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Pubbl. Mar, 27 Mar 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Equità e mediazione tributaria

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Michele Stravato


Brevi considerazioni su un istituto in continua evoluzione. Commento alla Circolare dell´Agenzia delle Entrate n. 30-E del 22.12.2017.


Il legislatore, con l'art. 39, comma 9° del D.l. 6 luglio 2011 n. 98, contenente disposizioni finalizzate al riordino della giustizia tributaria, convertito con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011 n. 111, ha previsto l'introduzione nel nostro ordinamento dell' art. 17-bis, rubricato “Il reclamo e la mediazione”, all'interno della disciplina organica sul processo tributario di cui al D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Tale norma, nella formulazione originaria, prevedeva la proposizione in via preliminare ed obbligatoria di una istanza di reclamo, pena l'inammissibilità del successivo ricorso diretto all' annullamento totale o parziale di un atto impositivo, contenente una eventuale proposta di mediazione dall' accoglimento della quale derivava il beneficio di una cospicua riduzione delle sanzioni1.

In estrema sintesi, la mutata disciplina attuale contenuta nella norma in esame, derivante da differenti interventi di modifica da parte del legislatore e di interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità, risulta così articolata2:

A) per le controversie di valore non superiore ad Euro 50.000,003 il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere una motivata proposta di mediazione4 con rideterminazione dell'ammontare della pretesa, il cui valore è determinato senza tenere conto di sanzioni ed interessi;

B) Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica entro il quale deve essere conclusa la relativa procedura5.

Si applica la sospensione dei termini processuali.

Il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla data di scadenza del termine entro cui deve essere conclusa la mediazione.

L'organo destinatario se non intende accogliere il reclamo o l'eventuale proposta di mediazione del ricorrente, formula d'ufficio una propria proposta:
- avuto riguardo all'eventuale incertezza delle questioni controverse;
- al grado di sostenibilità della pretesa;
- al principio di economicità dell'azione amministrativa.

D) Nelle controversie aventi ad oggetto un atto impositivo o di riscossione, la mediazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo, dell'intera somma dovuta ovvero della prima rata.

Nelle controversie aventi per oggetto la restituzione di somme la mediazione si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute dal contribuente.

E) Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 35% del minimo previsto dalla Legge.

F) La riscossione ed il pagamento delle somme dovute in base all'atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento di mediazione, ma in caso di mancato perfezionamento, sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d'imposta.

Mediante tale disposizione si è voluto introdurre nell'ordinamento un particolare istituto finalizzato ad una funzione di “filtro obbligatorio” per le controversie aventi ad oggetto atti impositivi, di non rilevante valore6, emessi originariamente solo da parte dell'Agenzia delle Entrate, nell'ottica deflattiva del contenzioso tributario7.

L'istituto in parola è stato recentemente oggetto di una importante modifica relativa a differenti profili, sia da un punto di vista teorico che operativo, determinando in tal modo, inevitabilmente, effetti incisivi nei confronti di ogni tipologia di contribuente.

Da un lato, appare essere stata superata la originaria rigida impostazione secondo la quale era possibile esperire il procedimento di mediazione tributaria solamente al fine di impugnare atti impositivi emanati dall'Agenzia delle Entrate e, dall'altro, è mutata la natura giuridica del reclamo in funzione di una maggiore efficienza delle esigenze di semplificazione e deflative del contenzioso fiscale, cui l'istituto tende.

In particolare, come stabilito dalla nuova formulazione dell' art. 17-bis del D.lgs 546/'92, risultante dalla modifiche apportate dall'art. 9, comma 1, lett. l), del D.lgs. n. 156/2015, la proposizione dell'impugnazione produce oltre agli effetti sostanziali e processuali del ricorso, anche quelli del reclamo8. Ne è derivato che, a partire dal primo gennaio 2016, il reclamo non è più considerabile un atto distinto dal ricorso, bensì rappresenta il medesimo atto che, preliminarmente attiverà un procedimento di carattere amministrativo e solo eventualmente, in caso di mancato raggiungimento dell'accordo di mediazione ovvero di rigetto del reclamo stesso, a posteriori, sarà pertanto condizione di procedibilità per l'accesso alla giurisdizione tributaria.
Sul punto, la differenza tra i due iter risulta con tutta evidenza: in data antecedente al 31 dicembre 2015, il contribuente che intendeva proporre ricorso innanzi alla competente autorità giurisdizionale tributaria era costretto a presentare in primo luogo una apposita e separata istanza di reclamo-mediazione e, solo successivamente, redigere il relativo ricorso.
In secondo luogo, nel testo del nuovo art. 17-bis, così come modificato ad opera del D.lgs n. 156/2015, è stato eliminato l'inciso "relative ad atti emessi dall'Agenzia delle Entrate" con conseguente accesso all' istituto di ogni impugnazione relativa ad anche ad atti impositivi derivanti da differenti concessionari di riscossione tributi aventi come oggetto anche i tributi locali. Ne consegue una inevitabile ed ampia dilatazione del raggio di operatività dell'istituto.

