Pubbl. Mar, 3 Mar 2015
La nomofilachia della Cassazione e il suo legame con il precedente giudiziario di Common Law.
Modifica paginaLe massime della Corte di Cassazione sono in antitesi con il nostro sistema di Civil Law? O piuttosto da esso imprescindibili?
Come tutti gli operatori del settore giuridico ben sanno, la Corte di Cassazione è il giudice di legittimità del nostro ordinamento nonché organo al vertice della giurisdizione italiana. Si ricorre ad essa per impugnare sentenze di primo grado e in grado di appello e la pronuncia può confermare gli elementi della sentenza impugnata; cassarla senza rinvio (annullarla) o cassarla rinviandola a giudizio (affinché il giudice che l’ha prodotta si ripronunci in merito).
Funzione preminente della Corte è però quella nomofilattica: i magistrati che la compongono infatti, sono chiamati ad assicurare la correttezza di interpretazione e applicazione delle norme da parte dei giudici dei gradi di merito attraverso anche l’inserimento nel dispositivo della sentenza delle posizioni interpretative assunte dalla Corte in materia. Queste posizioni null’altro sono che i principi base fondanti un’eventuale futura trattazione -da parte di giudici di altri gradi- della medesima o simile questione.
Tali principi di diritto estrapolati dalla sentenza (e chiamati massime) vengono raccolti in un massimario annuale, serbatoio di tutte le sentenze massimate durante l’anno giudiziario. Una prassi questa, volta non tanto a creare un elenco delle soluzioni della Corte nel caso concreto, quanto piuttosto ad incanalare l’attività giurisdizionale nei casi futuri lungo un unico corso, le cui linee guida vengano previamente evidenziate dalla Cassazione.
Fonti di diritto nel nostro sistema giuridico (di Civil Law) sono in primo luogo Costituzione e legge ordinaria; inoltre va detto che la Costituzione italiana rientra tra quelle di tipologia rigida (non flessibile come in altre esperienze costituzionali), la cui modifica, per essere attuata, necessita di un procedimento legislativo complesso attraverso il sistema della maggioranza qualificata. Il giudice in base all’art. 113 del codice di procedura civile, risulta assoggettato nella sua attività al rispetto delle norme giuridiche: non può pervenire ad una soluzione secondo equità se non sia la legge ad acconsentirvi esplicitamente e in ipotesi tassativamente indicate.
Tale sistema si distingue in toto dall’esperienza anglosassone di Common Law, nella quale fonte di diritto primaria è la consuetudine (relegata nel Civil Law all’ultimo gradino delle fonti invece): si tratta di una prassi che introduce il precedente giurisprudenziale come vera e propria fonte di diritto.
La consuetudine, fonte dal carattere estremamente multiforme, mai avrebbe potuto crescere ed evolversi nel nostro sistema garantista. Si ricorda, invero, che il nostro ordinamento necessita di diritto positivo, scritto e previamente stabilito dal legislatore; poco o niente si apre all’iniziativa del giudice, il quale dovrà rinvenire le sue fonti nei testi scritti e ad essi attenersi, contrariando alle volte casi simili risolti in altro modo all’interno di precedenti processi.
Come si concilia tutto ciò con la nomofilachia? Perché in un sistema come il nostro nel quale il precedente non ha valenza legislativa, se prodotto invece dalla Cassazione, dovrebbe guidare le decisioni future di altri magistrati?
1) L’iniziale parvenza antitetica può essere velocemente sconfessata senza indugi, qualora si pensi che ogni sentenza può essere impugnata davanti alla Cassazione e che, se una decisione presa da un giudice inferiore non tiene conto della sua posizione in materia, verrà ovviamente cassata.
2) Inoltre, sappiamo che la legge è, per sua stessa natura, un sistema non raramente lacunoso, le cui riforme intervengono tentando di omologare i principi di diritto comune alle esigenze concrete del comune cittadino. Il massimario permette più agevolmente di guidare l’attività del giudice ed aiutarlo qualora la materia sia legislativamente incompleta e una riforma ad hoc di difficile realizzazione.
3) Infine, l’ordinamento giuridico deve essere uniforme, quindi le decisioni dovranno esserlo a loro volta tra di esse: questa omogeneità di indirizzo può essere efficacemente garantita dalla prassi di diritto comune creata dalla Cassazione.
Quella che potrebbe quindi sembrare al primo e fugace sguardo un’eccezione alla regola risulta invece essere un mezzo a tutela dei principi ispiratori del nostro ordinamento e da esso ineliminabile.