Una casa di vetro sempre meno opaco. Il principio di trasparenza dell´azione amministrativa.
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Elena Sofia Macchia
Il principio di trasparenza è manifestazione di un´esigenza risalente e mai sopita. Gli attuali approdi normativi, dalla prima versione della legge 241 del 1990 alla novella contenuta nel D.Lgs. n. 97 del 2016
Sommario: 1. Introduzione; 2. Il principio di trasparenza quale termine d’interlocuzione tra cittadinanza e potere; 3. Evoluzione normativa; 4. Principio generale di trasparenza; 5. Conclusioni.
1. Introduzione
Il corretto funzionamento della macchina amministrativa non può prescindere dal coinvolgimento dell’interessato nei procedimenti decisionali, né dalla sindacabilità dei relativi provvedimenti. Tale consapevolezza ha generato memorabili confronti fra i giuristi dell’Italia postunitaria.
Tra i corollari di un esercizio consapevole della sovranità popolare, il controllo del cittadino sugli atti dell’Amministrazione si impone con decisione, e la sua egida è la trasparenza dell’azione amministrativa.
Sul criterio di trasparenza nel rapporto tra governanti (nella sua accezione più lata, comprensiva di tutte le articolazioni funzionali e territoriali) e governati, non può non ricordarsi il celebre intervento parlamentare di Turati nel 1908 che, nel rimarcare l’importanza del decoro per la Pubblica Amministrazione dell’allora Regno d’Italia, invitava a demolire il segreto d’ufficio, così da edificare una casa di vetro.[1]
Premessa senza dubbio non originale, ma doverosa per chiunque voglia accostarsi a questo complesso mondo, con stupore e reverenza.
Quali sono stati i passi compiuti in questo lento processo, volto a realizzare le aspirazioni così rappresentate nelle parole di Turati?
Dal 1990 si è osservata una maggiore definizione della portata applicativa del principio in esame, che in particolare ha condotto a coinvolgere nella missione della trasparenza anche soggetti collettivi di natura privata, in ragione dell’impegno di questi in attività di pubblico interesse. Ne è chiaro esempio la trasparenza bancaria.
2. Il principio di trasparenza quale termine d’interlocuzione tra cittadinanza e potere
Di trasparenza si è sempre fatta menzione nelle più importanti riforme del settore amministrativistico, a partire dai lavori preparatori per la L. n. 241/1990 (di seguito, “L.P.A.”).
Nel disegno di legge C-1218 (c.d., “d.d.l. Nigro”, dal presidente della commissione di studio prof. Mario Nigro), presentato alla Camera dei Deputati il 19 novembre 1987, viene espresso a chiare lettere l’intento di favorire una maggiore chiarezza delle relazioni tra la collettività e la Pubblica Amministrazione, a partire dalla prima formulazione dell’art. 2 della futura legge sul procedimento, ubicata nei principi:
“L’attività amministrativa è retta dal principio di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti”.
La versione definitivamente approvata sarebbe confluita nell’art. 1 co. 1 L.P.A, nella prima formulazione che si riporta:
“L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità e di pubblicità, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti.”
Nel 1990, tuttavia, non vi è ancora esplicito riferimento al criterio di trasparenza quale parametro generale dell’agere amministrativo, in quanto la legge si limita a prescriverne la pubblicità.
Il principio di pubblicità, d’altronde, sebbene risulti al servizio del medesimo fine, ossia favorire il controllo esterno di quanto avvenga nei pubblici uffici, si atteggia in modo diverso dalla trasparenza.
La pubblicità infatti comporta un obbligo di facere in capo alla P.A., una condotta chiaramente attiva, consistente nel rendere noti, nelle forme ex lege previste, non solo determinati atti, ma anche le stesse attività svolte dai pubblici uffici, come desumibile dall’obbligo di motivazione di alcuni provvedimenti (art. 3 L.P.A.) e di comunicazione all’interessato dell’avvio di un procedimento che interessi la sua sfera giuridica (art. 7 L.P.A.).
Diversamente, la trasparenza assume diverse declinazioni pratiche, in quanto vale sia come libertà di accesso alle informazioni inerenti l’attività amministrativa – da sussumersi, a voler richiamare la distinzione di Berlin[2], in una libertà “da” restrizioni, pertanto negativa, traducibile in una condotta passiva, che permette e non vieta - sia la predisposizione dei mezzi più idonei ad agevolare o promuovere tale accesso – riconducibile a una libertà “di” agire, dunque di tipo positivo, più simile al concetto di pubblicità sopra accennato.