In definitiva, a partire dal primo gennaio 2016, l'applicazione dell'istituto è estesa a tutte le controversie tributarie, anche nel caso in cui parte in giudizio sia un ente impositore diverso dall'Agenzia delle Entrate, ad esempio, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, un Ente locale ovvero un differente concessionario di riscossione.

La giustificazione di tale espansione9, come disposto all'interno della relazione illustrativa allo schema di Decreto, trova la sua ratio nel principio di economicità dell'azione amministrativa.

La sua funzione principale, per espressa previsione del legislatore, risiede nella riduzione del contenzioso tributario innanzi all'autorità giurisdizionale, ricercando soluzioni alternative di composizione del contenzioso e contemperando due differenti esigenze, entrambe di eguale importanza: da un lato, garantire nei confronti di ogni contribuente una risposta certa dell'ordinamento capace di riequilibrare posizioni giuridiche fiscali perturbate da errori ed illegittimità tali da richiedere l'intervento dell'organo giurisdizionale e, dall'altro, evitare di appesantire ulteriormente le Commissioni tributarie con questioni di non difficile soluzione e di modico valore10. Sulla base di tali considerazioni, il legislatore tributario ha espressamente stabilito un meccanismo obbligatorio, propedeutico e funzionale all'accesso al contenzioso, al fine di definire un gran numero di controversie già in sede amministrativa ed alleggerire in tal modo il carico di lavoro delle Commissioni tributarie, tentando di allineare altresì l' iter procedurale a quello presente all'interno dei principali Stati europei11.

L’istituto in parola anche denominato “mediazione fiscale”, da un punto di vista più approfondito risulta essere composto, come accennato, originariamente da due distinti rimedi, rispettivamente: l’istanza di reclamo e la mediazione vera e propria. Quest'ultima rappresenta uno strumento teso a consentire, mediante una composizione bonaria tra Erario e contribuente, la possibile rideterminazione della pretesa erariale. Questo complesso strumento deflattivo, è collocato all'interno di un segmento temporale successivo all’emissione dell’avviso di accertamento ed antecedente al processo tributario.

Recentemente sono stati sollevati numerosi dubbi interpretativi sia da parte della dottrina che della giurisprudenza in ragione di due differenti profili : da un lato, circa la sua natura, per alcuni “pre-processuale” per altri “giurisdizionale” ovvero meramente “amministrativa” e, dall'altro, circa le possibili interazioni con altri istituti in relazione a questioni di legittimità costituzionale12 in ordine ai meccanismi propri ed alla relativa fruibilità da parte del contribuente13 .

Da un punto di vista generale, secondo l'originaria formulazione della norma, l'istanza di reclamo nei confronti dell'Agenzia delle Entrate rappresentava un passo obbligato per il contribuente interessato ad adìre la competente autorità giurisdizionale tributaria, integrando, di fatto, una vera e propria condizione di procedibilità propedeutica allo stesso procedimento tributario.

Il suo contenuto è rappresentato da una richiesta di revisione totale o parziale delle pretesa fiscale presente all'interno dell'atto impositivo notificato al contribuente. Tale richiesta si considera equivalente a quella contenuta nel successivo ed eventuale ricorso avanzato innanzi alla competente Commissione Tributaria, consequenziale al mancato accoglimento dell'istanza.

Ne deriva che il contribuente dovrà essere necessariamente assistito da un difensore abilitato anche in caso di semplice presentazione del reclamo in quanto, da tale prospettiva, come osservato da parte della dottrina, si tratta di un atto pre-procedimentale14.

