Pubbl. Mar, 23 Gen 2018
Sinistro stradale: risarcibili solo le conseguenze immediate e dirette
Modifica paginaCommento all´ordinanza n. 30921 della Corte di cassazione del 22 dicembre 2017, in base alla quale sono risarcibili le sole conseguenze immediate e dirette del fatto assurto a criterio di imputazione della responsabilità e la relazione causale delle prime con il secondo va apprezzata secondo il criterio della causalità adeguata.
Sommario: 1. Premessa. 2. Fatto. 3. Diritto. 4. Applicazione degli insegnamenti della Cassazione nell'accertamento del nesso di casualità giuridica. 5. Massima.
1. Premessa.
Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte circoscrive l’area del danno risarcibile, in caso di sinistri, applicando la teoria della casualità adeguata ed escludendo quelle circostanze che non sono ricollegabili “eziologicamente” al fatto generatore dell’evento lesivo nemmeno come eventi riflessi dello stesso. La Cassazione rigetta il ricorso del conducente confermando la decisione del giudice di secondo grado in considerazione delle evenienze di causa e rigettando l’eccezione relativa alla responsabilità dell’Ente proprietario della strada ex. art. 2043 o 2051 c.c.
2. Fatto.
Il conducente danneggiato agiva in giudizio contro l’Amministrazione Provinciale per i danni subiti a causa di un incidente stradale occorsogli mediante “sbandata e scarrocciamento laterale di diversi metri, urto sul guard-rail di destra, suo piegamento e conseguente funzione di rampa di volo nella sottostante scarpata.” Il giudice di prime cure accertava la responsabilità concorrente di entrambe le parti in causa ed accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria dell’attore, avendo accertato la responsabilità concorrente dello stesso nella produzione del danno a causa dell’elevata velocità, tenuto conto delle condizioni di visibilità e dello stato dei luoghi.
Il danneggiato ricorreva in appello perché insoddisfatto della quantificazione del danno e per la richiesta di sussunzione del fatto nell’art. 2051 c.c. La Corte di Appello accoglieva parzialmente la domanda attorea rideterminando la quantificazione del danno risarcibile e delle spese di giudizio.
Ricorreva il danneggiato in Cassazione perché il giudice del gravame non si era pronunciato sulla qualificazione del fatto ex art. 2051 c.c., nonché sull’erronea valutazione su un fatto decisivo della controversia ovvero il concorso della velocità elevata e della non conformità del guard-rail alle regole tecniche previste dalla legge ai fini della tutela della sicurezza degli utilizzatori della strada.
3. Diritto.
La Cassazione ha rigettato le doglianze relative alla qualificazione dei fatti ex 2051 c.c. ritenendo sufficientemente motivata la decisione della Corte di Appello la quale aveva ribadito la sussistenza del concorso di colpa alla luce delle risultanze probatorie. Correttamente il giudice d’Appello aveva accertato l’incidenza causale del comportamento del danneggiato e l’idoneità in astratto del guard-rail ad evitare l’evento lesivo e conseguentemente limitato la responsabilità dell’Ente provinciale ex art. 1227 c.c. Il fatto produttivo dell’evento si era verificato anche a causa della condotta imprudente e negligente del conducente, in particolare per l’elevata velocità di guida, per la violazione dei segnali di pericolo e per aver quest’ultimo sottovalutato le condizioni metereologiche avverse (pioggia); circostanze che hanno indubbiamente concorso alla produzione del danno materiale e fisico subito dal ricorrente.
Per poter meglio comprendere la decisione della Corte occorre brevemente esaminare il concetto di nesso causale in relazione alla responsabilità extracontrattuale, con particolare attenzione alla corretta individuazione e quantificazione del danno risarcibile in caso di sinistro stradale. Come è noto, infatti, per ottenere un adeguato ristoro del danno subito, il danneggiato dovrà provare la sussistenza di una relazione causale tra l’evento lesivo e la condotta del danneggiante, dovendo, in altre parole, provare le conseguenze pregiudizievoli subite a causa di tale evento. Il nesso causale è da intendersi secondo due prospettive: da un lato abbiamo la relazione causale naturalistica tra atto o fatto produttivo dell’evento e l’evento dannoso (nesso di casualità materiale); dall’altro la relazione causale giuridica tra il danno e le sue conseguenze negative (nesso di casualità giuridica). Ebbene la causa va intesa come sintesi di queste due prospettive e, dottrina e giurisprudenza, si sono spesso interrogate su come il giudice debba procedere nella sua indagine per ricostruire il nesso causale, ovvero, per accertare la sussistenza o meno del danno e per quantificare i pregiudizi risarcibili che da esso derivano.
