Pubbl. Gio, 12 Lug 2018
Lo Statuto ed i regolamenti degli Enti pubblici di ricerca alla luce del D. Lgs. n. 218-2016
Modifica paginaIl legislatore con il D.Lgs. n. 218 del 2016 ha oramai riconosciuto ampia autonomia statutaria e regolamentare a tutti gli Enti Pubblici di Ricerca.
Sommario: 1 La natura giuridica dello statuto e dei regolamenti degli Enti pubblici; 2 Lo statuto ed i regolamenti degli Enti pubblici di ricerca; 2.1 Gli Statuti; 2.2 I regolamenti; 2.3 Il procedimento di formazione interna; 3 La nuova procedura di adozione degli statuti e dei regolamenti prevista dal D.lgs. n. 218/2016; 4 Impugnazione degli statuti e dei regolamenti degli Enti pubblici di ricerca.
1. La natura giuridica dello statuto e dei regolamenti degli Enti pubblici.
Lo statuto è un atto normativo avente come oggetto l’organizzazione dell’ente (assetto strutturale) e le linee fondamentali della sua attività. Lo statuto è, quindi, espressione di una potestà autoorganizzatoria a carattere normativo, che può essere attribuita o allo stesso ente sulla cui organizzazione si statuisce (in questo caso si parla di autonomia statutaria), oppure ad un organo o ente diverso (cd. etero-statuti ). Le norme statutarie hanno la caratteristica di norme interne con efficacia interna in quanto sono destinate ad operare soltanto all’interno dell’ordinamento particolare da cui promanano e nei confronti dei soggetti della relativa minore entità organizzatoria e non costituiscono fonti di diritto dell’ordinamento generale[1].
La potestà statutaria di solito viene stabilita dalla legge statale o regionale che fissa l’esercizio delle funzioni o i principi fondamentali in ordine ai rapporti tra l’Ente ed i soggetti del suo ordinamento[2]
Di regola, gli statuti degli Enti pubblici sono adottati dagli Enti stessi ed approvati da un ente superiore (Amministrazione statale o Regione): tale approvazione ha la funzione di atto di controllo e condiziona l’efficacia dello statuto stesso.
Per quanto riguarda l’impugnazione degli Statuti, si applica, trattandosi di fonti formalmente amministrative e sostanzialmente normative, il regime della doppia impugnativa (dello Statuto e dell’atto esecutivo). L’atto amministrativo, attuativo ed applicativo della norma statutaria, se si pone in contrasto con quest’ultima, può essere considerato viziato per violazione di legge.
I regolamenti interni degli Enti pubblici regolano l’organizzazione interna di un organo o di un ente, obbligando solo coloro che fanno parte dell’ufficio, organo, od ente. Essi sono espressioni del potere di autorganizzazione dell’Ente o dell’organo stesso, perciò non sono fonti del diritto e la loro violazione non costituisce vizio dell’atto emanato dall’organo o ente, salvo casi eccezionali[3].
I regolamenti devono conformarsi agli atti di normazione primaria nonché a quelli di normazione secondaria che dei primi siano legittima attuazione (i quali quindi prevalgono su di essi); devono altresì rispettare le norme statutarie che sono istituzionalmente poste alla base della vita dell’ente[4]
I regolamenti sono atti formalmente amministrativi e come tali possono essere impugnati innanzi al Giudice amministrativo. Ciò che, in concreto, ostacola la loro impugnabilità è il fatto che non ledono in via immediata la sfera giuridica di un soggetto e, quindi, non sussiste (di solito) un concreto interesse a ricorrere da parte del privato. Pertanto, colui che ha interesse alla eliminazione di un regolamento o di una norma in esso contenuta, non può impugnare di per sé il regolamento (atto presupposto ), ma l’atto emanato dalla P.a. in esecuzione del regolamento (atto presupponente) allorché tale atto venga a ledere direttamente la sua sfera giuridica (cd. invalidità derivata). In occasione di tale impugnazione, potrà impugnare congiuntamente anche il regolamento di cui l’atto lesivo è applicazione (cd. doppia impugnativa).
