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Pubbl. Gio, 15 Feb 2018

Spese straordinarie per i figli: non è necessario il consenso di entrambi i genitori

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Alessio Latini


Profili normativi e giurisprudenziali delle spese ordinarie e straodinarie per i figli a partire dalla recente ordinanza della Cassazione n. 1070 del 18 gennaio 2018.


Sommario: 1. Le spese ordinarie tra il mantenimento diretto e l'assegno di mantenimento; 2. Le spese straordinarie; 3. Conclusioni.

1. Le spese ordinarie tra il mantenimento diretto e l'assegno di mantenimento.

Prima di procedere all'analisi della recente ordinanza della Cassazione n. 1070/18 in merito all'accordo sulle spese straordinarie dei figli, occorre precisare alcuni aspetti.

Innanzitutto bisogna prendere le mosse dall'art. 337-ter c.p.c. che disciplina la materia quivi in esame, con particolare riferimento ai commi 3 e 4 che così statuiscono:

Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

  1. Le attuali esigenze del figlio
  2. il tenore di vita goduto dal figlio  
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.”

Il co. 4 dell'art. 337-ter c.p.c. prevede quindi, fatta salva in ogni caso la possibilità di diversi accordi delle parti, che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio redditto (1).

Questa modifica normativa ha determinato l'introduzione nel nostro ordinamento del c.d. mantenimento “diretto” come norma generale, accompagnato altresì dalla previsione dell'affido condiviso (2), ammesso anche con la specifica della collocazione prevalente presso uno dei due genitori.

Il mantenimento diretto prevede che ciascun genitore provveda direttamente al mantenimento del figlio per il relativo tempo di permanenza presso di esso, senza che vi sia alcun assegno di mantenimento, il tutto ovviamente se tale permanenza tra i genitori si equivale in termini di giorni e durata e se altresì equivalenti possono considerarsi le loro condizioni economiche.

Tuttavia, proprio a seguito della diffusa adozione della collocazione prevalente, quanto appena detto ha trovato scarsa applicazione, facendo persistere il c.d. assegno di mantenimento nei confronti dell'altro genitore con cui la prole trascorre meno tempo.

In sostanza si ha il riconoscimento dell'affido condiviso come principio generale ma con riguardo alla collocazione raramente si fa riferimento a quella “alternata” o “paritaria” presso ciascun genitore (qualora possibile), trovando piuttosto applicazione quella “prevalente”, con l'ulteriore effetto del persistere dell'obbligo dell'assegno di mantenimento in capo al genitore non collocatario, secondo il principio di proporzionalità sancito dall'art. 337-ter c.p.c. sopracitato.

Orbene, ad un'attenta analisi ciò non coincide con il principio della bigenitorialità. Difatti, scopo precipuo del mantenimento diretto è proprio quello di valorizzare quest'ultimo principio, sancito dalla riforma del diritto di famiglia del 2006. A ben vedere, tale forma di mantenimento permette ai figli di percepire maggiormente al proprio fianco i rispettivi genitori, e, proprio come se si trattasse di una famiglia “unita”, quest'ultimi provvedono direttamente ai bisogni ed al sostentamento dei propri figli. Altro aspetto da considerare è che in tal modo verrebbe meno qualsiasi forma di mantenimento c.d. “indiretto” tramite assegni o comunque somme da versare all'ex coniuge. Occorre precisare altresì che, a seconda dei casi di specie, il mantenimento diretto è possibile anche nella situazioni in cui il collocamento non sia partitario o vi sia una disparità di redditi. Sempre a seconda delle situazioni di specie, inoltre, occorre considerare che mantenimento diretto e assegno di mantenimento possono coesistere, nell'ipotesi, ad esempio, in cui quest'ultimo vada ad integrare il mantenimento diretto nel momento in cui il figlio si trovi collocato presso l'altro genitore.

Di diverso avviso la Corte di Cassazione che non ritiene che il mantenimento diretto sia diretta conseguenza dell'affido condiviso.