La nuova formulazione dell'art. 17-bis stabilisce che il ricorso giurisdizionale diviene procedibile solamente una volta trascorso il termine di novanta giorni previsto al fine di esperire la procedura amministrativa di mediazione volta alla composizione della lite.

Rispetto alla originaria formulazione, il meccanismo risulta finalmente in concreto attuato dalla previsione secondo cui il ricorso, proposto nelle forme di rito, produce anche gli effetti del reclamo, il quale, si sottolinea, può contenere una proposta di mediazione integrante una rideterminazione dell'ammontare dell'obbligazione tributaria. Si tratterebbe pertanto di un'endiadi inscindibile: il reclamo produrrebbe gli effetti del ricorso ed il ricorso gli effetti del reclamo- mediazione.

Infatti, la proposizione dell'impugnazione produce oggi, per le controversie di valore massimo pari ad Euro 50.000 , oltre agli effetti sostanziali e processuali tipici del ricorso anche quelli del reclamo-mediazione: in definitiva il procedimento è ora introdotto automaticamente con la presentazione di un unico atto, risultando ininfluente la distinzione tra i due atti.

Sul punto, recentemente autorevole dottrina15 ha avuto occasione di esprimersi in merito al contenuto ed all'efficacia di tali atti, sostenendo che, da differente ed opposta angolazione, il reclamo già al momento della sua proposizione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria produce gli effetti propri del ricorso giurisdizionale, pertanto, quello di impedire la definitività – inoppugnabilità dell'atto impositivo e la conseguente consolidazione dell'obbligazione tributaria determinando l' instaurazione di una pendenza di lite ancorché in stato di temporanea quiescenza . Ne deriva che la proposizione dell'istanza, oggi, determina la sospensione automatica dell'esecuzione dell'atto impugnato e, conseguentemente, anche la riscossione delle somme richieste risulta essere sospesa fino alla data dalla quale decorrerà il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente.

Come accennato, tra i vari e più recenti interventi significativi del legislatore deve essere segnalato quello relativo all’articolo 10 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 il quale ha modificato la disciplina in parola, elevando da ventimila a cinquantamila euro la soglia di valore delle liti che delimita l’ambito di applicazione dell’istituto ed escludendo espressamente le controversie relative a tributi che, sulla base del diritto comunitario, costituiscono risorse proprie tradizionali.

Inoltre, con la medesima norma viene estesa agli agenti della riscossione la limitazione della responsabilità contabile ai fatti e alle omissioni commessi con condotta dolosa nell’ambito della procedura di mediazione tributaria, la quale originariamente, era prevista per i soli rappresentanti dell’ente impositore che concludono la mediazione o accolgono il reclamo16.

L’agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 30/E del 22.12.2017 ha avuto occasione di chiarire alcuni aspetti relativi alla applicabilità della disciplina in parola.

Quanto al primo aspetto, tenendo presente il carattere tipico impugnatorio del processo tributario, in generale il valore della lite deve essere determinato non in ragione dell’importo lordo accertato, oggetto dell’obbligazione tributaria contenuta nell’atto impositivo, bensì in quello contestato, con riferimento alla somma del valore dei singoli atti impugnati al netto delle sanzioni e degli interessi.

Nell’ipotesi in cui invece oggetto del contenzioso sia rappresentato da sole sanzioni il valore della controversia non potrà che essere determinato dalla somma delle stesse, avuto riguardo alla possibile applicabilità della disciplina del cumulo giuridico ex art. 12 D.lgs 472/1997 .

Ulteriore ipotesi applicativa è quella relativa alle controversie riguardanti il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi ex art. 17-bis comma 6. In tal caso il valore della lite equivale all’importo del tributo richiesto a titolo di rimborso, al netto delle somme accessorie; qualora l’istanza di rimborso riguardi più periodi d’imposta, il valore della lite risulterà dalla somma dei tributi richiesti a titolo di rimborso per ciascun singolo periodo di imposta17. Infine, l’istituto in parola trova applicazione anche in sede di autotutela parziale, qualora l’Amministrazione finanziaria riduca l’ammontare del tributo accertato al di sotto della soglia di accesso pari ad Euro 50.000 purché ciò avvenga in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso18 . Coerentemente, lo stesso istituto non può trovare applicazione nel caso in cui tale riduzione abbia luogo dopo la notifica del ricorso19.