In quei casi, invece, in cui il regolamento disponga anche in concreto e sia pertanto immediatamente lesivo di una posizione soggettiva, la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto ammissibile l’impugnativa diretta ed immediata del regolamento[5]. in quanto fonte del diritto generale ed astratta, il regolamento annullato dal Giudice amministrativo perderà la sua vigenza nei confronti della generalità dei consociati.
Secondo la giurisprudenza i caratteri che sul piano del contenuto sostanziale valgono a differenziare i regolamenti dagli atti e provvedimenti amministrativi generali, vanno individuati in ciò, che questi ultimi costituiscono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono diretti alla cura concreta di interessi pubblici, con differenti effetti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili; i regolamenti, invece, sono espressione di una potestà normativa attribuita all'Amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto vari tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano i caratteri della generalità e dell'astrattezza, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell'applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono[6]
2. Lo statuto ed i regolamenti degli Enti pubblici di ricerca
Con l’entrata in vigore del D.lgs. n. 218/2016 (cosiddetto “decreto Madia” sulla semplificazione delle attività degli Enti Pubblici di Ricerca), il legislatore ha riconosciuto ampia autonomia statutaria e regolamentare a tutti gli Enti Pubblici di Ricerca nel quadro di alcuni principi generali cui attenersi.
In particolare, la nuova normativa (cfr. artt. 3 e 4) ha introdotto una nuova fonte di normazione interna per i suddetti Enti (lo statuto) e ha ridefinito la tipologia e le procedure di adozione dei regolamenti interni (regolamenti di organizzazione, di amministrazione e contabilità, del personale).
Molti Enti di ricerca hanno dato attuazione alla suddetta normativa, trai quali si ricordi l’ENEA, l’ISTAT, l’ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE, che hanno già adottato i rispettivi statuti e sono in corso le procedure per i successivi regolamenti interni. Per altri Enti di ricerca sono ancora in corso le procedure di applicazione del d.lgs. n. 218/2016.
2.1. Gli Statuti
Gli Statuti costituiscono, dunque, la principale fonte interna di disciplina generale dell'organizzazione, del funzionamento e dei compiti degli Enti, occupando una posizione intermedia in quanto da un lato deve essere conforme a quanto stabilito dalle norme di rango primario a livello nazionale nonché dalla normativa sovranazionale (ad esempio Regolamenti degli Organi adottati dall’Unione europea), dall'altro lato dovrà essere ulteriormente integrata e specificata da regolamenti interni che dovranno essere adottati dagli Enti stessi. Si pensi, a titolo esemplificativo, che lo statuto adottato dall’Istituto Nazionale di Statistica si riferisce all’attività di ricerca finalizzata al miglioramento della qualità delle informazioni statistiche e dei processi adottati per la produzione, sviluppo e diffusione della statistica ufficiale e all’introduzione nei processi suddetti dei risultati della ricerca metodologica e tematica.
Più precisamente, l’atto statutario ricomprende in maniera organica in un unico testo tutte le disposizioni che tracciano il disegno complessivo dell'organizzazione e del funzionamento degli Enti: esso, infatti, definisce la natura dell’ente, gli scopi istituzionali, le attività ed i compiti nonché l’assetto organizzativo relativo gli organi politici ed agli organi amministrativi di vertice (nomina, designazione, numero dei componenti, ecc.) ed all’articolazione amministrativa degli Uffici e delle Strutture a livello dirigenziale introducendo eventuali elementi di novità ed aspetti di semplificazione e di integrazione rispetto alle previsioni ante riforma in conformità alla nuova normativa ed alle norme di rango superiore.