Nel tentativo di delineare un confronto tra il principio di trasparenza e di pubblicità, si osserva che, nel parere del Consiglio di Stato n. 7 del 19 febbraio 1987, reso dall’Adunanza Generale, avente a oggetto lo schema di d.d.l. Nigro, successivamente presentato alla Camera, il criterio di pubblicità appare strumentale alla trasparenza, tanto da individuarsi il valore che la nuova legge conferisce alla conoscibilità «all’esterno» dell’azione amministrativa (la c.d. trasparenza dell’azione amministrativa) destinata, appunto, a conseguirsi attraverso i meccanismi di pubblicità.”
Della trasparenza peraltro si trova una traccia “positiva” nel Capo V, che disciplina il diritto di accesso agli atti amministrativi, quest’ultimo codificato per la prima volta nella L.P.A. La versione iniziale dell’art. 22 prevedeva una significativa dichiarazione d’intenti e successivamente l’ambito applicativo del diritto in esame, invero, molto ampio:
“Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge.”
Il principio di trasparenza fa così capolino nella lettera normativa ma, all’atto pratico, ne sconta subito alcune limitazioni: in primis per la sistematica, non essendo inserito tra i principi generali ma nel solo Capo V dell’accesso agli atti, in secundis per la dichiarata correlazione con lo stesso diritto di accesso, quale sua principale concretizzazione, fatto salvo quanto coperto da segreto d’ufficio o di Stato[3]. Dall’altra parte della barricata, ai sensi dell’art. 28 della medesima legge, è fatto obbligo agli impiegati civili di consentire l’accesso agli atti nei termini e limiti appena descritti (art. 15 D.P.R. n. 3/1957[4]).
A ogni modo, non può negarsi che il principio di trasparenza, all'infuori delle specifiche formulazioni verbali e delle scelte logistiche del Legislatore, è parte dell’intelaiatura della legge 241 del 1990, come del resto già intuito dal Consiglio di Stato, nel menzionato parere n. 7/1987.
3. Evoluzione normativa
Con la legge n. 15/2005, la trasparenza viene elevata a principio fondamentale dell’azione amministrativa, al pari degli altri già enunciati nell’art. 1.
Il successivo passo rilevante è stato compiuto dalla riforma anticorruzione del 2012 (L. n. 190/2012), nel cui unico articolo 1, co. 35, conferisce delega al Governo per un riordino della materia degli obblighi di imparzialità, trasparenza e pubblicità, delineandone i principi ispiratori[5]. L’obiettivo, certamente ispirato da influenze europee, conseguito col D.Lgs. n. 33/2013, è la creazione di una normativa organica e autosufficiente sulla trasparenza dell’azione amministrativa, nel duplice fine di garantire standard qualitativi più elevati nella gestione dei pubblici interessi e di prevenire i fenomeni di corruzione, antitesi dell’imparzialità.
Approda così il T.U. in materia di trasparenza, che introduce una nuova forma di accesso (c.d. accesso civico) e nuove forme di informative sulle attività svolte dalle diverse PP.AA., spesso accessibili in via telematica, presso apposite sezioni (in genere denominate “amministrazione trasparente”).
Digitalizzazione e trasparenza s’intrecciano in un rapporto di strumentalità, ciò in considerazione della crescente diffusione della connessione a Internet e dell’idoneità di tale medium a consentire un accesso rapido ed economico a considerevoli quantità di informazioni. Vengono così emanati il D.L. 83/2012 (conv. con modifiche in L. n. 134/2012) e il D.L. 90/2014 (conv. con modifiche in L. n. 114/2014), quest’ultimo avente a oggetto anche nuove implementazioni di obblighi di trasparenza, già previsti nel T.U. del 2013.
La recente novella D.Lgs. n. 97/2016, anch’essa sulla spinta degli standard europei e delle esperienze estere, innova parte del testo unico e introduce un’ulteriore forma di accesso, c.d. universale, ispirato al modello del Freedom of Information Act (FOIA).
4. Principio generale di trasparenza
La portata assiologica del testo unico in commento è notevole: all’art. 1 viene delineato il principio generale di trasparenza, ereditato, sebbene con sviluppi e approfondimenti, dall’art. 11 co. 1 D.Lgs. n. 150/2009 (c.d. riforma Brunetta), nel contesto della nuova disciplina della valutazione della performance della P.A. Se ne deduce il doppio filo che lega il buon andamento e l’efficienza della P.A. al rispetto di tali obblighi, come livello essenziale dei servizi erogati.
