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Pubbl. Dom, 4 Feb 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

La validità del contratto quadro sottoscritto dall´investitore e non dall´intermediario finanziario

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Renata Maddaluna


Il contratto-quadro relativo ai servizi d´investimento che rechi la firma del solo investitore e non anche dell´intermediario finanziario è valido? A tale quesito rispondono le Sezioni Unite n. 898 del 2018.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Il caso; 3. Il contenuto dell'ordinanza interlocutoria - Cass., Sez. I, ordinanza 27/04/2017 n. 10447; 4. Le Sezioni Unite evidenziano la ratio dell'art. 23 d.lgs. 58/1998; 4.1 Il requisito della forma funzionale; 4.2 La sanzione della nullità relativa per difetto formale; 5. Conclusioni.

1. Introduzione

Con la sentenza del 16 gennaio 2018 n. 898 le Sezioni Unite hanno risolto una questione particolarmente controversa e cioè se sia rispettato il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi d'investimento, disposto dall'art. 23 d.lgs. 58/1998, qualora detto contratto-quadro sia stato sottoscritto dal solo investitore e non anche dall'intermediario finanziario.

2. Il caso

Nella vicenda in esame, alcuni investitori avevano impugnato la sentenza con cui la Corte territoriale aveva respinto le domande, dagli stessi proposte, dirette ad ottenere la nullità, l’annullamento o la risoluzione per inadempimento, di tutti i contratti di investimento, finanziamento e gestione patrimoniale, conclusi dai medesimi con un dato Istituto di credito.

La Corte di merito aveva ritenuto che i suddetti contratti fossero validi, anche se sottoscritti soltanto dai clienti e non anche da un funzionario della banca, sia perché, i ricorrenti avevano ricevuto un esemplare del contratto sottoscritto per accettazione dai soggetti abilitati a rappresentarli, sia perché non era previsto il requisito della forma scritta contrattuale ma solo il requisito dell’idonea informazione, rispettato nel caso in oggetto.

Avverso tale pronuncia gli investitori avevano proposto ricorso per Cassazione, censurando, in particolare, la mancata sottoscrizione del contratto-quadro di gestione da parte di un funzionario della banca, ritenuta irrilevante dalla Corte d'Appello.

3. Il contenuto dell'ordinanza interlocutoria - Cass., Sez. I, ordinanza 27/04/2017 n. 10447

Nell'ordinanza interlocutoria con cui viene rimessa alle Sezioni Unite la vicenda in oggetto[1], la Prima Sezione, rilevato che, a norma l’articolo 23 d.lgs. 58/1998, è previsto, a pena di nullità, l’obbligo della forma scritta per i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, ha precisato che anche le successive operazioni di investimento compiute dall’intermediario sono da considerarsi nulle e non ratificabili tacitamente. La Corte ha, altresì, precisato che, così come il contratto-quadro deve essere redatto per iscritto a pena di nullità, anche il contratto di gestione di investimento concluso con un intermediario finanziario, deve essere stilato per iscritto a pena di nullità, previsione che non consente equipollenti o ratifiche. Per quanto riguarda la sottoscrizione da parte di un funzionario della banca, ha riportato i seguenti principi di diritto, già affermati dalla Corte di legittimità in altre più recenti sentenze[2]: "a) l’art. 23 impone una forma bilaterale ad substantiam; b) la produzione in giudizio da parte della banca del contratto-quadro da essa non sottoscritto non è idoneo equipollente della sua sottoscrizione".

In relazione ai predetti principi, la Prima Sezione ha condiviso il secondo punto, mentre ha espresso qualche perplessità in relazione al primo aspetto, in relazione alla necessità della sottoscrizione dell’intermediario, ai fini della validità del contratto di investimento. In effetti, giurisprudenza e dottrina non hanno risolto concordemente tale questione, ovvero se, per la validità del contratto concluso con la banca occorra o meno obbligatoriamente anche la firma di un funzionario di quest’ultima, oltre quella del cliente.

La Cassazione ha poi precisato, con riferimento ai nuovi fenomeni contrattuali derivanti dallo sviluppo dei mercati, che il legislatore ricorre sempre più di frequente al formalismo negoziale, detto anche “neo formalismo”, posto a tutela dell’investitore, ritenuto il contraente più debole nell’ambito di un contratto asimmetrico quale quello di specie. La nullità che ne consegue ha finalità di protezione del cliente, nel cui interesse essa viene conformata come relativa. Pertanto, la previsione formale dell’art. 23 d.lgs. 58/1998 è diretta esclusivamente a tutelare l’investitore; si tratta di una “forma di protezione” diretta ad evidenziare, a favore della parte debole del rapporto, l’importanza del contratto che sta per concludere e tutte le clausole ivi previste. La ratio di tale prescrizione è quella di assicurare una corretta informazione del cliente, affinché questi sia informato e pienamente consapevole del contratto che si accinge a firmare; per tali motivi la nullità può essere fatta valere solo da questi oltre che rilevata d’ufficio dal giudice.