Quanto al secondo profilo individuato dalla Circolare in parola, a seguito dell’intervento del legislatore mediante l’introduzione del comma 3 dell’ articolo 10 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, è stato modificato il comma 10 dell’articolo 39, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98.

In tal modo è stata estesa la responsabilità a titolo di dolo (nell’ipotesi di responsabilità contabile e, in assenza di ulteriori specificazioni nel silenzio delle legge da intendersi come dolo – generico) anche ai rappresentanti dell’agente della riscossione, in quanto soggetti che nell’ambito di un procedimento di mediazione ovvero di accoglimento di un reclamo, effettuano valutazioni di diritto e di fatto ai fini della definizione del contenzioso.

E’ stato sostenuto che tale intervento appare coerente con l’estensione dell’ambito di applicazione del reclamo/mediazione agli atti emessi dall’agente della riscossione, effettuata dall’art. 9, comma 1, lettera l) del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 e che risponde alla necessità di evitare una ingiustificata disparità di trattamento, rispetto agli enti impositori, dell’agente della riscossione, i quali già da tempo risultavano essere soggetti a tali forme di responsabilità nell’ambito della loro attività.

Come precedentemente accennato, le varie riforme susseguitesi di recente hanno destato dubbi e perplessità in merito a differenti profili dell’istituto in esame.

Il più importante di questi, probabilmente, è rappresentato dalla assenza della previsione di un soggetto terzo ed imparziale, da cui è derivato l’orientamento che considera la mediazione tributaria come “mediazione impropria”, geneticamente differente e, pertanto lontana, tranne che nello spirito ed in talune finalità, dalla vera e propria mediazione di stampo civilistico. L’intervento di riforma apparentemente più innovativo, ex D.lgs 156/201520 pare abbia trascurato un profilo di assoluta importanza: la garanzia della terzietà del soggetto preposto alla gestione del reclamo, come presidio di effettività ed efficacia dell’istituto21. Appare sotto tale aspetto critico che una tale esigenza, per nulla secondaria, sia stata assicurata da parte del legislatore solo a favore dell’Agenzia delle Entrate, l’ unico ufficio per cui si prevede che l’esame del reclamo debba essere condotto da apposite strutture differenti ed autonome rispetto a quelle che hanno curato l’istruttoria degli atti impugnati. Per tutti gli altri enti impositori si rinvia invece ai limiti ed alle possibilità offerte dalle rispettive strutture organizzative. Ciò di fatto, si traduce nella assenza di qualsivoglia garanzia. Sul punto è stato recentemente sostenuto dalla dottrina più attenta che in tal modo si è determinata una “mancanza di strategia, perché alla fine si amplia l’operatività di un istituto prima ancora di aver rimediato alle criticità più evidenti e di fatto lasciandolo in una terra di mezzo tra istanza di autotutela e procedimento para-contenzioso di definizione della lite22”.

In secondo luogo, risulta legittimo domandarsi altresì il motivo della soglia quantitativa di accesso all’istituto, in quanto, se può dare un concreto e legittimo contributo positivo nell’ottica deflattiva del contenzioso tributario, non si spiega allora per quale motivo impedire l’accesso a tale strumento a quelle liti che, con ogni probabilità, potrebbero essere adeguatamente risolte in tale sede ancorché di ingente valore.

Come è noto la pratica del Diritto ci insegna che non è assolutamente vero l’assunto secondo il quale a parità di valore della causa corrisponde la relativa difficoltà di lettura e di interpretazione della questione/fattispecie/lite ad essa sottesa, tutt’altro.

Il medesimo orientamento ha avuto il pregio di sostenere che risulterebbe con ogni evidenza più coerente con lo spirito stesso della norma e le sue originarie finalità, l’ipotesi secondo la quale il reclamo/mediazione deve essere indirizzato nei confronti di un soggetto terzo ed imparziale con funzioni e poteri anche di tipo equitativo.