Lo Statuto di regola è integrato per la definizione di ulteriori aspetti di dettaglio da regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità, del personale e di organizzazione che sono adottati dagli Enti pubblici di ricerca nel rispetto ed in attuazione delle norme statutarie e della normativa vigente.
2.2. I regolamenti
I regolamenti anch’essi sono atti di normazione interna degli Enti pubblici di ricerca che si limitano a definire in modo dettagliato gli aspetti ed i principi fissati in linea generale dalle norme statutarie dell’Ente e nel rispetto della normativa di rango superiore. Ciò non toglie che i vecchi regolamenti previgenti alla nuova normativa possano essere modificati ed integrati dai nuovi regolamenti tenendo conto delle sopravvenute novità legislative.
In virtù del d.lgs. n. 218/2016 i regolamenti da adottare prevedono la disciplina delle materie concernenti l’amministrazione (attività contrattuale, gara di appalto, il sistema finanziario e contabile, patrimoniale ed economico (predisposizione della programmazione finanziaria, procedura di approvazione del bilancio, gestione del bilancio, ecc), il personale (articolazione dell’orario di lavoro, procedure di reclutamento, ecc.) e l’assetto organizzativo degli Enti.
Ad oggi sono aperte le procedure per l’adozione di tali regolamenti che per molti Enti non si sono ancora definite.
2.3. Il procedimento di formazione interna
Lo schema di statuto e di regolamento viene, di regola, approvato dagli organi deliberativi dell’Ente (Consiglio o Consiglio di amministrazione) i quali provvedono all’adozione definitiva degli atti una volta raggiunto il quorum della maggioranza assoluta dei loro componenti. Tale approvazione viene preceduta da un’apposita istruttoria interna nella quale sono vagliati dagli Organi politici ed amministrativi di vertice tutti gli atti predisposti dalle Strutture di volta in volta competenti per materia. In tale fase sono valutati altresì i rilievi forniti dalle Organizzazioni sindacali nell’ottica dell’osservanza del principio di informazione e partecipazione al procedimento amministrativo.
In tal caso l’atto approvato non è ancora efficace in quanto esso deve essere trasmesso, ai sensi dell’art. 4 del D.lgs. n. 218/2016, al Ministero vigilante per il successivo controllo di legittimità e di merito.
3. La nuova procedura di adozione degli statuti e dei regolamenti prevista dal D.lgs. n. 218/2016.
Il Ministro vigilante, una volta ricevuto l’atto unitamente alle osservazioni e alla nota illustrativa del competente Organo dell’Ente, entro il termine di sessanta giorni, adotta il relativo parere che può essere integrato, entro e non oltre il termine di venti giorni dalla trasmissione dello statuto o regolamento da parte dell'Ente, con il parere del Ministero dell'Economia e Finanze. Trascorso inutilmente detto termine, il parere si intende comunque acquisito positivamente (ipotesi di silenzio assenso).
Il termine di sessanta giorni per l’adozione del parere da parte del Ministro vigilante non pare sia da intendersi a carattere perentorio visto che la norma non dispone espressamente alcun obbligo specifico.
All’esito del controllo, se Il parere è conforme, il Ministro rimette l’atto all’Ente per l’approvazione definitiva il quale provvede, poi, alla pubblicazione nel suo sito istituzionale contestualmente alla pubblicazione sul sito del Ministero vigilante. Nella Gazzetta Ufficiale viene, poi, data notizia della pubblicazione degli statuti e regolamenti sui siti istituzionali e, da questo momento, il testo acquista piena efficacia.
Se il Ministro vigilante riscontra profili di illegittimità delle norme riportate nello schema dell’atto, fornisce all’Ente le dovute indicazioni affinché quest’ultimo possa riesaminare il testo ed adeguarsi alle osservazioni fornite.