Primamente, la Corte evidenzia che il giudice ha ampia discrezionalità nel decidere in ordine al mantenimento dei figli e come limite ha proprio la salvaguardia degli interessi di quest'ultimi. Inoltre, occorre valutare se tra i genitori non vi siano rapporti tesi o comunque poco collaborativi e che, se ciò si verifichi, la soluzione preferibile sia proprio quella dell'affido in ogni caso condiviso ma con la collocazione prevalente presso uno dei due (di tal modo che l'altro è tenuto al pagamento dell'assegno di mantenimento). In ultimo occorre considerare finanche le difficoltà oggettive di un mantenimento di siffatta specie, realizzabilie quando i genitori abitino nella stessa città o comunque in distanze ragionevoli l'uno dell'alto, per evitare proprio l'effetto “pacco postale” ai suddetti figli, con grave effetti per la stabilità e i loro interessi (per i vari elementi contrari al mantenimento diretto, si segnala la recente Cass. Ordinanza n. 4060/17).

La Cassazione quindi tende a limitare il mantenimento diretto nei soli casi di accordo tra i genitori e di accordo del minore.

Recentemente, tuttavia, alcuni Tribunali si stanno orientando verso una valorizzazione dell'affido condiviso attraverso il mantenimento diretto. Esemplare in tal senso le linee guida del Tribunale di Brindisi, sezione famiglia, che evidenzia come “la divaricazione tra legge e prassi, per effetto della quale le aspettative della riforma del 2006 (affido condiviso) vengono spesso disattese dal provvedimento, per cui chi se ne sente penalizzata tende o a reclamarlo – tornando dal giudice- o a non rispettarlo,...”

2. Le spese straordinarie.

Per quanto attiene alle spese straordinarie, che non devono essere ricomprese nell'assegno di mantenimento (3), si può procedere dal concetto di decisioni di maggiore interesse per i figli sancito dall'art. 337-ter c.p.c, che così riporta : “Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.”

Per quanto riguarda, quindi, le decisioni di maggiore interesse occorre l'accordo dei genitori, tenendo in debita considerazione la persona del figlio, per mezzo delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, e solo in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.

Occorre immediatamente evidenziare tuttavia che se è vero che le spese straordinarie in genere seguono le decisioni di maggiore interesse riguardo ai figli, i due concetti non sono sovrapponibili.

Si possono avere, ad esempio, spese straordinarie in relazione a decisioni che non riguardano aspetti di maggiore interesse per i figli, oppure decisioni che riguardano quest'ultimo aspetto senza che ne seguano necessariamente spese straordinarie.

In effetti, a ben vedere, è del tutto assente una definizione di spese straordinarie, a cui ha sopperito la giurisprudenza che così le definisce: ”debbano intendersi per spese "straordinarie" quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli” (Cass. Ord. 1070/2018, Cass. n. 9372/12).

Elementi fondamentali, che ne permettono le distinzione dalle spese ordinarie, sono quindi la rilevanza, l'imprevedibilità e l'imponderabilità rispetto a quello che può essere considerato l'ordinario regime di vita dei figli.

Come evidenziato, nella generalità dei casi, questi elementi discriminanti caratterizzano le spese inerenti le decisioni che attengono ai maggiori interessi dei figli.

A tal proposito, la normativa stabilisce l'accordo dei genitori, e solo quando questo non si raggiunga, la decisione viene rimessa al giudice.

L'aspetto più rilevante riguarda la circostanza se tali decisioni debbano essere previamente concertate o se l'accordo possa essere anche successivo all'autonoma decisione presa da uno dei genitori. Mentre nel primo caso, nulla osta al rimborso di parte delle spese nei confronti del genitore che abbia sostenuto le spese per l'intero (in genere il cinquanta per cento) (4), il secondo caso suscita problematiche nel momento in cui l'altro coniuge non faccia pervenire tempestiva opposizione e non si dichiari d'accordo con la spesa sostenuta, eccependo in tal modo il rimborso di parte delle spese effettuate dall'altro coniuge.