Se l’equità rappresenta l’applicazione all’interno della singola questione di quella forza propulsiva volta al ri-equilibrio di una specifica situazione giuridica soggettiva perturbata da un evento esterno, allora, questa ben potrebbe trovare la propria collocazione nell’ambito di un procedimento stragiudiziale di mediazione. Da un lato, la singola questione potrebbe essere affrontata non solo seguendo regole proprie tipiche della quantificazione numerica nell’ambito della rideterminazione delle imposte mediante l’applicazione semplicistica della norma generale ed astratta, bensì attraverso una attività di verifica ed interpretazione del caso concreto tesa a valutare complessivamente un maggior numero di aspetti presenti all’interno della lite. In tal modo, probabilmente, sarebbe possibile, al pari di quanto avviene in sede civilistica, ricercare a partire dall’applicazione delle norme generali la soluzione più opportuna nell’ambito del singolo caso concreto, contemperando in tal modo tra loro, i singoli interessi contrapposti. E’ chiaro, tuttavia, che nella presente sede, trattandosi di diritti indisponibili derivanti da un atto impositivo di natura tributaria, non vi sarebbe spazio per negoziazioni di alcuna sorta, con eccezione per la scelta, le modalità di calcolo e di applicazione delle relative sanzioni.

Tuttavia, non si comprende comunque per quale motivo il legislatore abbia effettuato simili scelte, costituendo l’istituto in parola, per poi ampliare il relativo ambito di applicazione, soggettivo ed oggettivo così avvicinandolo sempre più a quello di matrice civilistica da un lato e, dall’altro, rendendolo di fatto monco in sede operativa.

Non sarebbe forse del tutto fuori luogo la possibilità di ricercare, costituire ed applicare, anche in sede di mediazione fiscale, una disciplina ad hoc radicata sul concetto di equità – processuale di natura civilistica, piegata a favore delle esigenze di natura tributaria, mediante l’istituzione presso ogni Ente impositore di un soggetto terzo ed imparziale, adeguatamente formato, con funzione di studiare e dirimere23 ogni reclamo in fase pre-contenziosa, nell’ottica e per le finalità deflattive di cui si è detto.

Si tratterebbe di un tentativo volto ad effettuare un passo in avanti finalizzato a colmare le accennate lacune ed a garantire, sotto differenti profili anche nell’ambito del contenzioso tributario, la presenza di quel soggetto terzo ed imparziale garante del diritto di difesa del contribuente e dell’applicazione di quella misura della giustizia che ontologicamente appare non possa risultare estranea ad ogni ramo dell’ordinamento giuridico, di ieri e di oggi24.

 

