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Pubbl. Ven, 4 Mag 2018

Canapa Light: la normativa e gli aspetti giuridici problematici

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Lucio Orlando


L´analisi normativa della Legge sulla Canapa del 2 dicembre 2016, n. 242 , pubblicata sulla GU n. 304 del 30-12-2016 e l´analisi delle criticità.


La normativa italiana sulla canapa ha avuto riconoscimento giuridico nel nostro ordinamento con l’approvazione della Legge del 2 dicembre 2016, n. 242, pubblicata sulla GU n.304 del 30-12-2016, che principalmente ha reso legale la coltivazione di Canapa c.d. "light", ossia quella avente un livello di THC presente nelle piante inferiore allo 0,2%, rientrante nelle varietà di canapa ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Ha tra l'altro creato anche un “cuscinetto” di esenzioni di responsabilità per l'agricoltore nel caso in cui i risultati ad un controllo rivelino un tenore di THC presente nelle piante di canapa superiore a 0,2% ma inferiore a 0,6%.

La suddetta normativa ha come finalità, secondo quanto disposto dall'art. 1 della Legge n. 242/16, il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonchè come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata: a) alla coltivazione e alla trasformazione; b) all'incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale; d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attivita' didattiche e di ricerca.

Una delle più grandi novità è che la coltivazione delle varietà di canapa light è consentita senza necessità di peventiva autorizzazione e senza necessità di comunicazione ad alcuna autorità pubblica per la produzione dei seguenti prodotti, come elencati dall'art. 2 della Legge n. 242/16: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale. L'unico obbligo del coltivatore è relativo alla conservazione dei cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e delle fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente. 

Circa il sistema dei controlli e sanzionatorio l'art. 4 della Legge n. 242/16 prevede che il Corpo forestale dello Stato sia autorizzato a effettuare i necessari controlli, compresi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa. Viene fatto salvo però ogni altro tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attivita' giudiziarie. Qualora gli addetti ai controlli reputino necessario effettuare i campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso per eventuali controverifiche. Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilita' e' posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale di recepimento. Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorita' giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. In tal caso è esclusa la responsabilità dell'agricoltore, che abbia rispettato l'obbligo di consevazione dei cartellini e delle fatture della semente.

Per quanto riguarda la possibilità di riproduzione della sementi, l'art. 7 delle Legge n. 242/16 prevede che gli enti di ricerca pubblici, le università, le agenzie regionali per lo sviluppo e l'innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le associazioni culturali e i consorzi dedicati specificamente alla canapicoltura, possano riprodurre per un anno la semente acquistata certificata nell'anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di piccole produzioni di carattere dimostrativo, sperimentale o culturale, previa comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 

Dopo aver analizzato la legge n. 242/16, ci sovviene andare ad affrontare alcune delle criticità che la prassi ha messo in evidenza.

Circa il livello di THC, secondo l'interpretazione dello scrivente, il limite dello 0,6% è un limite che riguarda la coltivazione in campo, una tutela per quanto riguarda l’agricoltore. La legge dice che la canapa industriale è quella delle varietà certificate che sviluppano al massimo lo 0,2% di THC; poi la legge dice che laddove il limite dello 0,2% venga sforato, non c’è nessuna conseguenza per l’agricoltore anche perché, come è noto, le varietà che per due anni sfiorano i limiti di THC vengono cancellate dal registro della varietà ammesse. La famosa questione dello 0,6% va considerata come una soglia di sequestrabilità perché la legge dice che se superi lo 0,2% non ci sono conseguenze per agricoltore e non si può nemmeno procedere al sequestro, mentre se supera lo 0,6% è possibile il sequestro su ordine dell’autorità giudiziaria, sempre senza conseguenze per l’agricoltore, tranne quella economica.

Circa la commercializzazione ed utilizzazione delle infiorescenze, la normativa ha lasciato un vuoto legislativo. Le infiorescenze tecnicamente avrebbero una destinazione ad uso tecnico e per questo tipo di prodotti, come per quelli da collezione, la destinazione non dovrebbe essere quella dell’assunzione o dell’ingerimento. Quello tecnico è un utilizzo ammissibile grazie al disposto degli articoli 1 e 2 della legge che incentivano la filiera e l’utilizzo di tutta la pianta. Ecco perché in questo caso, secondo l'interpretazione dello scrivente, una volta che il fiore viene proposto ad uso tecnico e deriva da coltivazioni certificate, si può ritenere ammissibile.

Circa la possibilità di far rientrare la pianta di canapa tra quelle destinate al florivivaismo, si deve affermare che, nel rispetto delle normative di settore, la canapa è parificata di fatto alle altre piante. Sul florovivaismo, attenendosi al dettato normativo, l’articolo 2 stabilisce chiaramente che è lecita la coltivazione di canapa per questa destinazione. Quando si parla di florovivaismo si intende un’attività professionale di produzione e commercializzazione di fiori recisi e di piante in un contesto di serre e vivai. Altra cosa importante è che già la Convenzione di New York del 1961, ratificata poi nel 1975, escludeva dalle sostanze stupefacenti la canapa ad uso industriale di fibra seme od orticoltura. Quindi fare ortoflorovivaismo significa che per la canapa, come per qualunque altra pianta, poter svolgere tutte le attività del settore come piante ornamentali, fiori recisi; è chiaro che si debba a questo punto rispettare la normativa di settore ed avere quindi il patentino fitosanitario che serve per chi vende ad esercizi commerciali o a privati. Discorso un po' diverso vale per le talee; da un lato gli obblighi del coltivatore sono quelli di conservare la fattura ed il cartellino delle sementi, quindi, in primis non si parla di originale. Quello che conta è che venga conservato un cartellino e la ratio della norma è a favore della tracciabilità. Teoricamente potrebbe essere ipotizzabile dire che può essere utilizzata una copia. La certezza non ci può essere perché si parla sempre di semina: per quanto riguarda commercializzazione e produzione del prodotto ottenuto dalle talee o per florovivaismo, nessun problema, per quanto riguarda la possibilità d’impianto, potrebbero sorgere perplessità perché la legge parla di semina e l’impianto da una parte non è semina, ma dall’altra è un’attività florovivaistica.