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Pubbl. Sab, 11 Ago 2018

Convivente vittima di sinistro stradale: il risarcimento spetta anche ai figli unilaterali del partner superstite

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Barbara Druda


La Cassazione, con la sentenza n. 15766 del 15.06.2018 si è pronunciata sulla questione concernente la risarcibilità o meno dei danni non patrimoniali derivanti dalla morte del convivente more uxorio in favore dei figli unilaterali del partner superstite.


Sommario: 1. Il caso; 2. Presupposti per la risarcibilità del danno.

1. Il caso

La vicenda trae origine da un sinistro stradale nel quale un uomo, convivente more uxorio di una donna madre di due figli, ha perso la vita.

La partner superstite e i figli unilaterali della stessa avevano citato in giudizio la società di assicurazione affinché venisse condannata al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da essi patiti in conseguenza della morte dell’uomo cagionata dall’assicurato.

Con riguardo alla risarcibilità del danno in favore dei figli, sia il Tribunale che la Corte di Appello si erano espressi negativamente. In particolare, in relazione al danno patrimoniale la Corte d’Appello lo aveva ritenuto insussistente perché le eventuali dazioni effettuate dal deceduto in favore dei figli dalla convivente dovevano considerarsi avvenute per mero spirito di liberalità. Di conseguenza, non trattandosi di aiuti economici idonei a rappresentare una garanzia per il futuro, gli stessi erano insuscettibili di qualificarsi in termini di danno patrimoniale.

Invece, il danno non patrimoniale veniva ritenuto insussistente perché nel caso di specie la convivenza aveva avuto una durata limitata, inoltre durante detto periodo i ragazzi erano adulti con conseguente impossibilità di «poterli considerare danneggiati in senso giuridicamente rilevante».

I ricorrenti, quindi, proponevano ricorso per Cassazione. Con riguardo al mancato riconoscimento del danno non patrimoniale in favore dei figli, lamentavano la violazione dell’art. 2 Cost. in relazione all’art. 2059 c.c. Essi avevano convissuto con il partner della madre per quattro anni dando così vita ad una formazione sociale meritevole di tutela ex art. 2 Cost., con conseguente lesione della loro sfera dinamico-relazionale derivante dalla morte dell’uomo. Inoltre, la difesa sottolineava che anche a non voler ritenere sussistente una lesione della sfera dinamico-relazionale, il Giudice avrebbe dovuto comunque riconoscere un danno non patrimoniale indiretto rappresentato dalla destabilizzazione della loro serenità derivante dall’infelicità della madre causata dalla morte del partner.

2. Presupposti per la risarcibilità del danno

La Cassazione ha riconosciuto la possibilità che il figlio unilaterale del partner, in caso di morte del convivente more uxorio, possa subire un danno non patrimoniale risarcibile. Tuttavia, è necessario che tra le parti non sussista un mero vincolo affettivo, bensì un vero e proprio rapporto qualificabile come famiglia di fatto[1]. La sussistenza dello stesso è desumibile da una serie di indici specificamente individuati dalla giurisprudenza di legittimità: «la risalenza della convivenza, la diuturnitas delle frequentazioni, il mutuum adiutorium, l'assunzione concreta, da parte del genitore de facto, di tutti gli oneri, i doveri e le potestà incombenti sul genitore de iure». Al ricorrere di tali elementi, il danno non patrimoniale sarà risarcibile e a tal fine, come previsto dall'art. 1, comma 49, L. 76/2016, si applicano i medesimi criteri applicabili alla famiglia de iure.

La Suprema Corte ha invece negato la rilevanza del danno non patrimoniale indiretto rappresentato dalla destabilizzazione della serenità dei figli causata della perdita di felicità del genitore in conseguenza della morte del convivente. Infatti, detto pregiudizio non rientra tra le conseguenze immediate e dirette del fatto illecito.

In conclusione, il figlio unilaterale del partner può ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla morte del convivente more uxorio del proprio genitore purché in concreto sussista un rapporto qualificabile come famiglia di fatto.

 

Note

[1] Ex multis Cass., sent. 8037/2016.