sempre suscettibile di manomissioni o occultamenti ad opera di terzi, infatti si discute sulla conservazione presso la propria abitazione di tale testamento e dei rischi che può comportare come la sottrazione o lo smarrimento dello stesso.

3.  Le teorie sulla contestazione del testamento olografo

Sul tema del testamento olografo, un’annosa questione ha fatto discutere per anni dottrina e giurisprudenza, segnalando all’interno di quest’ultima contrastanti correnti di pensiero; ci si chiedeva se in caso di contestazione dell’autenticità di un testamento olografo – quindi qualora tale testamento fosse ritenuto falso – gli eredi potessero ricorrere al semplice disconoscimento oppure fosse necessaria la querela di falso, precisando che nel primo caso, l’onere di proporre l’istanza per la verificazione della scrittura privata risulterebbe a carico del titolare di diritti derivanti dalla scrittura testamentaria.

Come accennato, la coesistenza di due correnti di pensiero contrapposte ha creato non pochi problemi. Analizziamo adesso tali tesi:

  1. Tesi del disconoscimento: i sostenitori di tale orientamento[7] ritenevano che in caso testamento olografo non autentico, la parte che ne aveva interesse poteva operare il semplice disconoscimento dell’atto e in seguito l’erede testamentario, in capo al quale ricadeva l’onere di provare l’autenticità dell’atto (“spetta la dimostrazione della qualità di erede, mentre nessun onere, oltre quello del disconoscimento, grava sull'erede legittimo”)[8], avrebbe dovuto proporre istanza di verificazione al giudice.
  2. Tesi della querela di falso: i sostenitori di tale concezione[9], invece, ritenevano che fosse necessario ricorrere alla querela di falso per contestare l’autenticità dell’atto in virtù del fatto che il soggetto che ‘ne aveva interesse’ fosse terzo al testamento.
  3. Tesi intermedia: parte della giurisprudenza ha ritenuto che il disconoscimento fosse solo uno strumento alternativo alla querela di falso.

La scelta spettava alle parti in base agli effetti che avrebbero voluto ottenere, ovvero: in caso di semplice disconoscimento, gli effetti del testamento verrebbero rimossi solo tra le parti, diversamente, con la querela di falso, erga omnes.

La Cassazione ha risolto questa diatriba, optando per una soluzione intermedia, con due provvedimenti, il primo nel 2015 e il secondo, adibito a consolidare tale giurisprudenza, nel settembre dell’anno in corso (nel frattempo però, diverse pronunce della Cassazione avevano già richiamato quanto stabilito nel 2015).

4. La soluzione fornita dalla Cassazione

In questa sede verranno analizzate due pronunce della Suprema Corte di Cassazione, con le quali verrà risolta definitivamente l’annosa questione relativa allo strumento adatto per contestare un testamento olografo che si presume non essere autentico.

È nel 2015 che le Sezioni Unite[10] prendono per la prima volta posizione sul tema e lo fanno in maniera determinante affermando che: colui il quale intende impugnare un testamento olografo – in qualità di successore – non può ricorrere né alla querela di falso e né al semplice disconoscimento dell’atto, essendo necessaria una richiesta di accertamento negativo dinanzi al giudice, assumendosi, però l’onere probatorio (secondo le regole del diritto processuale civile, spetta all’attore l'onere di provare l'inesistenza di uno dei più fatti costitutivi o l'esistenza di uno dei fatti impeditivi o estintivi del diritto del convenuto).

Le motivazioni che hanno spinto a tale decisione sono tre:

  1. da un lato nasce l’esigenza di non allargare i confini del testamento olografo e confinarlo nell’ambito delle scritture private ed evitare di dover cercare degli elementi per distinguere le scritture private con valenza probatoria in quelle con incidenza sostanziale e quelle con rilevanza processuale;
  2. si vuole evitare, inoltre, di rendere particolarmente difficile per l’attore – che si presume essere erede - dare prova della falsità del testamento in sede di disconoscimento;
  3. Infine, alla luce del principio di economia processuale, è preferibile evitare dispendio di attività giudiziaria dato che a seguito di una querela di falso potrebbe nascere un procedimento incidentale.

A questo intervento determinante, ha fatto seguito, qualche anno dopo, un’altra pronuncia, questa volta della seconda sezione civile della Cassazione in data 3 settembre 2018.

Tale giudizio sorge grazie alla contestazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 590/2014.