Note e riferimenti bibliografici

1 Originariamente nella misura del 40% ad oggi portata al 35%.
Sul punto si ha riguardo al solo importo dei tributi, senza considerare sanzioni ed interessi (art. 12, comma 5 D.lgs 546/'92).
Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, ed. 2016, vol. 1, pag. 363.
2 Determinata a seguito delle modifiche intervenute ex art. 9, comma 1, lett. l), del D.lgs. n. 156/2015 la quale ha previsto che la proposizione dell'impugnazione produce oltre agli effetti sostanziali e processuali del ricorso, anche quelli del reclamo.
Il reclamo, dunque, a seguito del predetto intervento di riforma, a partire dal primo gennaio 2016, non è più un atto distinto dal ricorso, bensì rappresenta il medesimo atto che, preliminarmente attiverà un procedimento di carattere amministrativo ed eventualmente, a posteriori, sarà idoneo a richiedere l'intervento di una pronuncia dell'autorità giurisdizionale tributaria.
3 Ex D.L. 50/2017 è stato innalzata la soglia relativa al limite massimo dagli originari Euro 20.000,00 agli attuali Euro 50.000,00 con l'intento specifico di ricomprendere all'interno di tali previsioni il maggior numero possibile di contenziosi con intento deflattivo delle liti.
Tuttavia recentemente la dottrina ha notato che tale variazione non rappresenta un significativo alleggerimento dei carichi pendenti innanzi alle Commissioni Tributarie e, di riflesso, innanzi alla giurisprudenza di legittimità, in quanto le liti che giungono al secondo e terzo gradi di giudizio rappresentano quella porzione di contenzioso dal valore inevitabilmente superiore ad entrambe le soglie indicate, evidenziando in tal modo ulteriori dubbi in merito alla reale portata dell'istituto in parola in relazione alle difficoltà presenti nella giurisprudenza tributaria.
L'istituto, ad oggi, è applicabile anche ai tributi locali.
4 Parte della dottrina (Tesauro) nell'ambito della disciplina in esame considera coincidente il concetto di mediazione (di matrice civilistica ex D.lgs 28/2010) con quello di conciliazione.
Tuttavia è necessario sottolineare che nell'ambito della mediazione civile è presente un soggetto terzo ed imparziale, il Mediatore civile e commerciale ex D.M. 180/2010, il quale, sulla base di idonea formazione, è iscritto ad un apposito albo predisposto dal Ministero della Giustizia. Questi svolge un'attività con funzione conciliativa finalizzata ad ottenere una composizione bonaria tra le parti nell'ambito di una lite di natura civilistica avente per oggetto un elenco tassativo di diritti disponibili.
La mediazione tributaria, viceversa, non prevede l'intervento di organi terzi ed imparziali e si svolge in ambito amministrativo con modalità interlocutorie integranti un contraddittorio del contribuente direttamente nei confronti dell'ente impositore.
Lo stesso Tesauro infatti sottolinea che “la mediazione tributaria non è una vera mediazione. Il legislatore fiscale ha usato in modo improprio un termine che ricorda la mediazione nel processo civile ma qui non vi è un terzo ed imparziale soggetto.
Il reclamo deve essere esaminato da apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l'istruttoria degli atti reclamabili ma si tratta pur sempre di strutture appartenenti all'amministrazione resistente
.”
5 La Corte Costituzionale con sentenza n. 98 del 2014 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norma nella parte in cui prevedeva l'inammissibilità del ricorso per difetto di reclamo (con effetto dal periodo anteriore alle modifiche intervenute con Legge n. 147 del 2013).
6 Il legislatore ha stabilito un valore massimo, al netto degli interessi e delle sanzioni pari ad Euro 20.000,00 recentemente aumentato fino ad Euro 50.000,00.
Il D.L. n. 50/2017, entrato in vigore il 24 aprile 2017, ha esteso l'applicazione dell'istituto del reclamo-mediazione alle controversie di valore non superiore a cinquantamila euro. Soglia più elevata per le controversie tributarie soggette a reclamo e mediazione a partire dal 2018.
Sale da 20 a 50 mila euro il valore delle liti per le quali è imposta la procedura deflattiva.
Sul punto: Ignazio Buscema, “Reclamo e mediazione tributaria, dal I gennaio le nuove soglie anche per le liti sui tributi locali”, in Azienditalia 2018, 3, 461.
7 L' art. 17- bis del d.lgs. n. 546 del 1992 che ha introdotto gli istituti del reclamo e della c.d. mediazione tributaria per fini deflattivi del contenzioso, è stata sin da subito sottoposta al vaglio critico della dottrina sotto numerosi profili, non ultimo quello dell'attivazione della cosiddetta mediazione facoltativa, d'ufficio o su impulso del contribuente. Le potenzialità deflattive della mediazione sono elevate, suscettibili di dar vita ad una nuova impostazione del rapporto fisco - contribuente, più dialogico che in passato.
Tuttavia, non sfuggono alcuni aspetti critici, quali la natura giuridica della mediazione tributaria, nonché la (apparentemente mancata) terzietà e imparzialità della Agenzia delle entrate nel procedimento di mediazione.
Si veda: Roberto Serrentino: “Il nuovo istituto della mediazione tributaria : osservazioni critiche” in Diritto e pratica tributaria, 2013, 6, 11347.