La Cassazione, con orientamento costante, afferma che la normativa non stabilisce che, per quanto attiene le decisioni di maggiori interesse per i figli, le stesse debbano essere previamente concertate, ben potendo essere prese da uno dei genitori e l'accordo dell'altro avvenire tacitamente con il rimborso di parte delle spese sostenute.

In effetti, a ben vedere, la normativa richiede il “comune accordo” e non che questo debba essere necessariamente precedente sia alla decisione sia alle relative spese sostenute. Il genitore che è in disaccordo con la decisione ha pertanto l'onere di far pervenire all'altro una tempestiva opposizione (Cass. Ordinanza n. 16175/2015).

Nel momento in cui non è vi accordo e l'altro genitore non si opponga tempestivamente, la decisione è rimessa al giudice che verifica “ la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione, riservata al giudice del merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori." ( Così Cass. Sent. 10174/2012, Cass. Ordinanza 16175/2015, Cass. Ordinanza 1070/2018, Cass. Sent. 19607/2011, Cass. Sent. 5262/99).

Occorre precisare, tuttavia, che la sentenza della Cassazione 19607/2011 ritiene applicabile quanto appena detto sulla non essenzialità del preventivo accordo per quelle decisioni che concernono i maggiori interessi dei figli a patto che non si tratti di eventi eccezionali ed imprevedibili oppure in quelle situazioni che richiedano scelte indifferibili, proprio per permettere al genitore non affidatario di partecipare alle decisioni.

Un accordo preventivo non è necessario quindi per le spese straordinarie che investano l'ordinaria quotidianità, come può essere ad esempio un viaggio studio all'estero, in quanto per loro stessa natura non possono essere considerate eccezionali, imprevedibili o tali da richiedere scelte indifferibili, risultando comunque essere delle decisioni inerenti i maggiori interessi del figlio.

 

3. Conclusioni.

Per brevemente concludere, l'ordinanza 1070/18 della Cassazione decide in conformità a quanto già espresso da un orientamento stabile in materia.

Pertanto, per spese straordinarie si intendono quelle spese rilevanti, imprevedibili e imponderabili rispetto al regime ordinario di vita. In genere esse fanno seguito alle decisioni di maggior interesse per i figli ex art. 337 c.p.c. ma non sempre coincidono.

Infine, si può affermare che per quanto attiene alle stesse, l'accordo dei genitori è elemento essenziale e deve essere previamente concertato solo per quelle spese straordinarie relative ad eventi eccezionali ed imprevedibili. Per quelle spese straordinarie che attengono  all'ordinaria quotidianità, come ad esempio i viaggi di studio all'estero, in caso di mancata tempestiva opposizione dell'altro genitore e dinanzi al suo rifiuto di rimborsare parte delle spese, sarà il giudice a decidere, valutando “la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione, riservata al giudice del merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori” (Così Cass. Sent. 10174/2012, Cass. Ordinanza 16175/2015, Cass. Ordinanza 1070/2018, Cass. Sent. 19607/2011).

 

Note

1. Sulla differenza tra assegno di mantenimento spettante al coniuge separato o divorziato e quello previsto per i figli si esprime la sentenaza della Cassazione n. 18538/2013. Mentre l'assegno previsto nei confronti dell'ex coniuge si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun coniuge, questo non accade per l'assegno di mantenimento dei figli: le maggiori potenzialità economiche di un genitore (in genere affidatario) non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell'altro genitore.

2. La regola dell'affidamento condiviso dei figli è derogabile solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore» (Cass. 977/2017).

3. Così proprio la recente ordinanza 1070/2018, ma anche Cass. Sent. 10174/2012: “...talché la loro inclusione in via forfettaria nell’ammontare dell’assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 316 cod. civ. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno "cumulativo", di cure necessarie o di altri indispensabili apporti;...”

4. Interessante la sentenza della Cass. n. 25723/2016 sulla suddivisione delle spese. In assenza di un precedente provvedimento giudiziale che regoli la ripartizione delle spese tra i genitori, tali spese vanno divise tenendo conto delle rispettive sostanze patrimoniali e dalla capacità di lavoro e professionale o casalingo di ciascuno di essi.