L'ordinanza di rimessione evidenzia che nella materia in esame si registrano due, contrapposti, orientamenti.

Secondo una prima tesi, il requisito della forma scritta ex art. 23 d.lgs. 58/1998 sarebbe rispettato con la sottoscrizione del cliente del modulo contrattuale contenente il contratto-quadro. In tal modo, la cd. forma-informativa sarebbe rispettata, perché sarebbe garantito l’interesse alla conoscenza, alla trasparenza e lo scopo informativo dell’investitore. Dunque, secondo tale indirizzo, non occorrerebbe la sottoscrizione della banca affinché il contratto possa dirsi perfezionato: la volontà dell’investitore deve essere espressa per iscritto, mentre quella dell’intermediario finanziario può essere manifestata con altre forme, idonee a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza del suo consenso. Tale conclusione deriva anche dalla necessità di evitare una lettura della norma non efficiente per il mercato finanziario, nonché per scongiurare un utilizzo opportunistico del requisito formale. In caso contrario, potrebbe accadere che l’investitore, approfittando della propria posizione di vantaggio, garantita dalla legge per altri scopi, impugni per nullità il contratto, dapprima eseguito senza contestazioni, a fronte di una perdita successiva; potrebbe, altresì, pur essendo in possesso di un esemplare sottoscritto dalla banca, evitare di produrlo in giudizio. Dunque, non appare soddisfacente l’attribuzione della facoltà, concessa all’investitore, di eccepire la nullità del contratto-quadro solo rispetto ad alcuni prodotti finanziari che intende caducare, ma non ad altri, sebbene attuativi del medesimo contratto[3]; tale cosiddetto uso selettivo della nullità del contratto-quadro potrebbe avallare un uso abusivo del diritto che la Suprema Corte ha sempre inteso condannare.

Secondo la tesi opposta, la sottoscrizione dell’intermediario finanziario sarebbe un requisito di forma richiesto dalla legge ad substantiam; in tal caso sarà necessario rispondere ad una serie di interrogativi, ovvero se avendo la nullità effetti ex tunc, la banca sia legittimata o meno a ripetere quanto versato a favore del cliente, o se a fronte di un uso selettivo della nullità, l’intermediario possa eccepire la violazione della buona fede contrattuale, ed in caso di risposta affermativa, con quali conseguenze; occorrerà ancora verificare se sia ipotizzabile o meno la convalida del contratto nullo proprio per il fatto che si tratta di una nullità relativa e se debba ravvisarsi uno di quei casi in cui la legge dispone diversamente ex articolo 1423 c.c. Secondo quest’ultima teoria la firma del funzionario della banca è obbligatoria per la validità del contratto, per cui bisognerebbe stabilire se l’investitore, così come può opporsi alla declaratoria di nullità[4], possa convalidare il contratto.

Per risolvere la controversa questione sopra esposta, la Corte ha rimesso la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

4. Le Sezioni Unite evidenziano la ratio dell'art. 23 d.lgs. 58/1998- Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria

Con la sentenza in commento le Sezioni Unite si sono espresse in favore della validità del contratto-quadro relativo ai servizi d'investimento che rechi la sola sottoscrizione dell'investitore e non anche dell'intermediario finanziario (banca).

A tale soluzione interpretativa la Suprema Corte è pervenuta innanzitutto facendo leva sulla ratio dell'art. 23 d.lgs. 58/1998.      

4.1 Il requisito della forma funzionale

L'art. 23 d.lgs. 58/1998, nell'ambito di quel che è stato definito come neoformalismo o formalismo negoziale, impone un vincolo di forma composito per il contratto-quadro relativo ai servizi d'investimento: si prevede, infatti, in modo inequivoco la redazione per iscritto del contratto e la consegna del documento contrattuale all'investitore; soltanto questi è legittimato dalla norma a far valere la nullità in caso di inosservanza della forma prescritta.

Secondo i giudici di legittimità, la nullità per difetto di forma è posta nell'interesse del cliente, così come è a tutela di questi la previsione della consegna del contratto. Pertanto, la previsione della nullità è "volta ad assicurare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed altro come specificamente indicato, considerandosi che è l'investitore che abbisogna di conoscere e di potere all'occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto"[5].

La finalità protettiva nei confronti dell'investitore si riverbera, tuttavia, in via mediata anche sulla regolarità e trasparenza del mercato del credito.

