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Pubbl. Ven, 20 Feb 2015

Insidia stradale e responsabilità da cose in custodia: onere della prova e caso fortuito

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Lucio Orlando


Lo stato dell´arte in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni da insidia stradale


1) PREMESSA

Quando si parla dei danni di insidia stradale e più in particolare del regime di responsabilità addebitabile all’ente proprietario/custode della strada dove l'insidia si manifesta causando danni, le diatribe giudisprudenziali e dottrinarie non mancano, in particolare in relazione all'annosa questione del paradigma a fondamento della pretesa risarcitoria di chi ha subìto un danno di tal guisa.

2) LA RESPONSABILITÀ AQUILIANA DELLA P.A. PER INSIDIA E TRABOCCHETTO

Secondo un orientamento per lungo tempo dominante, la tutela dell’utente della strada era esclusivamente quella predisposta dall’art. 2043 C.C. La Cassazione aveva sancito che la presunzione di responsabilità, ex. art. 2051, non operava nei confronti della P. A., anche in virtù del principio secondo cui “ ad impossibilia nemo tenetur”. Poteva configurarsi, di contro, secondo il detto orientamento giurisprudenziale lungamente predominante, la responsabilità della p.a. per i danni derivanti all’utente per il cattivo stato di manutenzione della strada nell’ambito della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.. che si configurava a condizione che l’evento dannoso dipendesse da “insidia” o “trabocchetto, ovvero si configurava se il bene demaniale presentasse una situazione di pericolo occulto non visibile, né prevedibile e nè evitabile dall’utente con l’ordinaria diligenza.

3) LA CONFIGURABILITA' DELLA RESPONSABILITA' OGGETTIVA DELL'ENTE CUSTODE

Sul punto, però, ci sono state varie rimeditazioni, da parte di giurisprudenza di merito e di legittimità. In particolare, la S. C. ha stabilito con Sent. 1691/2009 il principio secondo il quale: “la presunzione di responsabilità per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall'art. 2051 cc, è applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sia tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi”. Ed in via ulteriore ha definito “la notevole estensione del bene ed il suo uso generale e diretto da parte dei terzi come dei meri indici dell’ impossibilità di un esercizio del potere di controllo e di vigilanza sul bene medesimo”. Sulla stessa scia, anche, la Corte Costituzionale, sovvertendo l’iniziale orientamento e facendo propria la lettura ermeneutica del ricorso alla responsabilità alternativa di cui agli artt. 2043 e 2051 c.c., ha precisato che spetta al Giudice accertare e stabilire, attraverso un’indagine secondo i criteri di normalità, quale delle due tipologie di responsabilità ricorra nello specifico.

4) LA RESPONSABILITA' OGGETTIVA E IL CASO FORTUITO

L’evoluzione giurisprudenziale negli ultimi tempi ha portato però ad una posizione chiara ed alquanto univoca, che ha configurato la responsabilità della P.A., definitivamente, come “oggettiva” per il solo fatto di esercitare la custodia sul bene, salvo che non venga provato il caso fortuito (cfr. Cass. n. 999/2014; Cass. n. 2562/2012). In applicazione dei suddetti principi, i giudici hanno ribadito che la responsabilità per danni da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva ed è fondata sul mero rapporto di custodia che intercorre tra la cosa e chi ha il potere effettivo sulla stessa. Pertanto, per affermare tale responsabilità, è necessario che “il danno sia prodotto nell’ambito del dinamismo connaturale del bene, ossia che pur combinandosi con un elemento esterno, sia connaturato alla cosa stessa, costituendone la causa o la concausa: deve esserci cioè un nesso causale tra la cosa e il danno” (Cass. n. 20055/2013). Il cittadino danneggiato ha solamente l’onere di dimostrare l'an dell’evento dannoso e dare la prova del nesso di causalità tra la cosa e il verificarsi dello stesso. In altri termini, deve provare la presenza dell’insidia, il legame intercorrente tra tale circostanza e il sinistro e i danni da questo derivati (Cass. n. 2094/2013; Trib. Ivrea, 26.5.2010). L'ente gestore, invece, per esimersi dalla responsabilità, dovrà provare il caso fortuito, unica causa di esclusione della responsabilità del custode. Il caso fortuito consiste “nell’alterazione dello stato dei luoghi, imprevedibile, imprevista e non eliminabile o segnalabile tempestivamente agli utenti, neanche con l’uso dell’ordinaria diligenza” (Cass. n. 3793/2014; n. 28616/2013). La giurisprudenza ritiene, pacificamente, il caso fortuito configurabile solo in caso di situazioni di pericolo provocate dagli stessi utenti, ovvero da repentine e non specificamente prevedibili alterazioni dello stato della cosa, tali che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegate al fine di garantire un intervento tempestivo, non possano essere rimosse o segnalate, per la mancanza del tempo necessario a provvedere (Cass. n. 2094/2013). Anche il comportamento della vittima è dunque ritenuto in grado di interrompere il nesso eziologico esistente tra la causa del danno e il danno stesso. La condotta del danneggiato consistente nell’omissione delle normali cautele esigibili in analoghe situazioni, l’impropria utilizzazione del bene pubblico o un inadeguato comportamento dell’utente, specie dove il pericolo è appositamente segnalato, possono determinare l’interruzione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, configurando il caso fortuito e dunque escludendo la responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c. (Cass. n. 3793/2014; n. 28616/2013; Trib. Modena n. 1585/2009).

5) LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE 13 GENNAIO 2015, N. 295 (allegata)

In questa direzione si è consolidata negli ultimi anni la giurisprudenza della Corte di Cassazione che recentemente con sentenza n. 295/15 emessa dalla Terza Sezione Civile ha confermato che: “La responsabilità per i danni in custodia ha carattere oggettivo”.  Ciò significa che “perchè tale responsabilità possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa stessa e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone, né implica uno specifico obbligo di custodire, analogo a quello previsto per il depositario; funzione della norma è, in tal senso, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa stessa”. La responsabilità del custode è esclusa solamente dal caso fortuito, il cui onere della prova grava proprio in capo allo stesso soggetto. Quindi: “in tema di responsabilità da cosa in custodia, la presunzione stabilita dall'art. 2051 cod. civ. presuppone la dimostrazione, a opera del danneggiato, dell'esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso”.