La giurisprudenza di legittimità e la dottrina prevalente ricostruiscono la relazione eziologica tra evento e danno (nesso di casualità materiale dall’aspetto dinamico) mediante l’elaborazione di 4 teorie (teoria della conditio sine qua non, della regolarità adeguata o causale, del rischio specifico e dello scopo della norma violata). Invece, per la ricostruzione del nesso di casualità giuridica (avente ad oggetto l’aspetto statico della relazione causale) ai sensi degli articoli 1223, 1226 e 1227 c.c. nonché ex art. 2056 c.c., giurisprudenza e dottrina hanno seguito la teoria della regolarità causale o casualità adeguata. Secondo tale teoria, il giudice, nel circoscrivere le conseguenze dannose subite dal danneggiato, indagherà il collegamento tra il danno e le conseguenze che dall’evento derivano al fine di delimitare i confini di una responsabilità già accertata. In particolare, un fatto è generatore di un certo evento, secondo un meccanismo di regolarità causale ovvero come successione normale e prevedibile da valutarsi secondo un criterio di regolarità statistica, in chiave probabilistica. Il giudice sarà guidato, nella sua indagine, dal principio della prevalenza delle probabilità favorevoli rispetto a quelle sfavorevoli. In particolare valuterà, in base alle evidenze disponibili, (le prove presentate in giudizio), quale ipotesi ha un grado di conferma logica superiore.
Le sentenza nn. 576 e 581 del 2008 le Sezioni Unite di Cassazione ricostruiscono il nesso causale ai sensi degli art. 40 e 41 c.p. ed in merito al collegamento tra l’evento e le conseguenze lesive, richiamando l’art. 1223 c.c., individuano come componenti del danno risarcibile: “le conseguenze immediate e dirette” attraverso la sussistenza della relazione causale che collegando l’evento al danno consente l’individuazione delle conseguenze che dell’evento stesso siano derivate, con la funzione di delimitare i confini di una già accertata responsabilità risarcitoria”. Nel caso di specie dice la Cassazione nell’ordinanza in commento: “una volta verificatasi una determinata sequenza di fatti ed eventi, tra loro legati da un nesso causale, inteso a sua volta come relazione tra i due caratterizzata dall’idoneità di uno di quelli a determinare il successivo in base a leggi naturali (o anche solo a regole di comune esperienza), tale relazione va apprezzata secondo il criterio della causalità adeguata (sul quale, amplissimamente e per tutte, v. Corte di Cassazione, Sez. U. 11/01/2008, n. 576)”.
Ed inoltre, nel distinguere tra nesso di casualità in materia penale e civile, la Cassazione ribadisce che: “I principi generali che regolano la causalità di fatto sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla "regolarità causale", in assenza di altre norme nell'ordinamento in tema di nesso eziologico ed integrando essi principi di tipo logico e conformi a massime di esperienza. Tali norme, però, vanno adeguate alla specificità della responsabilità civile, rispetto a quella penale, perché muta la regola probatoria: mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, nel processo civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza, o del “più probabile che non”.
Quanto alla condotta omissiva o commissiva, anche in sede civile trova applicazione la tecnica di accertamento che passa attraverso il giudizio controfattuale che pone, al posto dell’omissione, il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato. In particolare: “il giudice è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione (causalità omissiva) nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l'enunciato "controfattuale" che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato”. Ed ancora: “l’applicazione dei principi generali di cui l’art. 40 e 41 c.p. temperati dalla regolarità causale ai fini della ricostruzione nel nesso eziologico va adeguata alle peculiarità delle singole fattispecie normative di responsabilità civile”. (Corte di Cassazione, Sez. Unite del 2008, n. 581).
4. Applicazione degli insegnamenti della Cassazione nell'accertamento del nesso di casualità giuridica.
Quindi, nel caso che ci occupa, per identificare il danno risarcibile occorrerà “all’interno delle serie causali, dare rilievo a quelle conseguenze soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiono del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale”. “Ebbene saranno conseguenze dell’evento originario casualmente ricollegate ad esso secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante, quelle che ne costituiscono l’antecedente necessario e debbono ritenersi esclusi quei danni che siano un riflesso lontano dall’inadempimento e non possano a questo essere riallacciati dal necessario nesso eziologico, per essere intervenute altre cause e circostanze estrinseche, senza le quali il danno ulteriore stesso non si sarebbe verificato”. (Ordinanza del 22 Dicembre 2017 n. 30921).
Nel caso concreto dice la Cassazione sarà risarcibile solo il danno: “immediato e diretto derivante e dal cedimento del guard-rail, come anche – ed in misura paritaria – della condotta colposa della vittima, che lo ha attinto con una forza notevolissima, prodotta all’esito di una serie di malaccorte manovre, tutte colpose”. (Ordinanza del 22 Dicembre 2017 n. 30921).
Infine la Cassazione respinge la richiesta del danneggiato in applicazione al principio di diritto secondo il quale: «una volta verificatosi un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile pure alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore od un assente grado di colpa in capo al responsabile”. (Ordinanza del 22 Dicembre 2017 n. 30921).
5. Massima.
Alla luce degli insegnamenti appena indicati conclude con questa massima la Corte di Cassazione, sez. III nell´ordinanza n. 30921 del 22 dicembre 2017, “sono risarcibili le sole conseguenze immediate e dirette del fatto assurto a criterio di imputazione della responsabilità e la relazione causale delle prime con il secondo va apprezzata secondo il criterio della causalità adeguata, escludendo dall'ambito della risarcibilità quei danni che siano un riflesso lontano dall'inadempimento e che non possano a questo essere riallacciati dal necessario nesso teleologico, per essere intervenute altre cause e circostanze estrinseche, senza le quali il danno ulteriore stesso non si sarebbe verificato”.
Bibliografia:
Compendi Superiori, collana diretta da Roberto Garofoli, Autore, Marco Fratini, ed. 2016-2017, Nel Diritto Editore.