Secondo le Sezioni Unite, allora, il requisito della forma ex art.1325 n. 4 c.c. va inteso, nella specie, non in senso strutturale, bensì in senso funzionale, avendo riguardo, cioè, alla finalità propria della normativa. La disciplina in esame, intesa nel suo complesso e nella sua finalità, permette di scindere i due profili della sottoscrizione del documento, come formalizzazione e certezza della regola contrattuale, e dell'accordo.

4.2 La sanzione della nullità relativa per difetto formale

La Suprema Corte evidenzia che la previsione della nullità azionabile solo dal cliente rappresenta una sanzione per l'intermediario; essa ben si armonizza nel contesto del d.lgs. 58/1998 e rispetta il principio di proporzionalità, della cui tenuta si potrebbe dubitare ove si accedesse, invece, a diversa interpretazione[6]. In altri termini, si giungerebbe ad una interpretazione esasperatamente sanzionatoria laddove si ritenesse, come fa autorevole dottrina, che la normativa in oggetto sia intesa non solo a tutela del cliente, ma anche dell'organizzazione interna della banca, con conseguente nullità del contratto-quadro ove privo della sottoscrizione del delegato dell'istituto di credito.

In termini più generali, infatti, deve ritenersi, secondo la pronuncia in commento, che, laddove venga istituita, come nel caso in esame, una nullità relativa, volta a proteggere innanzitutto un interesse particolare, l'interprete sia tenuto a circoscrivere l'ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero coinvolto l'interesse protetto dalla nullità, determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche opportunistiche.

Tale interpretazione risulta, altresì, in linea con le disposizioni dell'ordinamento Europeo il quale, al fine di perseguire gli obiettivi di trasparenza e tutela degli investitori, punta l'accento sulla registrazione dei documenti concordati, così da assicurare la verificabilità di quanto concordato.

In conclusione, le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto: "Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi d'investimento, disposto dal d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti"[7].

5. Conclusioni

Il pregio della decisione delle Sezioni Unite in commento é, da un lato, quello di aver composto un contrasto sorto in seno alle sezioni semplici della Corte di legittimità sulla necessità o meno della sottoscrizione del contratto-quadro relativo ai servizi d'investimento anche da parte del funzionario di banca, questione che aveva portato i giudici di merito ad adottare decisioni contrastanti, ma anche di aver posto in giusta evidenza, quale ulteriore requisito formale previsto dalla norma a pena di nullità, l'obbligo della banca di consegnare al cliente una copia del contratto sottoscritto. E' evidente, infatti, che le finalità di protezione del cliente sopracitate verrebbero frustrate qualora si ritenesse sufficiente per la banca raccogliere la sottoscrizione del cliente e dare esecuzione al contratto, senza fornire a quest'ultimo copia dello stesso.

E' quindi ragionevole prevedere che, dopo la decisione delle Sezioni Unite, il contenzioso si sposterà principalmente sulla prova o meno dell'avvenuto assolvimento da parte della banca dell'obbligo di consegna del documento contrattuale al cliente, normativamente previsto.

La sentenza in commento è, inoltre, interessante nella misura in cui si pone sulla scia di quelle sentenze che, in tempi più recenti, privilegiano il valore funzionale della forma del contratto, da valutarsi in concreto ed in relazione allo specifico tipo contrattuale[8]. In tale quadro si delinea, come è evidente, uno stretto rapporto tra forma del contratto e nullità, nel senso che non è automaticamente applicabile la disciplina sulla nullità in mancanza di forma prescritta dalla legge, essendo piuttosto necessario procedere, in concreto, ad una interpretazione assiologicamente orientata nel rispetto dei valori fondamentali del sistema giuridico, per capire se il requisito della forma del contratto sia prescritto ai fini della validità o meno del contratto stesso.

Tale sentenza, dunque, si iscrive nell'ambito di quelle pronunce giurisprudenziali che evidenziano l'avvenuta mutazione genetica del ruolo della forma del contratto: quale requisito che svolge una polivalenza di funzioni, la forma contrattuale è sempre più divenuta, negli ultimi tempi e in stretto rapporto con la nullità (relativa), lo strumento che consente al giudice di rilevare l'eventuale squilibrio tra le parti del contratto e tutelare, così, la parte debole del rapporto. Pertanto, secondo questa innovativa giurisprudenza, la forma contrattuale va intesa anche come strumento di riequilibrio di un rapporto economico-sociale sbilanciato.

In proposito, occorre preliminarmente rilevare che la forma del contratto, veicolo attraverso cui viene manifestata all'esterno la volontà dei contraenti, svolge, nel nostro ordinamento giuridico, molteplici funzioni. Il requisito formale è, innanzitutto, mezzo di responsabilizzazione del consenso dei contraenti, in ragione della rilevanza socio-economica dei beni oggetto del contratto o della portata giuridica dei diritti coinvolti; la forma è, altresì, prerequisito della pubblicità, consentendo l'opponibilità dell'atto ai terzi ai fini della pubblicità; in qualche caso, inoltre, il requisito formale rende possibili i controlli sul contenuto del contratto previsti nell'interesse pubblico[9].