All’art. 1 del T.U. del 2013 trova, dunque, sede il nuovo principio generale, destinato a guidare lo svolgimento ideale delle future attività della Pubblica Amministrazione, di cui si riporta la vigente formulazione:
“1. La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.
2. La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino.
3. Le disposizioni del presente decreto, nonché le norme di attuazione adottate ai sensi dell'articolo 48, integrano l'individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.”
Il Legislatore del 2013 ha ritenuto di riproporre il binomio assiologico trasparenza – accesso agli atti, non soltanto per estetica programmatica, ma anche per lo stesso ampliamento del diritto di accesso, che prescinde finalmente dalla situazione giuridica del privato richiedente e assurge a termine generale di interlocuzione con la Pubblica Amministrazione.
Il tutto in linea col modello FOIA coniato dal diritto anglosassone, il cui paradigma si poggia sui tre pilastri della accountability, partecipation e legitimancy[6].
La trasparenza trova, pertanto, diretta declinazione pratica -oltre che nei menzionati obblighi dell’Amministrazione, quali la motivazione degli atti e il provvedimento espresso- nell’accesso civico agli atti, quale sistema di controllo esterno diffuso, perché rimesso alla cittadinanza interessata.
5. Conclusioni
Il principio di trasparenza amministrativa ha origini certamente risalenti nel tempo e il sentiero da percorrere per la sua realizzazione è certamente irto di ostacoli, quali ritardi, inadempimenti, informazioni incomplete.
A questo riguardo, oltre alle tutele giustiziali e giurisdizionali contro il diniego all’accesso, il Legislatore del 2016 ha conferito all’ANAC la legittimazione a irrogare sanzioni pecuniarie ai titolari dell’incarico che incorrano in tali responsabilità (art. 47 T.U. in materia di trasparenza).
Il controllo di legittimità non è pertanto limitato all’iniziativa del singolo, ma è altresì delegato alla stessa Autorità garante.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Nella seduta parlamentare n. 529 del 1908, a contestazione di un d.d.l. avente a oggetto la riforma dello stato giuridico del pubblico impiegato, l’on. Turati così espresse la sua storica metafora: “Per mantenere il decoro della Amministrazione, non bisogna non dir niente; e, a guarentire viemmeglio l'omertà, si punisce severamente, anche se non danneggi nessuno, la inosservanza del segreto d'ufficio. Proprio scelto bene il momento, dopo le inchieste militari, ed il processo Nasi, e le rivelazioni recenti sul disastro della Mutual Réserve! […] Io dico che bisognerebbe intanto definire – ossia limitare – ciò che è segreto di ufficio. Dove un superiore, pubblico interesse non imponga un segreto momentaneo, la casa dell'Amministrazione dovrebb'essere di vetro.” TURATI F. in Atti del Parlamento italiano. Camera dei Deputati, sess. 1904 – 1908, 17 giugno 1908, 22962.
[2] Isaiah Berlin fu tra i più noti teorici della dicotomia - oggi peraltro piuttosto discussa tra gli studiosi di filosofia, sebbene tenuta in gran considerazione dai costituzionalisti - tra libertà negativa, eredità dello Stato liberale e libertà positiva, derivante dal passaggio allo Stato sociale. Per approfondimenti, vds. BERLIN I. Due concetti di libertà, Feltrinelli, Milano, 2002.
[3] Definizioni del segreto d’ufficio e del segreto di Stato - che rappresenta una species del primo – sono contenute rispettivamente negli artt. 15 D.P.R. n. 3/1957 e art. 12 della L. 801/1977, quest’ultimo tuttavia abrogato dall’art. 44 L. n. 124/2007.
Anche se la L. 801/1977 non risulta più in vigore, si riportano, per completezza, entrambe le definizioni legislative.
D.P.R. n. 3/1957, Art. 15 - Segreto d'ufficio -. L'Impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio. Non può trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in corso o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. Nell'ambito delle proprie attribuzioni, l'impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall'ordinamento.
L. n. 801/1977, Art. 12 - Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.
In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.
[5] Nella delega, il Legislatore del 2012 prescrive l’adozione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti criteri direttivi:
“a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;
b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all'uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;
c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. […]
d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;
e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;
f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni di cui al presente comma anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di dati aperti si devono intendere almeno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il più ampio riutilizzo anche a fini statistici e la ridistribuzione senza ulteriori restrizioni d'uso, di riuso o di diffusione diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità;
g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria;
h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione. 36.”
[6] MILAZZO S. Trasparenza nella Pubblica Amministrazione e accesso civico: analisi degli elementi di innovazione e di criticità della disciplina del FOIA italiano, di cui al D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, in dirittoamministrativo.it.