Nel giudizio di primo grado la parte attrice, citando in giudizio soggetti successibili ex lege, richiedeva di essere riconosciuta come unica erede della de cuius in forza del testamento olografo di quest’ultima, il quale venne prontamente disconosciuto da alcuni convenuti costituiti. Il giudizio si concludeva con il rigetto della domanda a seguito delle risultanze di una consulenza grafica, conclusioni poi confermate anche dalla Corte d’Appello di Milano.

Tra i motivi utilizzati per il ricorso in Cassazione, è il caso di citare la presunta violazione degli artt. 2702 c.c. e 221 c.p.c. in quanto la ricorrente sosteneva che per contestare l’autenticità del testamento olografo, i convenuti avrebbero dovuto utilizzare la querela di falso; tale motivo risulta infondato e la stessa S.C. richiama una precedente pronuncia[11] nella quale afferma che “la parte che contesti l'autenticità del testamento olografo non è tenuta a proporre querela di falso, ma deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo”.

Soffermandosi sulla ratio che ha spinto la giurisprudenza della Corte a consolidare tale orientamento, vediamo, quindi, che non saranno applicabili le disposizioni relative al procedimento di verificazione della scrittura privata, ma bensì dal momento in cui viene depositato in un processo il verbale di pubblicazione del testamento olografo con annessa copia dell’atto stesso, la parte che intende non riconoscere come valido tale testamento deve presentare istanza di accertamento negativo e chiedere di acquisire al processo la copia originale del testamento per poter procedere alla verifica dell’autenticità.

Note e riferimenti bibliografici
[1] F. Bocchini, E. Quadri, Diritto Privato, Giappichelli editore Torino 2014, V ed., cit. p. 1274.
[2] “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale”
[3]“Il testamento ricevuto nel modo indicato dall'articolo precedente perde la sua efficacia tre mesi dopo la cessazione della causa che ha impedito al testatore di valersi delle forme ordinarie.
Se il testatore muore nell'intervallo, il testamento deve essere depositato, appena è possibile, nell'archivio notarile del luogo in cui è stato ricevuto.”
[4]Secondo la Cass., sent. 26258/2008 il testamento olografo risulterebbe nullo qualora all’interno dello stesso fosse inserita anche una sola parola, “di sua mano” da parte del terzo.
[5]La Cassazione afferma che nel caso in cui la mano del testatore si stata guidata dalla mano di un terzo è pacifico che il testamento sia nullo. (Cass. n. 24882/2013, già da prima: Cass. n. 12458/2004; n. 7636/1991; n. 3163/1993 ). Si discute, invece se si possa parlare di assenza di autografia nei casi in cui la guida della mano sia legata a problemi di salute del testatore o da un eventuale carenza di istruzione e in pochi casi il testamento è stato ritenuto valido (Cass., sent. 32/1992).
[6] Così definita da: F. Bocchini, E. Quadri, op. cit., cit. p. 1275.
[7]V. Cass., sent. 2474/2005.
[8] Così, Cass., sent. 2474/2005.
[9] Tra tutte; Cass., sent. 16362/2003 “la procedura di disconoscimento e di verificazione di scrittura privata riguarda unicamente le scritture provenienti dai soggetti del processo e presuppone che sia negata la propria firma o la propria scrittura dal soggetto contro il quale il documento è prodotto; per le scritture provenienti da terzi, invece, la contestazione non può essere sollevata secondo la disciplina dettata dalle predette norme, bensì nelle forme dell'art. 221 e ss. c.p.c., perché si risolve in un'eccezione di falso”.
[10] SS. UU., sent. 12307/2015: “La parte che intenda contestare l’autenticità del testamento olografo prodotto in giudizio per far valere posizioni successorie ad esso ricollegabili ha l’onere di proporre la relativa domanda di accertamento negativo circa la provenienza della scrittura testamentaria, a cui è correlato, quindi, alla stregua dei principi generali in materia, anche quello di provarne i fatti dedotti a suo fondamento. Infatti, è risaputo che, in tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che – in sede di giudizio successorio in cui venga dedotto il difetto del requisito dell’olografia (previsto dall’art. 602 c.c.) - la sussistenza dell’esclusione del fatto implicante l’eccepita non autenticità di tale particolare tipo di scrittura privata deve essere riscontrata probatoriamente dalla parte che adduce detta circostanza.
Ciò significa che, a fronte di una domanda giudiziale basata sulla dedotta autenticità di un testamento olografo per far valere i connessi diritti di erede, chi – sul versante processuale contrapposto - ne eccepisce la falsità è tenuto anche a provare tale fatto per impedire l’accoglimento dell’azione di parte avversa.”
[11] Cass., SS. UU., sent. n. 12307 del 15 giugno 2015.