L’Ente vigilato può adeguarsi al parere di legittimità o di merito ma può anche discostarsi atteso che il parere, pur se obbligatorio, non appare vincolante per l’Ente. In tal caso, l’organo deliberativo deve deliberare con una maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti se non intende aderire al parere di legittimità oppure deve approvare con maggioranza assoluta dei suoi componenti se intende discostarsi dai rilievi di merito.
In tale ultime situazione, il Ministro vigilante ha la facoltà di proporre ricorso per i soli vizi di legittimità dinanzi al competente Giudice amministrativo contro l'atto emanato in difformità.
Se la deliberazione dell’Organo non raggiunge la maggioranza qualificata, le norme contestate non possono essere adottate. Lo stesso procedimento si applica anche per le successive modificazioni.
All’esito dell’adozione degli atti istruttori adottati dall’Ente e dal Ministero vigilante i soggetti legittimati possono esercitare il diritto di accesso previsto dall’art. 22 della legge n. 241/90.
4. Impugnazione degli statuti e dei regolamenti degli Enti pubblici di ricerca
Gli statuti e i regolamenti degli Enti pubblici di ricerca possono essere impugnati dinanzi al Giudice amministrativo, in presenza di vizi di legittimità, entro il termine di sessanta giorni dalla loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Unitamente a detti atti possono essere gravati anche tutti gli atti ad essi connessi e collegati.
Condizione essenziale per proporre il gravame è che l’atto viziato produca un effetto escludente diretto ed attuale nei confronti dei soggetti destinatari nonché una lesione della posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo di questi ultimi.
I soggetti legittimati a proporre tale impugnativa possono essere le Associazioni sindacali rappresentative degli interessi delle varie categorie dei lavoratori dipendenti dell’Ente (ricercatori, tecnologi, collaboratori, ecc.) quali soggetti intervenuti nel procedimento amministrativo adottato dall’Ente per la formazione ed approvazione dell’atto impugnato.
Si pensi al caso in cui uno statuto escluda la categoria dei ricercatori e tecnologi dalla rappresentanza elettiva dell’Ente o la partecipazione agli Organi elettivi dello stesso, in spregio alle fondamentali principi posti dal D. Lgs. n. 218/2016: in tale situazione la censura può essere proposta avverso l’atto, viziato in parte qua, dalle Organizzazioni sindacali rappresentative delle prerogative ed esigenze di quella categoria di lavoratori esclusa dagli Organi scientifici o di governo.
I soggetti resistenti sono sia l’Ente che ha adottato l’atto impugnato sia i Ministeri vigilanti che hanno fornito il parere di legittimità di cui all’4 del D.lgs. n. 218/2016.
Non pare che possano individuarsi soggetti controinteressati anche se occorre valutare caso per caso in ragione della complessità e rilevanza della questione sottoposta all’esame del Giudice amministrativo. Si pensi al caso in cui non venga riconosciuto ai ricercatori di essere eletti quali componenti di un Consiglio di amministrazione dell’Ente: in tale situazione gli attuali membri dell’Organo possano assumere la posizione di controinteressati atteso che potrebbero subire gli effetti negativi della sentenza in caso di esito sfavorevole del giudizio.
In virtù del d.lgs. n. 218/2016 sono di regola approvati prima gli statuti e poi i regolamenti i quali devono essere conformi alle norme statutarie dell’Ente ed alla legge primaria. Pertanto, è’ facile intuire che eventuali contestazioni in merito alle norme regolamentari possono essere fatte valere con motivi aggiunti nell’ambito dello stesso processo avverso lo statuto entro il termine decadenziale di sessanta giorni dalla loro pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Silvestri, L’attività interna della pubblica Amministrazione, Milano 1950.
[2] Sandulli, Manuale di diritto amministrativo , Jovene, Napoli, 1982, Vol. I, p. 66
[3] Sandulli, op. ult. cit., p. 49 e ss.
[4] Sandulli, op. ult. cit., p. 67
[5] Sandulli, op. cit.
[6] Cass., SS.UU., n. 10124/1994