Nell'attuale ordinamento, tuttavia, è spesso prevista dalla legge, sulla scorta delle prescrizioni comunitarie, la cosiddetta forma di protezione: in altri termini, il requisito formale consente di tutelare la parte debole del rapporto contrattuale, nell'ambito di quel che è stato definito 'neoformalismo negoziale'[10]. Il neoformalismo negoziale mira a far emergere il contenuto del rapporto sottostante, la cosiddetta forma-contenuto, e, in tal senso, la forma è intesa come sinonimo di trasparenza. Il requisito formale risulta, di conseguenza, in tali casi, strumento di protezione della parte debole del rapporto contrattuale, in considerazione dell'evidente asimmetria informativa e dell'ontologico squilibrio esistente nel rapporto tra le parti.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass., Sez. I, ordinanza 27/04/2017 n. 10447.
[2] Cass. n.5919/2016; n. 7068/2016; n. 8395/2016; n. 8396/2016; n. 10331/2016; n. 36/2017.
[3] Su cui Cass., n. 8395/2016.
[4] Cass., Sez. Un. n.26242 e n. 26243 del 2014.
[5] Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2018 n. 898.
[6] Sulla rilevanza cardine del principio di proporzionalità nel nostro ordinamento Cass., Sez. Un., 5 luglio 2017 n. 16601.
[7] La sentenza in commento si pone in diretto contrasto con Cass., Sez. I., 27 aprile 2016 n. 8935 che aveva stabilito che "nel contratto d'intermediazione finanziaria, la produzione in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto quadro sottoscritto soltanto dall'investitore, non soddisfa l'obbligo della forma scritta ad substantiam imposto a pena di nullità dal D.lgs. n. 58 del 1998, art. 23. Tale nullità può essere eccepita anche limitatamente ad alcuni degli ordini di acquisto eseguiti in virtù del contratto viziato". Questa sentenza aveva, dunque, sancito la nullità del contratto-quadro sottoscritto dal solo investitore e non anche dall'intermediario finanziario. Tale pronuncia è importante, altresì, nella misura in cui abilitava l'investitore a selezionare la nullità delle operazioni negoziali d'investimento da far valere in giudizio (cosiddetta nullità selettiva).
[8] Leading case in materia è rappresentato dall'importante sentenza Cass., Sez. Un., 17 settembre 2015 n. 18214 sulla forma del contratto di locazione abitativa che ha evidenziato chiaramente la mutazione genetica del ruolo della forma del contratto cui si è assistito negli ultimi anni. In particolare, dalla sentenza emerge che l'interprete deve guardare alla funzione svolta dalla forma in rapporto allo specifico tipo contrattuale per stabilire quale sia la sanzione prevista dalla legge in ipotesi di sua mancanza. L'interprete deve così privilegiare la funzione in virtù della quale il requisito formale è stato stabilito dal legislatore per quello specifico contratto posto in essere dalle parti (cosiddetta forma funzionale), onde stabilire se la forma sia stata immaginata ai fini della validità del contratto o per altri scopi. Ciò comporta che ove, all'esito di tale indagine da svolgersi in concreto, l'interprete prenda atto che gli interessi tutelati dal requisito formale soverchiano quelli delle parti, la forma sarà, senz'altro, prevista ai fini della validità, per cui la sua mancanza ne comporterà la nullità assoluta. Laddove, invece, la forma sia stata prevista ai fini della tutela della parte debole del rapporto, si sarà, piuttosto, in presenza di una nullità relativa, sebbene essa non sia stata prevista testualmente dal legislatore.
[9] Ciò accade, in particolare, con riguardo ai contratti stipulati con la pubblica amministrazione o in relazione al contratto di locazione, ove la forma scritta è prevista per ragioni eminentemente fiscali.
[10] La cosiddetta forma di protezione è soprattutto prevista nel codice del consumo. In particolare, l'art. 35 cod. cons. dispone che le clausole contenute nei contratti stipulati con consumatori siano redatte "in modo chiaro e comprensibile", in attuazione del "diritto del consumatore ad un'adeguata informazione" di cui all'art. 2 lett. c) cod. cons. Prima ancora che nel codice del consumo, tuttavia, forme di protezione sono previste nel codice civile e, in particolare, dall'art. 1284 co 3 c.c., che impone la forma scritta per il pagamento degli interessi a tasso ultralegale, dall'art. 1341 co 2 c.c., che impone l'approvazione per iscritto delle clausole onerose del contratto predisposte da uno dei contraenti, e dall'art. 2125 c.c., che prescrive la forma scritta per il patto di non concorrenza il quale potrebbe prestarsi a generare abusi di una parte in danno dell'altra.