8Da un punto di vista definitorio, il “reclamo” è considerabile come un mezzo di impugnazione di matrice amministrativa, particolarmente versatile e pertanto utilizzato per finalità proprie anche in ambito processual civilistico, fallimentare e tributario. Si tratta di un mezzo di impugnazione volto a provocare il riesame di un provvedimento emanato da una Autoritànell’ambito del medesimo Ufficio nel quale si è costituito ed è stato emanato.
9 Sulla base di tale espansione, si giustifica, poi, quanto recentemente disposto dall'art. 10 comma 3 del D.L. 50/2017 il quale ha esteso anche ai rappresentanti dell'agente della riscossione che concludono accordi di mediazione, la limitazione della responsabilità per danno erariale alle sole ipotesi di dolo.
10 Ciò al fine di garantire una soglia minima di accesso alla tutela giurisdizionale di ogni posizione giuridica soggettiva che si assume essere stata lesa in armonia con i principi di rango costituzionale posti a fondamento della tutela giurisdizionale dei diritti.
11 Martis, “Reclamo e mediazione fiscale. Un nuovo strumento di convergenza tra gli interessi del cittadino e della pubblica amministrazione, in Riv. dir. trib. n. 9-2012, pgg. 835-842.
12Corte Cost. Sent. 98 del 2014.
13 Federico Rasi, “Reclamo e mediazione tributaria: tutto risolto dal legislatore e dalla corte costituzionale” in Diritto e pratica tributaria, 2014, 3, pgg 550-600. Sul punto si veda altresì la Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012.
Secondo quanto indicato nella Relazione di accompagnamento al decreto istitutivo lo strumento in parola, poiché la norma ha inteso introdurre un “efficace rimedio amministrativo per deflazionare il contenzioso” essa era stata accompagnata dalla previsione relativa alla definizione delle liti fiscali pendenti aventi un modico valore. Il testo attuale della norma in esame rappresenta il risultato di differenti interventi normativi “correttivi” da parte del legislatore e della Corte Costituzionale, in quanto si è tentato di porre rimedio ad alcuni profili oggetto di critica che hanno caratterizzato l'originaria disciplina, determinando una vera e propria evoluzione dell'istituto.
La norma evocava nel lessico il concetto di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile di cui al D.lgs 28/2010 , la quale escluse, per espressa previsione, dal campo della propria applicazione ogni tipologia di controversia di natura tributaria sull'evidente presupposto della natura indisponibile del diritto, in contrapposizione con la fruibilità data dal carattere disponibile dei diritti oggetto di mediazione civile.
14 Proprio in ragione del fatto che la procedura di reclamo era obbligatoria ed il suo mancato esperimento comportava l'inammissibilità del ricorso giurisdizionale, una parte della dottrina (Marini) ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale in particolare sotto il profilo del possibile lesione del diritto di difesa. Infatti, come accenato, tali sospetti hanno avuto seguito in sede di verifica di legittimità costituzionale in virtù di sei distinte ordinanze sollevate da altrettante distinte Commissioni Tributarie a breve distanza di tempo le une dalle altre circa la compatibilità della disciplina contenuta nell'art. 17-bis del D.lgs 546/'92 e gli art.. 3, 24, 25, 111 e 113 Cost.
Sul punto: Giuseppe Corasaniti “L'incessante evoluzione del reclamo/mediazione: pregi e difetti di un istituto in continuo rinnovamento”, in Corriere Tributario, 2017, fasc. 21 pgg. 1639 – 1645.
15 Giuseppe Corasanti: “L'incessante evoluzione del reclamo/mediazione: pregi e difetti di un istituto in continuo rinnovamento” in Corriere Tributario, 2017, fasc. 21, pgg.1639-1645.
16Circolare 30/E del 22.12.2017.
17Ibidem.
18 circolare n. 33/E del 3 agosto 2012, paragrafo 5.1.
19 circolare n. 33/E del 2012, paragrafo 5.2.
20Il quale ha ampliato l’ambito di applicazione del reclamo e, pertanto, esteso la mediazione tributaria, dagli atti impositivi emanati dalla sola Agenzia delle Entrate anche a quelli emanati dalla Agenzia delle Dogane, dai differenti agenti di riscossione nonché per i tributi relativi agli Enti locali.
21Nonchè, come precedentemente accennato, a garanzia di principi fondamentali posti alla base del diritto di difesa dell’individuo all’interno del nostro ordinamento, di matrice costituzionale.
22Andrea Carinci “La mediazione funziona solo con un arbitro terzo”, in Diritto e pratica tributaria, 2017, fasc. 3, pagg. 1101 – 1102.
23Coordinandosi con i differenti Uffici e curando la redazione di un massimario – storico in cui mantenere traccia delle decisioni prese in sede stragiudiziale per verificare eventuali assonanze – dissonanze con casi simili futuri al fine di rendere più agevole l’attività stessa di mediazione.
24In termini del tutto generali, a tal proposito è stato efficacemente sostenuto da autorevole dottrina che “poichè l’equità compenetra il diritto e quest’ultimo senza di essa sarebbe come un corpo che non lascia vibrare l’anima” essa non può non avere attinenza ontologica con il suo stesso fondamento, teorico e pratico. Roberto Calvo “L’equità nel diritto privato”, 2010, Giuffrè, pg. 2.