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Pubbl. Lun, 29 Gen 2018

La locazione tacita non è desumibile della sola permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata

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Carlo Giaquinta


Per la Cassazione non basta la detenzione dell´immobile per rendere manifesta la ”volontà non equivoca” di instaurare il rapporto locativo.


Con una recente ordinanza (la n. 29313/17 pubblicata il 7 dicembre 2017) la Corte di Cassazione ritorna su una tematica che ancora oggi suscita un vivace dibattito giurisprudenziale per ciò che concerne l’ambito dei contratti di locazione.

In particolar modo, la questione si concentra intorno alla possibilità di ricavare dalle circostanze di fatto e dal comportamento delle parti elementi in grado di far presumere l’esistenza e la validità di un rapporto locativo, pur in mancanza di un contratto redatto in forma scritta.

La vicenda prende origine dall’azione proposta da alcuni dipendenti di Poste Italiane, i quali dichiaravano di aver occupato, in buona fede, alcuni appartamenti di proprietà dell’ente e di aver contestualmente provveduto al versamento delle somme dovute a titolo di canoni di locazione, che venivano accettate e incassate dalla società proprietaria degli immobili.

I ricorrenti, dunque, convenivano in giudizio Poste Italiane per ottenere l’accertamento della stipula di regolari contratti di locazione, sia pur per comportamento concludente, data la permanenza nella detenzione degli immobili, dei quali nessun rilascio era mai stato chiesto dall’ente postale.

Questi incontrarono il rigetto della domanda sia in primo grado che nel giudizio di appello, celebrato innanzi alla Corte d’Appello di Salerno, ove i giudici, nel rigettare l’impugnazione, esclusero che si potesse dedurre la volontà dell'ente proprietario di asserire all’occupazione dei propri dipendenti, né che si potesse affermare la conclusione di un rapporto di locazione per il sol fatto che il proprietario espressamente non rifiutasse il versamento delle somme versate a titolo di canone di locazione, né che allo stesso tempo non si fosse attivato per il rilascio dell’immobile abusivamente occupato.

La vicenda giunse sino in Cassazione che tuttavia, con l’ordinanza in commento, confermò la decisione dei giudici di merito.

I Supremi Giudici confermavano infatti l’orientamento secondo il quale la stipula o la rinnovazione tacita d'un contratto di locazione "non può desumersi dal fatto della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine, nè dal pagamento e dall'accettazione dei canoni e neppure dal ritardo con il quale sia stata promossa l'azione di rilascio, occorrendo che questi fatti siano qualificati da altri elementi idonei a far ritenere in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locativo con rinuncia tacita, da parte del locatore, agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto" (principio già affermato in Cass. Civ. , III^ sez., n. 22234 del 20.10.2014).

Pertanto, non basta la mancata attivazione del proprietario per ottenere il rilascio dell’immobile illegittimamente detenuto per rendere manifesta la non equivoca volontà di stipulare o rinnovare un contratto di locazione, nel caso di specie escluso anche a fronte del versamento dei canoni.

In conclusione, in assenza di ulteriori elementi in grado di rendere indubitabile l’intenzione tra le parti di instaurare un rapporto locatizio, un tale tipo di occupazione sarà inevitabilmente da qualificarsi come illecita.